venerdì 30 maggio 2014

Le beate terziarie minime di Milazzo: quattro o tre?





Santa Candida martire romana, venerata a Milazzo. Dopo la soluzione del dilemma, la verità circa le reliquie della S. Martire venerate nel Santuario di San Francesco di Paola a Milazzo, ho sempre avuto l’impressione che la stessa Beata Candida non sia mai esistita, e quel nome fosse un errore desunto erroneamente nella storia per dare un nome a una delle discepole del Santo di Paola.
Questa deduzione poggia sul fatto che nel 1927 in un libro scritto dalla Postulazione Generale dell’Ordine dei Minimi, in cui si elencano e descrivono tutti i testimoni di santità dell’Ordine, non viene citata minimante la cosiddetta Beata Candida, ma solo le sorelle Leonti da Milazzo, senza nessun titolo di sorta, ma solo come esempio di santità paolana in Milazzo. Tutto questo è interessante!
Se “Una antichissima ed ininterrotta tradizione milazzese ci consegna la figura di Candida, popolarmente venerata con il titolo di Beata, il cui corpo si conserverebbe presso il Santuario di San Francesco da Paola, ove sarebbe stato rinvenuto intorno al 1770”, dov’è ora quel corpo?
Ritengo questa affermazione solo diplomatica, per stare dentro alla pia bugia della pietà popolare, che ben trova la sua spiegazione nel fatto che il corpo attribuito alla Beata in realtà è della martire romana come attesta la sua autentica del 1784 e un conferenza sul tema nata dopo il mio precedente articolo.
Infatti solo gli storici del XX secolo attestano la storicità della Beata Candida, reggendosi però su un elemento, l’urna, che oggi sappiamo non essere quella di Candida da Milazzo.

Ecco alcuni citazioni:
1) “Presso l’ingresso, di fronte alla Sacrestia vi è il corpo della beata Candida, onorata di culto popolare” (Ryolo). Già si nota l’errore circa l’attribuzione delle reliquie.
2) “corpo della Beata Candida Leonte, vergine milazzese, discepola di San Francesco di Paola, morta in fama di santità sul finire del XV secolo” (Micale). Si noti, il dato: il Micale cita come cognome uno molto simile alle suddette sorelle Leonti, perché? Un errore, oppure voleva annoverarla tra le sorelle Angelica, Pelagia e Biagia? Una curiosità: Angelica Leonti è l’unica beata milazzese effigiata nel chiostro di San Francesco di Paola a Grottaglie.

3) “in una antica artistica bara in legno e vetro, è esposto il corpo imbalsamato della “Beata Candida” Vergine milazzese discepola di S. Francesco da Paola, morta in fama di santità nel 1470 e della quale la Sacra Prefettura Apostolica ufficializzò la venerazione delle sacre reliquie con atto datato Roma 14 giugno 1784. Apparteneva alla famiglia patrizia dei Leonte e lo stemma gentilizio è riprodotto in marmo sul pavimento della Cappella”. (Micale - Petrungaro)
Anche qui l’identica confusione: il cognome, la data dell’autentica delle reliquie di S. Candida martire e le reliquie stesse. Tutti elementi che non comprovano una Candida da Milazzo, ma anzi ci dicono il contrario, un figura inventata.

4) “protetta da un vetro, è sistemata la beata Candida: si tratta di un personaggio legato al soggiorno milazzese del Santo, i cui resti sarebbero stati scoperti nei lavori di trasformazione del tempio e offerti al pubblico culto. I resti mortali del personaggio risultano celati all’interno di un fantoccio con parti anatomiche visibili in cera e rivestito da un abito bianco riccamente decorato secondo il gusto del tardo Settecento, sistemazione chiaramente anacronistica ma di grande effetto. Una lastra tombale nel pavimento della cappellina reca lo stemma dei Leonti. Un antico crocifisso completa l’altare” (Chillemi). Anche qui si ripetono gli errori: cognome e reliquie.
5) “corpo incerato di una monaca di casa, contemporanea di S. Francesco e dal lui conosciuta, di nome Candida; il Vescovo del tempo concesse il culto di «venerabile»; fu una pia serva del Signore. La pia serva di Dio chiese a S. Francesco un ricordo, prima che se ne tornasse in Calabria; il Santo, nel giorno seguente, le fece trovare dipinto il suo volto sulla porta di casa; la tavola, su cui il Santo dipinse il suo proprio volto, rimase esposta sull’altare fino a quando l’incendio del 1908 la bruciò; ampolla del sangue della pia venerata Candida.” (P. Felice Margarita o.m.).
Ancora una volta alcuni errori: l’attribuzione delle reliquie e il nome, che pare sia quello delle reliquie e non quello della “monaca di casa”.
Infine altro elemento che accomuna gli storici del XX secolo è la menzione dell’episodio dell’effigie miracolosamente, un’acheropita, lasciata dal Santo sulla porta di casa di Candida.
Credo che questo elemento non attesta la storicità del personaggio, tanto meno il suo nome.

