mercoledì 29 febbraio 2012

SULLA VIA DELLA CROCE (2)

2 giorno
I piedi di Giuda

Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». (Gv 13, 12-20)

Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.
Allora Giuda - colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d'argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il «Campo del vasaio» per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato «Campo di sangue» fino al giorno d'oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: E presero trenta monete d'argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d'Israele, e le diedero per il campo del vasaio,come mi aveva ordinato il Signore. (Mt 27, 1-10)


Meditazione “I piedi di Giuda” (T. Bello)

Carissimi,
è più facile parlare delle labbra di Giuda che dei suoi piedi.
Tutto a causa di quel famoso bacio.
Infatti dagli affreschi di Giotto alle tele di Salvatore Fiume, gli artisti hanno adoperato quelle labbra come simbolo del tradimento. Anche usiamo la memoria di quel bacio per smascherare un gesto di tradimento.

Un tradimento che suscita reazioni emotive.
Una vigliaccata che non lascia estraneo nessuno.
Un mistero d’iniquità che provoca processi di identificazione e che comunque induce a riflettere. Non c’è che dire: quelle di Giuda sono labbra scomode per tutti.
Se non altro perché stanno a ricordarci che anche noi ci portiamo sulla bocca la possibilità di darlo ogni giorno, un bacio infame del genere.

I suoi piedi invece benché sospesi sul vuoto di un crepaccio non destano emozioni.
Provocano solo ribrezzo. Gonfi nella tragedia del suicida,
sembrano il punto fermo di un discorso che ha finito di coinvolgere l’interlocutore.
Più che l’ultima propaggine di un corpo ancora caldo di vita,
sono l’epilogo di una esistenza sbagliata.
Il fotogramma finale di una storia infelice, l’estremo dettaglio di una prova fallita.

Eppure quei piedi sono stati lavati da Gesù.
Con la stessa tenerezza usata per Pietro, Giovanni, Giacomo.
Sono stati asciugati dalle sue mani col medesimo trasporto d’amore espresso per tutti.

I piedi di Giuda come i piedi degli altri.
Anche se più degli altri per paura o per imbarazzo hanno vibrato sotto lo scroscio dell’acqua.
Gesù se n’è dovuto accorgere.
Tant’è che qualche istante più tardi ha fatto riferimento a quei piedi:
“colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno”.

Ebbene, quel calcagno già levato nell’atteggiamento del calcio e ciononostante investito dell’acqua ristoratrice del maestro,
rimane per tutti un emblema di angoscioso bisogno di redenzione
che chiede il nostro servizio e non il rigore della nostra condanna.
Non importa quale sia l’esito della lavanda.

Così come non importa sapere se il destino finale di Giuda sia stato di salvezza o di perdizione. Sono affari del Signore: l’unico capace di accogliere fino in fondo il mistero della libertà umana e di comporne le scelte, anche le più assurde, nell’oceano della sua misericordia.
A noi tocca solo entrare nella logica del servizio, di fronte alla quale non esiste ambiguità di calcagni che possa legittimare il rifiuto o la discriminazione.

Carissimi fratelli se Giuda è il simbolo di chi nella vita ha sbagliato in modo pesante,
il gesto di Cristo curvo sui suoi piedi ci richiama a rivedere giudizi e comportamenti nei riguardi di coloro che secondo gli schemi mentali in commercio sono andati a finire sui binari morti di una esistenza fallimentare.
Di chi è finito fuori strada per colpa propria o per malizia altrui.
Di chi ha calpestato i sentimenti più puri.
Di chi ha ripagato la tenerezza con l’ingratitudine più nera.
Di chi ha deviato dalle rotte della fedeltà promessa.
Di chi ha infranto le regole di una amicizia giurata.
Di chi ha spezzato i legami di una comunione antica.
Di chi non ce l’ha fatta a seguire Gesù fino al calvario.
Di chi dai chiarori del cenacolo è precipitato nella notte della strada.
Di chi non ha avuto fortuna ed ha abdicato per debolezza o per ingenuità ai progetti della gioventù.

Sui piedi di questi fratelli col divieto assoluto di sollevare lo sguardo al di sopra dei loro polpacci, noi, i protagonisti di tradimento al dettaglio e all’ingrosso, abbiamo l’obbligo di versare l’acqua tiepida della preghiera, dell’accoglienza e dell’accredito generoso di mille possibilità di ravvedimento.

Purificati da un lavacro di amore quei piedi sia pur per carreggiate sconosciute non potranno fare a meno di orientarsi verso la casa del Padre.

Ringraziamo il Signore perché al cappio della disperazione che stringe la gola ci fa sostituire il cappio di un asciugamano che stringe i fianchi col nodo scorsoio della speranza.

* * *

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»». (Lc 15, 1-3. 11-32)


Riflessione

  • Gesù lavò i piedi anche a Giuda, ma già in cuor suo sapeva. Che abisso tra noi e Lui nel guadare l’uomo, eppure noi non possiamo leggere il cuore dell’uomo! Come educare il nostro cuore dal giudizio alla misericordia?

  • Sappiamo darci e dare una nuova possibilità di redenzione?

  • Rileggi le letture che sono state proposte e fa che parlino al tuo cuore.

lunedì 27 febbraio 2012

SULLA VIA DELLA CROCE (1)

Questi tre pomeriggi della prima settimana di Quaresima li vivremo insieme e in comunione di preghiera con tutta la Comunità pastorale.

Il titolo scelto quest’anno è SULLA VIA DELLA CROCE.

Il cammino della croce è segnato dalle orme dei piedi di Gesù che già nel suo percorso dalla Galilea alla Giudea preparava il cammino della Via Dolorosa.

Un cammino sulla via della Croce segnato anche dai passi dei suo discepoli, che quasi per dargli un attimo di sollievo furono lavati in quella notte, prima della salita al Calvario.

Un cammino sulla via della croce che ci precede e che fa parte dell’essenza cristiana: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.

Difatti il cammino sulla via della croce segna il quotidiano del discepolo. Vogliamo farlo partendo dalla Galilea, per poi scendere in Giudea, entrando nel cenacolo, preparato per celebrare la Pasqua, dove Gesù, deciso, di amare fino alla fine “prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi”.

