venerdì 28 maggio 2010

Maria Antonia Samà. La "consolazione" di Sant'Andrea sulla Jonio

Il Cristo Risorto
Chiesa Matrice di S. Andrea sulla Jonio (CZ)


Premessa
Quando era bambino, poi ragazzo… avevo la gioia di trascorre tanti mesi, a casa dei nonni, in estate, a San Sostene (CZ). Qui partecipavo alla vita cittadina ed ecclesiale. Ricordo sempre con gioia, emozione e devozione il gesto che facevano i bambini alla processione del Corpus Domini nel mese di Giugno… e poi alla festa del Sacro Cuore di Gesù: cospargevano i vicoli e le strade del paese di petali di ginestra mista a petali di rose. Era uno spettacolo… passava il Signore ed allora bisognava mettere il tappeto per l’Ospite gradito. I Santi credo siano un po’ come la ginestra, è il tappeto dell’incontro, attraverso essi passa il Signore! Così sono state le serve di Dio Mariantonia, Rosella, Concetta e Maria Angelica.

Ma prima di inoltrarci nella santità calabrese, ascoltiamo…

La Calabria… così scrive, in una lettera, san Bruno il certosino a Rodolfo il Verde:
“Abito un eremo, isolato da ogni parte delle dimore uomini, situato in Calabria, con i miei fratelli religiosi, di cui alcuni sono molto colti.

Che montando ostinatamente la guardia, aspettano il ritorno del loro Signore per aprigli immediatamente quando busserà. Come potrò parlare degnamente della bellezza del luogo e della dolcezza e salubrità dell’aria, o della pianura ampia e ridente che si allunga tra i monti, dove si trovano prati verdeggianti e floridi pascoli? O chi descriverà adeguatamente la vista dei colli che si ergono da ogni parte dolcemente, e i recessi delle valli ombrose, con piacevole abbondanza di fiumi, di rivi e di fonti? Né mancano orti irrigati e alberi da frutta di ogni genere, con la loro utile fecondità.

Ciò che la solitudine e il silenzio dell’eremo danno in fatto di utilità e di letizia divina a coloro che li amano,  lo sa solo chi lo ha sperimentato. Qui infatti agli uomini forti è lecito raccogliersi quanto desiderano, e restare con se stessi, e coltivare appassionatamente i germi della virtù e nutrirsi abbondantemente dei frutti del paradiso. Qui si cerca di acquistare quell’occhio, il cui sereno sguardo ferisce lo sposo col suo amore e per mezzo della cui purezza si vede Dio. Qui si praticano un ozio attivo e un’attività ordinata e calma. Qui Dio rende ai suoi atleti, per la fatica della lotta, la ricompensa desiderata, la pace che il mondo ignora e la gioia nello Spirito”.

Dall’omelia di mons. Giancarlo Brigantini, vescovo di Gerace-Locri, del 2 maggio 2000:
“Tertulliano diceva che Dio sa fare grande cose con povere cose. Ecco la santità: grandi cose con povere cose. Un po’ di pane diventa il suo Corpo, qualche goccia di vino diventa il suo sangue, questa nostra comunità fragile diventa luogo della sua presenza, una giovane ragazza può diventare modello per tanti altri: questo mistero di oggi, di una parola che usiamo dal punto di vista affettivo, non giuridico, la santità… Dio non è passato invano, ma ha lasciato il suo seme. È entrato nella storia, nel soffio del suo spirito ha ridato vigore ad ogni cosa”.


La Santa Pasqua a S. Sostene (2006)

Introduzione
La santità calabrese vede le sue origini nell'apostolo Paolo e con il suo primo discepolo Stefano di Nicea, protovescovo di Reggio e di tutti i Bruzii.

Nei secoli lo Spirito ha conquistato molte anime e le ha plasmate ad immagine di Cristo, vero uomo e vero Dio.

Tra costoro ricordiamo la grande schiera dei martiri di Calabria: dai martiri locresi a Daniele di Belvedere; lo splendore dei monaci italo-greci; e le glorie di terra calabra: Francesco di Paola, Gaetano Catanoso e Umile da Bisignano.

Molti altri hanno reso gloria al Padre che è nei cieli, in questa pagina vogliamo soffermarci su alcuni di loro, meno conosciuti, però molto amati ed invocati.


