domenica 24 agosto 2025

Trentino Alto Adige: 24 (25) agosto – 30 agosto 2025

 


1° giorno – lunedì 25 agosto

Hotel – Sanzeno

48 min (54,0 km) tramite SS43

Basilica Ss. Martiri
Loc. Sanzeno, 54 38010 Sanzeno - TN
tel. 0463 434134 fax 0463435207

Affacciata sulla bassa Val di Non e sul massiccio del Brenta, la Basilica sorge sul luogo del martirio (29 maggio 397), dei tre evangelizzatori giunti dalla lontana Cappadocia (Turchia), testimonianza dell’incontro possibile e fruttuoso tra mondi diversi: Sisinio, Martirio e Alessandro.

L’attuale Basilica, che risale al XV sec. (con aggiunte nei secoli successivi, tra cui l’altare settecentesco ad intarsi marmorei e la pala d’altare di G.B. Lampi), è edificata su una chiesa precedente all’anno 1000, di cui sono visibili alcune vestigia, tra cui l’imponente campanile romanico.

Un luogo che attraverso i secoli ci porta l’annuncio del vangelo e ci permette un incontro più vero e profondo con noi stessi, nel silenzio e nell’ascolto di quel Dio che parla nella Sacra Scrittura, nella natura che ci circonda, nella nostra storia personale, nell’incontro con testimoni qualificati, nella relazione fraterna e comunitaria. Un luogo perciò che parla di fede e che alla nostra fede parla.

«Per dovere di profonda venerazione mi sono proposto di far costruire una spaziosa basilica sul luogo dove meritarono di testimoniare per primi la fede gloriosa…». Con queste parole, S. Vigilio terminava la lettera che accompagnava il dono di alcune reliquie dei santi Martiri Sisinio, Martirio ed Alessandro, indirizzata a S. Simpliciano, maestro e successore di S. Ambrogio sulla cattedra milanese (Simpliciano 19).

Purtroppo non sappiamo con certezza se e come Vigilio diede seguito a questo suo santo proposito, di edificare una “basilica”, e cioè una “memoria martyrum” (nella stessa terminologia distinta da “ecclesia”, chiesa, che è invece l’edificio di preghiera della comunità che a suo tempo costruirono in loco i tre missionari provenienti dalla Cappadocia: cf. Crisostomo 97). In qualche modo ciò è nell’ordine delle cose, ed è perciò probabile, ma un’indagine archeologica da questo punto di vista deve ancora essere accuratamente fatta.

Quello su cui siamo sicuri è che una chiesa romanica certamente esisteva prima di quella attuale: in questo caso i reperti e le prove storiche esistono e persino abbondanti. E che “su” questa chiesa ne venne edificata un’altra, imponente, di stile gotico-rinascimentale…

La prima menzione storica della chiesa di Sanzeno risale solo al 1211 (codice Wanghiano), e il primo pievano di cui si abbia memoria è tale Nicolò, nominato nel 1272 dal vescovo Egnone quale arciprete per le pievi di Smarano, Coredo, Dambel, Sarnonico, Fondo, Castelfondo, Arsio e Cloz. Nel governo della pieve era coadiuvato da altri sacerdoti e chierici, significativamente detti “confratres”, e conducenti vita comune nella casa canonica, quasi a memoria dello stile di vita dei tre Martiri.

Dopo la scoperta, avvenuta il 25 maggio del 1472, sotto l’altare dell’antica chiesa, della cassa di legno contenente la cenere e il terriccio raccolti sul luogo del sacrificio dei Martiri, il principe vescovo Giovanni Hinderbach (†1486) concepì il disegno di erigere, al posto del precedente, un tempio che meglio riflettesse la gloria di questi santi, e insieme corrispondesse alle necessità della pieve che andava aumentando di popolazione, e anche di tutta la valle, i cui abitanti, in certe occasioni, convenivano numerosi in questo santo luogo. A tal scopo chiamò a Sanzeno maestranze veneto-lombarde.

Verso il 1480 si diede principio alla fabbrica dell’attuale basilica, usufruendo in parte dei muri perimetrali della precedente chiesa. Morto l’Hinderbach, essa venne continuata dal successore Udalrico de Frundsberg (†1493), e completata nel 1542 con il rivestimento in pietra della maestosa facciata al tempo del principe vescovo Cristoforo Madruzzo (†1567).

L’esterno

La facciata della basilica è divisa in tre campi, corrispondenti alle tre navate interne: il campo di mezzo è ornato da un grande rosone. Esso è opera dell’architetto Giacomo Mookadoha, di cui nel timpano è conservata memoria (1452).

Il portale, secondo un gusto diffuso nel ‘400-‘500, ha impianto romanico nella strombatura, con colonnine rotonde o scanalate a spirale, con graziosi capitelli del gotico fiorito veneziano, e mensole rinascimentali atte a sorreggere l’architrave romanico intagliato a viticci e fiorami e una mano benedicente alla latina in mezzo, probabile recupero della precedente chiesa, e simbolo di Cristo-vite[3]. Nella lunetta sono raffigurati a fresco la Madonna e i tre Martiri (pittore trentino, secolo XVIII). Sopra il portale gli stemmi dei vescovi Hinderbach (a destra per l’osservatore) e Frundsberg (a sinistra).
Le porte sono rivestite in bronzo, ad opera dell’artista Livio Conti, donate in occasione del XVI° centenario del martirio (1997). L’opera rappresenta in maniera sintetica la vicenda dei tre missionari cappadoci, raffigurati al centro del portone e riconoscibili dai loro “emblemi” iconografici: il calice per il diacono Sisinio, il libro per il lettore Martirio e la chiave per l’ostiario Alessandro. Sul portale sono rappresentati anche altri simboli della storia dei Martiri: alcuni vescovi occidentali ed orientali, il rogo che avvolge i tre Cappadoci, le tre colombe (della famosa battaglia di Legnano ma anche simbolo della Trinità), i fiori ai piedi dei Martiri (ricordo del giardino in cui venne catturato Martirio, ma anche anticipazione del giardino del paradiso), l’Annunciazione.

Tra le colonnine del portale, così come sulle colonne interne, con un po’ di attenzione si possono ancora scorgere antiche frasi e firme che i pellegrini lasciavano per devozione sui muri della basilica, di cui alcune sono datate al XVI secolo. Segno che “sporcare i muri” era sport già allora conosciuto …

Le pareti esterne sono interrotte da robusti contrafforti quadrangolari di pietra che salgono a contrastare la spinta delle volte.

Nell’angolo sud-est, si alza il campanile dell’antica chiesa in stile romanico con trifore ad arco, nella cui mole si riconoscono pietre anteriori al mille, e perfino frammenti di cippi romani o colonnine di fattura longobarda, fino a qualche tempo fa murate nella fusoliera che guarda a ponente e ora sistemate nella cappella dei Martiri. Anche sulla base del campanile il Brizi nel 1922 scoperse resti di affreschi antichissimi, ora purtroppo scomparsi. Fu fortificato alla base con un robusto barbacane di pietra nel 1757, perché minacciava rovina. La sua campana più antica ancora in funzione è la cosiddetta Concina (dal nome degli offerenti), fusa nel 1524 da Francesco Lamniger.

