domenica 4 gennaio 2015

Ad un anno dalla canonizzazione ...





Lettera Decretale di Papa FRANCESCO
sulla Canonizzazione equipollente
della BEATA ANGELA DA FOLIGNO

L’incontro con la figura di san Francesco e, finalmente, l’incontro col Cristo Crocifisso risveglia l’anima per la presenza di Dio, per il fatto che solo con Dio la vita diventa vera vita, perché diventa, nel dolore per il peccato, amore e gioia: così parla a noi santa Angela da Foligno.
Queste parole, che concludevano la catechesi del nostro venerato predecessore Benedetto XVI il 13 ottobre 2010, costituiscono un ponte ideale tra la vicenda di una donna vissuta nel Medio Evo e il cammino che il Popolo di Dio è continuamente chiamato a compiere nella sua storia. Infatti la vita, la spiritualità e la cultura di Angela da Foligno testimoniano con chiarezza e coerenza il valore assoluto e intramontabile della profonda comunione con Dio, che rende possibile l’incontro con tutte le creature come opera del Creatore. Ella visse costantemente alla presenza del Signore, per accogliere senza esitazioni la sua volontà.
Nata a Foligno intorno al 1248 da una famiglia benestante, Angela rimase presto orfana di padre e fu educata dalla madre in modo piuttosto superficiale. A poco piú di venti anni, andò sposa a un maggiorente folignate, da cui ebbe vari figli. Angela è una donna bella, seducente, passionale e intelligente; conduce un’esistenza mondana, dissipata, assapora ogni gioia della vita e non si cura della salvezza della sua anima. Varcata la soglia dei trent’anni, si verificarono alcuni eventi, come il violento terremoto del 1279, un impetuoso uragano, la lunga guerra contro Perugia, che la costrinsero a una presa di coscienza della sua vita e a una maggiore riflessione. Nel 1285, toccata dalla grazia e da un’apparizione di San Francesco d’Assisi, decise di cambiare vita: fece la confessione generale e intraprese un cammino di penitenza e di conversione. Sospinta inizialmente dalla paura dell’inferno e dalla necessità del pentimento, trasforma man mano la sua vita in un’ascesa continua verso la santità per la via della croce e dell’amore fino all’unione totale con la Trinità.
Tre anni dopo, la decisione di percorrere il cammino della perfezione evangelica divenne definitiva e radicale, favorita anche dalla morte, avvenuta in breve tempo, della mamma, del marito e dei figli. Rimasta sola, si sentì pienamente libera di aderire a Dio; perciò, come aveva già fatto il nobile folignate Pietro Crisci, vendette tutti i suoi beni, ne distribuì il ricavato ai poveri e nel 1291 entrò nel Terz’Ordine di San Francesco, affidandosi alla direzione spirituale del frate francescano fra Arnaldo, suo concittadino e consanguineo. Nello stesso anno compì un pellegrinaggio ad Assisi, durante il quale sperimentò speciali doni mistici.
Dopo un periodo di grande penitenza e austerità, la Terziaria francescana, attraverso un intenso cammino spirituale, venne condotta da Dio alle più alte vette dell’esperienza mistica, fino a sperimentare l’inabitazione nella sua anima della Santissima Trinità. Tutte queste cose si trovano riflesse nel cosiddetto Libro della Beata Angela, la cui prima parte è il Memoriale messo in latino dal suo confessore fra Arnaldo da Foligno. In esso viene raccolta l’esperienza interiore di Angela, a partire dal momento della sua conversione fino al 1296. Il Documento fu approvato da otto teologi dell’Ordine Francescano e più tardi anche dal cardinale Giacomo Colonna. La seconda parte del medesimo libro è costituita dalle Instructiones che Angela dava ai suoi discepoli.
Conclusa la stesura del Memoriale, sembra che ci sia stata una diminuzione delle esperienze mistiche; infatti, negli ultimi anni della sua vita, la Beata, imitando la Vergine Maria di cui era particolarmente devota, sviluppò una speciale maternità spirituale, che la rese particolarmente nota nel mondo francescano. Raccolse, infatti, intorno a sé numerosi discepoli, provenienti da varie parti d’Italia e anche dall’estero, pronti ad accoglierne gli insegnamenti e i consigli spirituali. In tale insegnamento merita particolare attenzione la prudenza che impiegò nel distogliere i “frati del libero spirito” e i “fraticelli” dall’intransigenza e dagli estremismi.
Ben nota è anche la grande opera di assistenza caritativa svolta da Angela da Foligno. Assistette, infatti, sull’esempio di Francesco, i lebbrosi nell’ospedale della sua città. In ognuno di loro vedeva la persona di Cristo. Gli ultimi momenti della sua vita sono narrati in un racconto particolareggiato, che è conosciuto con il titolo di De felici exitu beatae Angelae. La Beata si spense santamente a Foligno il 4 gennaio 1309, circondata dall’affetto e dalla venerazione dei suoi figli spirituali.
