1° giorno – lunedì 25 agosto
Hotel
– Sanzeno
48 min (54,0 km) tramite SS43
Basilica Ss. Martiri
Loc.
Sanzeno, 54 38010 Sanzeno - TN
tel. 0463 434134 fax 0463435207
Affacciata sulla bassa Val di Non e sul massiccio del Brenta, la Basilica sorge sul luogo del martirio (29 maggio 397), dei tre evangelizzatori giunti dalla lontana Cappadocia (Turchia), testimonianza dell’incontro possibile e fruttuoso tra mondi diversi: Sisinio, Martirio e Alessandro.
L’attuale Basilica, che risale al
XV sec. (con aggiunte nei secoli successivi, tra cui l’altare settecentesco ad
intarsi marmorei e la pala d’altare di G.B. Lampi), è edificata su una chiesa
precedente all’anno 1000, di cui sono visibili alcune vestigia, tra cui
l’imponente campanile romanico.
Un luogo che attraverso i secoli
ci porta l’annuncio del vangelo e ci permette un incontro più vero e profondo
con noi stessi, nel silenzio e nell’ascolto di quel Dio che parla nella Sacra
Scrittura, nella natura che ci circonda, nella nostra storia personale,
nell’incontro con testimoni qualificati, nella relazione fraterna e
comunitaria. Un luogo perciò che parla di fede e che alla nostra fede parla.
«Per dovere di profonda venerazione mi
sono proposto di far costruire una spaziosa basilica sul luogo dove meritarono
di testimoniare per primi la fede gloriosa…». Con queste parole, S. Vigilio
terminava la lettera che accompagnava il dono di alcune reliquie dei santi
Martiri Sisinio, Martirio ed Alessandro, indirizzata a S. Simpliciano, maestro
e successore di S. Ambrogio sulla cattedra milanese (Simpliciano 19).
Purtroppo non sappiamo con certezza se e
come Vigilio diede seguito a questo suo santo proposito, di edificare una
“basilica”, e cioè una “memoria martyrum” (nella stessa terminologia distinta
da “ecclesia”, chiesa, che è invece l’edificio di preghiera della comunità che
a suo tempo costruirono in loco i tre missionari provenienti dalla Cappadocia:
cf. Crisostomo 97). In qualche modo ciò è nell’ordine delle cose, ed è perciò
probabile, ma un’indagine archeologica da questo punto di vista deve ancora
essere accuratamente fatta.
Quello su cui siamo sicuri è che una
chiesa romanica certamente esisteva prima di quella attuale: in questo caso i
reperti e le prove storiche esistono e persino abbondanti. E che “su” questa
chiesa ne venne edificata un’altra, imponente, di stile gotico-rinascimentale…
La prima menzione storica della chiesa di Sanzeno risale solo al
1211 (codice Wanghiano), e il primo pievano di cui si abbia memoria è tale
Nicolò, nominato nel 1272 dal vescovo Egnone quale arciprete per le pievi di
Smarano, Coredo, Dambel, Sarnonico, Fondo, Castelfondo, Arsio e Cloz. Nel
governo della pieve era coadiuvato da altri sacerdoti e chierici,
significativamente detti “confratres”, e conducenti vita comune nella casa
canonica, quasi a memoria dello stile di vita dei tre Martiri.
Dopo la scoperta, avvenuta il 25 maggio del 1472, sotto l’altare
dell’antica chiesa, della cassa di legno contenente la cenere e il terriccio
raccolti sul luogo del sacrificio dei Martiri, il principe vescovo Giovanni
Hinderbach (†1486) concepì il disegno di erigere, al posto del precedente, un
tempio che meglio riflettesse la gloria di questi santi, e insieme
corrispondesse alle necessità della pieve che andava aumentando di popolazione,
e anche di tutta la valle, i cui abitanti, in certe occasioni, convenivano
numerosi in questo santo luogo. A tal scopo chiamò a Sanzeno maestranze
veneto-lombarde.
Verso il 1480 si diede principio alla fabbrica dell’attuale
basilica, usufruendo in parte dei muri perimetrali della precedente chiesa.
Morto l’Hinderbach, essa venne continuata dal successore Udalrico de Frundsberg
(†1493), e completata nel 1542 con il rivestimento in pietra della maestosa
facciata al tempo del principe vescovo Cristoforo Madruzzo (†1567).
L’esterno
La facciata della basilica è divisa in tre campi, corrispondenti
alle tre navate interne: il campo di mezzo è ornato da un grande rosone. Esso è
opera dell’architetto Giacomo Mookadoha, di cui nel timpano è conservata
memoria (1452).
Il portale, secondo un gusto diffuso nel
‘400-‘500, ha impianto romanico nella strombatura, con colonnine rotonde o
scanalate a spirale, con graziosi capitelli del gotico fiorito veneziano, e
mensole rinascimentali atte a sorreggere l’architrave romanico intagliato a
viticci e fiorami e una mano benedicente alla latina in mezzo, probabile
recupero della precedente chiesa, e simbolo di Cristo-vite[3]. Nella lunetta sono raffigurati a fresco
la Madonna e i tre Martiri (pittore trentino, secolo XVIII). Sopra il portale
gli stemmi dei vescovi Hinderbach (a destra per l’osservatore) e Frundsberg (a
sinistra).
Le porte sono rivestite in bronzo, ad opera dell’artista Livio Conti, donate in
occasione del XVI° centenario del martirio (1997). L’opera rappresenta in
maniera sintetica la vicenda dei tre missionari cappadoci, raffigurati al
centro del portone e riconoscibili dai loro “emblemi” iconografici: il calice
per il diacono Sisinio, il libro per il lettore Martirio e la chiave per
l’ostiario Alessandro. Sul portale sono rappresentati anche altri simboli della
storia dei Martiri: alcuni vescovi occidentali ed orientali, il rogo che
avvolge i tre Cappadoci, le tre colombe (della famosa battaglia di Legnano ma
anche simbolo della Trinità), i fiori ai piedi dei Martiri (ricordo del
giardino in cui venne catturato Martirio, ma anche anticipazione del giardino
del paradiso), l’Annunciazione.
Tra le colonnine del portale, così come
sulle colonne interne, con un po’ di attenzione si possono ancora scorgere
antiche frasi e firme che i pellegrini lasciavano per devozione sui muri della
basilica, di cui alcune sono datate al XVI secolo. Segno che “sporcare i muri”
era sport già allora conosciuto …
Le pareti esterne sono interrotte da
robusti contrafforti quadrangolari di pietra che salgono a contrastare la
spinta delle volte.
Nell’angolo sud-est, si alza il campanile
dell’antica chiesa in stile romanico con trifore ad arco, nella cui mole si
riconoscono pietre anteriori al mille, e perfino frammenti di cippi romani o
colonnine di fattura longobarda, fino a qualche tempo fa murate nella fusoliera
che guarda a ponente e ora sistemate nella cappella dei Martiri. Anche sulla
base del campanile il Brizi nel 1922 scoperse resti di affreschi antichissimi,
ora purtroppo scomparsi. Fu fortificato alla base con un robusto barbacane di
pietra nel 1757, perché minacciava rovina. La sua campana più antica ancora in
funzione è la cosiddetta Concina (dal nome degli offerenti), fusa nel 1524 da
Francesco Lamniger.
