giovedì 30 maggio 2013

Giovedì della VIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)



--------
--------
--------
--------
------------------------------
------ Signore, pietà ------
------------------------------
--------
--------
--------
--------
--------
--------
--------
--------
--------

 
«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (Mc 10)

Di cosa devi avere pietà noi, Signore?
Mi faccio aiutare dalla prima lettura: il libro del Siracide.

Ricorderò ora le opere del Signore e descriverò quello che ho visto. (Sir 42)
Di cosa devi avere pietà noi, Signore?
Della nostra smemoratezza: noi ci dimentichiamo delle tue meraviglie e riempiamo il nostro cuore di falso stupore, quando - dice il Santo Padre Francesco - diventiamo portatori di pettegolezzi o di parole inutili per stupire i nostri simili.

Di cosa devi avere pietà noi, Signore?
Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie … (Sir 42)
Di cosa devi avere pietà noi, Signore?
Della nostra presunzione: quando vogliamo narrare ciò che non consociamo facendoci sapienti in false parole.

Di cosa devi avere pietà noi, Signore?
L’Altissimo conosce tutta la scienza e osserva i segni dei tempi, annunciando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. (Sir 5)
Di cosa devi avere pietà noi, Signore?
Della nostra superbia: quando vogliamo metterci al posto di Dio nel giudicare la vita e i tempi.

Di cosa devi avere pietà noi, Signore?
Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza, egli solo è da sempre e per sempre: nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto, non ha bisogno di alcun consigliere. (Sir 5)
Di cosa devi avere pietà noi, Signore?
Della nostra saccenza: quando vogliamo dare noi il senso alle cose e cercare noi l’armonia invece di ricercare l’ordine e l’armonia di Dio.

Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». (Mc 10)


Signore fammi vedere come tu vedi,
fammi pensare come tu pensi,
fammi amore come tu ami:
questo è avere fede!

E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. (Mc 10).

domenica 26 maggio 2013

OMELIA SANTISSIMA TRINITÀ (ANNO C)




xxxxxxxxPADRExxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
00000000000000000
000000FIGLIO00000
00000000000000000
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxSPIRITO SANTOxxx


Celebriamo oggi la solennità della Santissima Trinità.

«La Chiesa esprime la sua fede trinitaria confessando un solo Dio in tre Persone: Padre e Figlio e Spirito Santo. Le tre Persone divine sono un solo Dio perché ciascuna di esse è identica alla pienezza dell’unica e indivisibile natura divina. Esse sono realmente distinte tra loro, per le relazioni che le mettono in riferimento le une alle altre: il Padre genera il Figlio, il Figlio è generato dal Padre, lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio» (Compendio, 48).

Il mistero trinitario è il centro della fede cristiana.
Dio non è una religione, ma è una relazione.
Il significato comune della parola “relazione” è legame di affetto, di amicizia, di affari e di amore intercorrente tra due o più persone.
Il termine relazione non si addice al rapporto con Dio, credo che la Parola di Dio prediliga il termine comunione. A tal motivo, il precedente concetto sarebbe più corretto come: Dio non è una religione, ma un rapporto di comunione.

Questo concetto, benché altamente spirituale, è allo stesso tempo qualcosa di semplice e quotidiano, qualcosa che Dio richiede ad ognuno di noi. Egli non chiede mai quello che non possiamo dargli!

Nasce spontaneo porsi queste domande: Come possiamo avere comunione intima con Dio?
Quali sono le condizioni che Dio richiede per avere tale comunione?

A queste domande ci aiuta a rispondere, come sempre, la Parola di Dio.

Dalla prima lettura – Proverbi (Pr 8,22-31 ) - sappiamo che Dio ha una relazione con tutta la creazione, con la natura, con gli animali e con tutto quello che esiste nell’universo.

In essa capiamo che però la relazione profonda è all’interno della Trinità: “io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno” (Pr 8)

Tuttavia, creando l’uomo e la donna a Sua immagine e somiglianza, Egli fornì loro la capacità di avere una relazione differente da tutte le altre cose create.

L’uomo non capì il valore di avere una relazione-comunione con Dio, fine per il quale Lui ci ha creati.

Questa relazione scardinata e disordinata, a causa del peccato originale, viene riportata alla sua armonia con l’Incarnazione: “noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. (Rm 5).