Come sono i Vangeli per Gesù, così per Angela da Foligno, la sola fonte obbligata per conoscere la sua vita è il suo Liber. Così le parole e i fatti riferiti da questo preziosissimo Documento diventano i testimoni delle virtù della Beata, che rifulse anzitutto per la sua fede forte e luminosa, per la sua carità viva e ardente e per la sua speranza lieta e operosa. Molte volte nel Memoriale frate Arnaldo la chiama “fidelis Christi”, che significa sì la fedele di Cristo, ma soprattutto la “credente” che si affida totalmente al suo Signore, la convertita che vive con fede, gioia e fedeltà, colei che pone a fondamento della sua nuova esistenza la fede e l’amorosa unione con il Signore. Angela è la donna piena di fede, ma anche immagine “fedele” di Gesù Cristo e del suo stile di vita, espressione piena di quello che Dio voleva comunicare all’umanità al tempo di Angela, quindi profetessa nel senso più autentico della parola. Ai discepoli Angela insegna: «Si vis fidem, ora». A chi si apre alla verità e alla carità di Dio, la fede dà anche una forza straordinaria per affrontare ogni prova, compreso il martirio. Angela ha avuto questa forza arrivando a desiderare ardentemente – come confessa nel suo libro – una morte più spregevole di quella di Gesù Cristo. Ai suoi discepoli, che desiderano il dono della speranza, Angela prima consiglia di volgere lo sguardo verso Gesù Cristo crocifisso, che ha accettato le sofferenze della passione e l’esperienza dell’abbandono da parte del Padre, e poi li invita perentoriamente a invocare tale dono nella preghiera: “si vis spem, ora”. L’Eucaristia, la preghiera, la contemplazione e la partecipazione alla vita soprannaturale della Chiesa la introdussero sempre più profondamente nell’amore di Dio che le fa sentire la sua presenza e tiene vivo in lei il desiderio di essere disprezzata dal mondo e di condividere l’umiliazione della croce. Parlando dei doni divini e in particolare della carità, piena di stupore si rivolge a Dio con queste parole: «O Summum Esse, fac me dignam intelligere istud donum quod est supra omne donum; quia omnes angeli et omnes sancti non habent aliud videre, nisi te videre amatum et amare te et te contemplari. O donum quod est supra omne donum, quia tu ipse es et es amor. O Summum Bonum, dignasti nos facere te amorem cognoscere, et facis nos amare talem amorem». Angela in tante visioni, estasi e locuzioni afferma di sentirsi bruciare d’amore per il suo Signore. Quanto all’amore per il prossimo ella invita ad amare, quasi in un abbraccio cosmico, ogni creatura razionale e non razionale e presenta l’amore di Dio come il modello a cui ispirarsi. L’amore verso tutti è vivamente raccomandato da Angela ai suoi discepoli anche alla vigilia del suo beato transito dalla terra al cielo. Nessuno può essere escluso da questo Amore, perché tutti sono figli dello stesso Padre e perciò fratelli e sorelle fra loro. Angela vive l’amore verso il prossimo bisognoso in modo così radicale che vende tutti i suoi beni per distribuirne il cospicuo ricavato ai poveri, mettendosi poi a servire con squisita tenerezza i lebbrosi. Donna forte e sapiente, Angela si distacca dalle cose del mondo per aspirare con tutte le sue forze alle cose di lassù, dove Cristo si trova assiso alla destra del Padre (cf. Col. 3,1). Intuisce che la scelta radicale della povertà è la via indispensabile per arrivare alla croce di Cristo. Tra le virtù che Angela è andata progressivamente acquisendo nel suo lungo itinerario di conversione, la castità è forse quella che, insieme con la povertà, ha maggiormente richiesto tagli dolorosi e aspre battaglie. A trentasette anni, sotto l’azione dello Spirito, inizia un percorso esistenziale radicalmente nuovo, legandosi come sposa a Cristo, a cui un giorno promette castità perfetta con un sorprendente gesto di spoliazione. Dopo l’incontro con il Signore si lascia umilmente prendere per mano da lui e condurre come un bambino verso traguardi inimmaginabili. L’umiltà è descritta da lei come la matrice delle altre virtù. Persino la prima virtù, la carità (insieme a tutte le altre), nasce dalla radice dell’umiltà. Angela contempla la kenosis del Figlio di Dio “umanato” e “passionato”, e con frequenza ne parla e si sforza di percorrere la stessa strada.
Tutto ciò mostra che Angela si colloca tra le mistiche più insigni.
Viene considerata come colei che, attraverso le differenti vicende della vita e il quotidiano esercizio delle virtù cristiane, ha raggiunto l’apice della perfezione evangelica, divenendo profetessa e maestra della vera scienza di Cristo compendiata nel mistero della Croce.
La Folignate è perciò considerata modello di un nuovo modo di rapportarsi a Dio e di parlare di lui, facendo una teologia basata sulla Parola di Dio, sull’obbedienza alla Chiesa, sull’esperienza diretta del divino nelle sue manifestazioni più intime. Infatti il testo del Liber, non si allontana mai dal vissuto personale, interpretato alla luce della divina sapienza.