A sinistra dell’entrata laterale, sporge
l’attuale sacrestia. All’esterno di questa e dell’abside alcuni scavi, in parte
ancora visibili, hanno messo in luce fondazioni della chiesa antica.
L’interno
Entrati dal bel portone che, lo ricordiamo, è simbolo di
Cristo-porta, l’unica dalle quale possiamo passare per accedere alla vita vera,
entriamo ormai in basilica. L’architettura sobria e robusta all’esterno, è
esaltata all’interno in volumi e spazi gotico-rinascimentali assai luminosi e
ritmici nelle volte reticolate e a crociera, nel chiaro degli archi acuti,
nella fioritura dei plinti e capitelli, nella fenestrazione abbondante, anche
se in seguito non del tutto rispettata.
Misura 46 metri di lunghezza, 14,50 di larghezza, 13,45 di
altezza; è a tre navate con quattro colonne per parte, sorrette da altissimi
piedritti e terminanti con capitelli di raffinata esecuzione, ornati con fregi,
volti animali e umani e anche un simpatico e inquietante “mascherone” che
fa da peduccio (nella navata destra, all’incrocio tra il transetto e l’abside,
alla base destra dell’arco trionfale), dai quali si sviluppa un intreccio di
snelle nervature.
È probabilmente opera di maestranze lombarde, che negli archi a
sesto acuto, nelle volte a costoloni, nelle finestre a ogiva, nei capitelli a
fogliame esprimono evidenti motivi gotici, unendovi tuttavia elementi
decorativi rinascimentali. Il tutto in pietra chiara lavorata con grande cura.
Il senso di elevazione verso l’alto, quasi l’invito a “guardare il cielo”,
rispondeva esattamente ad un intento spirituale.
Soffermandosi all’entrata della basilica,
ad un occhio attento non sfuggirà né il fatto che il pavimento è in salita
verso l’abside né che quest’ultima è evidentemente “storta”, chinata com’è
verso la sinistra dell’osservatore, sensazione accentuata dal fatto che le
stesse colonne di sinistra e di destra non sono più di tanto in asse tra di
loro. Non avendo nessun appiglio documentaristico per spiegare queste anomalie,
possiamo osare di farne una lettura spirituale “cruciforme”, suggerita in sé
già dalla pianta a croce latina, a cui si aggiungerebbero il presbiterio, che
richiamerebbe il capo reclinato di Cristo in croce, e la “salita” (al Calvario,
ecc.).
Appena entrati, sulla sinistra si scorge un baldacchino marmoreo
policromo del 1897, opera dello scultore Giuseppe Deanesi. Dal 1933 incornicia
l’affresco del pittore Carlo Bonacina (la scena del primo pagano ananune
convertito e battezzato dai tre Martiri; fino a qualche decennio fa, qui si
trovava il fonte battesimale), ma in origine era in presbiterio, a sinistra,
dove era posta l’urna marmorea racchiudente le ceneri del rogo, e dove
l’artista Pietro Sigismondo Nardi dipinse a smalto, con imitazione di mosaico,
una glorificazione dei Martiri.
A destra si trova l’altare ligneo della Madonna Addolorata, con
pala del battesimo di Gesù, opera di Fortunato da Brez (1744). È stato
costruito nel 1738 dallo scultore Vigilio Prati di Cles (lo stesso che fece nel
1707 gli armadi della sacrestia). Nel 1860 lo scultore Leonardo Gaggia di
Cusano (MI) scolpì la statua della Madonna Addolorata. Ai lati le statue dei santi
Ignazio di Loyola e Luigi Gonzaga (o S. Carlo Borromeo).
Sempre a destra, procedendo verso il
presbiterio, si trova anche l’altare, questa volta marmoreo, di nostra Signora
del S. Cuore, invocata anche come Madre dell’unità. La statua era nella chiesa di
Caldano, e venne qui trasportata nel 1870.
Le vetrate che chiudono i finestroni,
della fabbrica Neuhauser di Innsbruck, furono donate nel 1897 (XV° centenario
del martirio), dalle famiglie nobili della Pieve: Concin de Concini, de
Gentili, de Ziller, de Betta, de Manincor e Tavonat da Tavon, di cui riportano
i rispettivi stemmi araldici. Solo le vetrate dell’ultima finestra nella navata
di sinistra, raffiguranti S. Ambrogio e S. Vigilio, sono recenti, messe in
opera dopo che da qui fu rimosso l’altare di S. Stefano, che fino a qualche
decennio fa oscurava la stessa finestra.
Altri altari (la pala di uno di essi, di
S. Stefano, è visibile in sacrestia) e il pulpito ligneo che era addossato
all’ultima colonna di sinistra, vennero rimossi nel secolo scorso.
Il transetto
Giunti nella zona cosiddetta del transetto, ci si può fare
un’approssimativa idea dell’orientazione e delle dimensioni della chiesa
medievale. Si notino, infatti, sia sopra l’attuale sacrestia che sopra la
cappella dei Martiri, i due archi a tutto sesto, di epoca romanica. Possiamo
perciò pensare che questa chiesa, come era allora d’uso, fosse orientata avendo
l’abside a est, lì dove sorge il sole, immagine di Cristo, e la facciata a
ovest.
Al centro del transetto, su una pedana di
legno, si trova il nuovo altare, donato alla Basilica dall’amministrazione
comunale di Sanzeno in occasione del XVI° centenario del martirio (1979), e
ideato dal p. Enrico Sironi, barnabita, a quel tempo parroco e rettore della
Basilica. L’altare è in legno, con inseriti davanti e dietro due bassorilievi
in bronzo fuso, rappresentanti sul davanti i tre martiri con a lato S. Ambrogio
e S. Vigilio, e nel retro i santi Agostino, Giovanni Crisostomo, Gaudenzio di
Brescia, Simpliciano di Milano e Massimo di Torino. Accanto all’altare c’è la
croce astile con i tre Martiri, in bronzo, opera di Livio Conta (1987).
Giunti ormai di fronte al presbiterio,
sono degni di menzione ancora i due altari dei primi decenni del ‘700, in legno
dipinto e dorato, dedicati rispettivamente alla Madonna con S. Vigilio, i Tre
Martiri, S. Massenza e il vescovo Carlo Gaudenzio Madruzzo (a destra,
attribuito al pittore Martin Teofilo Polacco, 1611), e all’adorazione dei Magi
(a sinistra, 1602). Dalla parte di quest’ultimo altare, si apre anche la porta,
del XVI secolo, sormontata dal monogramma di Cristo, che immette nell’attuale
sacrestia.
Il presbiterio e l’abside
L’abside ottagonale (in origine rotonda),
opera del meranese Giorgio Erber (1475), racchiude il presbiterio, a cui si
accede per una gradinata di pietra eseguita da Carlo Melchiori nel 1750 (oggi
ricoperta dalla piattaforma lignea che fa da supporto all’attuale altare
rivolto verso il popolo), è delimitato dalla balaustra, opera dello scultore di
origine bresciano Andrea Filippini.