A sinistra dell’entrata laterale, sporge l’attuale sacrestia. All’esterno di questa e dell’abside alcuni scavi, in parte ancora visibili, hanno messo in luce fondazioni della chiesa antica.

L’interno

Entrati dal bel portone che, lo ricordiamo, è simbolo di Cristo-porta, l’unica dalle quale possiamo passare per accedere alla vita vera, entriamo ormai in basilica. L’architettura sobria e robusta all’esterno, è esaltata all’interno in volumi e spazi gotico-rinascimentali assai luminosi e ritmici nelle volte reticolate e a crociera, nel chiaro degli archi acuti, nella fioritura dei plinti e capitelli, nella fenestrazione abbondante, anche se in seguito non del tutto rispettata.

Misura 46 metri di lunghezza, 14,50 di larghezza, 13,45 di altezza; è a tre navate con quattro colonne per parte, sorrette da altissimi piedritti e terminanti con capitelli di raffinata esecuzione, ornati con fregi, volti animali e umani e anche un simpatico e inquietante “mascherone” che fa da peduccio (nella navata destra, all’incrocio tra il transetto e l’abside, alla base destra dell’arco trionfale), dai quali si sviluppa un intreccio di snelle nervature.

È probabilmente opera di maestranze lombarde, che negli archi a sesto acuto, nelle volte a costoloni, nelle finestre a ogiva, nei capitelli a fogliame esprimono evidenti motivi gotici, unendovi tuttavia elementi decorativi rinascimentali. Il tutto in pietra chiara lavorata con grande cura. Il senso di elevazione verso l’alto, quasi l’invito a “guardare il cielo”, rispondeva esattamente ad un intento spirituale.

Soffermandosi all’entrata della basilica, ad un occhio attento non sfuggirà né il fatto che il pavimento è in salita verso l’abside né che quest’ultima è evidentemente “storta”, chinata com’è verso la sinistra dell’osservatore, sensazione accentuata dal fatto che le stesse colonne di sinistra e di destra non sono più di tanto in asse tra di loro. Non avendo nessun appiglio documentaristico per spiegare queste anomalie, possiamo osare di farne una lettura spirituale “cruciforme”, suggerita in sé già dalla pianta a croce latina, a cui si aggiungerebbero il presbiterio, che richiamerebbe il capo reclinato di Cristo in croce, e la “salita” (al Calvario, ecc.).

Appena entrati, sulla sinistra si scorge un baldacchino marmoreo policromo del 1897, opera dello scultore Giuseppe Deanesi. Dal 1933 incornicia l’affresco del pittore Carlo Bonacina (la scena del primo pagano ananune convertito e battezzato dai tre Martiri; fino a qualche decennio fa, qui si trovava il fonte battesimale), ma in origine era in presbiterio, a sinistra, dove era posta l’urna marmorea racchiudente le ceneri del rogo, e dove l’artista Pietro Sigismondo Nardi dipinse a smalto, con imitazione di mosaico, una glorificazione dei Martiri.

A destra si trova l’altare ligneo della Madonna Addolorata, con pala del battesimo di Gesù, opera di Fortunato da Brez (1744). È stato costruito nel 1738 dallo scultore Vigilio Prati di Cles (lo stesso che fece nel 1707 gli armadi della sacrestia). Nel 1860 lo scultore Leonardo Gaggia di Cusano (MI) scolpì la statua della Madonna Addolorata. Ai lati le statue dei santi Ignazio di Loyola e Luigi Gonzaga (o S. Carlo Borromeo).

Sempre a destra, procedendo verso il presbiterio, si trova anche l’altare, questa volta marmoreo, di nostra Signora del S. Cuore, invocata anche come Madre dell’unità. La statua era nella chiesa di Caldano, e venne qui trasportata nel 1870.

Le vetrate che chiudono i finestroni, della fabbrica Neuhauser di Innsbruck, furono donate nel 1897 (XV° centenario del martirio), dalle famiglie nobili della Pieve: Concin de Concini, de Gentili, de Ziller, de Betta, de Manincor e Tavonat da Tavon, di cui riportano i rispettivi stemmi araldici. Solo le vetrate dell’ultima finestra nella navata di sinistra, raffiguranti S. Ambrogio e S. Vigilio, sono recenti, messe in opera dopo che da qui fu rimosso l’altare di S. Stefano, che fino a qualche decennio fa oscurava la stessa finestra.

Altri altari (la pala di uno di essi, di S. Stefano, è visibile in sacrestia) e il pulpito ligneo che era addossato all’ultima colonna di sinistra, vennero rimossi nel secolo scorso.

Il transetto

Giunti nella zona cosiddetta del transetto, ci si può fare un’approssimativa idea dell’orientazione e delle dimensioni della chiesa medievale. Si notino, infatti, sia sopra l’attuale sacrestia che sopra la cappella dei Martiri, i due archi a tutto sesto, di epoca romanica. Possiamo perciò pensare che questa chiesa, come era allora d’uso, fosse orientata avendo l’abside a est, lì dove sorge il sole, immagine di Cristo, e la facciata a ovest.

Al centro del transetto, su una pedana di legno, si trova il nuovo altare, donato alla Basilica dall’amministrazione comunale di Sanzeno in occasione del XVI° centenario del martirio (1979), e ideato dal p. Enrico Sironi, barnabita, a quel tempo parroco e rettore della Basilica. L’altare è in legno, con inseriti davanti e dietro due bassorilievi in bronzo fuso, rappresentanti sul davanti i tre martiri con a lato S. Ambrogio e S. Vigilio, e nel retro i santi Agostino, Giovanni Crisostomo, Gaudenzio di Brescia, Simpliciano di Milano e Massimo di Torino. Accanto all’altare c’è la croce astile con i tre Martiri, in bronzo, opera di Livio Conta (1987).

Giunti ormai di fronte al presbiterio, sono degni di menzione ancora i due altari dei primi decenni del ‘700, in legno dipinto e dorato, dedicati rispettivamente alla Madonna con S. Vigilio, i Tre Martiri, S. Massenza e il vescovo Carlo Gaudenzio Madruzzo (a destra, attribuito al pittore Martin Teofilo Polacco, 1611), e all’adorazione dei Magi (a sinistra, 1602). Dalla parte di quest’ultimo altare, si apre anche la porta, del XVI secolo, sormontata dal monogramma di Cristo, che immette nell’attuale sacrestia.

Il presbiterio e l’abside

L’abside ottagonale (in origine rotonda), opera del meranese Giorgio Erber (1475), racchiude il presbiterio, a cui si accede per una gradinata di pietra eseguita da Carlo Melchiori nel 1750 (oggi ricoperta dalla piattaforma lignea che fa da supporto all’attuale altare rivolto verso il popolo), è delimitato dalla balaustra, opera dello scultore di origine bresciano Andrea Filippini.