Lungo i secoli il Liber, scrigno della vita di Angela, è stato universalmente stimato come fonte di itinerari spirituali da vivere e trasmettere ben oltre lo spazio spirituale francescano; se ne ritrovano manoscritti nei conventi benedettini e cistercensi ed è stato oggetto di studio durante la devotio moderna, dove lei è definita magistra theologorum.
Questa fontana di spiritualità zampilla ancora. Ancora oggi infatti esiste a Foligno un cenacolo di preghiera e spiritualità che raccoglie iscritti da tutto il mondo che guardano con religiosa ammirazione ad Angela.
L’immagine poi di una donna come Angela, diventata madre spirituale di molti chierici, valorizza la figura e la missione femminile.
Il suo vissuto di fede, rimanendo fedele alla tradizione viva della Chiesa, mostra un itinerario sorprendentemente moderno: la capacità di Angela in vita di rivitalizzare il cuore credente, com’è successo per Ubertino da Casale nel 1298 e molti altri suoi discepoli, assicura che ancora oggi la sua intercessione celeste possa essere foriera di conversioni e trasformazioni del cuore.
La vita e l’esperienza di Angela da Foligno, pertanto, si presta a mille approfondimenti ed è ricca di tanti spunti da poter essere considerata una vera e propria miniera. Così pensavano anche coloro che, dopo la morte di Angela, ne perpetuarono la memoria e ne coltivarono piamente la devozione, che nel corso del tempo si consolidò al punto da diventare un vero culto pubblico. Spontaneamente le venne attribuito sia dalle autorità ecclesiastiche e civili sia dai fedeli il titolo di Beata o di Santa in considerazione della solida fama sanctitatis et signorum da essa goduta nella famiglia francescana e nelle Diocesi di Foligno, dell’Umbria e di altre parti della Chiesa. In considerazione di queste cose il 7 maggio 1701 il Sommo Pontefice Clemente XI concesse all’Ordine dei Frati Minori Conventuali e alla città e diocesi di Foligno la facoltà di recitare l’ufficio divino della Beata. Non molti anni dopo, il 20 dicembre 1766 il Papa Clemente XIII aggiungeva la facoltà di celebrare la Messa della Beata. Successivamente fu chiesto più volte a questa Sede Apostolica di procedere alla canonizzazione di Angela, il cui nome risuonava sempre più spesso sulle labbra dei pastori della Chiesa, dei teologi e dei fedeli. Il Beato Giovanni Paolo II il 20 giugno 1993, pellegrino a Foligno, presso la tomba di Angela, disse: “Grandi meraviglie ha compiuto in te il Signore. Noi oggi, con animo grato, contempliamo e adoriamo l’arcano mistero della Divina Misericordia che ti ha guidato sulla via della Croce fino alle vette dell’eroismo e della santità”.
In seguito alle recenti suppliche in favore di una canonizzazione equipollente da parte dell’intera Famiglia Francescana dell’8 dicembre 2012 e della Conferenza Episcopale Umbra del 10 dicembre dello stesso anno, Sua Santità Benedetto XVI, nell’udienza del 20 dicembre 2012 al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, l’Em.mo Card. Angelo Amato, concesse di procedere in questa direzione. Preparata la Positio super Canonizatione aequipollenti, ed essendo ampiamente attestata l’eroicità delle virtù e la fama signorum dalla quale è sempre stata circondata, il caso fu esaminato con esito positivo prima dai Consultori Storici, poi dai Consultori Teologi e infine dai Padri Cardinali e Vescovi radunati nella Sessione Ordinaria del 24 settembre 2013, essendo Ponente della Causa l’Em.mo Card. Angelo Amato, Prefetto della suddetta Congregazione. Nell’udienza di oggi lo stesso Cardinale Amato Ci ha dettagliatamente informati sullo status quaestionis e sui voti concordi dei Padri della Sessione Ordinaria.
Quindi, omnibus mature perpensis et certa scientia, dopo aver invocato l’assistenza divina, abbiamo ratificato la sentenza della stessa Congregazione ed abbiamo stabilito che il culto tributato a questa degnissima sposa di Cristo e valorosa discepola di San Francesco d’Assisi, da oggi in poi sia esteso a tutta la Chiesa. Pertanto, per la gloria di Dio, l’esaltazione della fede e l’incremento della vita cristiana, in forza della nostra autorità apostolica, decernimus che Angela da Foligno, dell’Ordine Francescano Secolare, è santa e che, come tale, va iscritta nel catalogo dei Santi e va piamente onorata e invocata tra i Santi della Chiesa universale.
Vogliamo, infine, che questa Nostra decisione sia ferma, immutabile e irrevocabile e auspichiamo che sia accolta con gioia e gratitudine sia dai Pastori che dai fedeli della Chiesa, i quali, contemplando la luce che emana dalle virtù e dalla sapienza spirituale di Santa Angela da Foligno, si accendano sempre più di amore per la Santissima Trinità e per Cristo Crocifisso e, cantando le lodi di Dio, in comunione con i Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti gli altri cittadini del cielo, possano avanzare alacremente sulla via della santità.
Dato a Roma, presso San Pietro, nell’anno del Signore 2013, il giorno 9 ottobre, primo anno del Nostro Pontificato.
FRANCESCO