L’altare maggiore di stile barocco,
costruito nel 1771 dallo scultore Domenico Taliani da Rezzato (BS), venne
donato dai nobili fratelli Francesco, Antonio e Giovanni Michele de Gentili de
Worz, che sostennero la spesa di 3000 fiorini. Nel 1770, la loro casa a Sanzeno
fu il luogo in cui furono portati i marmi, a dorso di mulo raccontano le
cronache, e in cui furono realizzate le varie parti dell’altare, che fu
assemblato e collocato l’anno successivo in basilica. Suggestivo l’apparato
iconografico che contorna il tabernacolo: gli angeli adoranti, l’Agnello posto
sul Libro e, soprattutto, il “pio pellicano” che si strappa la carne dal corpo
per sfamare i suoi piccoli, immagine eucaristica per eccellenza. Di particolare
interesse è l’elegante antipendio della mensa, su marmi policromi, riproducente
in intarsio marmoreo gli ultimi momenti della vicenda del martirio di Sisinio,
Martirio e Alessandro.
Le statue settecentesche ai lati, di gesso
patinato, rappresentanti a sinistra S. Romedio (o, secondo altri, S. Vincenzo
de Paoli o S. Francesco di Paola) e a destra S. Pio V, sono dono del convento
dei Frati Minori di Cles.
Questo altare barocco sostituisce
probabilmente almeno altri due altari antichi. Del primo, nello stile dei
Flügelaltar tedeschi, abbiamo memoria perché si sono conservati fino ai noi
quattro portelle lignee lavorate a rilievo e dipinte, rappresentanti episodi
della vita dei tre Martiri, opera di un ignoto artista d’Oltralpe del primo
decennio del ‘500. Del secondo, sempre ligneo ad opera di Simone Lehner da
Osanna (1640), ci è rimasta invece solo la pala d’altare, ora posizionata sulla
parete destra, rappresentante l’adorazione dei Magi (altri “tre” famosi
personaggi, come tre erano i santi Martiri), fatta eseguire dalla nobile
famiglia Tavonat da Tavon, che si è fatta raffigurare al completo ai piedi
della tavola. Probabile autore ne è il tedesco Paul Honecker.
Dietro all’altare c’è ancora l’edicola
marmorea che incorniciava fino al 1897 l’urna dei Martiri (che in seguito
“traslocherà” dov’è attualmente l’affresco del Nardi e, infine, nel 1927
nell’attuale cappella Ss. Martiri).
Ma, soprattutto, dietro l’altare,
contornata da una grande cornice di marmo modellata a panneggio, vi è la pala
(m. 2.10 x 1.20) del celebre pittore Giambattista Lampi da Romeno, ritrattista
alla corte imperiale viennese. La pala fu eseguita nel 1775, anch’essa su
commissione della famiglia de Gentili (lo stemma di questa famiglia nobile è
dipinto sulla dalmatica rossa di S. Sisinio). Rappresenta i Martiri Anauniensi
in gloria, raffigurati con la palma del martirio in mano e secondo i loro
simboli iconografici classici (il calice, il libro e le chiavi). Sopra i tre
Martiri, tre angeli recano le corone del martirio. Nella parte più alta, il
pittore ha inglobato nella sua tela un quadro a lui precedente e
originariamente collocato presso un altro altare, raffigurante la Madonna del
Buon Consiglio, sul modello della celebre immagine venerata a Genazzano, presso
Roma.
Prima di lasciare il presbiterio, rimane
da alzare lo sguardo verso il soffitto. Nei punti di congiunzione dei costoloni
della volta dell’abside, a circa 13 metri d’altezza, sono fissate sei chiavi di
volta rotonde, scolpite a bassorilievo e dipinte, realizzate, con molta
probabilità, all’epoca dei lavori promossi dall’Hinderbach, dopo il 1472.
Quattro bassorilievi rappresentano gli Evangelisti e sono posizionati in modo
da formare un quadrilatero; al centro, spostate verso la navata, le altre due
chiavi scolpite con l’immagine di due dei martiri. Probabilmente era prevista
anche la figura del terzo martire che non è stata realizzata o forse è caduta.
Tutti i personaggi sono ritratti a mezzobusto e tengono fra le mani un
cartiglio che ne permette l’identificazione. Il rilievo posizionato verso la
navata raffigura S. Sisinio, con i capelli radi e barba grigia riccioluta.
Tiene con la mano destra una chiave e con la sinistra un libro (a dire il vero
segni identificativi piuttosto rispettivamente di S. Alessandro e S. Martirio).
Alessandro è invece rappresentato molto giovane, con i capelli biondi, ondulati
e lunghi; oltre al libro porta la palma del martirio.
La cappella dei Santi Martiri
Nella navata destra si apre quella che è
probabilmente il “cuore” della Basilica, e cioè la cappella dei Martiri. È un
luogo venerando, che fa parte della chiesa precedente all’attuale. Vi si
raccoglie la storia di quasi sedici secoli. A seguito di interventi eseguiti
dopo il 1927, quando qui si trovava la vecchia sacrestia, la cappella si
presenta con una facciata di pietra a tre archi, e una cancellata di ferro
battuto. Nel sottosuolo, tanto all’interno che all’esterno del piccolo locale,
furono scoperte varie tombe di epoca romana, forse paleocristiana: il che non
solo fa arguire dell’antichità dell’ambiente, ma induce a supporre che fino dalle
origini esso godesse di particolari ragioni di venerazione e di culto, tanto da
far desiderare ai fedeli di esservi sepolti nelle vicinanze.
Questa cappella conserva infatti vaste
tracce monumentali di cristianità. Nel 1918, per casuale scrostamento, apparvero
sulla parete di sinistra tracce di un affresco del secolo XII circa, poi
ripulito dal restauratore Volturno Brizi. Esso è importantissimo, perché con
certezza un avanzo dell’antica basilica.
L’insieme dell’affresco è diviso in due
registri. In quello superiore è rappresentato il serpente di bronzo
attorcigliato alla croce, fra Mosè e Aronne. Questi accenna al serpente, mentre
Mosè tiene nella destra una verga, e nella sinistra un filatterio sul quale si
legge: «Sicut exaltavit Moyses serpentem in deserto ita exaltari oportet Filius
hominis». A sinistra di Mosè è genuflessa la figura del sacerdote offerente e,
accanto, il suo nome: Benochord.
Nel registro inferiore sono rappresentati
sette apostoli, isolati mediante colonnette tortili, alcuni dei quali riconoscibili
dai nomi: S. Giacomo, S. Giovanni, S. Simone, un apostolo ignoto, S. Paolo, S.
Andrea, tutti con la destra al petto e barbuti, meno S. Giovanni. Più in basso,
entro dischi sono raffigurati i simboli dei mesi, purtroppo ormai quasi illeggibili.
Sulla parente di fondo, in continuazione
alle precedenti, vennero poi alla luce altre figure di santi: in alto i
patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe, che accolgono le anime dei giusti; nel
piano altri tre apostoli (i primi due sono indicati esplicitamente: Taddeo e
Bartolomeo) e, infine, i santi Lorenzo e Nicolò. Altre tracce con iscrizioni
sono visibili accanto.
Colpisce il gioco di rimando tra il tempo
dell’Antico Testamento (Mosè, Aronne e i patriarchi), quello del Nuovo
Testamento (gli apostoli), il tempo della Chiesa (S. Lorenzo e S. Nicolò) e il
tempo “profano”, il nostro (i mesi dell’anno, dodici come i dodici apostoli),
come se tutto fosse, appunto, ugualmente “tempo di salvezza”, da cui nessuno è
escluso.