È la morte sulla croce di Gesù, che spandendo il suo sangue, ci ha purificarci dal peccato, permettendoci di avere una relazione intima di comunione col Padre: “Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia”. (Rm 5).

Infine, è lo Spirito Santo, che alimenta in noi questa comunione con gemiti e con sussulti, rigenerando “l’amore di Dio” che “ è stato riversato nei nostri cuori” (Rm 5).
Ecco che la solennità odierna – oltre a farci riscoprire il mistero trinitario – ci invita a costruire comunione ad immagine della Santissima Trinità.

“Se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto...” – diceva il Beato Giuseppe Puglisi, sacerdote palermitano martire.

Ma io cosa posso fare?

Vivi una vera comunione con Dio Padre, Figlio, Spirito Santo. Non solo con i tuoi atti di culto, ma entrando con tutta la tua mente e il tuo cuore nel mistero trinitario. Pensa come Dio! Pensa come Gesù! Ragiona come lo Spirito santo.

Afferma infatti San Paolo: “ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza”.
Pensa come Dio!

Vivi una vera comunione con gli uomini. Papa Francesco ha affermato: «Chiediamo al Signore Gesù che ci dia la grazia di non immischiarci mai nella vita degli altri, di non diventare cristiani di buone maniere e cattive abitudini, di seguire Gesù, di andare dietro Gesù, sulla sua strada».
Osserviamo come Gesù costruisce la comunione con gli uomini.

Egli in primis si abbassa: facendosi uomo. Abbassiamoci anche noi passando da un atteggiamento di individualismo ad un atteggiamento di altruismo. Questo costruisce comunione, comunione vera!
Gesù poi rimanda sempre ad una comunione più grande: non chiude un cerchio, ma apre all’eterno.
Afferma Papa Francesco: “Domandiamoci oggi: siamo aperti alle "sorprese di Dio"? O ci chiudiamo, con paura, alla novità dello Spirito Santo? Siamo coraggiosi per andare per le nuove strade che la novità di Dio ci offre o ci difendiamo, chiusi in strutture caduche che hanno perso la capacità di accoglienza?”.

Questo significa anche che costruire comunione significa entrare nell’idea di armonia di Dio: la comunione non è uniformità, e nemmeno omologazione.
Afferma ancora Papa Francesco: “Chiediamoci allora: sono aperto all’armonia dello Spirito Santo, superando ogni esclusivismo? Mi faccio guidare da Lui vivendo nella Chiesa e con la Chiesa?”.

“Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà” – così afferma il Vangelo ascoltato in questa solennità.

La comunione con Dio ci deve sì esortare a vivere una vera comunione nella Chiesa – affinché l’amore dei discepoli sia segno della comunione trinitaria – ma non per creare un gruppo di isolati dal mondo, ma per essere nel mondo segno di questa comunione divina.

Afferma nuovamente Papa Francesco: “Lo Spirito Santo ci fa vedere l’orizzonte e ci spinge fino alle periferie esistenziali per annunciare la vita di Gesù Cristo. Chiediamoci se abbiamo la tendenza di chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppo, o se lasciamo che lo Spirito Santo ci apra alla missione”.

Concludo con un pensiero di San Josèmaria Escrivà de Balaguer:
«Frequenta le tre Persone, Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo. E per arrivare alla Trinità Beatissima, passa attraverso Maria»
Amen.

giovedì 23 maggio 2013

TRE PENSIERI ...

Giovedì della VII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
S. Maria Maddale de Pazzi (mf)
S. Beda il Venerabile (mf)

____
INRI
____
_____________________
______________________
____
____
____
____
____
____



Primo
“E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna” (Mc 9)

Il miracolo del piede.
Un grande stupendo miracolo fu causato da una confessione. Un uomo di Padova, di nome Leonardo, una volta riferì all'uomo di Dio, tra gli altri peccati di cui s'era accusato, di avere percosso con un calcio la propria madre, e con tale violenza da farla cadere malamente per terra. Il beato padre Antonio, che detestava fieramente ogni cattiveria, in fervore di spirito e in aria di deplorazione, commentò: "Il piede che colpisce la madre o il padre, meriterebbe di essere tagliato all'istante".