Entreremo in preghiera con la liturgia delle ore, e reciteremo l’ora nona, unendoci agli apostoli
nella lode perenne, camminando insieme a loro sulle orme di Cristo sulla via della Croce.


1 giorno
Dalla testa ai piedi

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». (Mc 1,15)

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. (Gv 13, 1-15)


MEDItazione “DALLA TESTA AI PIEDI” (T. Bello)

Carissimi,
cenere in testa e acqua sui piedi.
Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima che sale fino al Monte Calvario, il Golgota.

Una strada, apparentemente, poco meno di due metri (dipende quanto si è alti!)
Ma, in verità, molto più lunga e faticosa.

Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri.

A percorrerla non bastano i quaranta giorni
che vanno da mercoledì delle ceneri al giovedì santo.
Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.

Pentimento e servizio.

Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole.
Non c’è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche.

Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito.
Queste, invece, no: perché espresse con i simboli,
che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”.

È difficile, per esempio, sottrarsi all’urto di quella cenere.
Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine.
E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta:
“Convertiti e credi al Vangelo”.

Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d’ulivo benedetti nell’ultima domenica delle palme.
Se no, le allusioni all’impegno per la pace, all’accoglienza del Cristo, al riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero
itinerari ben più concreti di un cammino di conversione.

Quello “shampoo alla cenere”, comunque, rimane impresso per sempre:
ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente,
sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato.

Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell’acqua nel catino.
È la predica più antica che ognuno di noi ricordi.
Da bambini, l’abbiamo “udita con gli occhi”, pieni di stupore,
dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente.

Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi:
ma senza monotonia. Difatti è sempre lo stesso gesto ripetuto dodici volte.
Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione.
Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati:
l’offertorio di un piede, il lavarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.
Una predica strana.
Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana,
è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate.

Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell’attesa di Cristo?
“Una tantum” per la sera dei paradossi, oppure prontuario per le nostre scelte quotidiane?
Potenza evocatrice dei segni!

Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua.
La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano.
Per spegnere l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare sui piedi degli altri.

Pentimento e servizio.
Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.
Cenere e acqua.
Ingredienti primordiali del bucato di un tempo.
Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.

* * *

Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! (1 Cor 12, 27-31. 13, 1-13)


Riflessione

  • Solo alla fine della vita il Signore vedrà se abbiamo percorso veramente il cammino che va dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo con le sue dinamiche spirituali. Ma ad oggi quali sono i passi che in questa direzione hanno fatto i miei piedi?

  • Iniziando il cammino della quaresima che ti condurrà alla salita del Monte Calvario, quale conversione devi chiedere al Signore che coinvolga tutta la tua persona “dalla testa ai piedi”?

  • Rileggi le letture che sono state proposte e fa che parlino al tuo cuore.

mercoledì 15 febbraio 2012

Santa Iris vergine (di Gerapoli o di Efeso)

4 settembre


San Filippo Diacono e la figlia Iris
(iconografia ricavata da altre icone)


Deriva dal nome proprio greco antico ρις che a sua volta proviene dal sostantivo ρις, che significa arcobaleno.

Santa Iris è secondo la tradizione una delle quattro figlie di San Filippo il Diacono.

In Atti 21, 1-9 si legge:
Appena ci fummo separati da loro, salpammo e per la via diretta giungemmo a Cos, il giorno seguente a Rodi e di qui a Pàtara. Trovata una nave che faceva la traversata per la Fenicia, vi salimmo e prendemmo il largo. Giunti in vista di Cipro, la lasciammo a sinistra e, navigando verso la Siria, sbarcammo a Tiro, dove la nave doveva scaricare. Avendo trovato i discepoli, rimanemmo là una settimana, ed essi, per impulso dello Spirito, dicevano a Paolo di non salire a Gerusalemme. Ma, quando furono passati quei giorni, uscimmo e ci mettemmo in viaggio, accompagnati da tutti loro, con mogli e figli, fino all'uscita della città. Inginocchiati sulla spiaggia, pregammo, 6poi ci salutammo a vicenda; noi salimmo sulla nave ed essi tornarono alle loro case. Terminata la navigazione, da Tiro approdammo a Tolemàide; andammo a salutare i fratelli e restammo un giorno con loro. Ripartiti il giorno seguente, giungemmo a Cesarèa; entrati nella casa di Filippo l'evangelista, che era uno dei Sette, restammo presso di lui. Egli aveva quattro figlie nubili, che avevano il dono della profezia.

Il testo lucano non definisce però i nomi. Il vescovo di Efeso Policrate, in una sua lettera a papa Vittore (189-199) sulla questione della Pasqua, si appellava alla presenza in Asia Minore dei sepolcri di San Giovanni, di San Policarpo, di San Filippo e di due sue figlie sepolte con lui a Gerapoli. Aggiungeva poi: “Un'altra sua figlia, che era profetessa durante la vita, animata dallo Spirito Santo, riposa ora precisamente in Efeso”. Da fonti più tardive si sa che la santa profetessa si chiamava Ermione.

La Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi), editrice Città Nuova, riporta i nomi delle quattro figlie di San Filippo diacono ed evangelista, che sono, dopo Ermione: Caritina, Iraide ed Eutichiana.

Secondo alcuni fonti le figlie Caritina, Eutichiana, morirono martiri, mentre Iraide, dopo la morte del padre Filippo, che accompagnava nella sua missione apostolica, si dedicò alla predicazione del Vangelo in Gerapoli, dove morì nel 103 e dove fu sepolta.

La stessa Biblioteca Sanctorum, riporta un altro nome, Irais vergine figlia di S. Filippo, e dice che corrisponde alla figlia Ermione.

Detto questo il nome Iris, può derivare da Irais o da Iraide, ma è comunque una delle figlie del diacono san Filippo.

Le sante sorelle, figlie del diacono S. Filippo vengono ricordate il 4 settembre.