Al centro della cappella, l’arca in pietra rossa di Trento fatta
costruire nel 1472 dal vescovo Giovanni Hinderbach per custodire i resti del
rogo, fortunosamente ritrovati sotto l’antico altare (forse, stando ad alcune
testimonianze, una sorta di mini cripta, una cella posta sotto l’altare, la cui
mensa era sorretta da colonnine romaniche, le stesse che tutt’ora sorreggono
l’arca hinderbachiana), e che, come già abbiamo detto, è “giunta” qui dopo aver
cambiato per ben due volte posto. All’interno dell’arca, stando ai verbali
dell’ultima ricognizione fatta nel 1895, vi è una cassa di cm. 116 x 50 x 52,
piena di terriccio mescolato con carboni e cenere. Ricordiamo che nella
tradizione dei primi secoli della Chiesa, il concetto di “reliquia” era più
ampio di quello che noi ai nostri giorni pensiamo (reliquia era anche ciò che
“toccava” la tomba di un santo, per esempio).
Probabilmente però, ciò che in origine era
stato ritrovato sotto l’antico altare assomigliava piuttosto a ciò che venne
trovato nell’agosto del 1876 a monte del paese di Sanzeno, mentre si demoliva
un’edicola dedicata a S. Maria Maddalena. Sotto una grande lastra di pietra
venne alla luce uno spazio che pare facesse parte dei ruderi di una chiesetta
antichissima, nel quale si trovò un piccolo sarcofago di pietra (cm. 14 x 20 x
10) che conteneva a sua volta una “capsella” d’argento (cm 5 x 25) che
custodiva reliquie, purtroppo per noi, innominate di sangue, cenere e tre
frammenti di stoffa[14].
Accanto all’urna dei Martiri è il vecchio fonte battesimale,
pietra calcare rossa del XVII secolo, opportunamente e significativamente qui
collocato, dov’è la “memoria” dei primi evangelizzatori di queste terre.
Di recente realizzazione (1990) l’icona
che rappresenta l’apostolato, il martirio e la glorificazione dei Ss. Martiri.
È opera di Fabio Nones di Trento, su tavola di rovere di slavonia, e realizzata
secondo gli antichi canoni iconografici.
L’organo
Avviandosi ora verso l’uscita dalla
Basilica, rimane solo da osservare, sopra il portale d’ingresso, un’ampia
loggia, costruita nel 1756, e fatta dipingere nel 1761 da mons. Giuseppe de
Concini da Casez, canonico della chiesa metropolitana di Vienna (a sinistra di
chi guarda: storie dei tre Martiri; Davide che suona l’arpa; a destra: S.
Cecilia che suona l’organo; S. Vigilio e S. Romedio). La loggia accoglie
l’organo, opera pregiatissima dell’organaro Innocenzo Cavazzani di Avio,
costruito nel 1792 e tutt’ora funzionante.
Le canne dell’organo fanno da cornice al
grande e splendido rosone, opera dell’architetto Giacomo Mookadoha, mentre la
vetrata policroma, con al centro lo stemma della famiglia de Concini, è opera
di Giuseppe Parisi (1960).
I reliquiari
La Basilica conserva, tra gli altri, due
preziosi reliquiari. Nel primo sono contenute le ceneri del rogo dei Martiri,
tra cui sono riscontrabili alcuni piccoli frammenti di ossa calcificate,
estratte nel 1897 dall’antica cassa di legno che si conserva nell’urna
marmorea. Contiene anche un cartiglio che recita: «Sanctorum Martyrum Sisinii,
Martyrii et Alexandri Cineres Sancti, ex pervetusta arca lignea quae in Urna
marmorea asservantur de licentia C. Epis. extracti, die 6 sept. 1897».
Un’altra più grande urna contiene invece alcune costole piccole,
bruciacchiate, provenienti dalla Basilica milanese di S. Simpliciano, e donate
alla Basilica di Sanzeno nel 1927.
Il santuario è aperto dalle 8:30 alle 18:30 tutti i giorni. Abbiamo
la Messa solo alla domenica alle 10:30 in quanto nei giorni feriali la messa
viene detta a s. Maria (lunedì, martedì, giovedì alle 8:00), mentre gli altri
giorni a Casez e Banco
………………………………………………………….. ESCURSIONE EXTRA
Castel Valér, Via a Castel Valer, 21, Ville d'Anaunia
Cappella di San Valerio, Tassullo (Ville d'Anaunia)
Quando
si parla di arte sacra nel Trentino orientale, non si può che parlare della
famiglia Baschenis, attiva in queste valli del Trentino tra il XV e il XVI
secolo. Hanno decorato gli interni e le facciate esterne di molte chiesette
alpine, dalla Val di Sole alla Val Rendena, passando per la Val di Non.
In
questo caso non entriamo in una chiesa di montagna, ma varchiamo le mura di
Castel Valer, nel comune di Tassullo.
Qui,
Giovanni e Battista Baschenis hanno affrescato le pareti della Cappella di San
Valerio, regalandoci dipinti di intensa vitalità, grazie anche al perfetto
stato di conservazione.
Un’occasione
unica per ammirare questi meravigliosi affreschi e fare un giro in questo
castello, a suo modo unico.
San Romedio – Castello
18
min (11,1 km) tramite Strada Statale 43d/SS43Dir
Orario
Luglio - Settembre:
Tutti i giorni, 10:00 - 15:00.
Santuario di San Romedio
38010
Coredo - TN
tel. 380 1407271 / 0463 636127
sanromedio@santimartiri.org
Sanzeno
– San Romedio
5 min (3,1 km) tramite Via S. Romedio
Durante
tutto l’anno vengono celebrate le Sante Messe al Santuario da lunedì a venerdì
ad ore 16.00 (In luglio e agosto ad ore 17.00); domenica ore 9.00 - 11.00. Il sabato
e le vigilie delle Festività non c'è la S. Messa.
Il santuario è aperto dalle
9:00 alle 18:30 tutti i giorni/ Messa ore 17:00
2° giorno – martedì 26 agosto
Santuario di Pietralba
Hotel
– Pietralba
1 ora 7 min (74,6 km) tramite A22/E45 (uscita Egna,
direzione Cavalese, deviazione Aldino)
Il Santuario della
Madonna di Pietralba, situato a 1550
metri di altitudine, è il luogo di pellegrinaggio più caro agli alto
atesini. Situato alle pendici del Monte San Pietro, il Santuario si affaccia
sulla meravigliosa Val d’Ega ed è per questo ribattezzato il Duomo delle
Dolomiti che da quasi cinque secoli irradia di luce le montagne e le valli
sottostanti.
Orario apertura ore
7.30-19:00
L’eremo
di San Leonhard a 20 minuti dal Santuario
A pochi minuti dal
santuario, isolato e immerso nella natura, si trova l’eremo di San Leonhard
edificato nel punto in cui la Vergine apparve a Leonhard Weissensteiner. Un
autentico gioiello.
APERTURA: ore 7:00 - 19:00
ORARI DELLE MESSE:
ore 10,00 (tedesco), 11:00 (italiano) e
18:30 (italiano).