Quel sempliciotto, non avendo capito il senso di tale frase, nel rimorso per la colpa commessa e per le aspre parole del Santo, tornò in fretta a casa e subito si recise il piede. La notizia di una punizione tanto crudele si diffuse in un baleno per tutta la città, e fu riportata al servo di Dio. Il quale si recò difilato da colui e, premessa un'angosciata devota orazione, congiunse alla gamba il piede mozzato, facendovi il segno della croce.

Cosa mirabile! Non appena il Santo ebbe accostato il piede alla gamba tracciandovi il segno del Crocifisso, passandovi sopra dolcemente per un poco le sue sacre mani, il piede di quell'uomo restò inserito nella gamba così celermente, che tosto colui si alzò allegro e incolume, e si mise a camminare e saltare, lodando e magnificando Dio e rendendo grazie infinite al beato Antonio, che in maniera così mirabile lo aveva risanato (Benignitas 17,36-40).

Anche noi chiediamo misericordia per i peccatori, tra cui ci siamo anche noi, e fermezza con noi stessi: per essere gloria a Dio.

Secondo
“Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, vergine dell’Ordine delle Carmelitane, che a Firenze in Cristo condusse una vita nascosta di preghiera e di abnegazione, pregò ardentemente per la riforma della Chiesa e, arricchita da Dio di doni straordinari, fu per le consorelle insigne guida verso la perfezione”. (Martirologio Romano)

Attendete, Attendete, Santissimo Padre, a tal imitazione, dico a spogliarvi tutto di voi stesso e vestirvi di lui, come ben disse il Consorte di cui voi tenete il luogo, che ci spogliassimo di noi e ci vestissimo di Christo: Induimini Dominum Jesum Christum (Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo) (Rom 13,14).
(S. M. Maddalena de’ Pazzi a papa Sisto V)

Anche noi preghiamo per riforma della Chiesa e per la santità dei suoi membri: tutti noi dobbiamo rivestirci di Cristo.

“Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri»”. (Mc 9)

"Il sale conservato nella bottiglietta, con l'umidità, perde forza e non serve. Il sale che noi abbiamo ricevuto è per darlo, è per insaporire, è per offrirlo". "Con l'adorazione del Signore io trascendo da me stesso al Signore e con l'annunzio evangelico io vado fuori da me stesso per dare il messaggio. Ma se noi non facciamo questo, il sale rimarrà nella bottiglietta e noi diventeremo cristiani da museo”
(Papa Francesco)

Anche noi preghiamo per essere una Chiesa vivificata dallo Spirito e non museo. La Vergine Maria interceda per noi! Amen.

mercoledì 22 maggio 2013

Mercoledì della VII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

memoria facoltativa di S. Rita da Cascia


xxxxxxCRISTOxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxx00000xxxxxxx
0000000000000000000
0000000000000000000
xxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxx00000xxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxSANTARITAxxxx



“La sapienza esalta i suoi figli
e si prende cura di quanti la cercano
… Dapprima lo condurrà per vie tortuose,
lo scruterà attentamente,
gli incuterà timore e paura,
lo tormenterà con la sua disciplina,
finché possa fidarsi di lui e lo abbia provato con i suoi decreti;
ma poi lo ricondurrà su una via diritta e lo allieterà,
gli manifesterà i propri segreti
e lo arricchirà di scienza e di retta conoscenza”. (Sir 4)

Una lettura che riporta subito alla mente la vicenda di Margherita di Roccaporena, conosciuta più comunemente come Rita da Cascia. Una santa universale, ma che è stata canonizzata – proclamata santa - solo il 24 maggio 1900: solo 113 anni!

Una donna che ha attraversato le vie tortuose della vita: sposa provata, madre addolorata, religiosa rifiutata. Ma poi è stata condotta per la via diretta e lieta dei segreti della sapienza divina.
Così che la sua vita diventa prezioso esempio che rivela a noi l’amore immenso del Signore.
In particolare nell’episodio della spina. In esso riviviamo l’amore singolare che Gesù ha per noi.
La spina - ratta dalla corona di spine di Nostro Signore - ci richiama alla regalità di Cristo sulla nostra vita: Rita ha incentrato tutta la sua vita in questa prospettiva.
Abbiamo infatti abbiamo pregato con il Salmo 118:

“Grande pace per chi ama la tua legge:
nel suo cammino non trova inciampo.
Osservo i tuoi precetti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie”.