Preghiera
Padre di Misericordia, fonte di ogni dono, che nella potenza dello Spirito Santo doni ai semplici il dono della profezia e l’ardore per annunciare Cristo “Via, Verità e Vita”, concedici per i meriti e l’intercessione di Santa Iris, figlia del diacono ed evangelista San Filippo, le grazie necessarie per il nostro stato, affinché nella nostra vita “sia santificato il tuo nome”. Amen.


Confronta articolo in Santa Iris di Geràpolis

sabato 11 febbraio 2012

La Madre di Dio a Lourdes (II)






Certo che l’evento mariano di Lourdes non fu solo un insieme di visioni o di parole, ma la Vergine Maria volle educare in primis la piccola Bernadetta e poi ognuno di noi alla sequela cristiana.

Ecco in sintesi una interpretazione dei segni presenti nell’apparizione e incontrabili ancora a Lourdes: l’acqua, la roccia, la luce, la folla, le persone malate o in difficoltà.




L'ACQUA
Il giovedì 25 febbraio 1858, Bernardetta ascolta queste parole: "andate a bere alla sorgente e lavatevi".
"Aqueró (“Quella”, termine utilizzato da Bernardetta per indicare la Vergine) mi dice di andare a bere e lavarmi alla sorgente. Non vedendone, mi diressi al Gave per bere. Ma mi fece cenno, con il dito, di andare sotto la roccia. Ci andai, e vi trovai un po' di acqua, come fango, ma era così poca che appena potei prenderne nel cavo della mano. Tre volte la gettai via, talmente era sporca. Alla quarta volta, potei berla” (Bernadette)

Il Vangelo ci riporta la scena seguente: Gesù stanco del cammino, si era seduto vicino a un pozzo. Una donna venne ad attingere l'acqua. Gesù le dice: “Colui che berrà l'acqua che io gli darò non avrà mai più sete; in cambio, l'acqua che gli darò diventerà in lui una fonte che scaturisce la vita eterna”. ( Giovanni 4,14).

L’acqua di Lourdes è il simbolo di quella “acqua viva” che Gesù dà. Con questo segno Dio, attraverso Maria, ci richiama ad andare all’origine del nostro cammino di fede: il Battesimo. Questo vuol dire anche ricordarci di far memoria di quel giorno, è il giorno in cui siamo divenuti figli di Dio, figli nel Figlio, nuovo popolo che si adopera e attende il compimento del Regno.




LA ROCCIA
È nella Grotta di Massabielle, che Bernardetta ha visto la Vergine per 18 volte.

La Bibbia ci dice che Dio è la nostra roccia. È la roccia sulla quale possiamo sostenerci. “Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo”. (Sal. 18) “Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: non potrò vacillare”. (Sal. 62) “Dio è roccia del mio cuore” (Sal. 73) “Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza” (Sal. 89) “Benedetto il Signore, mia roccia, che addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia” (Sal. 144)

Il Signore è il sostegno della nostra vita. Questo richiamo ci riporta alla pagina del Vangelo di Matteo: “Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!»”. (Mt 14)

La poca fede di Pietro è sostenuta dal Signore che lo sceglie come pietra su cui edificare la Chiesa: infatti la pietra è l’apostolo che è sostenuta dalla roccia che è Cristo.
Il segno della roccia ci richiama, anche, la Chiesa e ci ricorda di essere pietre vive che la edificano e testimoniano nel mondo il suo Vangelo.

Anche questo segno è battesimale, in quando nel Battesimo noi diventiamo membra, pietre, che partecipano alla vita della Chiesa.




LA LUCE
La sua sedicesima visione, che durò un'ora, avvenne il 25 marzo, giorno in cui la Chiesa commemora l'Annunciazione del Signore. Durante la visione avvenne il miracolo della candela. Bernadette teneva fra le mani una candela; durante la visione bruciò del tutto, e la fiamma rimase a diretto contatto con la sua pelle per più di 15 minuti, ma ella apparentemente non mostrava nessun segno di dolore o ferita.
Tale avvenimento fu testimoniato da molte persone presenti, incluso il Medico Generico di Lourdes (dottor Pierre Romaine Dozous), che cronometrò e documentò il fatto. Secondo il suo rapporto, non c'era alcun segno che mostrasse che la pelle di Bernadette fosse affetta in alcun modo, quindi tenne sotto controllo la ragazza senza intervenire. Dopo che la visione fu terminata, il dottore affermò di aver esaminato la mano della ragazza senza trovarvi alcuna evidenza di bruciatura, e che ella era del tutto ignara di quanto stava accadendo. Il dottore disse allora di aver applicato brevemente una candela accesa sulla mano della ragazza e che lei reagì immediatamente.

Giorno e notte, d’inverno come d’estate, le candele bruciano alla Grotta. La candela è la luce della fede. Questa luce, è il Cristo.

“«Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».” (Gv 8,12).

Anche questo segno di riposta alla tematica battesimale. Dice di fatti il rituale del Battesimo: “Ricevete la luce di Cristo (Si accende alla fiamma del cero pasquale)
A voi, genitori, e a voi, padrino e madrina,
è affidato questo segno pasquale,
fiamma che sempre dovete alimentare.
Abbiate cura che il vostro bambino, illuminato da Cristo,
viva sempre come figlio della luce;
e perseverando nella fede,
vada incontro al Signore che viene,
con tutti i santi, nel regno dei cieli”.



LA FOLLA
Sono sempre immense, di qualsiasi razza, lingua e nazione. I pochi pellegrini dell'inizio sono oggi 6 milioni. A Lourdes, si vive già la Chiesa, incontro nell'unità di tutti i figli di Dio dispersi.

“Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. …. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. … Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino»” (Dal Vangelo di Matteo, cap.9, 14,15)

Il pellegrinaggio a Lourdes è incontro con il Mistero di Dio che fa di un popolo disperso e senza guida un unico popolo, che ascolta la Madre che dice: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5)




LE PERSONE MALATE O CON DIFFICOLTà
Dal tempo della guarigione di Caterina Latapie (verificata il 1 marzo 1858), i malati affluiscono a Lourdes, cercando la guarigione del corpo, ma soprattutto la guarigione del cuore, il coraggio di ricominciare e la gioia di vivere.

Ecco due pagine evangeliche che ci raccontano delle due guarigioni, quella fisica e quella spirituale.

“Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita” (Mt 15, 21-28)

“Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori»” (Mc 2,13-18

Il pellegrinaggio a Lourdes è incontro con il Mistero di Dio, che generare nuova vita, è richiamo per una nuova sequela cristiana.





Concludo questo piccolo excursus mariano-lourdiano con una preghiera alla Vergine Immacolta:

Docili all'invito della tua voce materna, o Vergine Immacolata di Lourdes, accorriamo ai tuoi piedi presso la grotta, ove Ti degnasti di apparire per indicare ai peccatori il cammino della preghiera e della penitenza e per dispensare ai sofferenti le grazie e i prodigi della tua sovrana bontà.

O candida Visione di Paradiso, allontana dalle menti le tenebre dell'errore con la luce della fede, solleva le anime affrante con il celeste profumo della speranza, ravviva gli aridi cuori con l'onda divina della carità. Fa' che amiamo e serviamo il tuo dolce Gesù, così da meritare la felicità eterna. Così sia.

La Madre di Dio a Lourdes (I)









Il Martirologio Romano in data 11 febbraio, scrive: “Beata Maria Vergine di Lourdes, che, a quattro anni dalla proclamazione dell’Immacolata Concezione della beata Vergine, l’umile fanciulla santa Maria Bernardetta Soubirous più volte aveva visto nella grotta di Massabielle tra i monti Pirenei sulla riva del Gave presso la cittadina di Lourdes, dove innumerevoli folle di fedeli accorrono con devozione”.

L’evento mariano di Lourdes è entrato nella memoria liturgica della Chiesa, che come “memoria facoltativa”, celebra ed esalta il rivelarsi di Maria “nella grotta di Massabielle tra i monti Pirenei sulla riva del Gave presso la cittadina di Lourdes” come l’Immacolata Concezione.

Ma cosa è accaduto a Lourdes che noi continuiamo a celebrare?

Ascoltiamo il racconto della apparizione delle memoria di suor  Maria Bernardetta Soubirous:

“La prima volta che fui alla grotta era il giovedì 11 febbraio. Andavo a raccogliere la legna con due altre ragazzine. Quando fummo al mulino io domandai loro se volevano vedere dove l'acqua del canale andava a congiungersi col Gave. Esse mi risposero di sì. Di là noi seguimmo il canale e ci trovammo davanti a una grotta, non potendo andare più lontano. Le mie due compagne si misero in condizione di attraversare l'acqua che era davanti alla grotta. Esse attraversarono l'acqua. Si misero a piangere. Domandai loro perché piangessero. Mi dissero che l'acqua era fredda. Io le pregai di aiutarmi a gettare delle pietre nell'acqua per vedere se potessi passare senza scalzarmi. Mi dissero di fare come loro, se volevo. Io andai un po' più lontano a vedere se potevo passare senza scalzarmi ma non potei. Allora ritornai davanti alla grotta e mi misi a scalzarmi. Avevo appena tolto la prima calza che sentii un rumore come se ci fosse stato un colpo di vento. Allora voltai la testa dalla parte del prato (dal lato opposto alla grotta). Vidi che gli alberi non si muovevano. Allora ho continuato a scalzarmi. Sentii ancora lo stesso rumore. Appena alzai la testa guardando la grotta, scorsi una signora in bianco.
Aveva un vestito bianco, un velo bianco e una cintura azzurra e una rosa su ogni piede, del colore della catenella del suo rosario. Allora fui un po' impressionata. Credevo di sbagliarmi. Mi strofinai gli occhi. Guardai ancora e vidi sempre la stessa signora. Misi la mano in tasca; vi trovai il mio rosario. Volevo fare il segno della croce. Non potei arrivare con la mano fino alla fronte. La mano mi cadeva. Allora lo sbigottimento s'impadronì più fortemente di me. La mia mano tremava. Tuttavia non fuggii. La signora prese il rosario che teneva tra le mani e fece il segno della croce. Allora provai una seconda volta a farlo e potei. Appena ebbi fatto il segno di croce scomparve il grande sbigottimento che provavo. Mi misi in ginocchio. Ho recitato il rosario in presenza di quella bella signora. La visione faceva scorrere i grani del suo, ma non muoveva le labbra. Quando ebbi finito il mio rosario, mi fece segno di avvicinarmi, ma non ho osato. Allora disparve all'improvviso. Mi misi a togliere l'altra calza per attraversare quel po' d'acqua che si trovava davanti alla grotta (per andare a raggiungere le mie compagne) e ci siamo ritirate. Cammin facendo ho domandato alle mie compagne se non avevano visto niente. - No - mi risposero. L'ho domandato loro ancora. Mi dissero che non avevano visto niente. Allora aggiunsero: - E tu hai visto qualcosa? Allora dissi loro: - Se non avete visto niente, neppure io. Credevo di essermi sbagliata. Ma ritornando, lungo la strada mi domandavano ciò che avevo visto. Ritornavano sempre su quello. Io non volevo dirlo loro, ma mi hanno talmente pregata che mi sono decisa a dirlo: ma a condizione che non ne parlassero a nessuno. Mi promisero di mantenere il segreto. Ma appena arrivate a casa, niente di più urgente che dire ciò che avevo visto. Ecco per la prima volta”.