Lo storico, autore di “Melazzo Sagra”, Padre Francesco Perdichizzi, afferma:

“La cappella di San Francesco di Paola con un quadro che muove a divozione di pittura sopra tavola, e di pennello per quello che appare peregrino, per lo che molti Signori Vicereggini hanno voluto la copia, fu datata l'anno 1549 dalla famiglia antica di Rifarca, venuta da Messina, ove era patrizia dei cittadini”.

Questo testo non è a sostegno della tradizione riportata in molti testi di storici del XX sul Candida da Milazzo, che “alla partenza del Santo gli avrebbe chiesto un ricordo ed il Taumaturgo Paolano avrebbe accondisceso a tale richiesta imprimendo prodigiosamente la sua immagine sulla porta di casa di Candida”.


E la così detta Sacra Tavola la cui copia è a San Pier Niceto (ME), il cui originale milazzese andò distrutto da un incendio nel 1908.

Però della tradizione sulla Sacra Tavola e di una monaca di nome Candida si trova traccia nelle Memorie di Milazzo di P. Giuseppe Piaggia, però siamo solo nel XIX secolo, il quale si rifà ad una Cronaca della Provincia monastica di Messina dell'Ordine del .. (?).
Detto questo credo che la vera prova dell’esistenza storica di una Beata di nome Candida sia il testo dell’Ordine dei Minimi che citando gli esempi di santità dell’Ordine vissuti nella provincia di Messina non riporta nessuna nota su Candida. Questa prova parla da sé! Concludo citando la scarna notizia, tratta dal libro suddetto – molto simile è riporta nel libro sul Chiostro di S. Francesco da Paola in Grottaglie - sulle tre sorelle Leonti:

Beata Angelica Leonti da Milazzo
terziaria minima
Santuario di S. Francesco da Paola - Milazzo
(opera dell'ottobre 2013)

Angelica, Pelagia e Biagia Leonti
Del III Ord. (1559 – 1591)

Sorelle germane di Milazzo, furono tutte e tre l’ornamento di quest’Istituto. Il digiuno era il loro alimento; l’orazione la loro ricreazione; l’assistenza ai poveri malati la loro più grande occupazione.
Godevano sempre della vista dell’Angelo Custode, che loro faceva da Maestro e da Guida.
Il loro decesso fu prezioso dinanzi a Dio ed agli uomini. Angelica morì il 1559, Pelagia il 1591.


BIBLIOGRAFIA e SITI

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II appendice – Ed. Città Nuova
* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
* Chillemi F. - Milazzo città d’arte - Edizioni GBM by GEM s.r.l. - Messina, 1999, pag. 133
* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2014
* Margarita Felice - Guida per la visita al Santuario S. Francesco di Paola in Milazzo - Tipografia Lombardo - Milazzo, 1995, pag. 31
* Micale A. - Milazzo guida turistico artistica - Arti Grafiche S.T.E.S. s.r.l., 1974, pag. 19
* Micale A. e Petrungaro G. - Milazzo ritratto di una città - Edizioni “La nuova provincia” - Milazzo, 1996, pag. 104
* Postulazione Generale (a cura) – L’Ordine dei Minimi nella luce dei Santi – Roma, 1927
* Ryolo D. - Guida storico turistica di Milazzo - Sicilia nuova Editrice - Milazzo, 1974, pag. 17
* Sito web di cartantica.it (Santa Candida martire a Roma, venerata a Milazzo)
* Sito web di oggimilazzo.it (S. Francesco di Paola: «La Beata Candida è un ''falso''»)
* Sito web di preguntasantoral.es (Santa Càndida, màrtir venerada en Milazzo)
* Sito web di santibeati.it (Beata Candida da Milazzo)
* Sito web di webalice.it (La Beata Candida di Milazzo)
* sito web di wikipedia.org (Santa Candida)

