giovedì 9 aprile 2015

Il Santo di Palmoli, Valentino martire romano





Si legge nel sito iltrigno.net:

Tra i Santi della Chiesa, il 14 febbraio è celebrata la festa di San Valentino, il santo dei fidanzati. Secondo la tradizione popolare, ogni volta che incontrava due giovani, San Valentino li incoraggiava a sposarsi, ritenendo questa l'unica soluzione per combattere il peccato.
«Di San Valentino nel mondo ce ne sono vari: a volte si tratta di qualche corpo di martire cui è dato il nome di Valentino; altre, di S.Valentino che non hanno a che fare col nostro». Così scrive P. Beniamino Maurizio S.F. nel volume Palmoli mia (Storia di Palmoli) pubblicato nel dicembre 1999, dall'Editrice Il Nuovo di Vasto. "Chiese e reliquie di S. Valentino - soggiunge P. Beniamino Maurizio -  sono disseminate per il mondo e oggi, sotto la spinta consumistica, tutti tendono a festeggiarlo il 14 febbraio. Il S. Valentino, protettore di Palmoli, è S. Valentino prete e martire romano, la cui festa ricade il 14 febbraio. Una certa critica, oggi, tenderebbe a identificarlo con quello di Terni, vescovo e martire (ci mancherebbe!!); ma la cosa è molto discutibile e - credo - poco attendibile (già non è attendibile la prima identificazione!). Se la città eterna dei sette colli ebbe la fortuna d'avergli dato i natali e d'essere stato teatro delle sue meraviglie, non meno fortunata è Palmoli che possiede la maggior parte del prezioso tesoro della sua salma e gli ha eretto una magnifica tomba, ricchissima, adorna di fini marmi e lo ha eletto a suo comprotettore veneratissimo.
 
Ma purtroppo per Palmoli, molte altre città possiedono lo stesso prezione tesoro. Cito tre esempi: Cavour (TO), Monselice (PD) e Belvedere (CS).
 
 

San Valentino di Cavour
fonte: cavour.info
 
Per cui: sono quattro omonimi o sono quattro falsi?
Sarei per quattro omonimi del presunto San Valentino prete martire di Roma.
Ma continuiamo a leggere ...
 
Questo lembo di terra del forte e gentile Abruzzo, prima ancora che si fosse ornato del Sacro Deposito, ne aveva già una sacra reliquia miracolosa, il Santo Braccio (altro martire, dubito che sia dello stesso corpo!), concessa dal Rev.mo Don Andrea Valentini, con autentica del 13 dicembre 1704 dell'Eccell.mo Cardinal di Stato Duina, alla Chiesa Matrice dal titolo di Santa Maria delle Grazie, da qualche anno prima eretta in ricettizia innumerata. La traslazione della Sacra gloriosa salma dell'invitto prete e martire, S. Valentino avvenne nel 22 dicembre 1824 (ecco la prova delle date di autentica troppo distanti!), quando se n'era precedentemente ottenuta la concessione, con rescritto dell'Eccell.mo Cardinal Giuseppe Perugini, Prefetto dei Sacrari Apostolici, addì 18 novembre dello stesso 1824. Mentre un comitato di eletti cittadini palmolesi si era portato in Roma a rilevarne le Sacre Spoglie per trasportarle al paese via Molise, l'intera popolazione di Palmoli, non sapendo trattenersi più a lungo ad attendere, festante era andata ad incontrarle processionalmente nella limitrofa Trivento. Ora Palmoli, ricca ed orgogliosamente altera del Sacro Deposito, parecchie volte all'anno celebra la festa del glorioso Comprotettore, solennizzandone ora la nascita ai 14 febbraio; ora la fortunata traslazione del Corpo Santo, al 22 dicembre; ora la donazione del Santo Braccio, il Martedì di Pentecoste; ora, infine la commemorazione dei miracoli da lui operati e, nel 1837, dal 2 al 5 settembre; e nel 1865, dal 18 al 22 maggio ed infine nel 1916, per i quali ultimi si attende fiduciosi il competente giudizio della Superiore Autorità Ecclesiastica per la maggiore pubblicazione; a maggior diffusione della venerazione del Santo, ed a gloria della SS. Religione di Cristo, che può gloriarsi d'aver nutrito un figlio, il quale, opponendo il forte petto all'impeto dei suoi nemici, suggellò col sangue la sua fede per ingemmarle il serto di sempre nuovo fulgore e per fortificare ed ampliare il celeste suo regno".
 