Questa come disse la stessa Bernardetta fu la prima volta, la in totale le apparizioni della Vergine Maria a Lourdes, furono diciotto. Eccole in una piccole sintesi.
Prima Apparizione — 11 febbraio 1858
Accompagnata da sua sorella e da un'amica, Bernadette si reca a Massabielle, lungo il Gave, per raccogliere legna secca. Togliendo le calze per attraversare il canale, sente un rumore che somigliava a un colpo di vento, alza la testa verso la Grotta: «Vidi una Signora vestita di bianco: indossava un vestito bianco, un velo anch'esso bianco, una cintura azzurra e una rosa d'oro su ogni piede». Fa il segno della Croce e recita il Rosario con la Signora. Terminata la preghiera, la Signora scompare.
Seconda Apparizione — 14 febbraio 1858
Bernadette sente una forza interiore che la spinge a tornare alla Grotta nonostante il divieto dei suoi genitori. Alla sua insistenza, la madre glielo permette; dopo la prima decina del Rosario, vede apparire la stessa Signora. Le getta dell'acqua benedetta. La Signora sorride e inchina la testa.
Terza Apparizione — 18 febbraio 1858
Per la prima volta, la Signora parla. Bernadette le presenta una penna, un calamaio e un foglio di carta e le chiede di scrivere il suo nome. Lei le risponde: «Non è necessario» (N'ey pas necessari), e aggiunge: «Volete avere la gentilezza di venire qui per quindici giorni?» (Boulet aoue ra gracia de bié aci penden quinze dias?). Bernadette risponde sì. La Signora dice: «Non vi prometto di essere felice in questo mondo, ma nell'altro». (Nou prometi pas deb hé urousa en este mounde, mès en aoute).
Quarta Apparizione — 19 febbraio 1858
Quinta Apparizione — 20 febbraio 1858
Sesta Apparizione — 21 febbraio 1858
Settima Apparizione — 23 febbraio 1858
Ottava Apparizione — 24 febbraio 1858
Messaggio di preghiera e di penitenza. La Signora dice a Bernadette: «Penitenza! Penitenza! Penitenza!» (Penitenço... penitenço... penitenço...). «Pregate Dio per i peccatori». «Baciate la terra in penitenza per i peccatori».
Nona Apparizione — 25 febbraio 1858
La fonte. «Andate a bere alla fonte e a lavarvi» (Anat béoué en'a houn é b'y laoua). Bernadette racconta: «Mi ha detto di andare a bere alla fonte... io ho trovato solo un po' d'acqua fangosa. Al quarto tentativo potei bere».
Decima Apparizione — 27 febbraio 1858
Undicesima Apparizione — 28 febbraio 1858
Dodicesima Apparizione — 1º marzo 1858
Tredicesima Apparizione — 2 marzo 1858
La Signora dice a Bernadette: «Andate a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si costruisca una cappella».
Quattordicesima Apparizione — 3 marzo 1858
Nuova richiesta della "Chiesa o Cappella".
Quindicesima Apparizione — 4 marzo 1858
Ultimo giorno della quindicina.
Sedicesima Apparizione — 25 marzo 1858, Festa dell'Annunciazione
La Signora dice il suo nome: «Io sono l'Immacolata Concezione» (Que soy era Immaculada Councepciou).
Diciassettesima Apparizione — 7 aprile 1858
Il "Miracolo della Candela".
Diciottesima Apparizione — 16 luglio 1858, Festa di Nostra Signora del Monte Carmelo
Bernadette, dalla prateria antistante il Gave, vede la Vergine, “più bella che mai”.

lunedì 6 febbraio 2012

Santi Martiri del Giappone

Dalla «Storia del martirio dei santi Paolo Miki e compagni» scritta da un autore contemporaneo




Piantate le croci, fu meraviglioso vedere in tutti quella fortezza alla quale li esortava sia Padre Pasio, sia Padre Rodriguez. Il Padre commissario si mantenne sempre in piedi, quasi senza muoversi, con gli occhi rivolti al cielo. Fratel Martino cantava alcuni salmi per ringraziare la bontà divina, aggiungendo il versetto: «Mi affido alle tue mani» (Sal 30,6). Anche Fratel Francesco Blanco rendeva grazie a Dio ad alta voce. Fratel Gonsalvo a voce altissima recitava il Padre nostro e l'Ave Maria.

Il nostro fratello Paolo Miki, vedendosi innalzato sul pulpito più onorifico che mai avesse avuto, per prima cosa dichiarò ai presenti di essere giapponese e di appartenere alla Compagnia di Gesù, di morire per aver annunziato il Vangelo e di ringraziare Dio per un beneficio così prezioso. Quindi soggiunse: «Giunto a questo istante, penso che nessuno tra voi creda che voglia tacere la verità. Dichiaro pertanto a voi che non c'è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani. Poiché questa mi insegna a perdonare ai nemici e a tutti quelli che mi hanno offeso, io volentieri perdono all'imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano».
Si rivolse quindi ai compagni, giunti ormai all'estrema battaglia, e cominciò a dir loro parole di incoraggiamento.
Sui volti di tutti appariva una certa letizia, ma in Ludovico era particolare. A lui gridava un altro cristiano che presto sarebbe stato in paradiso, ed egli, con gesti pieni di gioia, delle dita e di tutto il corpo, attirò su di sé gli sguardi di tutti gli spettatori.
Antonio, che stava di fianco a Ludovico, con gli occhi fissi al cielo, dopo aver invocato il santissimo nome di Gesù e di Maria, intonò il salmo Laudate, pueri, Dominum, che aveva imparato a Nagasaki durante l'istruzione catechistica; in essa infatti vengono insegnati ai fanciulli alcuni salmi a questo scopo.
Altri infine ripetevano: «Gesù! Maria!», con volto sereno. Alcuni esortavano anche i circostanti ad una degna vita cristiana; con questi e altri gesti simili dimostravano la loro prontezza di fronte alla morte.
Allora quattro carnefici cominciarono ad estrarre dal fodero le spade in uso presso i giapponesi. Alla loro orribile vista tutti i fedeli gridarono: «Gesù! Maria!» e, quel che è più, seguì un compassionevole lamento di più persone, che salì fino al cielo. I loro carnefici con un primo e un secondo colpo, in brevissimo tempo, li uccisero.