Venerdì della VI settimana di Pasqua





in questa città io ho un popolo numeroso

Una bella speranza! Così sorregge e consola il Signore la decisione di Paolo di rimanere a Corinto. Una speranza che diventa fiducia in Paolo. L’apostolo chiamato solo ad annunciare. Spesso noi siamo tentati dai numeri, e quando questi non appaiono ci arrendiamo. Il Signore ci dia uno sguardo di speranza che va oltre ciò che vediamo perché Egli “ha un popolo numeroso” che abita tra gli uomini e le donne di questo tempo.

afferrarono Sòstene, capo della sinagòga, e lo percossero davanti al tribunale, ma Gallione non si curava affatto di questo

La non curanza di Gallione va oltre l’ingiustizia!
Il Signore ci liberi dal perderci in cose da nulla che spesso abitano le nostre comunità e ci guidi in uno sguardo di vera giustizia e di ricerca del bene comune.

A Cencre si era rasato il capo a causa di un voto che aveva fatto.

Si usano ancora fare i voti? Cosa è un voto? È compiere un sacrificio per supplicare la misericordia divina.
Il Signore ci aiuti a vivere nella sua volontà, al di là di ogni voto.

nessuno potrà togliervi la vostra gioia

Gioia? Siamo cristiani gioiosi?
Annunciamo ancora un Dio vendicatore e giudice?
Il Signore ci dia una fede profonda, gioiosa e contagiosa!

Quel giorno non mi domanderete più nulla

È il giorno del dono dello Spirito, in cui tutto sarà chiaro!
Vieni Spirito Santo, vieni per Maria, perché in ciascuno di noi ci sia la chiarezza di Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”! Amen.

lunedì 26 maggio 2014

Beata Angelica Mastroti, prega per noi!





Visse in odore di santità. A sei anni si ammalò di tubercolosi che la costrinse all'immobilità per ben 13 anni. Quando tutti erano in attesa della sua imminente fine, fu miracolata: era il 1870. Non cessarono, però, i suoi patimenti: un calcolo alla vescica le procurò indicibili sofferenze fino al 1873 quando un secondo intervento soprannaturale la liberò dal male; ma il suo desiderio di espiazione la indusse a mortificare il suo corpo facendo uso di cilici, giacigli di spine e sottoponendosi a lunghi digiuni. La sua vita ascetica le procurò frequenti estasi durante le quali colloquiava con la Madonna e il Figlio che la Vergine aveva tra le braccia. Il coinvolgimento spirituale ebbe anche conseguenze fisiche. Infatti una ferita da cui sgorgava spesso sangue si aprì spontaneamente sul costato e non si rimarginò più. Nel 1890, per seguire il suo nipote Nicola, avviato al sacerdozio, si trasferì a Castelluccio Superiore (Pz) dove continuarono a verificarsi fatti prodigiosi, tanto che la fama si sparse in tutti i paesi limitrofi. A Castelluccio si spense il 26 Maggio del 1896. La sua tomba è ancora oggi meta di numerosi fedeli.

Non esiste un pronunciamento ufficiale di beatificazione della Serva di Dio, ma la città di Castelluccio venera Maria Angelica come Beata, dedicando a lei nel giorno del 26 maggio una fiera e una Messa in suffragio con visita al cimitero ove si trova la tomba della stessa: a quest’ultimo avvenimento partecipano anche i pellegrini di Papasidero, luogo di nascita della Beata.
 
 
 
 
Una bella e intesa biografia sulla "beata" è stata edita nell'aprile 2014, uno squarcio di storia calabro-lucana:
 
* Sirufo Francesco -  Gli occhi tuoi - Zaccara Editore
 
 

venerdì 23 maggio 2014

Venerdì della V settimana di Pasqua






“Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando”.

Amici. Ieri Gesù diceva che se l’avessimo amato avremmo osservato i suoi comandamenti.
L’amicizia è la dimensione relazionale d’amore che si deve avere con Gesù.
Il più grande del Regno dei Cieli è infatti detto amico dello sposo: Giovanni il Battista.

L’amicizia divina è la via dell’intimità con Gesù.
“vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”.