Quindi un vero martire di Cristo, visto i segni miracolosi, ma non è il S. Valentino prete e martire, che poi per motivi di storicità è epurato dall'odierno Martirologio Romano. Tanto che si pensa che il Valentino presbitero romano, sia il Valentino di Terni, un romano che divenne vescovo ternano.
Continuiamo la lettura ...
 
Non si hanno notizie precise sul santo vissuto nel 270 d.C. sotto l'imperatore Claudio II, detto il "Gotico". Ed è proprio l'imperatore Claudio II a farlo imprigionare a causa delle guarigioni compiute dal Santo e per il rifiuto opposto all'ordine di convertirsi al paganesimo.
Fu così che "l'amico dei fidanzati" venne decapitato. Ma prima di morire Valentino volle compiere un miracolo, rivolgendo gli occhi al cielo, ridonando la vista ad una bellissima fanciulla cieca, figlia di Asterius, che era il comandante delle Carceri.
Dopo l'editto di Costantino del 313 che concedeva ai cristiani la libertà di culto, la Chiesa volle sostituire la festa pagana della divinità romana Lupercus, che simboleggiava la dissolutezza e la libertà dei costumi, con il culto di S.Valentino, esempio di fede e di onore spirituale che si perfeziona nell'unione coniugale. A cominciare dal IV secolo si diffuse la festa di San Valentino protettore degli innamorati, ma anche festa dell'amore.
 
Concludo il Santo di Palmoli, è semplicemente un omonimo al S. Valentino presbitero e martire di Roma, se poi è veramente vissuto. Certo un omonimo lo è comunque!
 

IL MARTIRE VINCENZO DI ROMA, il “Santo” di Acate - (2)





Si legge in italreport.it
avendo italareport modificato il link riporto quello nuovo

Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 19 gennaio 2015.- Il calendario liturgico ricorda il martirio di San Vincenzo, protettore di Acate, il 22 gennaio ma, come è ben noto, nella cittadina iblea il Santo Martire viene onorato e festeggiato la terza domenica dopo la Pasqua. Una scelta non certo arbitraria e casuale ma, che al contrario, si rifà ad una serie di motivazioni valide, anche se non matematicamente certe. Come riferisce don Rosario Di Martino nel suo volume, “Biscari e il suo Martire che sorride”, una delle motivazioni che giustificherebbero la scelta della terza domenica dopo Pasqua per i festeggiamenti, potrebbe essere suffragata dal fatto che il Corpo del Santo Martire sia arrivato a Biscari proprio in concomitanza della terza domenica dopo Pasqua del 1701 o 1702. Le prime notizie storiche, documentate, sulla prima festa solenne in onore del Santo si hanno a partire dal 1722, data della fine dei lavori di ricostruzione, a causa degli ingenti danni riportati dal terremoto del 1693, dell’antica chiesa di San Giuseppe, annessa al Castello e riaperta al culto proprio nel 1722, con il cambio di denominazione in chiesa di San Vincenzo, come si legge nel cartiglio marmoreo posto all’ingresso della sagrestia, per la presenza, sull’altare maggiore, del Corpo del Santo. Ma l’ipotesi più accreditata sarebbe un’altra. Sempre come ci riferisce don Rosario nella sua opera citata, nel calendario liturgico di alcuni Santi si celebrano due ricorrenze: la morte e la traslazione delle loro reliquie. E tra essi c’è anche San Vincenzo, Diacono di Saragozza, il quale si festeggia nel giorno del suo martirio, il 22 gennaio e nel giorno della sua traslazione da Costantinopoli, il 27 aprile. Ed infatti, già a partire dalla prima festa solenne in suo onore, quella del 1722, non si scelse la giornata del 22 gennaio, forse a causa del rigido periodo invernale, ma quella della sua traslazione, anticipata al 26 per non farla coincidere con la Pasqua, tradizione, questa, protrattasi nei secoli e giunta fino ai nostri giorni. I nostri avi, quindi, avrebbero preferito dare più risalto alla data della traslazione (giustamente, per non creare confusione con il diacono di Saragozza! Nulla a che vedere con la traslazione del Santo Diacono) del corpo del Martire, da Costantinopoli, città della Turchia. Una nazione, questa, che ci riporta alla memoria la nota leggenda sulla vita del Santo Martire, tramandata, per secoli, da padre in figlio. Secondo questa leggenda (come quella di Santa Fortunata di Baucina, una invenzione!), infatti, Vincenzo sarebbe stato un principe figlio unico di un re turco, educato al cristianesimo dalla madre, convertitasi all’insaputa dell’emiro suo marito. Vincenzo, quindi, avrebbe deciso di partecipare alla Prima Crociata, combattendo contro i suoi connazionali e lo stesso padre. Indubbiamente un’onta  per il padre il quale, dopo averlo invano richiamato a riabbracciare la fede islamica, ne avrebbe ordinato la morte. Vincenzo colto di sorpresa mentre riposava sotto una palma, sarebbe stato, pertanto, ucciso dallo stesso padre con un colpo di scimitarra alla guancia destra. Questa la leggenda, sfatata però dalle ricerche storiche portate avanti da anni con successo, e suffragate da validissimi riscontri scientifici (ahahha ... le leggende non si sfatano con la scienza, basta il buon senso!), dal reverendissimo parroco, don Rosario Di Martino. Ricerche che hanno finalmente fatto luce sulla figura del Santo Martire, da secoli avvolta da un alone di mistero. Oggi, grazie a questi studi, sappiamo, con certezza quasi matematica che il corpo custodito nell’artistica urna di cristallo di Boemia ed esposto alla venerazione dei fedeli sull’altare maggiore dell’omonima chiesa, apparterrebbe a Vincenzo,  giovane diacono spagnolo (certo, ma uno dei tanti, come già scritto nel BLOG, con puntuale dovizia... perché quello di Acate deve essere il vero e non quello di altri luoghi!), martirizzato durante le persecuzioni contro i cristiani, ordinate da Diocleziano nel 300 d.C. .... Successivamente, per salvaguardarlo dalle profanazioni dei Mori, il suo corpo sarebbe stato portato a Costantinopoli. E proprio dalla presenza delle reliquie del Santo Martire a Costantinopoli e per la loro misteriosa (ahahha!) traslazione a Roma (dicono così anche a Fara Novarese per San Damiano martire!!) presso le catacombe vaticane (???? al massimo romane), potrebbe essere nata la leggenda che lo voleva figlio di un emiro turco, generando, come ipotizza don Rosario nell’opera citata, “una certa confusione che ha storpiato il modo di chiamare il corpo del Santo: Santo Crociato invece di Santo del Crociato”. Rifacendosi, infatti, a numerosi storici, don Rosario ha rilevato che alcuni antenati dei Principi di Biscari, oltre ad avere avuto radici storiche a Saragozza e quindi devoti al Diacono Vincenzo, avrebbero preso parte a più di una Crociata.
 