In conclusione: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me” – dice Gesù ai discepoli – nell’intercessione de “la Rosa di Roccaporena”, il Padre ci ottenga di gioire per il bene che ogni uomo di buona volontà compie nel nome Gesù, affinché come diceva il Beato Giuseppe Puglisi, sacerdote palermitano martire: “Se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto...”. Amen.

martedì 21 maggio 2013

"Verso la santità"



“Col tuo sorriso, o Beato Pino,
hai incarnato il vangelo del Signore:
“Chi mai potrà separarmi dall’amore
di Cristo Dio”.
Il tuo sangue feconda questa
Chiesa nel suo cammino”.

(Inno, Col tuo sorriso)

domenica 19 maggio 2013

DOMENICA DI PENTECOSTE (ANNO C)





Nel Vangelo della vigilia di Pentecoste – perché questa solennità ha una sua struttura liturgica vigiliare con la possibilità di più letture oltre le tre normali – si legge:
“il grande giorno della festa”. (Gv 7)
Qual è la festa?
Gesù da buon ebreo viveva le feste della tradizione giudaica in cui il popolo di Israele faceva memoria – come noi oggi – della storia della salvezza, del suo cammino di relazione con Dio.
Al festa citata in Gv 7,37 è lo Sukot. È conosciuta anche come "Festa delle capanne".
Scrive Dt 16,13: “Celebrerai la festa delle Capanne per sette giorni, quando raccoglierai il prodotto della tua aia e del tuo torchio”.
Una festa di collocazione agricola, che divenne poi memoria del dono della legge mosaica: le tavole della Legge, in esse il popolo liberato dalla schiavitù diventava il popolo dell’Alleanza, Israele.




Noi celebriamo in questa festa il dono dello Spirito santo.
È lo Spirito che io noi scrive la legge di Dio e fa di noi il popolo che ha sul cuore la legge e non più sulle tavole.

“Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili”. (Rm 8)

Un’immagine. Lo Spirito santo scrive in noi con una matita, e non con una penna biro!
Egli da a noi la possibilità di accogliere i suoi gemiti – come le doglie di un parto - e quindi di riscrivere in libertà con la nostra stessa vita, una vita secondo lo Spirito di Cristo.

In questa festa nasce un popolo nuovo, che ha una sola lingua e parla la lingua del suo Signore.
“Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale
e su coloro che hai reso figli di adozione
in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo,
… albori della Chiesa nascente”. (Prefazio di Pentecoste)

Nasce la Chiesa, popolo della nuova alleanza.
Ma qual è la lingua del suo Signore?

“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti … Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. (Gv 14)
Ecco la lingua che parla il popolo del Signore: è quella imparata alla scuola del cenacolo, alla scuola della Croce.

«Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» (Gv 7) … Questo egli disse dello Spirito “lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14)

 Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna”.

Vieni, Spirito Santo, vieni e dammi questo cuore largo, questo cuore che sia capace di amare con umiltà, con mitezza ma sempre questo cuore largo che sia capace di amare”. (Papa Francesco)

sabato 18 maggio 2013

I frutti di padre Pino...




La beatificazione di don Giuseppe Pugliesi, è certamente un evento ecclesiale molto importante.

La Chiesa così afferma: chi è mafioso non è cristiano!

Anche la CEC, i vescovi della Campania, hanno dato il loro frutto, germogliato nel sangue del beato martire Giuseppe Puglisi.

venerdì 17 maggio 2013

Venerdì della VII settimana di Pasqua





“Avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo” (At 25)

Questa nuova pagina del libro degli Atti ci pone una questione importante. Non tanto la vicenda dell’Apostolo Paolo, ma quanto la sua consapevolezza: “Gesù … vivo”.

Se la vicenda paolina ruotasse intorno una persona morta, prima o poi, l’Apostolo si sarebbe arreso, avrebbe ripudiato le sue teorie, umiliandosi avrebbe chiesto scusa e sarebbe ritornato a fare le tende. Invece la forza di Paolo sta nel fatto che Gesù è vivo. E la sua consapevolezza è così viscerale che il fariseo di Tarso è forte nella professione di fede.