L’altare maggiore di stile barocco, costruito nel 1771 dallo scultore Domenico Taliani da Rezzato (BS), venne donato dai nobili fratelli Francesco, Antonio e Giovanni Michele de Gentili de Worz, che sostennero la spesa di 3000 fiorini. Nel 1770, la loro casa a Sanzeno fu il luogo in cui furono portati i marmi, a dorso di mulo raccontano le cronache, e in cui furono realizzate le varie parti dell’altare, che fu assemblato e collocato l’anno successivo in basilica. Suggestivo l’apparato iconografico che contorna il tabernacolo: gli angeli adoranti, l’Agnello posto sul Libro e, soprattutto, il “pio pellicano” che si strappa la carne dal corpo per sfamare i suoi piccoli, immagine eucaristica per eccellenza. Di particolare interesse è l’elegante antipendio della mensa, su marmi policromi, riproducente in intarsio marmoreo gli ultimi momenti della vicenda del martirio di Sisinio, Martirio e Alessandro.

Le statue settecentesche ai lati, di gesso patinato, rappresentanti a sinistra S. Romedio (o, secondo altri, S. Vincenzo de Paoli o S. Francesco di Paola) e a destra S. Pio V, sono dono del convento dei Frati Minori di Cles.

Questo altare barocco sostituisce probabilmente almeno altri due altari antichi. Del primo, nello stile dei Flügelaltar tedeschi, abbiamo memoria perché si sono conservati fino ai noi quattro portelle lignee lavorate a rilievo e dipinte, rappresentanti episodi della vita dei tre Martiri, opera di un ignoto artista d’Oltralpe del primo decennio del ‘500. Del secondo, sempre ligneo ad opera di Simone Lehner da Osanna (1640), ci è rimasta invece solo la pala d’altare, ora posizionata sulla parete destra, rappresentante l’adorazione dei Magi (altri “tre” famosi personaggi, come tre erano i santi Martiri), fatta eseguire dalla nobile famiglia Tavonat da Tavon, che si è fatta raffigurare al completo ai piedi della tavola. Probabile autore ne è il tedesco Paul Honecker.

Dietro all’altare c’è ancora l’edicola marmorea che incorniciava fino al 1897 l’urna dei Martiri (che in seguito “traslocherà” dov’è attualmente l’affresco del Nardi e, infine, nel 1927 nell’attuale cappella Ss. Martiri).

Ma, soprattutto, dietro l’altare, contornata da una grande cornice di marmo modellata a panneggio, vi è la pala (m. 2.10 x 1.20) del celebre pittore Giambattista Lampi da Romeno, ritrattista alla corte imperiale viennese. La pala fu eseguita nel 1775, anch’essa su commissione della famiglia de Gentili (lo stemma di questa famiglia nobile è dipinto sulla dalmatica rossa di S. Sisinio). Rappresenta i Martiri Anauniensi in gloria, raffigurati con la palma del martirio in mano e secondo i loro simboli iconografici classici (il calice, il libro e le chiavi). Sopra i tre Martiri, tre angeli recano le corone del martirio. Nella parte più alta, il pittore ha inglobato nella sua tela un quadro a lui precedente e originariamente collocato presso un altro altare, raffigurante la Madonna del Buon Consiglio, sul modello della celebre immagine venerata a Genazzano, presso Roma.

Prima di lasciare il presbiterio, rimane da alzare lo sguardo verso il soffitto. Nei punti di congiunzione dei costoloni della volta dell’abside, a circa 13 metri d’altezza, sono fissate sei chiavi di volta rotonde, scolpite a bassorilievo e dipinte, realizzate, con molta probabilità, all’epoca dei lavori promossi dall’Hinderbach, dopo il 1472. Quattro bassorilievi rappresentano gli Evangelisti e sono posizionati in modo da formare un quadrilatero; al centro, spostate verso la navata, le altre due chiavi scolpite con l’immagine di due dei martiri. Probabilmente era prevista anche la figura del terzo martire che non è stata realizzata o forse è caduta. Tutti i personaggi sono ritratti a mezzobusto e tengono fra le mani un cartiglio che ne permette l’identificazione. Il rilievo posizionato verso la navata raffigura S. Sisinio, con i capelli radi e barba grigia riccioluta. Tiene con la mano destra una chiave e con la sinistra un libro (a dire il vero segni identificativi piuttosto rispettivamente di S. Alessandro e S. Martirio). Alessandro è invece rappresentato molto giovane, con i capelli biondi, ondulati e lunghi; oltre al libro porta la palma del martirio.

La cappella dei Santi Martiri

Nella navata destra si apre quella che è probabilmente il “cuore” della Basilica, e cioè la cappella dei Martiri. È un luogo venerando, che fa parte della chiesa precedente all’attuale. Vi si raccoglie la storia di quasi sedici secoli. A seguito di interventi eseguiti dopo il 1927, quando qui si trovava la vecchia sacrestia, la cappella si presenta con una facciata di pietra a tre archi, e una cancellata di ferro battuto. Nel sottosuolo, tanto all’interno che all’esterno del piccolo locale, furono scoperte varie tombe di epoca romana, forse paleocristiana: il che non solo fa arguire dell’antichità dell’ambiente, ma induce a supporre che fino dalle origini esso godesse di particolari ragioni di venerazione e di culto, tanto da far desiderare ai fedeli di esservi sepolti nelle vicinanze.

Questa cappella conserva infatti vaste tracce monumentali di cristianità. Nel 1918, per casuale scrostamento, apparvero sulla parete di sinistra tracce di un affresco del secolo XII circa, poi ripulito dal restauratore Volturno Brizi. Esso è importantissimo, perché con certezza un avanzo dell’antica basilica.

L’insieme dell’affresco è diviso in due registri. In quello superiore è rappresentato il serpente di bronzo attorcigliato alla croce, fra Mosè e Aronne. Questi accenna al serpente, mentre Mosè tiene nella destra una verga, e nella sinistra un filatterio sul quale si legge: «Sicut exaltavit Moyses serpentem in deserto ita exaltari oportet Filius hominis». A sinistra di Mosè è genuflessa la figura del sacerdote offerente e, accanto, il suo nome: Benochord.

Nel registro inferiore sono rappresentati sette apostoli, isolati mediante colonnette tortili, alcuni dei quali riconoscibili dai nomi: S. Giacomo, S. Giovanni, S. Simone, un apostolo ignoto, S. Paolo, S. Andrea, tutti con la destra al petto e barbuti, meno S. Giovanni. Più in basso, entro dischi sono raffigurati i simboli dei mesi, purtroppo ormai quasi illeggibili.

Sulla parente di fondo, in continuazione alle precedenti, vennero poi alla luce altre figure di santi: in alto i patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe, che accolgono le anime dei giusti; nel piano altri tre apostoli (i primi due sono indicati esplicitamente: Taddeo e Bartolomeo) e, infine, i santi Lorenzo e Nicolò. Altre tracce con iscrizioni sono visibili accanto.

Colpisce il gioco di rimando tra il tempo dell’Antico Testamento (Mosè, Aronne e i patriarchi), quello del Nuovo Testamento (gli apostoli), il tempo della Chiesa (S. Lorenzo e S. Nicolò) e il tempo “profano”, il nostro (i mesi dell’anno, dodici come i dodici apostoli), come se tutto fosse, appunto, ugualmente “tempo di salvezza”, da cui nessuno è escluso.