Solo chi è veramente l’amico di Gesù custodisce il segreto del suo cuore, può udire le cose dette dal Padre.
L’amicizia con Gesù ci pone in vera sincerità con lui, senza dividere il cuore con altro, ma solo per lui!
Pensiamo alla vera amicizia tra Gesù e i tre fratelli di Betania!
Possa ognuno di noi sentire l’amore che Gesù prova per ciascuno, sentirlo così fortemente da avere ogni volta un sussulto di vita nuova in Lui, come la ebbe l’amico Lazzaro. Amen.

giovedì 22 maggio 2014

Giovedì della V settimana di Pasqua




S. Rita nasce a Roccaporena, presso Cascia, Perugia, nel 1381 circa. Sposa, madre esemplare di grande fede. Con la sua preghiera ha salvato dalla dannazione eterna suo marito e i suoi figli. Tutta conformata alla volontà di Dio e come Gesù accoglie il calice del Getzemani. Rimasta vedova, accoglie la seconda chiamata del Signore alla vita religiosa. In essa visse - per quasi 40 anni - dando esempio “di pazienza e di compunzione”. La sua conformazione a Gesù ebbe il suo apice nel dono mistico delle stimmate della coronazione di spine, il cui segno è ancora visibile nel suo corpo incorrotto a Cascia, in un’ampia ferita sulla fronte.




Il 22 maggio 1447 (o 1457, come viene spesso ritenuto) Rita si spense, mentre le campane suonavano miracolosamente da sole annunciando la sua nascita al Cielo.
Beatificata nel 1627 da papa Urbano VIII. Con un colto interrotto in tutta la cristianità. Ma solo il
24 maggio 1900 papa Leone XIII la proclama santa e solo durante il pontificato di papa Benedetto XVI è entrata nel calendario universale della Chiesa, se pur con memoria facoltativa.

Il Vangelo di questo giorno bene descrive la vita di Rita di Roccaporena.
Rimanere nell’amore di Dio osservando i comandamenti di Dio.

“Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”.




Questa strada è vera gioia:Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
Noi siamo certi della grande gioia interiore che ebbe la Santa da Cascia. Il Signore ci conceda di vivere la gioia interiore che nasce nel camminare nei suoi insegnamenti, perché lui devo crescere in noi e noi diminuire in lui.
Amen.

Santa Giulia, prega per noi!



Santa Giulia di Lavagna (SV)

"Nell’isola di Corsica, commemorazione di santa Giulia, vergine e martire". (M.R.)

mercoledì 21 maggio 2014

Mercoledì della V settimana di Pasqua





Il racconto del libro degli Atti delinea un’altra pagina della Chiesa del I secolo: è il così detto primo concilio ecumenico di Gerusalemme.
Qui la Chiesa prese delle scelte importanti, passo da essere comunità giudeo-cristiana ad essere comunità cristiana, sancendo un netto taglio nelle pratiche giudaiche e aprendosi totalmente all’annuncio del Vangelo ai non giudei, cioè i pagani. Paolo e Barnaba “riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro”.
Due riflessione: qui emerge la ricerca di una grande comunione nell’operare, senza andare oltre la Chiesa. Quanti cristiani, anche praticanti, vogliono sentire, vogliono ragionare sopra la Chiesa, sopra il comune sentire ecclesiale, sopra lo stesso pensiero del Vescovo e del Papa. In questo periodo va bene ai molti: perché il papa è Francesco, però non ha tutti. Per il Vescovo va bene a molti, compresi quelli di CL perché il vescovo è Scola. Ma ci furono periodi diversi sia nell’opinione sul papa e sul vescovo.

Preghiamo per il Sinodo dei Vescovi, perché nella comunione ecclesiale ci sia discernimento per accoglie e osservare con Verità gli insegnamenti di Gesù.

La comunione ecclesiale è bene raffigurata dalla simbologia evangelica:
“Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. … Io sono la vite, voi i tralci”

Una immagine bene chiara per dire la comunione ecclesiale, ma anche relazionale tra noi e il Signore.

“Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me”
Quali frutto?
Io credo che l’unico frutto che deve produrre in discepolo sia l’amore per Dio e per il prossimo: guardando Gesù che ha ben amato il Padre e bene amato ogni uomo!

Ogni tanto però la Storia della Chiesa è disseminati da frutti speciali dell’amore divino.
Uno di questi è il martirio. Dice Gesù:
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”.



I Santi Martiri del Messico sono una pagina gloriosa della vita della Chiesa del XX secolo: profeticamente raccontata nei terzo segreto di Fatima.
“Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio”.



Da sempre la Chiesa, ha raccolto il Sangue dei Martiri (pensate al Sangue di San Gennaro) e la testimonianza dei Martiri, in essi ha trovato sostegno per continuare con perseveranza il suo cammino di annuncio, di accoglienza nella Verità gli insegnamenti di Gesù.
Santi Marti del Messico, pregate per noi!
Concludo, con il grido dei SS. Martiri Messicano durante il martirio: Viva Cristo Re e Nostra Signora di Guadalupe! Amen.

martedì 20 maggio 2014

Tra i santi del giorno ...