Questo penso sia il segreto dell’ardore apostolico di Paolo, ma anche della sua fortezza nella persecuzione.
Egli racconterà nelle sue lettere il coraggio trovato in Dio per annunciare il Vangelo:

“Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte”. (2Cor 12,10)

“Ma, dopo aver sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte”. (1Ts 2,2)

Essere di Cristo comporta molto coraggio!
Ma per Paolo avere coraggio significa partecipare dell’opera salvifica di Cristo.

“Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. (Col 1,24)
“Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna”. (2Tm 2,10)

È questo il segreto della santità: partecipare al progetto salvifico di Gesù Cristo.
Dentro questo segreto c’è l’amore.
Si, perché l’amore del Crocifisso risorto è riversato sulla terra, accolto: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene», con coraggio, genera altro amore.

La santità è un amore coraggioso!

Concludo con tre pensieri dei tre ultimi pontefici:
Papa Giovanni Paolo II nell’omelia di canonizzazione di Padre Leopoldo:
“Tra le esperienze del nostro tempo, tra le minacce che incombono sulla grande famiglia umana, tra le lotte dei popoli e delle Nazioni, tra le sofferenze di tanti cuori e di tante coscienze umane, non possiamo mancare di dare la testimonianza: “Dio è amore . . . l’amore è da Dio . . . noi abbiamo creduto all’amore”.

Papa Benedetto XVI nel messaggio di Quaresima 2013:
“Quando noi lasciamo spazio all’amore di Dio, siamo resi simili a Lui, partecipi della sua stessa carità. Aprirci al suo amore significa lasciare che Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e come Lui; solo allora la nostra fede diventa veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6) ed Egli prende dimora in noi (cfr 1 Gv 4,12).
La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4); la carità è «camminare» nella verità (cfr Ef 4,15). Con la fede si entra nell'amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa amicizia (cfr Gv 15,14s). La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17). Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22). La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare (cfr Mt 25,14-30)”

Papa Francesco nel omelia del 14 Maggio 2013:
Vieni, Spirito Santo, vieni e dammi questo cuore largo, questo cuore che sia capace di amare con umiltà, con mitezza ma sempre questo cuore largo che sia capace di amare”.

Potrei ancora dirvi perché amo San Leopoldo, ma già queste mura hanno ascoltato della mia simpatia per il piccolo santo cappuccino di Dalmazia.

A lui chiediamo solo di intercedere per noi perché anche noi come lui, alla scuola del cenacolo e del calvario, impariamo l’unico linguaggio che dice la pienezza dello Spirito di Cristo: l’Amore!
Amen.

Umile mistico dell'Eucaristia!

San Pasquale Baylon, francescano




San Pasquale Baylon è nato il giorno di Pentecoste, il 16 maggio 1540, a Torre Hermosa nel regno spagnolo di Aragona, e morto nei pressi di Valencia, a Villa Real il 17 maggio 1592, giorno di Pentecoste, quest'umile "frate laico" che non si sentì degno di accedere all'ordine sacerdotale, fu davvero "pentecostale", cioè favorito dagli straordinari doni dello Spirito Santo, tra cui il dono della sapienza infusa.

È contemporaneo di altri quattordici grandi santi spagnoli; i gesuiti S. Ignazio di Loyola (+1556), S. Francesco Borgia (+1572) e S. Alfonso Rodriguez (+1617); i carmelitani S. Giovanni della Croce (+1591) e S. Teresa di Gesù (+1582); S. Caterina Thomàs (+1574), canonichessa agostiniana e S. Tommaso da Villanova (+1555), eremitano di S. Agostino; S. Pietro d'Alcantara (+1562), S. Salvatore da Horta (+1567) e S. Francesco Solano (+1610), frati minori francescani; S, Luigi Bertràn, domenicano; S. Giovanni de Ribera (+1611), arcivescovo di Valenza; S. Turibio Alfonso de Mogrovejo (+1606), arcivescovo di Lima; S. Giovanni di Dio (+1550), fondatore dei Fatebenefratelli, portoghese, ma spagnolo di adozione.