Partenza ore 9.15
CONTATTO 0471 615124
3° giorno – mercoledì 27 agosto
Hotel
– Bolzano (Piazza Verdi)
55 min (72,7 km) tramite A22/E45
*Sepolcro Duomo di Bolzano
Duomo
di Santa Maria Assunta
Piazza
del duomo, 27, 39100 Bolzano
Nel Duomo di Bolzano
commemoriamo sia il battesimo di Josef Mayr-Nusser, l'inizio della sua
testimonianza, sia la sua beatificazione il 18 marzo 2017. Anche le sue spoglie
sono sepolte qui, nell'Altare dei Martiri.
Josef
Mayr-Nusser morì il 24 febbraio 1945 in un vagone bestiame alla stazione
ferroviaria di Erlangen. Poiché nell'ottobre del 1944 si rifiutò di prestare
giuramento di fedeltà ad Adolf Hitler per motivi religiosi, fu condannato e
deportato nel campo di concentramento di Dachau. Morì a Erlangen durante il
viaggio e lì fu sepolto. Solo dopo 13 anni le spoglie di Josef Mayr-Nusser
poterono essere traslate in Alto Adige, dove furono sepolte nella chiesa di
Santa Maria del Renon.
Il processo
di beatificazione fu avviato quasi 50 anni dopo la morte di Josef Mayr-Nusser.
La riunione costitutiva del gruppo di lavoro ebbe luogo nel 1990, durante la
quale il Dott. Peter Egger fu eletto postulatore. Un anno dopo, la Conferenza
Episcopale del Nord-Est approvò l'apertura del processo. Nel 2003, il Dott.
Josef Innerhofer assunse l'incarico di postulatore. Il processo diocesano di
beatificazione fu aperto il 24 febbraio 2006 e si concluse il 19 marzo 2007. Il
postulatore presentò quindi la documentazione alla Congregazione delle Cause
dei Santi a Roma. Nel luglio 2016, il vescovo Ivo Muser ricevette la lieta
notizia che Papa Francesco aveva approvato la beatificazione di Josef
Mayr-Nusser, avvenuta il 18 marzo 2017.
Josef Mayr-Nusser, “Testimoni della sua gloria”, articolo in
“Jugendwacht”, 15 gennaio 1938:
"L'oscurità ci circonda. L'oscurità
dell'incredulità, dell'indifferenza, del disprezzo, forse della persecuzione.
Eppure dobbiamo testimoniare e superare questa oscurità attraverso la luce di
Cristo, nonostante tutti gli attacchi, nonostante tutti siano inascoltati e
ignorati. La testimonianza è la nostra unica e più potente arma oggi.
Stranamente. Né la spada, né la forza, né il denaro, nemmeno l'influenza della
capacità spirituale, del potere spirituale, nessuna di queste ci è comandata
come essenziale per stabilire il regno di Cristo sulla terra. Il Signore ci ha
comandato qualcosa di molto modesto eppure molto più importante: essere
testimoni. Prima di tutto, non testimoni di parole, né testimoni di
azioni. Spesso può essere consigliabile rimanere in silenzio; la migliore azione
può spesso essere pervertita. Ma dovremmo e dobbiamo sempre essere testimoni.
Questo essere semplice e schietto. Questa è la testimonianza più grande!"
*Targa commemorativa in
Piazza Verdi
Con questa targa
commemorativa la città di Bolzano ricorda Josef Mayr-Nusser, che per motivi di
coscienza si rifiutò di prestare giuramento ad Adolf Hitler e si oppose
coraggiosamente all'ideologia nazionalsocialista.
La targa
recita: "Se nessuno troverà mai il coraggio di dire loro che non sono
d'accordo con le loro idee nazionalsocialiste, allora le cose non
cambieranno".
Questa
frase di Josef Mayr-Nusser risale al suo periodo da ufficiale delle SS, quando
rivelò a un compagno la sua intenzione di non giurare fedeltà a Hitler. La
targa in Piazza Verdi è stata inaugurata in occasione della giornata della
memoria del 2010. Il sindaco di Bolzano ha dichiarato in quell'occasione:
"La nostra città può essere molto orgogliosa di questo concittadino, che
ha pagato con la vita la sua coerenza e sincerità nel rifiutare il
nazionalsocialismo. Ha rinunciato a un'ideologia che calpestava i diritti
fondamentali di ogni individuo, primo fra tutti il diritto alla libertà di
espressione".
La città di Bolzano rende così omaggio alla vita e all'opera di
Josef Mayr-Nusser, a cui è dedicata anche una via situata dietro Piazza Verdi.
Josef
Mayr-Nusser, “Testimoni della sua gloria”, in Jugendwacht, 15.1.1938
"Prima di tutto, non testimoni di parole, né di azioni. Spesso può
essere consigliabile tacere; la migliore azione può spesso essere distorta. Ma
dovremmo e dobbiamo sempre essere testimoni. Questo essere semplice e schietto.
Questa è la testimonianza più grande!"
* Chiesa del Sacro Cuore
La chiesa del Sacro Cuore si trova in via della
Roggia, una stradina laterale di via Museo all'altezza di piazza delle Erbe.
La chiesa del
Sacro Cuore è una chiesa neoromanica a tre navate (1897 - 1899),
costruita assieme all'annesso convento su progetto dell'architetto J. Bittner
in occasione del centenario del voto dei Tirolesi al Sacro Cuore per
l'adorazione del SS. Sacramento.
Sulla facciata mosaico
di I. Stoly (1910). All'interno affreschi ed arredi del
tempo.
Dopo il matrimonio con Hildegard e il
trasferimento nella via Claudia de' Medici, Josef Mayr-Nusser frequentò la
chiesa del Sacro Cuore. Dopo la sua morte qui si svolse una messa di
commemorazione che fu celebrata dall'amico e guida spirituale don Josef
Ferrari.
L'assistente
eccelesiastico della Gioventù cattolica don Josef Ferrari fu caro amico di
Josef Mayr-Nusser. Lavoravano a stretto contatto nella Katholische Aktion
(Azione cattolica) e si completavano vicendevolemnte nel lavoro con i
giovani.
Quando Hildegard ricevette la notizia della morte del marito, incontrò Josef
Ferrari a cui diede la triste notizia. Fu lui che l'11 aprile 1945 celebrò la
messa funebre nella chiesa del Sacro Cuore. A quella data l'odierno Duomo
(allora Chiesa della Prepositura) era danneggiato per i bombardamenti e la vita
ecclesiastica di Bolzano si svolgeva nella chiesa del Sacro Cuore.
Don Josef Ferrari,
Commemorazione funebre dell’11.4.1945
"Quello che diceva era
chiaro come l’acqua di una sorgente di montagna – quello che faceva, lo faceva
per una bontà
calda, che aveva il suo fondamento nella carità cristiana. Legge suprema del
suo agire era l'amore. Che portasse questo amore
lungo le sue camminate vincenziane, nelle baracche o nelle abitazioni dei
poveri, o che offrisse l’amore come una forza di conciliazione per le tensioni
nella comunità dei giovani, era sempre lo stesso amore che nasceva dal suo
cuore vicino a Dio. La sua gratuità era senza limiti e la sua disponibilità al
servizio instancabile."
* La memoria del Lager.