Maria Antonia Samà

Mariantonia Samà nacque il 2 marzo 1875 in Sant'Andrea Ionio, piccolo paese in provincia di Catanzaro e visse in condizioni di estrema povertà, in una cameretta simile ad una cella.
All'età di dodici anni, seguendo la madre in campagna, fu invasa dallo spirito "maligno", dopo aver bevuto dell'acqua corrente tra i sassi.
Viste le inutili benedizioni impartitele anche dai frati del convento del vicino comune di Badolato, si ricorse all'esorcismo presso la Certosa di Serra San Bruno (ora in provincia di Vibo Valentia).
Dopo alcuni tentativi del Padre certosino, Mariantonia fu liberata dal "maligno", ma si narra che lo stesso pronunciò la frase: "La lascio viva, ma storpia".
Trascorsi un paio di anni, Mariantonia -- non si sa se per "vendetta" di Satana... -- rimase immobile a letto, fino alla morte e, quindi, per oltre sessant'anni, in posizione supina, con le ginocchia sempre alzate e contratte.
Iniziò per lei un lungo e doloroso calvario che sopportò con la forza dell'amore, con lo sguardo sempre rivolto al Crocifisso appeso alla parete di fronte al letto.
Guidata dallo Spirito Santo nella comprensione del "mistero della Croce", considerò, quindi, un dono la sua malattia, accettando con serena rassegnazione la definitiva immobilità, che offriva a Dio per la conversione dei peccatori, in riparazione delle loro offese e per ottenere risposta alle richieste di coloro che cercavano conforto presso di lei.
Il suo piccolo letto divenne un altare di offerta e di partecipazione alla Passione ed alla Croce di Gesù: "non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Paolo - Gal.2,20).
Fu sempre assistita da volontarie, sotto il costante controllo delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore, che curarono anche la sua preparazione spirituale, trasmettendole una sentita devozione verso lo Spirito Santo ed il Sacro Cuore di Gesù, al quale Mariantonia si rivolse per tutta la vita con spirito di "riparazione eucaristica".
Le Suore decisero di aggregarla alla loro Congregazione e, dopo i voti, Mariantonia divenne per tutti la "Monachella di San Bruno".
Le virtù che hanno caratterizzato la sua vita sono numerose:
la semplicità d'animo; l'umiltà; la modestia; la serenità, che traspariva dal suo volto anche nei momenti di maggior sofferenza; la disponibilità; la generosità ed un'immensa fiducia nella Divina Provvidenza.
Lei, che poteva vivere solo di offerte, divideva con gli altri bisognosi del paese tutto quanto riceveva, sicura che il giorno successivo vi avrebbe comunque provveduto il buon Dio e dimostrando, così, la verità delle parole di San Paolo: "Si è più felici nel dare che nel ricevere" (At. 20,35).
La virtù esercitata da Mariantonia in maniera estremamente eroica è stata senz'altro la pazienza che le impedì non solo di ribellarsi alla sua infermità, ma anche di lamentarsi quando i dolori lancinanti, specie durante la Quaresima, da lei sempre sofferta in condivisione con Cristo, martoriavano il suo esile corpo.
Viceversa, il suo spirito era forte, perché lo alimentava quotidianamente con la preghiera e con l'ostia che le portava puntualmente il suo confessore e dalla quale attingeva sostegno per sopportare la sofferenza, per lottare contro il male e per vivere in perenne amicizia con il Signore.
La sua cameretta, con le pareti tappezzate da molte immagini sacre, sembrava un piccolo "tempio", soprattutto quando, per ben tre volte al giorno, vi era la recita comunitaria del Santo Rosario, essendo Mariantonia "calamita" di preghiere.
Già durante la vita, la sua fama di santità si era diffusa tra gli abitanti del paese, molti dei quali avevano sperimentato i suoi doni della profezia e della guarigione.
Ma oltre a questi, tanti altri sono stati i carismi concessi a lei dallo Spirito Santo: il dono dell'estasi; dell'introspezione; della bilocazione; dell'apparizione; del profumo, sempre presente nella sua camera; della condivisione delle sofferenze di Gesù durante la Quaresima e la Passione e, infine, il dono dell'immunità da piaghe da decubito, anche questo scientificamente inspiegabile, benché fenomeno oggettivo e visibile a tutti.
Mariantonia esalò l'ultimo respiro la mattina del 27 maggio 1953.
Le esequie si svolsero nel pomeriggio dello stesso giorno e l'Arciprete, don Andrea Samà, in considerazione della fama di santità, ordinò che la salma, deposta nella bara aperta, per consentire l'ultimo saluto dei compaesani, venisse accompagnata in processione per alcune vie del paese, prima di raggiungere il Cimitero.
Qui rimase esposta ai fedeli fino al mattino del 29 maggio e molti attestano di aver visto, nel baciarla, che le sue palpebre si alzavano ed abbassavano e di aver sentito un delizioso profumo di rose, non proveniente da fiori...
Attualmente, i sacri resti della Serva di Dio Mariantonia Samà, assieme alla sua inseparabile corona del Rosario, si trovano nella Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, dove sono stati traslati il 3 agosto 2003.
Il 5 agosto 2007 è stato aperto il processo di beatificazione e canonizzazione presso l’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace.





Per approfondire la vita della Serva di Dio leggi le pagine su moscati.it (QUI) della Sig.ra Dorà Samà.

Vedi anche sulla santità calabrese la pagina su cartantica.it (QUI)



Per la glorificazione della “Monachella di San Bruno”


Santissima Trinità, Ti adoriamo e Ti ringraziamo
per averci dato la tua serva fedele Maria Antonia Samà,
sorella nella fede e sublime esempio di vita e di virtù cristiane.
Attraverso lei, hai riproposto la partecipazione
alla croce di Gesù come l’unica pedagogia che,
con la forza dello Spirito, redime, salva e vivifica.
Crocifissa su un povero giaciglio completò, amò e visse con gioia
nella sua carne i patimenti della croce di Cristo,
suo sposo, a favore della Chiesa.
In lei hai operato meraviglie, chiamandola ad essere, in Gesù,
vittima di amore per l’umanità sofferente.
Sul suo esempio, fa che anche noi ci spendiamo totalmente per il bene dei fratelli.
Concedici, per sua intercessione,
secondo la tua volontà, la grazia che imploriamo…,
e fa che presto sia annoverata nel numero dei tuoi santi.
Amen.

3 Gloria al Padre….