"presto sarebbe stato in paradiso"
Vittorio (2012), una preghiera...

venerdì 3 febbraio 2012

Primo Venerdì di FEBBRAIO 2012


Comunità Pastorale “Epifania del Signore”
parrocchia San Paolo Apostolo – Brugherio



Primo Venerdì di FEBBRAIO 2012
AdorazioNE eucaristica
(Dopo l’esposizione)

ADORAZIONE COMUNITARIA
“Questo è il mio Corpo”

LITANIE AL SS. SACRAMENTO
DAGLI SCRITTI DELLA BEATA CANDIDA

- Signore. pietà
- Cristo, pietà
- Signore . pietà
- Padre celeste. che sei Dio (Abbi pietà dì Noi)
- Figlie redentore del mondo, che sei Dio
- Spirito Sante, che sei Dio
- Santa Trinità, unico Dio
-  Santissima Eucaristia; (Noi T'adoriamo)
- Bene Sacramentato
- Unigenito di Dio fatto Pane per gli uomini;
- Colonna massiccia che sostiene il mondo;
- Signore Gesù, legato dal tuo stesso amore nel - Sacramento,
- Carità che addolcisce l'esilio e fa pregustare la Patria;
- Tu che accendi le anime della brama d'immolazione;
- Divina Eucaristia, che per amore nostro sei rimasto nella solitudine del tabernacolo;
- Santissima Comunione,che sei il forte motivo della nostra fiducia
- Dio,che solo puoi saziare le profondità del nostro intelletto;
- Gesù, che nato una volta per noi, torni a nascere per noi sull' altare un numero quasi infinito di volte;
- Gesù. che salisti sulla Croce per amore di tutti e scendi nel nostre cuore per amore di noi;
- Gesù, che sei lo scopo del nostro agire e il palpito cocente del nostro cuore;
- Divino Amore, che dinanzi ad un'anima fedele non metti più limiti alle tue grazie;
- Dono fatto a noi dall'Immacolata Tua Madre;
- Gesù, che alla sera della vita sarai a noi consegnato da Maria, Madre Nostra;

- Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, Cancella le nostre colpe.
- Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, Abbi pietà di noi.
- Agnello di Dio. che togli i peccati del mondo, Donaci la pace.


SALMO 120
(insieme)

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà
non prenderà sonno il custode d’Israele

Il Signore è il tuo custode,
il signore è come ombra che ti copre
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Il signore veglierà su di te, quando esci e quando entri, da ora e per sempre.

ADORAZIONE PERSONALE
“Fate questo in memoria di me”

Questa adorazione eucaristica è segnata da questo giorno singolare del mese di febbraio. Oggi la chiesa ci fa ricordare due santi vescovi: Biagio martire e Ansgario (Oscar) missionario. Il primo pastore della Chiesa Apostolica Armena; l’altro monaco benedettino e poi arcivescovo di Amburgo, infine fu il primo missionario in Danimarca e Svezia.

IL MARTIRIO E
IL SUO SIGNIFICATO SPIRITUALE
(a cura di dott. don Pierpaolo Caspani)

Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno
nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani… E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato (Mt 10, 17-22).

È questa la pagina del vangelo di Matteo che leggiamo nella Messa della solennità di S. Stefano (26 dicembre): Gesù predice ai suoi discepoli la persecuzione "a causa sua"; e Matteo, che riporta queste parole, vive in una comunità che ha già sperimentato la persecuzione. Il tema del martirio, dunque, affonda le sue radici già nel Nuovo Testamento. Partendo da qui vogliamo raccogliere il messaggio che viene dall'esperienza dei martiri, ripercorrendo sia pur velocemente qualche tappa significativa della storia della fede cristiana.

Prima di cominciare la nostra rapida corsa nella storia, è opportuna una precisazione sul termine "martire", dato che esso conosce un mutamento se non proprio di significato, perlomeno di accento. Un mutamento che possiamo riassumere in uno slogan: inizialmente si è uccisi perché martiri; poi si è martiri perché uccisi. Uccisi perché martiri. Nel Nuovo Testamento, il termine "martire" (martuV o martur) riprende il significato che questa parola ha nella lingua greca, dove indica il testimone: colui che ha visto un fatto e può darne testimonianza, ma anche colui che afferma la verità delle proprie convinzioni. I cristiani, dunque, sono martiri, perché testimoni di Cristo: professano la loro fede in Lui e, per questo motivo, vengono perseguitati ed uccisi. In questo primo momento, l'accento è posto sulla testimonianza. A partire dalla metà del II secolo, invece, leggendo i racconti dei martiri, ci accorgiamo che l'accento viene sempre più messo sulla morte violenta di coloro che testimoniano la propria fede.
Martire è colui che muore per la fede. Ciò che rende tale il martire è la sua morte a causa della fede, non più solamente la testimonianza della fede. Martiri perché uccisi, dunque.

I. I martiri dei primi secoli
1. Le persecuzioni da parte dei Giudei
I primi martiri sono vittime delle persecuzioni da parte dei Giudei. Stando al racconto degli Atti degli Apostoli, dopo la Pentecoste, si ripropone la situazione che ha preceduto la morte di Gesù: mentre le conversioni si moltiplicano e la prima comunità cristiana si organizza, si organizza anche la reazione degli Anziani e degli scribi. Ritroviamo così sulla scena tutti gli artefici della condanna di Gesù: Caifa, Anna e i capi delle grandi famiglie di Gerusalemme. I discepoli di Gesù vengono a trovarsi in una situazione simile a quella del loro Maestro: il martire è colui che dà testimonianza, vivendo questa situazione come l'ha vissuta il Maestro.
Non a caso, il primo martirio - quello di Stefano - è presentato come la perfetta imitazione della passione e morte di Gesù: per Stefano, come per Gesù, bisogna ricorrere a falsi testimoni per formulare l'accusa che, in ambedue i casi, riguarda parole dette contro il tempio di Gerusalemme; sia Stefano che Gesù evocano la figura del Figlio dell'Uomo, in piedi alla destra di Dio; entrambi vengono messi a morte fuori da Gerusalemme. Soprattutto, però, è identico l'atteggiamento dei due di fronte alla morte: Stefano affida il proprio spirito a Gesù, come Gesù l'aveva affidato al Padre; come Gesù, Stefano chiede perdono per chi lo mette a morte; sia Gesù che Stefano muoiono con un alto grido. Stefano, primo martire, è dunque il perfetto imitatore di Gesù. Più profondamente, nel martire è Cristo stesso che agisce di nuovo e di nuovo vince le forze del male. La Chiesa, quindi, ne accoglie la testimonianza come se venisse da Cristo stesso: è Lui che parla attraverso i martiri.