 
"A Perugia, beata Colomba (Angela), vergine della Penitenza di San Domenico, che si adoperò per pacificare la città divisa tra fazioni". (M.R.)
 



Tra i santi con il nome strano ...


 
"A Cagliari, san Lucifero, vescovo, che, intrepido difensore della fede nicena, patì molto da parte dell’imperatore Costanzo; relegato in esilio, fece poi ritorno nella sua sede, dove morì confessore di Cristo".

domenica 18 maggio 2014

QUINTA DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)





Siamo alla V Domenica di Pasqua.
Rileggendo le letture mi domando: qual è l’oggetto della nostra fede?

Scrive papa Benedetto XVI nella sua omelia per l’apertura per l’Anno della fede?

Gesù è il centro della fede cristiana. Il cristiano crede in Dio mediante Gesù Cristo, che ne ha rivelato il volto. Egli è il compimento delle Scritture e il loro interprete definitivo. Gesù Cristo non è soltanto oggetto della fede, ma, come dice la Lettera agli Ebrei, è «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (12,2).

Ma cosa abbiamo imparato su Gesù in questi primi mesi del’anno 2014? La liturgia cosa ci ha detto?

Gesù è il Nazareno, il Messia, non nel senso ebraico dell’attesa, ma secondo il senso cristiano della redenzione: egli è il Crocifisso Risorto.
Domenica scorsa ci è stato detto che Gesù è la porta: cioè il modo in entrare il relazione con Dio Padre, Lui con noi e noi con Lui.
Quando noi entriamo in chiesa dal portone (da noi questa simbologia vale poco perché la nostra Chiesa, non ha un portone, ma le Chiesa classiche hanno questo simbolismo) noi entriamo attraverso Cristo in relazione con Dio.
Egli è poi il Pastore bello e buono.
Ma oggi ci viene detto che Gesù è la pietra viva, la Parola, la Via, la Verità e la Vita.

Chi sono io in rapporto a Colui che è l’oggetto della mia fede?
Io sono ..
·        il discepolo che accoglie la sua salvezza;
·        il discepoli che si appoggia su lui pietra viva per essere pietra di costruzione per la comunità credente e non credente, e non pietra di scandalo;
·        il discepolo che in Lui trova la Via per camminare e per non perdere la strada della salvezza;
·        il discepolo che in Lui, Verità, spende, gioca tutta la sua esistenza, trovando in essa la risposta per ogni situazione del quotidiano;
·        il discepolo che guarda a Gesù, Vita, per avere un vero modello per vivere.

Solo un discepolo così è un testimone che genera altri testimoni: “E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente”

Infine Gesù dice di se: “Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me”.

Guardiamoci nel cuore, nella vita di ogni giorno: chi mi guarda, vede Gesù? Egli compie attraverso ciascuno di noi le sue opere? Io sono segno dell’opera di Dio in Cristo Gesù? Riflettiamo …
Amen.

giovedì 15 maggio 2014

Madonna della Fametta





Storia
Forse non tutti sanno che nella Parrocchia di S. Guglielmo in Castellazzo di Bollate si trova un piccolo Santuario dedicato alla Madonna venerata col titolo di Madonna della Fametta. Non si sa esattamente come sia sorto e perché questo titolo; varie sono le ipotesi ma nessuna certezza. L’unico documento certo è presso l’Archivio parrocchiale; in occasione della Visita pastorale del Cardinal Eugenio Tosi il 10 novembre 1931 scritto: “Vi ha alla distanza di un chilometro un oratorio dedicato a Maria SS. Edificato circa il 1808; trovasi in buono stato, non si conserva il SS. Sacramento; ha un altare solo; appartiene alla Marchesa Sormani V.va Crivelli. Vi si celebra e vi si funziona parecchie volte all’anno con una Messa avventizia”.
Altri documenti parlano degli oggetti presenti nel Santuario: purificatoi, candelieri, crocifissi; così come delle cerimonie che vi si celebravano.
Nel 1808 tutto il Castellazzo apparteneva alla nobile famiglia Busca, e Parroco del borgo era don Besozzi Carlo, ex carmelitano scalzo (si tenga presente che in quel periodo Milano era sotto il dominio di Napoleone, il quale, tra le altre cose, aveva in animo di sopprimere anche gli Ordini religiosi come effettivamente fece con un decreto nel 1810).
Prendendo il 1808 come data della costruzione dell’edificio, il prossimo anno risulta essere il bicentenario del Santuario.
Ma: chi fu l’umile architetto che ne ha disegnato lo strano profilo? per quale motivo la nobile famiglia “Busca”, proprietaria del “Castellazzo”, decide di erigere questa edicola in onore della Sacra Famiglia (è l’affresco che si trova sopra l’altare) e successivamente della Beata Vergine?
Forse per scongiurare eventi funesti o per propiziare raccolti più abbondanti?
E da dove scaturisce il nome della Madonna della Fametta?
Ecco una serie di domande alle quali è difficile dare una risposta precisa.