Chiesa di S. Pio X
Muro del Durchgangslager (Lager di Bolzano - Gries),
Via Resia, 80
“Piazza Verdi – Lager”
7 min (4,4 km) tramite Via Innsbruck/SS12
Presso la chiesa di S.
Pio X, che si affaccia su via Resia e su via Piacenza, sorgono tre
monumenti dedicati in più periodi alla memoria del Lager di Bolzano. La
presenza di questi monumenti “decontestualizzati” dimostra l’importanza di
legare il ricordo ai luoghi della storia, pena la non comprensione della
funzione degli stessi monumenti, lontani dai luoghi e dai fatti che intendono
celebrare. Il primo di essi si trova sul fianco della chiesa lungo via
Piacenza. È un’edicola dedicata alla Madonna Regina dei Martiri; risale al 1955
ed è stata collocata grazie all’impegno di don Daniele Longhi, già cappellano
della Zona Industriale, arrestato nel dicembre 1944 in quanto membro del CLN e
deportato nel Lager di Bolzano. È il primo monumento dedicato alla memoria del
Lager e ne riporta una dedicazione chiaramente identificabile. Sul prato
davanti alla Chiesa, lungo via Resia, sono collocati un cippo iscritto e una
statua. Il cippo in porfido venne realizzato nel 1965 su progetto di Guido
Pelizzari di Bolzano e scelto dal Comitato per le celebrazioni del ventennale
della Resistenza, posto su un largo basamento e collocato nell’aiuola che
tuttora si trova davanti al complesso abitato di via Resia 80. Sotto
l’iscrizione, che ancora si legge, era visibile una sommaria pianta del Lager,
e un piccolo rombo in cemento riportava le date “1945-1965”. Nel 1985 questo
stesso cippo fu rimaneggiato, scalpellandone la pianta del Lager e riempiendo
lo spazio così ricavato con la dedica della Città di Bolzano nel 40.
anniversario della liberazione. Fu tolto il rombo in cemento e incisa la data
“1943-1945” sulla sommità del cippo. Nella stessa occasione venne deciso il
trasferimento del cippo davanti alla Chiesa di S. Pio X e il suo interramento
nel prato. La statua vicino è stata ideata come completamento del cippo, e
venne qui collocata nel corso del 1985. Essa è composta da una figura maschile
e da una figura femminile che urlano al cielo il dolore della loro tragica
condizione tenendosi per mano. È opera dello scultore locale Claudio Trevi.
https://www.bolzano-bozen.it/i-luoghi-della-memoria.html
* Mayr-Nusser
Memorial, Lichtenstern
UN MEMORIALE CHE VA OLTRE
IL TEMPO DI JOSEF MAYR-NUSSER
Josef Mayr-Nusser fu
inizialmente sepolto a Erlangen. Nel 1958, la sua salma fu trasportata in Alto
Adige e inumata nella primavera del 1963 contro il muro esterno della chiesa di Lichtenstern am Ritten. L'ex
tomba di Josef Mayr-Nusser a Lichtenstern è inoltre ornata da un monumento
commemorativo dell'artista Gotthard Bonell. Questo monumento commemorativo è
stato inaugurato al pubblico il 14 ottobre 2005.
"Non basta erigere
monumenti: dobbiamo diventare noi stessi monumenti viventi attraverso la nostra
vita cristiana", ha affermato il vescovo diocesano Wilhelm Egger durante
l'inaugurazione e la benedizione del monumento. Nella sua omelia, il vescovo ha
presentato il figlio di Nusser come modello ai numerosi giovani che hanno
partecipato e contribuito alla Liturgia della Parola.
Nel suo discorso,
l'artista Bonell ha sottolineato che quest'opera non rappresentava per lui una
commissione, bensì un obbligo. "Quest'opera dovrebbe diventare un
messaggio che trascenda l'epoca di Josef Mayr-Nusser", ha affermato
Gotthard Bonell. Per questo motivo, l'artista non vuole che quest'opera venga
intesa principalmente come un memoriale, ma piuttosto come un monumento.
"Questo mondo ha bisogno di molti Mayr-Nusser; questo memoriale dovrebbe
ricordarci la tolleranza", ha affermato Bonell.
“Lager,
Via Resia – Memoriale”
35 min (24,9 km) tramite
SS12
Orario apertura di ogni luogo è dalla mattina fino alle 18.00.
4° giorno – giovedì 28 agosto
Hotel
– “Simonino”
21 min (17,5 km) tramite
SP66 e SS47
L’Aula del Simonino, finora nota come
Cappella del Simonino, situata all’interno di Palazzo Bortolazzi Larcher
Fogazzaro, in Via del Simonino, nel centro storico di Trento, è stata donata al
FAI da Marina Larcher Fogazzaro nel 2018, perché fosse restaurata e valorizzata.
ORARIO
Dal
17 luglio, aperti dal giovedì alla domenica.
Ingressi su turni,
secondo i seguenti orari (massimo 25 persone per turno): 10:15 / 11:00 / 11:45 / 12:30 / 14:45 / 15:30 / 16:15 / 17:00
Turni di visita da 45
minuti.
L’Aula del Simonino è accessibile solo negli orari indicati con
modalità audio racconto, non sono previste visite in autonomia o guidate, raggiungere
il Bene 15 minuti prima dell’orario
prenotato.
L’Aula del Simonino è raggiungibile unicamente a piedi:
Parcheggio Piazza Fiera (550 m - 6 minuti a piedi)
Autosilo Buonconsiglio (600 m – 8 minuti a piedi)
Parcheggio Sanseverino (1,1 km – 15 minuti a piedi / sosta con
disco orario max 2 ore dal lunedì al venerdì)
Maggiori info:
www.auladelsimonino.it
PRENOTATO 28 agosto ore 11.00
https://fondoambiente.it/luoghi/cappella-del-simonino/visita
“Simonino” – Pinzolo
1 ora 10 min (59,0 km) tramite SS45bis e
SS237
Pinzolo
Pinzolo è un paese sito
nell'alta Val Rendena, nell'estremità occidentale del Trentino. È il maggiore
centro della valle ed è situato su una piana prativa fra il Gruppo
dell'Adamello ad ovest e il Gruppo del Brenta ad est. Tra le maggiori luoghi da
visitare vi è la chiesa cimiteriale di San Vigilio dedicata al santo vescovo
Vigilio di Trento, conserva affreschi del XV secolo e XVI secolo, tra cui la
Danza macabra lavoro di Simone II Baschenis; la torre campanaria della
Chiesa arcipretale di San Lorenzo, al centro del paese, è in stile gotico e
raggiunge un'altezza di 72 metri: è la più alta del Trentino.
Hotel
– Pinzolo
1 ora 22 min (77,5 km) tramite SS45bis
ProLoco
0465 501007 - info@prolocopinzolo.it
Orario: Giovedì CHIUSO,
affresco è all’esterno.
La Chiesa di S. Vigilio fu fondata nel 1362 e successivamente ampliata nel 1515, ha
pianta rettangolare a 3 navate, con archi e volte a sesto acuto sorrette da
colonne in granito.
La facciata medioevale è ricoperta da affreschi
risalenti ad epoche diverse: il più importante e singolare per il tema trattato
è sicuramente la ormai famosa “Danza Macabra” che
ritroviamo anche all’esterno della Chiesa di Santo Stefano a Carisolo.