2. Le persecuzioni da parte dell'Impero romano
Prima della persecuzione di Nerone (64 d.C.), cristianesimo ed Impero convivono in maniera sostanzialmente pacifica. La Chiesa ha uno scarso peso sociale e non viene avvertita come un pericolo per l'Impero. In effetti, i primi cristiani pensavano che il ritorno glorioso del Signore fosse imminente: presto il Signore sarebbe tornato e avrebbe instaurato il suo Regno. Di conseguenza l'ordine politico e sociale esistente era un fatto temporaneo: si poteva benissimo tollerarlo, a patto di non essere obbligati ad abbracciare la religione pagana. Man mano che la Chiesa si diffonde e si organizza, però, i pagani cominciano ad essere presi dal timore: "E se questi folli che parlano di un Regno che non è di questo mondo venissero a toglierci il nostro regno, le nostre tradizioni, la nostra cultura e le nostre usanze?". È proprio da questo timore che nascono le persecuzioni.
L'atteggiamento dei cristiani nei confronti dell'Impero che li perseguita è documentato in maniera esemplare dagli Atti dei martiri scillitani. Si tratta di sette uomini e cinque donne, arrestati a Scillium (Africa del nord) e portati a Cartagine, davanti al tribunale del proconsole Saturnino. Il loro processo si svolge il 17 luglio 180. Da questi Atti - che riprendono fondamentalmente il verbale del processo e sono dunque molto scarni e privi di orpelli retorici - ricaviamo tre indicazioni interessanti. In primo luogo i cristiani dichiarano la loro lealtà nei confronti dell'Impero e delle sue leggi: "Non abbiamo mai fatto nulla di male; non abbiamo mai insultato nessuno…: perchè noi obbediamo al nostro imperatore": afferma Sperato. Poco dopo aggiunge: "Io non ho rubato nulla e pago una tassa ogni volta che acquisto qualcosa". I cristiani, però, rifiutano lo stato, quando questi si pone come valore assoluto. In questa linea evidentemente non accettano di considerare l'imperatore alla stregua di un dio: "Onore a Cesare in quanto Cesare, ma timore solo verso Dio". In queste parole di Donata sentiamo risuonare il celebre detto di Gesù: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". " Narzalo, infine, che, dopo che il proconsole ha emesso la sentenza di morte, esprime il proprio rendimento di grazie a Dio: "Oggi stesso siamo martiri in cielo: grazie a Dio".

Le reazioni dei pagani di fronte al martirio dei cristiani oscillano tra disprezzo ed ammirazione. "I cristiani sono pieni di odio per il genere umano": scrive lo storico Tacito. Plinio il Giovane parla di "testardaggine" e di "ostinazione inflessibile" dei
martiri cristiani. L'imperatore Marco Aurelio è disgustato dall' "audacia volgare" con la quale i cristiani si precipitano verso la morte. Un disprezzo che certo nasce dall'incomprensione, ma che, in qualche caso, pare giustificato da alcuni atteggiamenti dei martiri stessi. Accanto al disprezzo troviamo però anche l'ammirazione nei confronti della fermezza dei martiri. Ammirazione che, in diversi casi, porta alla conversione alcuni pagani, testimoni della morte dei cristiani. Come scrive Tertulliano, "il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani". Dalla sofferenza dei martiri la Chiesa esce rinvigorita e rafforzata.

II. La svolta del IV secolo
1. La pace di Costantino e il culto dei martiri
Il IV secolo era cominciato male per il cristianesimo: tra il 303 ed il 304, l'imperatore
Diocleziano si era accanito contro il cristianesimo con una violenza senza precedenti.
Con Costantino si realizza l'impensabile: una religione fino ad allora maledetta
e vietata diventa religione non solo lecita, ma addirittura privilegiata. A partire dal 15 giugno 313, con l'editto di Milano, ai cristiani viene riconosciuta piena libertà di culto, mentre l'imperatore non nasconde le sue simpatie per il cristianesimo.
La pace raggiunta non fa dimenticare ai cristiani quei fratelli che hanno sparso il loro sangue per la fede. Al contrario, i cristiani sopravvissuti ripensano ai martiri con riconoscenza, fierezza e devozione. Così, a partire dal IV secolo, si sviluppa il culto dei martiri, che già in precedenza venivano venerati in maniera molto sobria. Due sono le fondamentali espressioni di questo culto, introdotte a partire dal IV secolo: la cura delle tombe dei martiri, sulle quali vengono edificate grandi basiliche; la celebrazione della festa del martire nel giorno anniversario della sua morte, cioè della sua "nascita al Cielo". Alcuni storici moderni affermano che il culto dei martiri ha sostituito il culto delle divinità pagane, venerate nelle diverse località. In questa tesi, c'è una parte di verità. Tuttavia vanno onestamente riconosciute le differenze che esistono tra la venerazione nei confronti di un martire ed il culto di una divinità pagana.
Differenze che i pastori della Chiesa non hanno mancato di richiamare con forza, come documenta questo testo di S. Agostino:

Per noi, i martiri non sono degli dei, perché noi sappiamo che lo stesso unico Dio è insieme nostro Dio e loro Dio… Ai nostri martiri noi non costruiamo dei templi, come fossero dei, ma delle tombe, in quanto sono dei mortali, il cui spirito ora vive con Dio. Noi non erigiamo degli altari per sacrificare ai martiri, ma al Dio unico dei martiri e nostro… " È a Dio, e non a loro, che viene offerto il sacrificio.

I martiri, quindi, non sono dei o semi-dei; sono semplici mortali, credenti che hanno ricevuto la grazia di morire per Cristo. Li veneriamo come nostri fratelli, coi quali siamo in comunione: la comunione che unisce i santi del Paradiso ed i fedeli ancora in cammino sulla terra.

