domenica 11 novembre 2012

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)



profeta Elia e la vedova di Sarepta


Dice Gesù nel Vangelo di Marco:
“Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo”.

Superfluo. Se cerchiamo nel dizionario questo termine, troviamo questa definizione: Che eccede, che non è necessario.

È interessante la definizione, in opposizione all’osservazione di Gesù sulla vedova:
“Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.

La vedova anonima: una sprovveduta o una donna di fede al pari di Marta, di Maria di Nazareth, della Maddalena, di Simon Pietro…

Alla luce delle altre letture appare che la vedova anonima del Vangelo è una donna di fede.
Come anche la vedova di Sèrepta di Sidone, appartiene a questi personaggi che non hanno avuto un ruolo significativo nella storia della salvezza, ma sono stati nel loro piccolo dei segni reali di come l’uomo si pone di fronte a Dio: in totale abbandono.
In loro risuona il monito del profeta Elia della I lettura: “Non temere”.

Quante volte risuona questa speranza nella Bibbia.
“«Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande».
«Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te una grande nazione
Il Signore disse a Giosuè: «Non temere e non abbatterti. Prendi con te tutti i guerrieri. Su, va' contro Ai. Vedi, io consegno nella tua mano il re di Ai, il suo popolo, la sua città e il suo territorio.
Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva d'Israele; io vengo in tuo aiuto - oracolo del Signore -, tuo redentore è il Santo d'Israele.
«Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni.
L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
«Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare, ed ecco, Dio ha voluto conservarti tutti i tuoi compagni di navigazione».
Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo,…”

Dalla libro della Genesi all’Apocalisse, il Signore ci consola, ci da speranza… non temere.
La vedova non teme, ella si fida, perché sa che la sua vita è nelle mani di Dio: “nessuno può strapparle dalla mano del Padre”, dirà Gesù, il buon pastore.

Il gesto della vedova è allora il gesto di una figlia che ripone la sua forza di colui che è Padre.
Il gesto della vedova è anche il gesto di una figlia che crede nella provvidenza di Dio, per cui donando tutto quello che “aveva per vivere”, afferma che domani Dio si prederà cura di lei.
Ecco il nostro Dio: un Padre, un Dio che come il buon pastore custodisce le sue pecore.




Ma il gesto della vedova ci richiama anche al senso del dono, del servizio, della carità.
Che non è mai qualcosa che avanza, che eccede, che non è più necessario, ma la carità è parte integrante del nostro essere, non è ciò che rimane dopo i nostri calcoli. La carità non calcola, la carità costruisce il necessario, anzi la carità vuole far si che ciascuno possa avere il necessario: ecco perché non può nascere dal superfluo. Infatti il superfluo non costruisce, ma illude.




Pensate alla carità di San Martino? Non fece nessun calcolo… diede la metà del suo mantello!

La carità infatti, quella che nasce dall’esempio di Cristo, annulla il peccato della disuguaglianza, del desiderio di possedere, che come dice l’Apostolo Giacomo, dilania le nostre membra: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni”.

Infine il gesto della vedova è segno di un discepolo che trova nel Signore la sua pienezza, la direzione del vivere.

Concludo con un pensiero di Sant’Agostino:
“L'amore nelle avversità sopporta, nelle prosperità si modera, nelle sofferenze è forte, nelle opere buone è ilare, nelle tentazioni è sicuro, nell'ospitalità generoso, tra i veri fratelli lieto, tra i falsi paziente. E' l'anima dei libri sacri, è virtù della profezia, è salvezza dei misteri, è forza della scienza, è frutto della fede, è ricchezza dei poveri, è vita di chi muore. L'amore è tutto”.




San Asia !?!




Sant'Asia medico,
martire ad Antiochia
19 febbraio

Dal siriaco = medico. E' ricordato nel Martirologio di Rabban Slibá (sec. XIII), nei giorni 1 e 15 tesrín qdem (ottobre), 19 sbát (febbraio) e 27 tammúz (luglio), date prese probabilmente da martirologi diversi. Nella commemorazione del 15 tesrin qdem e del 27 tammúz Asia è chiamato anche Pantaleone e Pantaleemone. In quest'ultimo giorno i Greci festeggiano s. Pantaleone medico, col quale comunemente Asia viene identificato. Questa identificazione è però negata dal Nau, il quale sostiene che la leggenda di Asia appartiene all'ambiente siriaco, mentre quella di Pantaleone all'ambiente greco, e che esse differiscono notevolmente tra loro. Tuttavia lo scrittore siro, che ha creato la figura di s. Asia, ha certo avuto presente la persona di s. Pantaleone e ne ha fatto un doppione a vantaggio della sua patria, agevolato in questo dal fatto che Asia in siriaco vuol dire medico. Il Peeters (La passion de s. Julien d'Emèse, in Anal. Boll., XLVII [1929], p. 58) dice esplicitamente: «s. Asià double de s. Pantéleemon le médecin ».
La leggenda attribuisce ad Asia molte guarigioni operate in diversi luoghi, prima di morire in Antiochia.