Entrambi gli affreschi furono realizzati dal
pittore Simone II Baschenis di Averaria che visse tra il
1490 e il 1555 ed è considerato il più grande e famoso dei numerosi pittori
Baschenis, che affrescarono molte chiese del Trentino tra la metà del 1400 e
del 1500.
L’affresco di Pinzolo occupa una fascia alta più di 2
metri e larga più di 22. Come in tutte le Danze Macabre, anche in quella di
Pinzolo, le immagini sono accompagnate da didascalie; nell’affresco di Pinzolo
ai testi dialettali di tono popolare si aggiungono citazioni di carattere dotto
in lingua latina o volgare: i primi sono ordinatamente disposti nella fascia
orizzontale che corre sotto le figure, mentre le altre sono inserite in
cartigli portati dagli stessi scheletri.
Diversamente da quanto avviene in molte Danze Macabre
dell’area franco-germanica, qui le scritte non presentano la forma di dialogo
tra morto e vivo, bensì quella di un monologo recitato solo dal morto che
invita il vivo ad entrare nel ballo.
Il Corteo della
Danza Macabra inizia a sinistra, con la figura della Morte che suona la
cornamusa: seduta su di una specie di trono, è incoronata a simbolo del suo
assoluto dominio sull’umanità intera. Vi sono poi in successione 18 personaggi
appartenenti alle diverse categorie religiose e sociali, tra i quali si notano
un papa, un cardinale, un vescovo, un sacerdote, un frate, un imperatore, un
re, una regina ed un duca. Ad un livello più basso della scala sociale si
incontrano un medico, un guerriero, un ricco avaro, un giovane vanitoso, un
mendicante, ed infine una monaca, una dama ed un bimbo. Ad ognuno di questi
personaggi, accompagnati dal proprio scheletro, corrisponde una scritta in
versi, dipinta sotto l’affresco.
A destra
irrompe rapida e saettante la Morte – raffigurata da uno scheletro con la
faretra piena di frecce – che cavalca un bianco cavallo alato che calpesta i
cadaveri a terra. Nell’ultima parte della fascia si notano S. Michele Arcangelo
e il Diavolo.
Tutto il
dipinto rivela un’attenta cura nei particolari ed un’efficace varietà degli
atteggiamenti e delle espressioni beffarde degli scheletri.
Venne terminato nell’ottobre del 1539, ed unitamente
agli affreschi che si possono vedere all’interno della chiesa di San Vigilio
(sempre datati 1539), rappresenta nel suo insieme il maggior complesso
pittorico di Simone II Baschenis di Averaria.
* Chiesa di Santo Stefano di Carisolo, Val Genova
La chiesa
di S. Stefano è arroccata su una rupe granitica che domina
l´imbocco della Val di Genova, nel Parco Naturale Adamello Brenta.
La parte meridionale esterna è interamente affrescata con pitture di Simone
Baschenis che, con la sua Danza Macabra, ha
immortalato la morte che ammonisce chi è ancora vivo e i sette peccati
capitali. La disposizione dei protagonisti riflette la rigida gerarchia della
società medievale, per cui i nobili precedono gli uomini qualunque, e la netta
distinzione fra ecclesiastici e laici. Sulla parete nord dell’interno,
Baschenis realizzò nel 1534 il grande affresco di Carlo Magno,
che dà grande pregio artistico alla chiesetta. Rappresenta il battesimo di un
catecumeno da parte di papa Urbano I: sulla sinistra Carlo Magno con
la corona imperiale, circondato da sette vescovi e da soldati in arme, ed
ancora vescovi col pastorale ed una schiera di catecumeni.
La leggenda
racconta che prima di arrivare a Pinzolo Carlo Magno
vide una chiesetta isolata su uno spuntone di roccia, vi si diresse e vi lasciò
un documento con il racconto delle sue imprese. Di certo, la prima
testimonianza dell’esistenza della chiesa di S. Stefano risale al 1244 e le
decorazioni pittoriche ad opera dei Baschenis ebbero inizio nel 1461. La
chiesetta originaria è stata successivamente ampliata, e sul lato ovest è stata
costruita dopo il 1530 una grande scala che ha coperto e parzialmente distrutto
gli affreschi preesistenti, datati 1519. Comunque, i toponimi Sot Castel, Mas
del Castel, Fontana del Castel lasciano supporre che il colle abbia accolto
un castelliere preistorico, forse utilizzato nell´Alto
Medioevo.
Pro
Loco Carsiolo 0465 501392 Michele
(chiesa di S. Stefano)
Pinzolo – Carsiolo
5 min (2,0 km) tramite Via Santo Stefano e Via
Negrelli
Orario: martedì-sabato ore 10.00-11.30 e 16.00-18.00.
La domenica ore 16.00-18.00.
5 giorno
– venerdì
29 agosto
BEATO MARIO BORZAGA
Trento
Associazione amici di p. Mario -
Trento
MAPPA
e PERCORSO
1. parrocchia di
S. Antonio [1] una breve visita nella chiesa attigua dove c'è
l'altarino dedicato a P. Mario.
2. fare visita alla casa di P. Mario [2] (5 minuti a piedi dalla
parrocchia)
3. passando poi sul Ponte dedicato a P. Mario [3] che si trova a 5
minuti dalla casa sulla strada verso il centro
4.
chiesa dei Bertoniani [4] di Via S. Bernardino e davanti alle scuole
elementari [5] di Via S. Giovanni Bosco - cambia nome ma è sempre la stessa
strada, e subito dopo alla chiesa del Santissimo [7] dove P. Mario
confessava accanto al Seminario Maggiore [6] (guardabile solo
dall'esterno) che ha frequentato P. Mario. Poi potete tornare verso il
centro e visitare il Duomo [8] (sacramenti di P. Mario e sua Prima
Messa)
5. Interessanti da vedere sarebbero la romanica Badia di S. Lorenzo [10]
(vicino alla stazione) e, a metà tragitto fra Duomo e S. Lorenzo, la chiesa di S.
Maria Maggiore [9] (dove si tenevano le sedute ordinarie del Concilio).
“Potessi fermare tutta la
mia vita accanto al Tabernacolo e pregare, unicamente pregare. Poter celebrare
una lunga santa Messa e salvare tutti gli uomini: una santa Messa che mi faccia
Cristo col Cristo sull’altare della Calvario”.
(Padre Mario
Borzago, 1932 – 1960, sacerdote O.M.I., martire)
Monumenti in Trento
Chiesa di S. Maria Maggiore
Vicolo delle Orsoline, 1,
38122 Trento TN
La
Chiesa di Santa Maria Maggiore, conosciuta localmente come Chiesa di Santa
Maria Maggiore, rappresenta un magnifico testimone del ricco patrimonio storico
e architettonico di Trento. Questa iconica chiesa, commissionata dal
Principe-Vescovo Bernardo Clesio, non è solo un rifugio spirituale ma anche un
faro dell'architettura rinascimentale e di rilevanza storica, avendo giocato un
ruolo cruciale durante il Concilio di Trento. Iniziamo un viaggio nel tempo per
esplorare le meraviglie della Chiesa di Santa Maria Maggiore.
