mercoledì 4 aprile 2012

Mercoledì Santo 2012



beato Francesco Marto


Mercoledì Santo 4 aprile 2012


Oggi, Mercoledì Santo, è il giorno, secondo la tradizione della Chiesa, della riconciliazione dei pubblici peccatori.

La pagina del Vangelo ci presenta lo svelamento del tradimento di Giuda: «Rabbì, sono forse io?».

Chi di noi può sfuggire da questa possibilità?

Affidiamoci alla “grande bontà” del Signore, così come ci ha fatto pregare il Salmo, perché essa scavi in noi una ferità d’amore che possa solo chiudersi nella vita eterna.

Ci accompagnino in questo, oramai imminente, del Sacro Triduo i santi che la Chiesa oggi, 4 aprile, ricorda:

Francesco Marto, morto il 4 aprile 1919, fanciullo di Fatima: la sua intercessione ci aiuti nel perseverare nelle avversità e nella opere della fede e ci custodisca nella costanza nella preghiera soprattutto davanti a “Gesù nascosto”, così come lui chiamava il SS. Sacramento.

“Gesù Nascosto! Lo amo tanto! Cosa darei per riceverlo in Chiesa! In Cielo non si fa la comunione? Se ci si comunica, farò la comunione tutti i giorni. Quanto sarei contenta se l'Angelo venisse all'ospedale a portarmi un'altra volta la santa Comunione!” (Giacinta)


S. Benedetto il Moro

Gaetano Catanoso, morto il 4 aprile 1963, sacerdote a Reggio Calabria, apostolo del Volto di Cristo: la sua intercessione ci aiuti ad imprimere in noi lineamenti del Volto di Gesù stando come sentinelle presso il Tabernacolo.
Egli affermava:
“Amate Gesù Sacramentato. Non lo dimenticate mai. Non lasciatelo solo, andate a visitarlo”.

Benedetto il Moro, morto 4 aprile 1589, religioso francescano nata in Sicilia da famiglia di ex schiavi. la sua intercessione ci liberi da ogni schiavitù e compromesso con male, per vivere con umiltà e santità il Sacra Triduo.
Amen

San Gaetano Catanoso

I Santi Martiri (S. Agostino)




«Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt 2, 21). Questo significa fare le medesime cose. Così hanno fatto con ardente amore i santi martiri e, se non vogliamo celebrare inutilmente la loro memoria, se non vogliamo accostarci infruttuosamente alla mensa del Signore, a quel banchetto in cui anch'essi si sono saziati, bisogna che anche noi, come loro, siamo pronti a ricambiare il dono ricevuto.
    A questa mensa del Signore, perciò, noi non commemoriamo i martiri come facciamo con gli altri che ora riposano in pace, cioè non preghiamo per loro, ma chiediamo piuttosto che essi preghino per noi, per ottenerci di seguire le loro orme. Essi, infatti, hanno toccato il vertice di quell'amore che il Signore ha definito come il più grande possibile. Hanno presentato ai loro fratelli quella stessa testimonianza di amore, che essi medesimi avevano ricevuto alla mensa del Signore.
    Non vogliamo dire con questo di poter essere pari a Cristo Signore, qualora giungessimo a rendergli testimonianza fino allo spargimento del sangue. Egli aveva il potere di dare la sua vita e di riprenderla, mentre noi non possiamo vivere finché vogliamo, e dobbiamo morire anche contro nostra voglia. Egli, morendo, uccise subito in sé la morte, mentre noi veniamo liberati dalla morte solo mediante la sua morte. La sua carne non conobbe la corruzione, mentre la nostra, solo dopo aver subito la corruzione, rivestirà per mezzo di lui l'incorruttibilità alla fine del mondo. Egli non ebbe bisogno di noi per salvarci, ma noi, senza di lui, non possiamo far nulla. Egli si è mostrato come vite a noi che siamo i tralci, a noi che, senza di lui, non possiamo avere la vita.
    In fine, anche se i fratelli arrivano a dare la vita per i fratelli, il sangue di un martire non viene sparso per la remissione dei peccati dei fratelli, cosa che invece egli ha fatto per noi. E con questo ci ha dato non un esempio da imitare, ma un dono di cui essergli grati.
    I martiri dunque, in quanto versarono il loro sangue per i fratelli, hanno ricambiato solo quanto hanno ricevuto dalla mensa del Signore.
    Manteniamoci sulla loro scia e amiamoci gli uni gli altri, come Cristo ha amato noi, dando se stesso per noi.