Devozioni e pellegrinaggi al Santuario
La devozione alla Madonna della Fametta è sempre stata molto sentita dagli abitanti di Castellazzo naturalmente, ma anche dalle Parrocchie vicine, soprattutto da quelli di Garbagnate e Bollate. Nel ‘Cronicon’ di Castellazzo, per esempio, noi leggiamo in data 20 maggio 1940: ‘alle sei del mattino arriva alla Fametta il pellegrinaggio parrocchiale di Garbagnate, celebra la S. Messa il Parroco, e distribuisce la S. Comunione a 300 persone; la maggior parte sono gli innocenti’.
E di Bollate leggiamo sempre nel ‘Cronicon’: '29 giugno 1945: pellegrinaggio alla Fametta della G.F. di Bollate col Sig. Prevosto, Don Carlo Elli’.
Lo stesso diario parrocchiale (‘Cronicon’) ricorda che durante la guerra 1940-45 si portavano al santuario le fotografie dei militari in armi per metterli sotto la protezione della Madonna. Parecchi ex-voto “per Grazia ricevuta”, una volta ornavano le pareti del Santuario stesso. Negli ultimi anni il pellegrinaggio più numeroso fu senz’altro quello della Parrocchia di Turate: ben tre pullman, quasi tutti ragazzi e giovani, resero omaggio alla nostra Madonna.
La gente di Cassina Nuova era solita andare ad ‘Arcunàa’ (così una volta chiamavano Castellazzo) per venerare la Madonna. Tradizione acquisita è ormai il pellegrinaggio a chiusura del mese di maggio, quando il corteo, partito da Castellazzo, si incontra con quello proveniente da Garbagnate per pregare insieme la Madonna.





Significato del nome
Non si hanno documenti che spieghino il significato di questo nome. In uno scritto, probabilmente del settecento, conservato in archivio parrocchiale abbiamo i nomi di parecchi campi e località di Castellazzo, ma il nome Fametta non figura; allora si possono immaginare alcune ipotesi sul perché del nome che fu applicato al luogo, e, di riflesso al Santuario e alla Madonna.

fa-meta – famei – fametta – piccola fame – un po’ di fame.

Fameta

Nel vicino paese di Turate (Co), esiste un cortile-contrada chiamata ‘Fameta’ (e non ‘Fametta’). Questo nome voleva indicare che quel luogo era meta, cioè incontro di varie strade:’fa-meta’; quindi piazza, cortile, rione che era il punto di arrivo da varie zone.

Questa ipotesi darebbe al santuario il significato di incontro: Garbagnate e Bollate, la campagna e la città. La Madonna della Fametta quindi potrebbe essere occasione e causa di incontro tra due comuni e due comunità parrocchiali, segno d’unione e di unità nella fede, di accoglienza e di cooperazione tra due comunità civili.

Famei

Il termine fametta è piuttosto comune in alcune zone agricole lombarde. Secondo alcuni studiosi il nome ‘fametta’ deriverebbe dalla parola dialettale ‘famei’, che significa famiglio, cioè membro di una famiglia di contadini che lavoravano la terra a mezzadria, e quindi significherebbe il luogo abitato da questa famiglia. Sopra l’altare della chiesetta si trova un affresco che raffigura la Sacra Famiglia, che forse voleva indicare una primitiva devozione particolare alla Famiglia di Nazareth; dalla devozione alla Madonna della Famiglia alla denominazione di ‘Madonna della Fametta’.

Questa ipotesi potrebbe accomodare varie traduzioni.

Fametta = piccola fame

Una teoria farebbe derivare il nome dal fatto che, essendo i terreni agricoli poco redditizi perché argillosi, i contadini che li lavoravano ‘facevano la fame’.