Il Significato Storico della Chiesa
di Santa Maria Maggiore
La
storia della Chiesa di Santa Maria Maggiore è profondamente intrecciata con il
tessuto stesso di Trento. Gli scavi archeologici tra il 1974-1978 e il
2007-2009 hanno rivelato le sue antiche origini. Il sito su cui sorge la chiesa
ospitava un tempo edifici pubblici romani, forse anche un complesso termale. Una
fonte agiografica, la Passio Sancti Vigilii, attribuisce la fondazione
dell'ecclesia a San Vigilio, il terzo vescovo di Trento, intorno alla fine del
IV o all'inizio del V secolo. Tuttavia, recenti scoperte suggeriscono che
il primo edificio sacro su questo sito risalga alla seconda metà del V secolo o
all'inizio del VI secolo.
Nel
corso dei secoli, la chiesa ha subito diverse trasformazioni. Nell'alto
Medioevo, tra la fine dell'VIII e l'inizio del IX secolo, importanti
ristrutturazioni includevano l'aggiunta di arredi liturgici in pietra
riccamente decorati. Tra il X e l'XI secolo, una nuova chiesa più piccola
sostituì quella originale, caratterizzata da un'abside semicircolare centrale
affiancata da due absidi minori. Questa pratica medievale di riutilizzare
materiali da costruzioni precedenti era comune e contribuisce alla storia
stratificata della chiesa.
L'attuale
chiesa in stile rinascimentale, visibile oggi, iniziò la sua costruzione nel
1520 sotto la direzione di Bernardo Clesio. Fu durante questo periodo che la
Chiesa di Santa Maria Maggiore guadagnò prominenza, in particolare durante il
Concilio di Trento. Il 12 dicembre 1545, la chiesa fu la destinazione della
prima processione solenne del Concilio, e dal 1562 ospitò le congregazioni
generali della fase finale del concilio. Questa rilevanza storica è immortalata
in varie opere d'arte e incisioni, tra cui un dipinto notevole di Elia Naurizio
conservato nel Museo Diocesano Tridentino.
Le Meraviglie Architettoniche della
Chiesa di Santa Maria Maggiore
L'eleganza
architettonica della Chiesa di Santa Maria Maggiore è evidente anche a un primo
sguardo. La facciata, costruita in pietra bianca e rossa, mostra uno stile
rinascimentale con un ingresso ad archivolto. Il portale, commissionato dal
Principe-Vescovo Cristoforo Madruzzo nel 1539, è adornato con una lunetta che
raffigura l'Annunciazione a Maria. Questa facciata, insieme alle chiese
dell'Assunta a Civezzano e alla Cattedrale dell'Assunta a Cles, completa la
trilogia clesiana.
All'interno,
la chiesa presenta una navata unica con una serie di cappelle ai lati, ciascuna
con altari in marmo barocco. Tra le opere d'arte notevoli vi è un pezzo di
Giovan Battista Moroni nella seconda cappella a destra, che raffigura la
Madonna, San Giovanni e i quattro dottori della chiesa. L'interno vanta anche
diverse pale d'altare e un sarcofago barocco contenente reliquie attribuite a
San Clemente, circondato da stucchi realizzati da Gerolamo Aliprandi. I dipinti
sul soffitto, che illustrano momenti del Concilio di Trento e figure chiave
della Controriforma, sono di grande valore storico e artistico.
Ai lati
dell'altare maggiore si trovano statue di Santa Marta e Santa Maddalena,
scolpite negli anni 1670 da Cornelis van der Beck. La parte settentrionale del
presbiterio è occupata dal coro, un capolavoro degli scalpellini Vincenzo e
Gian Girolamo Grandi, con una grande tribuna con bassorilievi e medaglioni,
sostenuta da mensole finemente scolpite. Questo progetto, commissionato da
Giovanni Antonio Zurletta (o Ciurletti), fu realizzato tra il 1534 e il 1542.
Il Campanile Imponente e le Sue
Campane
Il campanile
della Chiesa di Santa Maria Maggiore, alto 53 metri, è il più alto di Trento.
Costruito in pietra calcarea bianca, presenta due ordini di trifore romaniche e
una cupola poligonale. Nel 1921, il campanile fu dotato di un insieme di sette
campane, fuse dalla fonderia Luigi Colbacchini di Trento. Queste campane,
progettate per armonizzarsi con quelle della cattedrale, creano un suono
maestoso riservato alle grandi festività.
Il Maestoso Organo a Canne
Sul
coro del presbiterio risiede l'organo a canne Mascioni opus 402, costruito nel
1928 utilizzando la cassa dell'antico organo del 1536. Restaurato e ampliato
nel 1953 dopo i danni della Seconda Guerra Mondiale, questo strumento a
trasmissione elettrica presenta tre tastiere, una pedaliera concavo-radiale e
un totale di 56 registri. La cassa dell'organo, con la sua struttura a
serliana, mostra canne disposte in cuspidi uniche, aggiungendo alla grandiosità
della chiesa.
Un Monumento Vivente di Fede e Storia
La
Chiesa di Santa Maria Maggiore non è solo un luogo di culto, ma un monumento
vivente che narra la storia ricca e l'evoluzione architettonica di Trento. Le
sue mura riecheggiano le solenni assemblee del Concilio di Trento, le sue opere
d'arte riflettono il fervore religioso del Rinascimento, e le sue campane
risuonano con lo spirito duraturo della città. Per qualsiasi visitatore di
Trento, una visita alla Chiesa di Santa Maria Maggiore è un viaggio imperdibile
attraverso il tempo, la fede e l'arte
Basilica di S. Maria Maggiore
rimane aperta dalle 8.00 alle 17.30.
La chiesa di S. Lorenzo è
stata affidata alla comunità cattolica ucraina di rito orientale, per contatto:
338 537 1235.
Badia di S. Lorenzo – Tempio Civico
Piazza Dante, 7
BASILICA PALEOCRISTIANA DI SAN VIGILIO
La Basilica paleocristiana si trova nel sottosuolo della Cattedrale di San Vigilio, in Piazza
Duomo. L’accesso è ubicato all’interno, sotto l’altare maggiore, all’angolo del
transetto settentrionale.
Orari
Tutti i giorni 10.00 - 12.00 e 14.30 - 17.30
domenica 14.30 - 17.30
Martedì CHIUSO e 1 gennaio, 6 gennaio, 12 gennaio pomeriggio, Settimana Santa,
Pasqua, 26 giugno, 1 novembre, 25 dicembre.
Gli orari di apertura potrebbero variare in base alle esigenze liturgiche
della Cattedrale.
MUSEO DIOCESANO TRIDENTINO
Palazzo
Pretorio, Piazza Duomo, 18
38122 Trento
Orari
Tutti i giorni 10.00 - 13.00
/ 14.00 - 18.00
MARTEDÌ CHIUSO
Chiuso il 1 gennaio, 6 gennaio, Pasqua, 26
giugno, 1 novembre, 25 dicembre
Comprensivo di accesso gratuito alla BASILICA PALEOCRISTIANA DI SAN VIGILIO
7,00 € intero
5,00 € ridotto
10,00 € serale
Azienda per il
Turismo Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi
Piazza Dante, 24
0461216000
CATALOGO MOSTRA (2020)
L'invenzione del colpevole
Il 'caso' di Simonino da Trento, dalla propaganda alla
storia
6 giorno – sabato 30 agosto
Visita a Trento ore 10-12
Basilica Paleocristiana e Museo

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