Al centro della cappella, l’arca in pietra rossa di Trento fatta costruire nel 1472 dal vescovo Giovanni Hinderbach per custodire i resti del rogo, fortunosamente ritrovati sotto l’antico altare (forse, stando ad alcune testimonianze, una sorta di mini cripta, una cella posta sotto l’altare, la cui mensa era sorretta da colonnine romaniche, le stesse che tutt’ora sorreggono l’arca hinderbachiana), e che, come già abbiamo detto, è “giunta” qui dopo aver cambiato per ben due volte posto. All’interno dell’arca, stando ai verbali dell’ultima ricognizione fatta nel 1895, vi è una cassa di cm. 116 x 50 x 52, piena di terriccio mescolato con carboni e cenere. Ricordiamo che nella tradizione dei primi secoli della Chiesa, il concetto di “reliquia” era più ampio di quello che noi ai nostri giorni pensiamo (reliquia era anche ciò che “toccava” la tomba di un santo, per esempio).

Probabilmente però, ciò che in origine era stato ritrovato sotto l’antico altare assomigliava piuttosto a ciò che venne trovato nell’agosto del 1876 a monte del paese di Sanzeno, mentre si demoliva un’edicola dedicata a S. Maria Maddalena. Sotto una grande lastra di pietra venne alla luce uno spazio che pare facesse parte dei ruderi di una chiesetta antichissima, nel quale si trovò un piccolo sarcofago di pietra (cm. 14 x 20 x 10) che conteneva a sua volta una “capsella” d’argento (cm 5 x 25) che custodiva reliquie, purtroppo per noi, innominate di sangue, cenere e tre frammenti di stoffa[14].

Accanto all’urna dei Martiri è il vecchio fonte battesimale, pietra calcare rossa del XVII secolo, opportunamente e significativamente qui collocato, dov’è la “memoria” dei primi evangelizzatori di queste terre.

Di recente realizzazione (1990) l’icona che rappresenta l’apostolato, il martirio e la glorificazione dei Ss. Martiri. È opera di Fabio Nones di Trento, su tavola di rovere di slavonia, e realizzata secondo gli antichi canoni iconografici.

L’organo

Avviandosi ora verso l’uscita dalla Basilica, rimane solo da osservare, sopra il portale d’ingresso, un’ampia loggia, costruita nel 1756, e fatta dipingere nel 1761 da mons. Giuseppe de Concini da Casez, canonico della chiesa metropolitana di Vienna (a sinistra di chi guarda: storie dei tre Martiri; Davide che suona l’arpa; a destra: S. Cecilia che suona l’organo; S. Vigilio e S. Romedio). La loggia accoglie l’organo, opera pregiatissima dell’organaro Innocenzo Cavazzani di Avio, costruito nel 1792 e tutt’ora funzionante.

Le canne dell’organo fanno da cornice al grande e splendido rosone, opera dell’architetto Giacomo Mookadoha, mentre la vetrata policroma, con al centro lo stemma della famiglia de Concini, è opera di Giuseppe Parisi (1960).

I reliquiari

La Basilica conserva, tra gli altri, due preziosi reliquiari. Nel primo sono contenute le ceneri del rogo dei Martiri, tra cui sono riscontrabili alcuni piccoli frammenti di ossa calcificate, estratte nel 1897 dall’antica cassa di legno che si conserva nell’urna marmorea. Contiene anche un cartiglio che recita: «Sanctorum Martyrum Sisinii, Martyrii et Alexandri Cineres Sancti, ex pervetusta arca lignea quae in Urna marmorea asservantur de licentia C. Epis. extracti, die 6 sept. 1897».

Un’altra più grande urna contiene invece alcune costole piccole, bruciacchiate, provenienti dalla Basilica milanese di S. Simpliciano, e donate alla Basilica di Sanzeno nel 1927.

Il santuario è aperto dalle 8:30 alle 18:30 tutti i giorni. Abbiamo la Messa solo alla domenica alle 10:30 in quanto nei giorni feriali la messa viene detta a s. Maria (lunedì, martedì, giovedì alle 8:00), mentre gli altri giorni a Casez e Banco

………………………………………………………….. ESCURSIONE EXTRA

Castel Valér, Via a Castel Valer, 21, Ville d'Anaunia

Cappella di San Valerio, Tassullo (Ville d'Anaunia)

Quando si parla di arte sacra nel Trentino orientale, non si può che parlare della famiglia Baschenis, attiva in queste valli del Trentino tra il XV e il XVI secolo. Hanno decorato gli interni e le facciate esterne di molte chiesette alpine, dalla Val di Sole alla Val Rendena, passando per la Val di Non.

In questo caso non entriamo in una chiesa di montagna, ma varchiamo le mura di Castel Valer, nel comune di Tassullo.

Qui, Giovanni e Battista Baschenis hanno affrescato le pareti della Cappella di San Valerio, regalandoci dipinti di intensa vitalità, grazie anche al perfetto stato di conservazione.

Un’occasione unica per ammirare questi meravigliosi affreschi e fare un giro in questo castello, a suo modo unico.

San Romedio – Castello

18 min (11,1 km) tramite Strada Statale 43d/SS43Dir

Orario

Luglio - Settembre: Tutti i giorni, 10:00 - 15:00.

Santuario di San Romedio
38010 Coredo - TN
tel. 380 1407271 / 0463 636127
sanromedio@santimartiri.org

Sanzeno – San Romedio

5 min (3,1 km) tramite Via S. Romedio

Durante tutto l’anno vengono celebrate le Sante Messe al Santuario da lunedì a venerdì ad ore 16.00 (In luglio e agosto ad ore 17.00); domenica ore 9.00 - 11.00. Il sabato e le vigilie delle Festività non c'è la S. Messa.

Il santuario è aperto dalle 9:00 alle 18:30 tutti i giorni/ Messa ore 17:00

2° giorno – martedì 26 agosto

Santuario di Pietralba

Hotel – Pietralba

1 ora 7 min (74,6 km) tramite A22/E45 (uscita Egna, direzione Cavalese, deviazione Aldino)

Il Santuario della Madonna di Pietralba, situato a 1550 metri di altitudine, è il luogo di pellegrinaggio più caro agli alto atesini. Situato alle pendici del Monte San Pietro, il Santuario si affaccia sulla meravigliosa Val d’Ega ed è per questo ribattezzato il Duomo delle Dolomiti che da quasi cinque secoli irradia di luce le montagne e le valli sottostanti.

Orario apertura ore 7.30-19:00

L’eremo di San Leonhard a 20 minuti dal Santuario

A pochi minuti dal santuario, isolato e immerso nella natura, si trova l’eremo di San Leonhard edificato nel punto in cui la Vergine apparve a Leonhard Weissensteiner. Un autentico gioiello.

APERTURA: ore 7:00 - 19:00

ORARI DELLE MESSE:

ore 10,00 (tedesco), 11:00 (italiano) e 18:30 (italiano).