Come già detto teorie raffazzonate! Un colabrodo di ipotesi che sfranano con la traslazione a Roma, per giunta in catacomba!
Luogo, la catacomba, o le catacombe, abbandonate e dimenticate fino alla fine del XVI secolo, che stando alle teorie acatesi, vengono usate per seppellire un bottino così importante per poi DIMENTICARLO ed essere ritrovato nel XVIII secolo ... ma mi faccia il piacere, direbbe Totò!

Torniamo al testo ...
 
In modo particolare un tale, Perricone Castelli, presente in Terra Santa, quale Capitan Generale, nel 1188, durante la Terza Crociata. Il Perricone, conoscendo la devozione della propria famiglia nei confronti del Santo Diacono di Saragozza, è probabile che abbia trafugato le reliquie del Santo Martire per sottrarle alle scorrerie dei musulmani. Questo spiegherebbe il legame, anche se confuso, tra la leggenda e la realtà. Il corpo del Santo Martire, una volta recuperato dal crociato, sarebbe stato chiamato, il “Santo del Crociato”, denominazione, questa, che tramandata oralmente dalla tradizione popolare si sarebbe alterata in “Santo Crociato”.
 
Solite pie bugie! Uff ... Mi sembrano una logica di Testimone di Geova che trova la soluzione aggirando l'ostacolo!
 
 

un esempio trovato sul web
 
 
Propongo al lettore di guardare la somiglianza con altri ricomposizioni di corpi delle catacombe per far capire che se fosse stato il diacono di Saragozza non avrebbero certo ricomposto da soldato o crociato o come lo si vuole chiamare.
 
 
 
Questo, che è San Generoso Martire, venerato a Ortona dei Marsi, è molto somigliate come fattura artistica a quello di Acate.
 
Altri esempi
 

San Fulgenzio martire
Chiesa della Maddalena
Lisbona, Portogallo
Infine san Benedetto martire venerato a Vallebona, simile a quello di Acate: sorride?
 
 
 
 
Questa è l'ultima: datata gennaio 2015!


Cari sacerdoti,
è sempre buona cosa un po' di umiltà e chiamare ogni cosa con il suo nome, come hanno fatto a Milazzo con S. Candida!

Pace, Gesù è risorto!