Come i Francesi chiamano ‘famine’ la carestia, così si può pensare che fametta si riferisse alla penuria di cibo più volte sperimentata localmente.

Fametta – un po’ di fame

Una diceria popolare farebbe risalire il nome al periodo della peste: quando gli appestati cominciavano ad avere un po’ di fame, erano in via di guarigione.

La gente del luogo dice che si chiama così, perché recandosi al santuario si percorreva quel tratto di strada che stuzzicava l’appetito, e quindi produceva un po’ di fame.”

FONTI:
* Dal libro: Santuario Madonna della Fametta di Castellazzo di Bollate, 2010.
* Sito web di insiemegroane.it
* Sito web di parrocchiacastellazzo.it

mercoledì 14 maggio 2014

San Mattia Apostolo!





Il discorso di Pietro ci parla del ripristino del numero dei Dodici, che è venuto a mancare a causa di Giuda.
Il numero 12 nella Bibbia è presente nell’AT e nel NT:

- è il numero dei figli di Giacobbe/Israele, da cui discendono le dodici tribù di Israele.
- è il numero dei profeti minori biblici.
- è l’età di Gesù al ritrovamento di Gesù al Tempio (Lc 2, 41-47).
- è numero degli apostoli chiamati da Gesù (Mc 3, 13).
- nella moltiplicazione dei pani e dei pesci, le ceste o canestri riempiti con gli avanzi sono dodici (Mc 6,43; Lc 9,17; Mt 14,20; Gv 6,13): papa Francesco ha commentato, come "il numero delle tribù d'Israele, rappresenta simbolicamente tutto il popolo".
- è il numero delle 12 stelle in Ap 12,1: «un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle». Numero da cui deriva la bandiera dell’Europa.
In Ap 4, 4 è il numero dei vegliardi che attorniano il trono di Dio sono 24 (12x2): oppure in Ap 7, 4; 14, 1.3 è presente il numero 144000, cioè 12x12x1000, come quello dei «redenti della terra».
- il numero delle porte della Gerusalemme celeste (Ap 21, 12.21).
- Il numero dei raccolti dell’albero della vita: «In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni» (Ap 22, 2).

Un numero importante, che esprime alleanza e compimento.
Mattia viene eletto per ristabilire il sacro numero dodici degli Apostoli.

La festa dell’Apostolo Mattia ci sostenga a rimanere nell’amore di Dio, praticando l’amore fraterno, e vivere la speranza della risurrezione.
Amen.

domenica 11 maggio 2014

Decreti della Congregazione per le Cause dei Santi (9 maggio)




- il miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini), Sommo Pontefice; nato il 26 settembre 1897 a Concesio (Italia) e morto il 6 agosto 1978 a Castelgandolfo (Italia);

- il miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Luigi Caburlotto, Sacerdote diocesano, Fondatore dell'Istituto delle Figlie di San Giuseppe; nato a Venezia (Italia) il 7 giugno 1817 ed ivi morto il 9 luglio 1897;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Giacomo Abbondo, Sacerdote diocesano; nato a Salomino (Italia) il 27 agosto 1720 e morto a Tronzano (Italia) il 9 febbraio 1788;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Giacinto Alegre Pujals, Sacerdote professo della Compagnia di Gesù; nato a Terrassa (Spagna) il 24 dicembre 1874 e morto a Barcellona (Spagna) il 10 dicembre 1930;

- le virtù eroiche della Venerabile Serva di Dio Carla Barbara Colchen Carré de Malberg, Madre di famiglia, Fondatrice della Società delle Figlie di San Francesco di Sales; nata a Metz (Francia) l'8 aprile 1829 e morta a Lorry-les-Metz (Francia) il 28 gennaio 1891.

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Nella medesima Udienza il Santo Padre ha autorizzato il Dicastero a comunicare che il rito della beatificazione del Venerabile Servo di Dio Paolo VI avrà luogo, in Vaticano, il 19 ottobre 2014.

San Fabio, prega per noi!