Partenza ore 9.15

CONTATTO 0471 615124

3° giorno – mercoledì 27 agosto

 

Hotel – Bolzano (Piazza Verdi)

55 min (72,7 km) tramite A22/E45


*Sepolcro Duomo di Bolzano

Duomo di Santa Maria Assunta

Piazza del duomo, 27, 39100 Bolzano

Nel Duomo di Bolzano commemoriamo sia il battesimo di Josef Mayr-Nusser, l'inizio della sua testimonianza, sia la sua beatificazione il 18 marzo 2017. Anche le sue spoglie sono sepolte qui, nell'Altare dei Martiri.

Josef Mayr-Nusser morì il 24 febbraio 1945 in un vagone bestiame alla stazione ferroviaria di Erlangen. Poiché nell'ottobre del 1944 si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà ad Adolf Hitler per motivi religiosi, fu condannato e deportato nel campo di concentramento di Dachau. Morì a Erlangen durante il viaggio e lì fu sepolto. Solo dopo 13 anni le spoglie di Josef Mayr-Nusser poterono essere traslate in Alto Adige, dove furono sepolte nella chiesa di Santa Maria del Renon.

Il processo di beatificazione fu avviato quasi 50 anni dopo la morte di Josef Mayr-Nusser. La riunione costitutiva del gruppo di lavoro ebbe luogo nel 1990, durante la quale il Dott. Peter Egger fu eletto postulatore. Un anno dopo, la Conferenza Episcopale del Nord-Est approvò l'apertura del processo. Nel 2003, il Dott. Josef Innerhofer assunse l'incarico di postulatore. Il processo diocesano di beatificazione fu aperto il 24 febbraio 2006 e si concluse il 19 marzo 2007. Il postulatore presentò quindi la documentazione alla Congregazione delle Cause dei Santi a Roma. Nel luglio 2016, il vescovo Ivo Muser ricevette la lieta notizia che Papa Francesco aveva approvato la beatificazione di Josef Mayr-Nusser, avvenuta il 18 marzo 2017.

Josef Mayr-Nusser, “Testimoni della sua gloria”, articolo in “Jugendwacht”, 15 gennaio 1938:

"L'oscurità ci circonda. L'oscurità dell'incredulità, dell'indifferenza, del disprezzo, forse della persecuzione. Eppure dobbiamo testimoniare e superare questa oscurità attraverso la luce di Cristo, nonostante tutti gli attacchi, nonostante tutti siano inascoltati e ignorati. La testimonianza è la nostra unica e più potente arma oggi. Stranamente. Né la spada, né la forza, né il denaro, nemmeno l'influenza della capacità spirituale, del potere spirituale, nessuna di queste ci è comandata come essenziale per stabilire il regno di Cristo sulla terra. Il Signore ci ha comandato qualcosa di molto modesto eppure molto più importante: essere testimoni. Prima di tutto, non testimoni di parole, né testimoni di azioni. Spesso può essere consigliabile rimanere in silenzio; la migliore azione può spesso essere pervertita. Ma dovremmo e dobbiamo sempre essere testimoni. Questo essere semplice e schietto. Questa è la testimonianza più grande!"

*Targa commemorativa in Piazza Verdi

Con questa targa commemorativa la città di Bolzano ricorda Josef Mayr-Nusser, che per motivi di coscienza si rifiutò di prestare giuramento ad Adolf Hitler e si oppose coraggiosamente all'ideologia nazionalsocialista.

La targa recita: "Se nessuno troverà mai il coraggio di dire loro che non sono d'accordo con le loro idee nazionalsocialiste, allora le cose non cambieranno".

Questa frase di Josef Mayr-Nusser risale al suo periodo da ufficiale delle SS, quando rivelò a un compagno la sua intenzione di non giurare fedeltà a Hitler. La targa in Piazza Verdi è stata inaugurata in occasione della giornata della memoria del 2010. Il sindaco di Bolzano ha dichiarato in quell'occasione: "La nostra città può essere molto orgogliosa di questo concittadino, che ha pagato con la vita la sua coerenza e sincerità nel rifiutare il nazionalsocialismo. Ha rinunciato a un'ideologia che calpestava i diritti fondamentali di ogni individuo, primo fra tutti il diritto alla libertà di espressione".

La città di Bolzano rende così omaggio alla vita e all'opera di Josef Mayr-Nusser, a cui è dedicata anche una via situata dietro Piazza Verdi.

Josef Mayr-Nusser, “Testimoni della sua gloria”, in Jugendwacht, 15.1.1938

"Prima di tutto, non testimoni di parole, né di azioni. Spesso può essere consigliabile tacere; la migliore azione può spesso essere distorta. Ma dovremmo e dobbiamo sempre essere testimoni. Questo essere semplice e schietto. Questa è la testimonianza più grande!"

* Chiesa del Sacro Cuore

La chiesa del Sacro Cuore si trova in via della Roggia, una stradina laterale di via Museo all'altezza di piazza delle Erbe.

La chiesa del Sacro Cuore è una chiesa neoromanica a tre navate (1897 - 1899), costruita assieme all'annesso convento su progetto dell'architetto J. Bittner in occasione del centenario del voto dei Tirolesi al Sacro Cuore per l'adorazione del SS. Sacramento.

Sulla facciata mosaico di I. Stoly (1910). All'interno affreschi ed arredi del tempo.

Dopo il matrimonio con Hildegard e il trasferimento nella via Claudia de' Medici, Josef Mayr-Nusser frequentò la chiesa del Sacro Cuore. Dopo la sua morte qui si svolse una messa di commemorazione che fu celebrata dall'amico e guida spirituale don Josef Ferrari.

L'assistente eccelesiastico della Gioventù cattolica don Josef Ferrari fu caro amico di Josef Mayr-Nusser. Lavoravano a stretto contatto nella Katholische Aktion (Azione cattolica) e si completavano vicendevolemnte nel lavoro con i giovani. 
Quando Hildegard ricevette la notizia della morte del marito, incontrò Josef Ferrari a cui diede la triste notizia. Fu lui che l'11 aprile 1945 celebrò la messa funebre nella chiesa del Sacro Cuore.  A quella data l'odierno Duomo (allora Chiesa della Prepositura) era danneggiato per i bombardamenti e la vita ecclesiastica di Bolzano si svolgeva nella chiesa del Sacro Cuore.

Don Josef Ferrari, Commemorazione funebre dell’11.4.1945

"Quello che diceva era chiaro come l’acqua di una sorgente di montagna – quello che faceva, lo faceva per una bontà calda, che aveva il suo fondamento nella carità cristiana. Legge suprema del suo agire era l'amore. Che portasse questo amore lungo le sue camminate vincenziane, nelle baracche o nelle abitazioni dei poveri, o che offrisse l’amore come una forza di conciliazione per le tensioni nella comunità dei giovani, era sempre lo stesso amore che nasceva dal suo cuore vicino a Dio. La sua gratuità era senza limiti e la sua disponibilità al servizio instancabile."