Se non ritornerete ...





In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”. Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli” (Mt 18, 1-4).

«Farsi bambini significa rinunciare alla superbia, alla sufficienza, riconoscere che, per imparare a camminare e perseverare nel cammino, da soli non possiamo nulla, ma abbiamo bisogno della grazia, del potere di Dio nostro Padre. Essere piccoli significa abbandonarsi come sanno abbandonarsi i bambini, credere come credono i bambini, pregare come pregano i bambini.
E tutte queste cose le impariamo nell’intimità con Maria. […] Poiché Maria è Madre, la sua devozione ci insegna a essere figli: ad amare sul serio, senza misura; a essere semplici, senza tutte le complicazioni che nascono dall’egoismo di pensare solamente a se stessi; ad essere allegri, sapendo che nulla può distruggere la nostra speranza. L’inizio del cammino che ha per termine l’amore folle per Gesù, è un fiducioso amore alla Madonna».

È questa la sconvolgente risposta di Gesù: per entrare nel Regno dei cieli la condizione indispensabile è il farsi piccoli e umili come bambini!
È chiaro che Gesù non vuole obbligare il cristiano a rimanere in una situazione di perpetuo infantilismo, di ignoranza soddisfatta, di insensibilità alle problematiche dei tempi. Tutt’altro! Però egli porta il bambino come modello per entrare nel Regno dei cieli per il valore simbolico che il fanciullo racchiude in sé.
Prima di tutto il bambino è innocente, e per entrare nel regno dei cieli il primo requisito è la vita di “grazia”, e cioè l’innocenza, mantenuta o riacquistata, l’esclusione del peccato, che è sempre un atto di orgoglio e di egoismo.
In secondo luogo, il bambino vive di fede, e di fiducia nei suoi genitori e si abbandona con totale disposizione a coloro che lo guidano e lo amano. Così il cristiano deve essere umile e abbandonarsi con totale fiducia a Cristo e alla Chiesa. Il gran pericolo, il gran nemico è sempre l’orgoglio, e Gesù insiste sulla virtù dell’umiltà, perché davanti all’infinito non si può essere che umili; l’umiltà è verità ed è anche segno di intelligenza e fonte di serenità.
Infine, il bambino si accontenta delle piccole cose, che bastano a renderlo felice; una piccola riuscita, un bel voto meritato, una lode ricevuta lo fanno esultare di gioia.
Per entrare nel Regno dei cieli bisogna avere sentimenti grandi, immensi, universali; ma bisogna sapersi accontentare delle piccole cose, degli impegni comandati dall’obbedienza, della volontà di Dio come si esprime nell’attimo che fugge, delle gioie quotidiane offerte dalla Provvidenza; bisogna fare di ogni lavoro, per quanto nascosto e modesto, un capolavoro di amore e di perfezione.
Bisogna convertirsi alla piccolezza per entrare nel regno dei cieli! Ricordiamo la geniale intuizione di Santa Teresa di Lisieux, quando meditò il versetto della Sacra Scrittura: “Se qualcuno è veramente piccolo, venga a me” (S. Teresa di Lisieux, Pr. 9,4). Scoprì che il senso della “piccolezza” era come un ascensore che più in fretta e più facilmente l’avrebbe portata alla vetta della santità: “Le tue braccia, o Gesù, sono l’ascensore che mi deve innalzare fino al cielo! Per questo io non ho affatto bisogno di diventare grande; bisogna anzi che rimanga piccola, che lo diventi sempre di più” (S. Teresa di Lisieux, Storia di un’anima, Manoscritto C, cap. X).
 

 
 

Buona domenica!