2. I "successori" dei martiri
Con la fine delle persecuzioni, alcuni cristiani si pongono una domanda: "Come vivere il martirio dove non ci sono più persecuzioni? Come accogliere l'invito di Gesù a seguirlo portando la propria croce, adesso che non c'è più l'occasione di spargere il proprio sangue per Lui?". La nascita (o lo sviluppo) del monachesimo sono proprio il tentativo di dare risposta a questa domanda. La pazienza, la costanza e l'energia con cui i monaci perseverano nella loro scelta di vita fanno di loro dei "martiri viventi". Il martire, quindi, è e resterà nella Chiesa il santo per eccellenza. Il monachesimo e le altre forme di santità sono, in fondo, modi per vivere il martirio, dove non c'è più la persecuzione. In questa linea, ricordiamo l'idea, diffusa soprattutto in ambito irlandese, secondo cui si può parlare di tre forme di martirio: il martirio rosso, quello in senso proprio, caratterizzato dallo spargimento del sangue; il martirio bianco, quello di chi dedica la propria vita a Dio nell'ascesi e nella verginità; il martirio verde, vissuto mettendo in atto le opere penitenziali o il viaggio missionario per portare il vangelo in altri paesi.

III. Martiri di tutti i tempi
Con la pace del IV secolo, le persecuzioni diventano molto più rare, ma non scompaiono del tutto. Esse si ripropongono ogniqualvolta i cristiani vengono a trovarsi in minoranza. Questo accade soprattutto nei paesi conquistati dall'Islam o, in epoca più vicina a noi, negli stati governati da regimi dichiaratamente atei, che vogliono sradicare la fede ed imporre l'ateismo. Tuttavia, la maggior parte dei martiri venerati nella Chiesa dalla fine del Medioevo ad oggi appartengono alla storia delle missioni. Dalla Cina al Giappone, dal Vietnam all'India, dall'Oceania all'America del Nord, all'Africa, la lista dei missionari e dei cristiani indigeni massacrati per la fede cristiana è impressionante. In particolare, il Giappone nel XVII secolo ed il Vietnam nel XIX hanno dato più martiri di quanti non ne abbia dati la Chiesa dei primi tre secoli. Certamente in questi paesi le persecuzioni si scatenarono anche per una serie di motivi politici, economici e culturali. Questa considerazione impone molta cautela nel formulare
giudizi di carattere storico. Non si può comunque evitare di riconoscere come martiri migliaia di uomini e donne che accettarono di morire piuttosto che rinnegare la fede.

IV. Un messaggio per noi
Il messaggio per noi lo ricaviamo, ritornando al Nuovo Testamento, da cui ha preso le mosse la nostra corsa nella storia. Ci riferiamo ad un passo della prima lettera di Pietro, che probabilmente porta in sè gli echi della persecuzione di Nerone:

E chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene? E se anche dovreste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, nè vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male (1Pt 3,13-17).

Questo testo vuole rispondere alla domanda: "Come si comporta un cristiano nella persecuzione?". Certo oggi da noi non si può parlare di persecuzione contro chi crede. Però capita spesso che un credente si trovi in mezzo a persone che non condividono la sua fede e non lo capiscono. Raramente oggi da noi la fede è attaccata con violenza. Più spesso è considerata inutile, irrilevante, qualcosa di cui si può benissimo fare a meno. Così un credente, anche oggi da noi, può trovarsi a disagio. C'è anche oggi una sofferenza per la fede. Per questo le parole di Pietro sono rivolte anche a noi. Ne sottolineiamo tre.
"Se sarete ferventi nel bene, chi potrà farvi del male?". Se uno è fervente nel bene, niente potrà fargli veramente male. Anche la sofferenza che uno affronta nel fare il bene non porta sconforto, ma beatitudine: "Se anche dovreste soffrire per la giustizia, beati voi!". Parole assurde al di fuori di una logica di fede.
"Siate sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in voi". Il credente è sempre pronto a mostrare agli altri le ragioni, i motivi, i "perché" che sostengono la sua fede. E le ragioni che sostengono la fede dei credenti di oggi sono in fondo identiche a quelle che hanno sostenuto i martiri di ogni tempo nella professione della loro fede: Non possiamo vivere senza Cristo. A tutto possiamo rinunciare, ma non a Cristo. La fede in Lui vale più della vita stessa, perché una vita senza Cristo è vuota e senza senso.

"Questo sia fatto con dolcezza e rispetto". La professione della propria fede, anche di fronte a chi l'avversa, va fatta con dolcezza e rispetto. Chi si sente a disagio, chi si sente non capito, chi si vede attaccato facilmente è portato a reagire con violenza.
"Dolcezza e rispetto", raccomanda invece Pietro. Dolcezza e rispetto, che sono segni di forza vera. Non a caso, da S. Stefano in poi, il perdono dato ai persecutori è uno degli aspetti più caratteristici che accompagnano la morte dei martiri.

INTENZIONI DI PREGHIERA
APOSTOLATO DELLA PREGHIERA
ANNO 2012 - Febbraio

INTENZIONE GENERALE
"Perché tutti i popoli abbiano pieno accesso all'acqua e alle risorse necessarie al sostentamento quotidiano".

INTENZIONE MISSIONARIA
"Perché il Signore sostenga lo sforzo degli operatori sanitari delle regioni più povere nell'assistenza ai malati a agli anziani".

INTENZIONE DEI VESCOVI
"Perché ogni comunità investa le migliori energie per educare le nuove generazioni alla vita buona del Vangelo".
INTENZIONE MARIANA
Maria, formatrice di santi, ci aiuti a crescere ogni giorno in sapienza e grazia.

INTENZIONE PRO CLERO
Cuore di Gesù, fa' che la trasparenza di vita dei tuoi ministri sia offerta gradita al Padre.

PREGHIERA A GESU’
del Beato Giovanni Paolo II

Mane nobiscum, Domine! Come i due discepoli del Vangelo, ti imploriamo, Signore Gesù:
Rimani con noi! Tu, divino viandante, esperto sulle nostre strade e conoscitore del nostro cuore, non lasciarci prigionieri delle ombre della sera. Sostienici nella stanchezza, perdona i nostri peccati, orienta i nostri passi sulla via del bene. Benedici i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie, in particolare i malati. Benedici i sacerdoti e le persone consacrate. Benedici tutta l'umanità. Nell'Eucaristia ti sei fatto "farmaco d'immortalità": dacci il gusto della vita piena, che ci faccia camminare su questa terra come pellegrini fiduciosi e gioiosi,
guardando sempre al traguardo della vita che non ha fine. Rimani con noi, Signore! Rimani con noi! Amen