* La memoria del Lager. Chiesa di S. Pio X

Muro del Durchgangslager (Lager di Bolzano - Gries), Via Resia, 80

“Piazza Verdi – Lager”

7 min (4,4 km) tramite Via Innsbruck/SS12

Presso la chiesa di S. Pio X, che si affaccia su via Resia e su via Piacenza, sorgono tre monumenti dedicati in più periodi alla memoria del Lager di Bolzano. La presenza di questi monumenti “decontestualizzati” dimostra l’importanza di legare il ricordo ai luoghi della storia, pena la non comprensione della funzione degli stessi monumenti, lontani dai luoghi e dai fatti che intendono celebrare. Il primo di essi si trova sul fianco della chiesa lungo via Piacenza. È un’edicola dedicata alla Madonna Regina dei Martiri; risale al 1955 ed è stata collocata grazie all’impegno di don Daniele Longhi, già cappellano della Zona Industriale, arrestato nel dicembre 1944 in quanto membro del CLN e deportato nel Lager di Bolzano. È il primo monumento dedicato alla memoria del Lager e ne riporta una dedicazione chiaramente identificabile. Sul prato davanti alla Chiesa, lungo via Resia, sono collocati un cippo iscritto e una statua. Il cippo in porfido venne realizzato nel 1965 su progetto di Guido Pelizzari di Bolzano e scelto dal Comitato per le celebrazioni del ventennale della Resistenza, posto su un largo basamento e collocato nell’aiuola che tuttora si trova davanti al complesso abitato di via Resia 80. Sotto l’iscrizione, che ancora si legge, era visibile una sommaria pianta del Lager, e un piccolo rombo in cemento riportava le date “1945-1965”. Nel 1985 questo stesso cippo fu rimaneggiato, scalpellandone la pianta del Lager e riempiendo lo spazio così ricavato con la dedica della Città di Bolzano nel 40. anniversario della liberazione. Fu tolto il rombo in cemento e incisa la data “1943-1945” sulla sommità del cippo. Nella stessa occasione venne deciso il trasferimento del cippo davanti alla Chiesa di S. Pio X e il suo interramento nel prato. La statua vicino è stata ideata come completamento del cippo, e venne qui collocata nel corso del 1985. Essa è composta da una figura maschile e da una figura femminile che urlano al cielo il dolore della loro tragica condizione tenendosi per mano. È opera dello scultore locale Claudio Trevi.

https://www.bolzano-bozen.it/i-luoghi-della-memoria.html

 

* Mayr-Nusser Memorial, Lichtenstern

UN MEMORIALE CHE VA OLTRE IL TEMPO DI JOSEF MAYR-NUSSER

Josef Mayr-Nusser fu inizialmente sepolto a Erlangen. Nel 1958, la sua salma fu trasportata in Alto Adige e inumata nella primavera del 1963 contro il muro esterno della chiesa di Lichtenstern am Ritten. L'ex tomba di Josef Mayr-Nusser a Lichtenstern è inoltre ornata da un monumento commemorativo dell'artista Gotthard Bonell. Questo monumento commemorativo è stato inaugurato al pubblico il 14 ottobre 2005.

"Non basta erigere monumenti: dobbiamo diventare noi stessi monumenti viventi attraverso la nostra vita cristiana", ha affermato il vescovo diocesano Wilhelm Egger durante l'inaugurazione e la benedizione del monumento. Nella sua omelia, il vescovo ha presentato il figlio di Nusser come modello ai numerosi giovani che hanno partecipato e contribuito alla Liturgia della Parola.

Nel suo discorso, l'artista Bonell ha sottolineato che quest'opera non rappresentava per lui una commissione, bensì un obbligo. "Quest'opera dovrebbe diventare un messaggio che trascenda l'epoca di Josef Mayr-Nusser", ha affermato Gotthard Bonell. Per questo motivo, l'artista non vuole che quest'opera venga intesa principalmente come un memoriale, ma piuttosto come un monumento. "Questo mondo ha bisogno di molti Mayr-Nusser; questo memoriale dovrebbe ricordarci la tolleranza", ha affermato Bonell.

“Lager, Via Resia – Memoriale”

35 min (24,9 km) tramite SS12

Orario apertura di ogni luogo è dalla mattina fino alle 18.00.

 

4° giorno – giovedì 28 agosto

Hotel – “Simonino”

21 min (17,5 km) tramite SP66 e SS47

L’Aula del Simonino, finora nota come Cappella del Simonino, situata all’interno di Palazzo Bortolazzi Larcher Fogazzaro, in Via del Simonino, nel centro storico di Trento, è stata donata al FAI da Marina Larcher Fogazzaro nel 2018, perché fosse restaurata e valorizzata.

ORARIO

Dal 17 luglio, aperti dal giovedì alla domenica.

Ingressi su turni, secondo i seguenti orari (massimo 25 persone per turno): 10:15 / 11:00 / 11:45 / 12:30 / 14:45 / 15:30 / 16:15 / 17:00

Turni di visita da 45 minuti.

L’Aula del Simonino è accessibile solo negli orari indicati con modalità audio racconto, non sono previste visite in autonomia o guidate, raggiungere il Bene 15 minuti prima dell’orario prenotato.

L’Aula del Simonino è raggiungibile unicamente a piedi:

Parcheggio Piazza Fiera (550 m - 6 minuti a piedi)

Autosilo Buonconsiglio (600 m – 8 minuti a piedi)

Parcheggio Sanseverino (1,1 km – 15 minuti a piedi / sosta con disco orario max 2 ore dal lunedì al venerdì)

Maggiori info: www.auladelsimonino.it

PRENOTATO 28 agosto ore 11.00

https://fondoambiente.it/luoghi/cappella-del-simonino/visita

 “Simonino” – Pinzolo

1 ora 10 min (59,0 km) tramite SS45bis e SS237

 

Pinzolo

Pinzolo è un paese sito nell'alta Val Rendena, nell'estremità occidentale del Trentino. È il maggiore centro della valle ed è situato su una piana prativa fra il Gruppo dell'Adamello ad ovest e il Gruppo del Brenta ad est. Tra le maggiori luoghi da visitare vi è la chiesa cimiteriale di San Vigilio dedicata al santo vescovo Vigilio di Trento, conserva affreschi del XV secolo e XVI secolo, tra cui la Danza macabra lavoro di Simone II Baschenis; la torre campanaria della Chiesa arcipretale di San Lorenzo, al centro del paese, è in stile gotico e raggiunge un'altezza di 72 metri: è la più alta del Trentino.

Hotel – Pinzolo

1 ora 22 min (77,5 km) tramite SS45bis

ProLoco 0465 501007 - info@prolocopinzolo.it

Orario: Giovedì CHIUSO, affresco è all’esterno.

La Chiesa di S. Vigilio fu fondata nel 1362 e successivamente ampliata nel 1515, ha pianta rettangolare a 3 navate, con archi e volte a sesto acuto sorrette da colonne in granito.

La facciata medioevale è ricoperta da affreschi risalenti ad epoche diverse: il più importante e singolare per il tema trattato è sicuramente la ormai famosa “Danza Macabra” che ritroviamo anche all’esterno della Chiesa di Santo Stefano a Carisolo.