San Pasquale Baylon, illetterato, trascorse gli anni della vita religiosa svolgendo la modesta mansione di portinaio, ma è considerato addirittura "il teologo" dell'Eucaristia, non solo per le dispute che egli sostenne con i calvinisti di Francia, durante un suo viaggio a Parigi, ma anche per gli scritti che egli ci ha lasciato, una specie di compendio dei maggiori trattati su questo argomento. Al di là delle dotte dissertazioni, l'Eucaristia fu il centro della sua intensa vita spirituale e meritò di essere proclamato da papa Leone XIII patrono delle opere eucaristiche, e più tardi patrono dei congressi eucaristici internazionali. I suoi biografi raccontano che durante le esequie, al momento dell'elevazione dell'ostia e del calice, il frate già irrigidito dalla morte riaperse gli occhi per fissare il pane e il vino della mensa eucaristica e rendere l'ultima testimonianza del suo amore al divino sacramento. I suoi genitori, molto poveri, l'avevano avviato al lavoro in tenera età, mandandolo dietro il gregge di famiglia e più tardi come garzone di un ricco allevatore. Lontano dal consorzio umano e dalla chiesa, trascorreva ore intere in orazione, privandosi del poco cibo per mortificare il proprio corpo, che sovente assoggettava a dolorose flagellazioni.

A diciott'anni fece domanda di essere ammesso al convento di S. Maria di Loreto dei francescani riformati alcantarini, ma gli venne opposto un netto rifiuto. Egli rifiutò a sua volta una cospicua eredità offertagli da un ricco allevatore della zona, Martino Garcia. Infine la fama della sua santità e di alcuni prodigi compiuti gli aprì le porte del convento, dove poté emettere i voti religiosi il 2 febbraio 1564, come "fratello laico".
Mentre pascolava il gregge poco lontano dal convento, prima di esservi ammesso, cadeva in estasi allo scampanellio dell'elevazione. Questo èmpito di devozione eucaristica fu il contrassegno anche della sua vita religiosa, durante la quale accrebbe le mortificazioni inflitte al suo corpo, debilitandolo fino al limite delle capacità di resistenza. Morì giovane, all'età di cinquantatrè anni. Ventisei anni dopo, il 29 ottobre 1618, veniva proclamato beato e nel 1690 santo. Nel 1897 Leone XIII lo proclamò patrono dei Congressi Eucaristici.


Alcuni scritti spirituali di San Pasquale:

Sono felice di unire il povero sacrificio della mia vita al sacrificio di Gesù.
(S. Pasquale Baylon)

Poiché Dio desidera ardentemente donarci cose buone, abbi la certezza che egli ti darà tutto quello che tu chiedi. Non chiedere comunque nulla prima che Dio non ti abbia mosso a chiedere, in quanto egli è più disposto ad esaudire la tua richiesta che tu a chiedere; egli sempre aspetta che noi chiediamo. Per cui a chiedere ti spinga più la volontà di Dio che vuole donarti, anziché la necessità di chiedere: le preghiere quindi devono essere sempre fatte in vista dei meriti di nostro Signore Gesù Cristo. Esercita quindi la tua anima in continue ed intense azioni, desiderando quello che Dio desidera, rimuovendo dalla tua volontà tutto ciò che di bene o guadagno potrebbe a te venire da quella richiesta. Anzi questo chiedi sommamente: che Dio sia cercato sopra ogni altra cosa. È infatti cosa degna che prima e soprattutto si cerchi Dio, anche perché la divina Volontà vuole che riceviamo ciò che chiediamo per divenire più idonei a servirlo ed amarlo più perfettamente. Tutte le tue preghiere siano fatte con questa disposizione, e quando chiedi questo, chiedilo per amore e con amore, istantemente e importunamente. Separa il tuo cuore dalle cose di questo mondo; e ricordati che in questo ,| mondo niente altro esiste se non tu e Dio solo. Non allontanare, neppure per breve tempo, il tuo cuore da Dio; i tuoi pensieri siano semplici e umili; sempre sollecita la tua attenzione su te stesso, ed il tuo amor di Dio sopra tutte le cose come profumo che si spande. Rendere grazie a Dio non è altro che un atto interno dell'anima per il quale uno riceve un bene celeste riconoscendo Dio immenso e Signore dell'universo, dal quale viene ogni bene; e gode per tutta la gloria che ne viene a Dio, in quanto è stato reso degno di tale grazia, per cui è pronto ad amare Dio sempre più e a servire il Datore di ogni bene. Quando ricevi qualche dono da Dio offrigli quello che sei con gioia e letizia, umiliando te stesso e disprezzandoti, rinunciando alla tua volontà in modo da poterti dedicare interamente al suo servizio. Rendi molte, anzi infinite grazie, rallegrandoti della potenza e della bontà del Signore, che ti elargisce doni e benefici, per i quali ora gli rendi grazie. E se vuoi che il tuo rendimento di grazie sia accetto a Dio, prima di farlo, umilia, rinnega e disprezza te stesso, riconoscendo la tua povertà e miseria, sì da comprendere che tutto quello che hai, lo hai ricevuto dalla munificenza di Dio, godendo e rallegrandoti nel vederti arricchito di grazia e di doni, e poco considerando il bene o l'utilità che ne potrebbe derivare, affinché tu possa meglio servire Dio.
(S. Pasquale Baylon)

Io credo, e lo affermo altamente, che Gesù, Figlio di Dio, è così realmente nella Santa Ostia Consacrata, come lo è nella luce del Paradiso
(S. Pasquale Baylon)

La mancanza di fede crea una grande ignoranza. Essi credono che la ragione possa insegnare il contrario della Rivelazione, e che Dio possa dir si per mezzo della fede, e no per  mezzo della natura. Quelli che pensano in tal maniera, non meritano altro nome che di insensati
(S. Pasquale Baylon)

Non c’è tutto nei libri, fratello! Credete a me, lo spirito di orazione e di preghiera sarà sempre il gran mezzo per arrivare all’eloquenza, e rendere un discorso fruttuoso
(S. Pasquale Baylon)

Perdona, o figlio! Perdona per quel Gesù che si fece crocifiggere ed ha dato la vita per me, per te, per tutti noi. Perdona per suo amore!

(S. Pasquale Baylon)

“Per chi ha vera fede tutto è possibile”, non l’ha forse detto Gesù nel Vangelo?
(S. Pasquale Baylon)

Abbiate fiducia, Dio vi esaudisce
(S. Pasquale Baylon)

Quale condiscendenza, o Signore, hai usato con me! Comandarmi perfino che io ti accolga in me; ed essendo quello che sei, Dio infinito, Creatore e Redentore mio, che io ti stringa al mio cuore!
(S. Pasquale Baylon)

Frutto male acquistato non frutta
(S. Pasquale Baylon)

Purificami, o Fonte di acqua viva. Sanami, o Medico della mia salvezza. Ornami di fede e di speranza, perché io ti accolga come in un tempio degno di te.
(S. Pasquale Baylon)

Oh, Padre del Cielo, dammi virtù e coraggio, per un avvenimento così grande. O Figlio,sapienza del Padre, dammi la santa e adatta conoscenza di questo mistero, Spirito Santo, amore del Padre e del Figlio, dammi celeste fervore, purificando quest’anima con l’ardore della tua carità, perché con fede viva io riceva il santissimo Sacramento
(S. Pasquale Baylon)

Datemi, o Signore, aumento di fede, accrescimento di carità; più vigore nella speranza; e tutte quelle virtù, che mi sono necessarie. Così potrò servirvi e lodarvi quaggiù, nella fede, e godervi in Cielo, nella gloria
(S. Pasquale Baylon)

E’ disceso dal cielo Chi vi ha salvato. E’ il vostro Salvatore, fattosi vostro fratello. Egli, la Vita per eccellenza, è divento vostro cibo!
(S. Pasquale Baylon)

Inno proprio dell’Ufficio delle letture:
Di Francesco noi figli in letizia
san Pasquale col canto esaltiamo,
ricordando il suo amore fervente
al mistero dell'Eucaristia.

Mentre il gregge tra i pascoli guida
egli al pane degli angeli anela,
ora in cielo il profondo mistero
già svelato contempla in eterno.

Accostandosi al sacro banchetto
per ricevere il Corpo di Cristo,
il suo volto palesa la fiamma
che gli brucia impetuosa nel cuore.

Agli increduli attesta che Cristo
è presente nel pane e nel vino:
la sua fede è sì viva e sicura
ch'egli è pronto a versare il suo sangue.

Per i meriti di san Pasquale
rendi puro, Gesù, il nostro cuore,
affinché siamo degni per sempre
di nutrirci del pane celeste.

Ciò attendiamo dal Padre e dal Figlio,
dallo Spirito Consolatore:
Trinità, la tua lode si elevi
e s'espanda per tutto il creato.
Amen.