mercoledì 10 luglio 2013

Mercoledì della XIV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

 
 
 
 
“io temo Dio!” (Gen 42)
 
Così si esprime Giuseppe verso i suoi fratelli, che sono incapaci di riconoscerlo: è questo timore di Dio che smuove la coscienza di Giuseppe.
 
Ma cos’è il Timor di Dio?
 
Per noi timore vuol dire paura, invece no. Dal punto di vista biblico e teologico timore vuole soltanto dire “rispetto”.
Un senso di dipendenza profonda: ecco cosa diventa il rispetto profondissimo, poiché sono ragionevole, dipendo da Dio e lo so.
 
Il mio rispetto diventa dinamico, vivo, personale: dipendo da Te e sono anche contento di dipendere da Te Senza il dono del timore di Dio facilmente si cade nella sicurezza, nell’arroganza oppure nella tristezza, ti trovi perso.
 
Qui comprendiamo che questo Timor di Dio preserva Giuseppe nello schiacciare i suoi fratelli, lui che è ora potente, e nella sua potenza è sicuro di se; ma il timor di Dio scava nel suo cuore.. e sfoga la sua tristezza in un pianto liberatorio!
 
Il Timore di Dio in concreto ci conserva umili dinanzi alla grandezza di Dio e alla sua volontà: Giuseppe rilegge la sua vita come certamente un dono provvidente di Dio.
 
Il popolo della “terra di Canaan” trova in lui un sostegno nella carestia. Dio dal male sa trarre il bene. Il Timore di Dio ci evita la superficialità e la disinvoltura morale.
 
Il Timore di Dio ci impedisce di farci una religione a nostra misura.
 
Il Timore di Dio ci impedisce tutto questo perché ci rende limpidi, onesti con Dio.
 
Come i Dodici, nel racconto del Vangelo, Giuseppe è scelto da Dio per essere di soccorso “alle pecore perdute della casa d’Israele”.
 
Egli pieno di timor di Dio, diventa segno della provvidenza e dell’amore Dio.
 
Il Santo Padre Francesco ci ha spesso esortati ad essere Chiesa provvidente e amorevole verso l’umanità, così da essere vero sacramento di salvezza: “Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità”.
 
La vicenda del patriarca Giuseppe, ci sproni a custodire il timor di Dio come corazza che ci preserva da ogni approssimazione religiosa – un credere a nostra misura – per essere Cristo dipendenti in pensieri, parole, opere così da non vivere una vita in continuo rimpianto per il bene non compiuto.
 
«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12,21).
 
Giuseppe poteva ripagare con il male, ma ha vinto il male con il bene. Sia questo l’annuncio del regno dei cieli che è vicino. Amen.