Entrambi gli affreschi furono realizzati dal pittore Simone II Baschenis di Averaria che visse tra il 1490 e il 1555 ed è considerato il più grande e famoso dei numerosi pittori Baschenis, che affrescarono molte chiese del Trentino tra la metà del 1400 e del 1500.

L’affresco di Pinzolo occupa una fascia alta più di 2 metri e larga più di 22. Come in tutte le Danze Macabre, anche in quella di Pinzolo, le immagini sono accompagnate da didascalie; nell’affresco di Pinzolo ai testi dialettali di tono popolare si aggiungono citazioni di carattere dotto in lingua latina o volgare: i primi sono ordinatamente disposti nella fascia orizzontale che corre sotto le figure, mentre le altre sono inserite in cartigli portati dagli stessi scheletri.

Diversamente da quanto avviene in molte Danze Macabre dell’area franco-germanica, qui le scritte non presentano la forma di dialogo tra morto e vivo, bensì quella di un monologo recitato solo dal morto che invita il vivo ad entrare nel ballo.

Il Corteo della Danza Macabra inizia a sinistra, con la figura della Morte che suona la cornamusa: seduta su di una specie di trono, è incoronata a simbolo del suo assoluto dominio sull’umanità intera. Vi sono poi in successione 18 personaggi appartenenti alle diverse categorie religiose e sociali, tra i quali si notano un papa, un cardinale, un vescovo, un sacerdote, un frate, un imperatore, un re, una regina ed un duca. Ad un livello più basso della scala sociale si incontrano un medico, un guerriero, un ricco avaro, un giovane vanitoso, un mendicante, ed infine una monaca, una dama ed un bimbo. Ad ognuno di questi personaggi, accompagnati dal proprio scheletro, corrisponde una scritta in versi, dipinta sotto l’affresco.

A destra irrompe rapida e saettante la Morte – raffigurata da uno scheletro con la faretra piena di frecce – che cavalca un bianco cavallo alato che calpesta i cadaveri a terra. Nell’ultima parte della fascia si notano S. Michele Arcangelo e il Diavolo.

Tutto il dipinto rivela un’attenta cura nei particolari ed un’efficace varietà degli atteggiamenti e delle espressioni beffarde degli scheletri.  

Venne terminato nell’ottobre del 1539, ed unitamente agli affreschi che si possono vedere all’interno della chiesa di San Vigilio (sempre datati 1539), rappresenta nel suo insieme il maggior complesso pittorico di Simone II Baschenis di Averaria.

 

* Chiesa di Santo Stefano di Carisolo, Val Genova

La chiesa di S. Stefano è arroccata su una rupe granitica che domina l´imbocco della Val di Genova, nel Parco Naturale Adamello Brenta. La parte meridionale esterna è interamente affrescata con pitture di Simone Baschenis che, con la sua Danza Macabra, ha immortalato la morte che ammonisce chi è ancora vivo e i sette peccati capitali. La disposizione dei protagonisti riflette la rigida gerarchia della società medievale, per cui i nobili precedono gli uomini qualunque, e la netta distinzione fra ecclesiastici e laici. Sulla parete nord dell’interno, Baschenis realizzò nel 1534 il grande affresco di Carlo Magno, che dà grande pregio artistico alla chiesetta. Rappresenta il battesimo di un catecumeno da parte di papa Urbano I: sulla sinistra Carlo Magno con la corona imperiale, circondato da sette vescovi e da soldati in arme, ed ancora vescovi col pastorale ed una schiera di catecumeni.

La leggenda racconta che prima di arrivare a Pinzolo Carlo Magno vide una chiesetta isolata su uno spuntone di roccia, vi si diresse e vi lasciò un documento con il racconto delle sue imprese. Di certo, la prima testimonianza dell’esistenza della chiesa di S. Stefano risale al 1244 e le decorazioni pittoriche ad opera dei Baschenis ebbero inizio nel 1461. La chiesetta originaria è stata successivamente ampliata, e sul lato ovest è stata costruita dopo il 1530 una grande scala che ha coperto e parzialmente distrutto gli affreschi preesistenti, datati 1519. Comunque, i toponimi Sot Castel, Mas del Castel, Fontana del Castel lasciano supporre che il colle abbia accolto un castelliere preistorico, forse utilizzato nell´Alto Medioevo.

 

Pro Loco Carsiolo 0465 501392 Michele

(chiesa di S. Stefano)

Pinzolo – Carsiolo

5 min (2,0 km) tramite Via Santo Stefano e Via Negrelli

Orario: martedì-sabato ore 10.00-11.30 e 16.00-18.00.

La domenica ore 16.00-18.00.

 

5 giorno – venerdì 29 agosto

BEATO MARIO BORZAGA

 

Trento

 

Associazione amici di p. Mario - Trento

MAPPA e PERCORSO

1.  parrocchia di S. Antonio [1] una breve visita nella chiesa attigua dove c'è l'altarino dedicato a P. Mario.
2.   fare visita alla casa di P. Mario [2] (5 minuti a piedi dalla parrocchia)
3.  passando poi sul Ponte dedicato a P. Mario [3] che si trova a 5 minuti dalla casa sulla strada verso il centro

4.  chiesa dei Bertoniani [4] di Via S. Bernardino e davanti alle scuole elementari [5] di Via S. Giovanni Bosco - cambia nome ma è sempre la stessa strada, e subito dopo alla chiesa del Santissimo [7] dove P. Mario confessava accanto al Seminario Maggiore [6] (guardabile solo dall'esterno) che ha frequentato P. Mario. Poi potete tornare verso il centro e visitare il Duomo [8] (sacramenti di P. Mario e sua Prima Messa)
5. Interessanti da vedere sarebbero la romanica Badia di S. Lorenzo [10] (vicino alla stazione) e, a metà tragitto fra Duomo e S. Lorenzo, la chiesa di S. Maria Maggiore [9] (dove si tenevano le sedute ordinarie del Concilio).

“Potessi fermare tutta la mia vita accanto al Tabernacolo e pregare, unicamente pregare. Poter celebrare una lunga santa Messa e salvare tutti gli uomini: una santa Messa che mi faccia Cristo col Cristo sull’altare della Calvario”.

(Padre Mario Borzago, 1932 – 1960, sacerdote O.M.I., martire)

Monumenti in Trento

Chiesa di S. Maria Maggiore

Vicolo delle Orsoline, 1, 38122 Trento TN

La Chiesa di Santa Maria Maggiore, conosciuta localmente come Chiesa di Santa Maria Maggiore, rappresenta un magnifico testimone del ricco patrimonio storico e architettonico di Trento. Questa iconica chiesa, commissionata dal Principe-Vescovo Bernardo Clesio, non è solo un rifugio spirituale ma anche un faro dell'architettura rinascimentale e di rilevanza storica, avendo giocato un ruolo cruciale durante il Concilio di Trento. Iniziamo un viaggio nel tempo per esplorare le meraviglie della Chiesa di Santa Maria Maggiore.