Il martirio di questo santo è accomunato a quello di un gruppo di martiri e confessori, radunati attorno al maestro, sant'Antimo. Le notizie pervenuteci si leggono nella «Passio sancti Anthimi» che fu scritta fra il V e IX secolo. Alla fine del III secolo era proconsole dell'Asia Minore Faltonio Piniano, sposato con Anicia Lucina. Antimo riuscì a convertire Piniano e sua moglie al cristianesimo e, richiamati a Roma da Diocleziano, i due portarono con loro il sacerdote e i suoi discepoli. Per sottrarli alle possibili persecuzioni, Piniano decise di allontanarli da Roma, mandandoli in due vasti poderi di sua proprietà. Il diacono Sisinnio con Dioclezio e Fiorenzo, andarono ad Osimo nel Piceno, mentre Antimo, Massimo, Basso e Fabio furono inviati presso la città sabina di Curi. Da qui presero a evangelizzare la regione, non senza scontrarsi però con i culti pagani diffusi nelle campagne. Il gruppo di cristiani venne così arrestato. Sant'Antimo fu decapitato l'11 maggio 305 e sepolto nell'Oratorio di Curi in cui era solito pregare. Anche i suoi discepoli vennero uccisi. Tra questi Fabio fu consegnato al console che dopo averlo fatto torturare, lo condannò alla decapitazione lungo la stessa via Salaria. (Avvenire)

IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)





“Io sono la porta”

Gesù la modalità con cui Dio è entrato nel tempo degli uomini ed è la modalità in cui noi uomini possiamo entrare nel tempo di Dio:

“se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”.

Egli è il bene spalancato tra gli uomini, è il modo di fare il bene:

“facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio”.

Mi ha colpito due giorni fa una donna che ho incontrato in Chiesa.
Mi ha raccontato come prega, e poi mi ha detto come posso fare ancora meglio?

Gli ho risposto: già fa bene! Prega bene! Solo una cosa deve verificare se quel bene che impara pregando diventa poi meglio nel suo essere donna, moglie, madre e nonna!
Questa è la misura del bene!
La preghiera serve “perché Dio ci apra la porta della Parola per annunciare il mistero di Cristo”, ma poi tutto deve diventare vita, non bastano belle preghiere e poi il nulla!
Quindi, concludendo, impariamo a pregare bene per vivere meglio, con pazienza e amore.

Infine. Oggi è la 51° Giornata delle Vocazioni. Il cui titolo è: Le vocazioni, testimonianza della verità.
Cito un affermazione di papa Francesco dal messaggio per questa giornata:

“Disponiamo dunque il nostro cuore ad essere “terreno buono” per ascoltare, accogliere e vivere la Parola e portare così frutto. Quanto più sapremo unirci a Gesù con la preghiera, la Sacra Scrittura, l’Eucaristia, i Sacramenti celebrati e vissuti nella Chiesa, con la fraternità vissuta, tanto più crescerà in noi la gioia di collaborare con Dio al servizio del Regno di misericordia e di verità, di giustizia e di pace. E il raccolto sarà abbondante, proporzionato alla grazia che con docilità avremo saputo accogliere in no”. Amen.

giovedì 8 maggio 2014

Santa Maria Giacobbe o Salome, madre di Giacomo





Le Marie, le donne citate nei Vangeli come presenti alla crocifissione, alla morte, alla deposizione di Cristo e come prime testimoni della sua resurrezione, vengono venerate in tre luoghi d'Europa - quattro in Italia e uno in Francia - che sono: Pale in Umbria; Veroli, Alfedena e Castelliri nel Lazio, Saintes Maries de-la-Mer in Camargne. La tradizione vuole che il 25 maggio 1209 fosse ritrovata a Veroli l'urna con il corpo di Santa Maria Giacobbe, madre di Giacomo, appunto una delle Marie, chiamata nel documento - inviato a papa Innocenzo III - Santa Salome. Sempre nel XIII secolo si è instaurato a Pale il culto per Santa Maria Giacobbe. In Camargue e precisamente a Saintes Maries de-la-Mer, si tramanda una particolare devozione per le Sante Marie venute dal mare, delle quali si conservano le reliquie. Pale, Veroli, Alfedena, Castelliri e Saintes Maries de-la-Mer sono dunque  luoghi legati dalla stessa devozione alla mirofore, le donne che si recarono al Sepolcro di Cristo con unguenti e mirra.




"Porre in relazione questi luoghi, promuoverne la conoscenza, cercare di capire come siano divenuti nei secoli depositari di tanta devozione è il senso di questo progetto che progressivamente si sta avviando. Si vorrebbero creare, nel corso dell'anno, momenti di studio di festa e di fede per valorizzare la conoscenza e arricchire la riflessione spirituale in un processo virtuoso di circolarità tra questi luoghi, accomunati da una così antica e profonda tradizione". (FONTE)