Il Significato Storico della Chiesa di Santa Maria Maggiore

La storia della Chiesa di Santa Maria Maggiore è profondamente intrecciata con il tessuto stesso di Trento. Gli scavi archeologici tra il 1974-1978 e il 2007-2009 hanno rivelato le sue antiche origini. Il sito su cui sorge la chiesa ospitava un tempo edifici pubblici romani, forse anche un complesso termale. Una fonte agiografica, la Passio Sancti Vigilii, attribuisce la fondazione dell'ecclesia a San Vigilio, il terzo vescovo di Trento, intorno alla fine del IV o all'inizio del V secolo. Tuttavia, recenti scoperte suggeriscono che il primo edificio sacro su questo sito risalga alla seconda metà del V secolo o all'inizio del VI secolo.

Nel corso dei secoli, la chiesa ha subito diverse trasformazioni. Nell'alto Medioevo, tra la fine dell'VIII e l'inizio del IX secolo, importanti ristrutturazioni includevano l'aggiunta di arredi liturgici in pietra riccamente decorati. Tra il X e l'XI secolo, una nuova chiesa più piccola sostituì quella originale, caratterizzata da un'abside semicircolare centrale affiancata da due absidi minori. Questa pratica medievale di riutilizzare materiali da costruzioni precedenti era comune e contribuisce alla storia stratificata della chiesa.

L'attuale chiesa in stile rinascimentale, visibile oggi, iniziò la sua costruzione nel 1520 sotto la direzione di Bernardo Clesio. Fu durante questo periodo che la Chiesa di Santa Maria Maggiore guadagnò prominenza, in particolare durante il Concilio di Trento. Il 12 dicembre 1545, la chiesa fu la destinazione della prima processione solenne del Concilio, e dal 1562 ospitò le congregazioni generali della fase finale del concilio. Questa rilevanza storica è immortalata in varie opere d'arte e incisioni, tra cui un dipinto notevole di Elia Naurizio conservato nel Museo Diocesano Tridentino.

Le Meraviglie Architettoniche della Chiesa di Santa Maria Maggiore

L'eleganza architettonica della Chiesa di Santa Maria Maggiore è evidente anche a un primo sguardo. La facciata, costruita in pietra bianca e rossa, mostra uno stile rinascimentale con un ingresso ad archivolto. Il portale, commissionato dal Principe-Vescovo Cristoforo Madruzzo nel 1539, è adornato con una lunetta che raffigura l'Annunciazione a Maria. Questa facciata, insieme alle chiese dell'Assunta a Civezzano e alla Cattedrale dell'Assunta a Cles, completa la trilogia clesiana.

All'interno, la chiesa presenta una navata unica con una serie di cappelle ai lati, ciascuna con altari in marmo barocco. Tra le opere d'arte notevoli vi è un pezzo di Giovan Battista Moroni nella seconda cappella a destra, che raffigura la Madonna, San Giovanni e i quattro dottori della chiesa. L'interno vanta anche diverse pale d'altare e un sarcofago barocco contenente reliquie attribuite a San Clemente, circondato da stucchi realizzati da Gerolamo Aliprandi. I dipinti sul soffitto, che illustrano momenti del Concilio di Trento e figure chiave della Controriforma, sono di grande valore storico e artistico.

Ai lati dell'altare maggiore si trovano statue di Santa Marta e Santa Maddalena, scolpite negli anni 1670 da Cornelis van der Beck. La parte settentrionale del presbiterio è occupata dal coro, un capolavoro degli scalpellini Vincenzo e Gian Girolamo Grandi, con una grande tribuna con bassorilievi e medaglioni, sostenuta da mensole finemente scolpite. Questo progetto, commissionato da Giovanni Antonio Zurletta (o Ciurletti), fu realizzato tra il 1534 e il 1542.

Il Campanile Imponente e le Sue Campane

Il campanile della Chiesa di Santa Maria Maggiore, alto 53 metri, è il più alto di Trento. Costruito in pietra calcarea bianca, presenta due ordini di trifore romaniche e una cupola poligonale. Nel 1921, il campanile fu dotato di un insieme di sette campane, fuse dalla fonderia Luigi Colbacchini di Trento. Queste campane, progettate per armonizzarsi con quelle della cattedrale, creano un suono maestoso riservato alle grandi festività.

Il Maestoso Organo a Canne

Sul coro del presbiterio risiede l'organo a canne Mascioni opus 402, costruito nel 1928 utilizzando la cassa dell'antico organo del 1536. Restaurato e ampliato nel 1953 dopo i danni della Seconda Guerra Mondiale, questo strumento a trasmissione elettrica presenta tre tastiere, una pedaliera concavo-radiale e un totale di 56 registri. La cassa dell'organo, con la sua struttura a serliana, mostra canne disposte in cuspidi uniche, aggiungendo alla grandiosità della chiesa.

Un Monumento Vivente di Fede e Storia

La Chiesa di Santa Maria Maggiore non è solo un luogo di culto, ma un monumento vivente che narra la storia ricca e l'evoluzione architettonica di Trento. Le sue mura riecheggiano le solenni assemblee del Concilio di Trento, le sue opere d'arte riflettono il fervore religioso del Rinascimento, e le sue campane risuonano con lo spirito duraturo della città. Per qualsiasi visitatore di Trento, una visita alla Chiesa di Santa Maria Maggiore è un viaggio imperdibile attraverso il tempo, la fede e l'arte

Basilica di S. Maria Maggiore rimane aperta dalle 8.00 alle 17.30.

La chiesa di S. Lorenzo è stata affidata alla comunità cattolica ucraina di rito orientale, per contatto: 338 537 1235.

Badia di S. Lorenzo – Tempio Civico

Piazza Dante, 7

BASILICA PALEOCRISTIANA DI SAN VIGILIO
La Basilica paleocristiana si trova nel sottosuolo della Cattedrale di San Vigilio, in Piazza Duomo. L’accesso è ubicato all’interno, sotto l’altare maggiore, all’angolo del transetto settentrionale.
Orari
Tutti i giorni 10.00 - 12.00 e 14.30 - 17.30
domenica 14.30 - 17.30
Martedì CHIUSO e 1 gennaio, 6 gennaio, 12 gennaio pomeriggio, Settimana Santa, Pasqua, 26 giugno, 1 novembre, 25 dicembre.
Gli orari di apertura potrebbero variare in base alle esigenze liturgiche della Cattedrale.

MUSEO DIOCESANO TRIDENTINO

Palazzo Pretorio, Piazza Duomo, 18
38122 Trento
Orari
Tutti i giorni 10.00 - 13.00 / 14.00 - 18.00
MARTEDÌ CHIUSO
Chiuso il 1 gennaio, 6 gennaio, Pasqua, 26 giugno, 1
novembre, 25 dicembre

Comprensivo di accesso gratuito alla BASILICA PALEOCRISTIANA DI SAN VIGILIO
7,00 € intero
5,00 € ridotto
10,00 € serale

Azienda per il Turismo Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi

Piazza Dante, 24

0461216000

 

CATALOGO MOSTRA (2020)

L'invenzione del colpevole

Il 'caso' di Simonino da Trento, dalla propaganda alla storia

 

6 giorno – sabato 30 agosto

Visita a Trento ore 10-12

Basilica Paleocristiana e Museo


Nessun commento: