martedì 31 dicembre 2013

Rosalia, tra i testimoni di Gesù (III)





Rosalia Cadron-Jetté
(Madre della Natività)


Il nome si è diffuso tra il popolo di Dio, così da essere presente con altri esempi di santità. Quest’anno poi è particolarmente significativo per il nome Rosalia, perché ricorre il decimo anniversario di beatificazione della Suora della Carità Rosalia Rendu (2003 – 2013) e il rinoscimento delle virtù eroiche della Serva di Dio Rosalia Cadron-Jetté (9 dicembre 2013). La Rendu è l’ultima Rosalia iscritta nel Martirologio Romano.

Ecco di seguito gli altri esempi di santità che si chiamano Rosalia.

Rosalia Clotilde Bes
(Suor Santa Pelagia di San Giovanni Battista)
religiosa professa delle Monache Sacramentine
Nata il: 30 giugno 1753 a Beaume-de-Transit, Drôme (Francia).
Morta l‘11 luglio 1794 a Orange, Vaucluse (Francia).
Beatificata il 10 maggio 1925 con il gruppo delle religiose sacramentine e orsoline, martiri di Orange.

Rosalia Viau Vallon
religiosa professa della Compagnia di Maria
Morta l’11 febbraio 1832 a Palma de Mallorca, Isole Baleari (Spagna)
Nata il 7 ottobre 1747 a Cavaillon, Vaucluse (Francia)
La causa per fama sanctitatis è stata aperta il 28 febbraio 1980

Rosalia du Verdier de la Sorinière
(Suor Santa Celeste)
religiosa professa, Benedettine di Nostra Signora del Calvario
Nato il 12 agosto 1745 a Saint-Pierre de Chemillé, Maine-et-Loire (Francia)
Morta il 30 Ottobre 1793 in Angers, Maine-et-Loire (Francia).
Beatificata il 19 febbraio 1984 con Guglielmo Repin e 98 soci martiri della Diocesi di Angers.







Rosalia Rendu
religiosa professa, Figlie della Carità di San Vincenzo de 'Paoli
Nato il 9 settembre 1786 in Confort, Ain (Francia)
Morta il 7 febbraio 1856 a Parigi (Francia).
Beatificata il 9 novembre 2003.

Margherita (Rosalia) Gouanne o Goyne
religiosa professa, Suore Agostiniane della Misericordia di Gesù (Federazione Francese)
Nato nel 1768 a Amplepuis, Rodano (Francia).
Morta il 10 febbraio 1794 a Lione, Rodano (Francia).
Fa parte della causa di canonizzazione del gruppo Tommaso Merlé de Castillon e 71 soci martiri della Diocesi di Lione; causa aperta nel 1921.

Rosalia Cadron-Jetté
(Madre della Natività)
fondatrice, Istituto delle Suore della Misericordia
Nata il: 27 gennaio 1794 a Lavaltrie, Quebec (Canada)
Morta il 5 aprile a Montreal, Quebec (Canada)
Causa aperta nel 1990; venerabile dal 9 dicembre 2013

Arnolda Rosalia Couraule
religiosa professa, Ordine della Vergine Maria (Annunziatine di Santa Giovanna di Valois))
Nata il 6 Marzo 1736 a Gornac, Gironda (Francia)
Morta il 25 luglio 1794 a Bordeaux, Gironde (France).
Fa parte della causa di canonizzazione di Maria Gimet e 35 socie martiri dell’Arcidiocesi di Bordeaux; causa aperta in due momenti: nel 1925 e nel 1931.







Rosalia Celak
laica dell'Arcidiocesi di Cracovia
Nato il 19 Settembre 1901 a Jachówka, Małopolskie (Polonia)
Morta il 13 settembre 1944 a Cracovia, Małopolskie (Polonia)
Causa aperta nel 1996 e conclusa nel 2007, con decreto di validità dell'inchiesta diocesana il 22 dicembre 2012.

Rosalia Grzeschik (Georgia)
religiosa professa, Suore Francescane del’Amore Cristiano.
Nata il 28 Agosto 1889 a Dąbrówka Łubniańska, Opole (Polonia).
Morta il 30 gennaio1945 a Otmęt, Krapkowice (Poland). Fa parte di un gruppo di martiri di cui è prevista l’apertura della causa di canonizzazione.




Rosalia Ansalone (Febronia Ferdinanda)
religiosa professa, Clarisse
Nata il 16 giugno 1657 a Caccamo
Morta a Palermo il 23 Settembre 1718
La causa di canonizzazione è iniziata nel 1738, è detta “venerabile”, ma ad oggi risulta sospesa.




BIBLIOGRAFIA E SITI

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II-III appendice – Ed. Città Nuova
* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2013
* sito web di newsaints.faithweb.com
* sito web di wikipedia.org

* lo stesso articolo in spagnolo: vedi link

La fine del 5 anno....



Natività con Passione
scuola napoletana XVIII secolo
Pinacoteca Civica di Reggio Calabria



Con il 31 dicembre 2013 il Blog finisce il suo 5 anno di vita.
Mi chiedo come mai 1000 persone al mese lo visitano.

Auguro a ciascuno un felice e santo 2014.

domenica 29 dicembre 2013

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO A)





In questa domenica contempliamo la Santa Famiglia e, nelle parole del Vangelo di questa festività, consideriamo Gesù, Maria e Giuseppe.

Infatti subito dopo l’adorazione dei Magi, Matteo narra nel suo Vangelo della fuga in Egitto, la strage degli innocenti e il ritorno dall’Egitto: tre episodi collegati alla storia della Santa Famiglia e presentati nel Vangelo come altrettanti compimenti di profezie dell’Antico Testamento.

Consideriamo Gesù, Maria e Giuseppe: un figlio, una madre e un padre.
Cosa ci insegnano?

Certo l’istituzione famiglia è in crisi. Ma in realtà tutto è in crisi.
Per cui lasciamo perdere le crisi e cerchiamo in questa domenica di capire il positivo, e soprattutto cosa possiamo imparare dall’esperienza famigliare di Gesù, Maria e Giuseppe.

1.
“Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro”.

La vita famigliare si deve sostenere sul comandamento dell’amore. Scontato! Non proprio.
Ciò che non è perdonato e compreso nell’amore logora le relazioni, tanto più quelle famigliari.
Senza una guardaroba fatto di questi abiti che nascono dall’amore di Dio, non si costruisce nulla e non si supera nulla.

2.
“santi e amati”.

La vita famigliare, e in primis matrimoniale, è una dimensione di santificazione, quindi non ci si sposa perché è il gesto più comune che si fa nella vita adulta (anche qui c’è una crisi! Crisi di diventare adulti?), ma ci si sposa (penso ai credenti e praticanti, se no bisognerebbe fare tante parentesi per le altre categorie: simpatizzanti, poco praticanti, credenti non praticanti, praticanti non credenti…) perché in questo modo il Signore mi chiama a vivere il suo amore, nell’amore coniugale e genitoriale (se è dato come dono!), chiedendomi di santificarmi come sposo e\o genitore.

I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto. …. I coniugi e i genitori cristiani, seguendo la loro propria via, devono sostenersi a vicenda nella fedeltà dell'amore con l'aiuto della grazia per tutta la vita, e istruire nella dottrina cristiana e nelle virtù evangeliche la prole, che hanno amorosamente accettata da Dio. Così infatti offrono a tutti l'esempio di un amore instancabile e generoso, edificando la carità fraterna e diventano testimoni e cooperatori della fecondità della madre Chiesa, in segno e partecipazione di quell'amore, col quale Cristo amò la sua sposa e si è dato per lei. (LG 40 e 41)

In questa prospettiva si comprende la sapienza biblica del libro del Saracide.

3.
“La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza”
La fede in Dio e l’obbedienza alla sua parola possono cambiare il cammino della nostra vita.
Così si comprende dall’episodio evangelico della Santa Famiglia.
In tutta la vita di Gesù, di Maria e di Giuseppe si può vedere che le loro scelte vengono misurate dalla continua obbedienza della fede.
La Parola di Dio è luce sul loro cammino e salvezza reale e concreta nelle loro fatiche.

Ci ricordava il Papa, qualche giorno fa:
“La memoria del primo martire viene così, immediatamente, a dissolvere una falsa immagine del Natale: l’immagine fiabesca e sdolcinata, che nel Vangelo non esiste! La liturgia ci riporta al senso autentico dell’Incarnazione, collegando Betlemme al Calvario e ricordandoci che la salvezza divina implica la lotta al peccato, passa attraverso la porta stretta della Croce. Questa è la strada che Gesù ha indicato chiaramente ai suoi discepoli, come attesta il Vangelo… «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22)”.

Solo una vita affidata e guidata dalla sapienza del Vangelo è capace di perseverare nell’amore.
Perché stiamo perdendo la perseveranza?

Concludo con tre pensieri del Papa - dal discorso dell’ottobre 2013 - definiti “caratteristiche fondamentali della famiglia cristiana”:

“1. La prima: la famiglia che prega.
E ci vuole semplicità: per pregare in famiglia, ci vuole semplicità! Pregare insieme il “Padre nostro”, intorno alla tavola, non è una cosa straordinaria: è facile. E pregare insieme il Rosario, in famiglia, è molto bello, dà tanta forza! E anche pregare l’uno per l’altro: il marito per la moglie, la moglie per il marito, ambedue per i figli, i figli per i genitori, per i nonni … Pregare l’uno per l’altro. Questo è pregare in famiglia, e questo fa forte la famiglia: la preghiera.

2. La seconda: la famiglia custodisce la fede.
L’apostolo Paolo, dice: «Ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). Ma come l’ha conservata? Non in una cassaforte! Non l’ha nascosta sottoterra, come quel servo un po’ pigro. San Paolo paragona la sua vita a una battaglia e a una corsa. Ha conservato la fede perché non si è limitato a difenderla, ma l’ha annunciata, irradiata, l’ha portata lontano. … Tutti sappiamo che le famiglie, specialmente quelle giovani, sono spesso “di corsa”, molto affaccendate; ma qualche volta ci pensate che questa “corsa” può essere anche la corsa della fede?

3. E un ultimo aspetto: la famiglia che vive la gioia. Lo scriveva ancora san Paolo: «Siate sempre lieti … il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). Eh … a me
piacerebbe fare una domanda, oggi. Ma, ognuno la porta nel suo cuore, a casa sua, eh?, come un compito da fare. E si risponde da solo. Come va la gioia, a casa tua? Come va la gioia nella tua famiglia? Eh,date voi la risposta.

Santa Famiglia di Nazareth,
ridesta nella nostra società la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
bene inestimabile e insostituibile.
Ogni famiglia sia dimora accogliente di bontà e di pace
per i bambini e per gli anziani,
per chi è malato e solo,
per chi è povero e bisognoso.

Gesù, Maria e Giuseppe
voi con fiducia preghiamo, a voi con gioia ci affidiamo”. Amen.

sabato 28 dicembre 2013

EVVIVA!!!! GIOVANNI DI TUFARA è SANTO!





EVVIVA!!!!

L'Eremita Giovanni da Tufara deve essere invocato col titolo di santo. Lo ha comunicato lo scorso 30 ottobre 2013 la Congregazione delle Cause dei Santi all’arcidiocesi di Benevento e al parroco di Foiano di Val Fortore.
La canonizzazione è avvenuta, secondo la procedura all’epoca vigente, col rito della elevatio et translatio corporis officiato, il 28 agosto 1221, dai vescovi di Volturaria, di Dragonara e di Montecorvino, su delega dell’Arcivescovo di Benevento, Ruggiero.
La lettera, che reca la firma del cardinale Prefetto, Angelo Amato, risolve definitivamente ogni dubbio in merito al dibattito se ritenere l’eremita “santo” o “beato”.
 
 
 
 
Dopo una lunga stagione fatta di studi, di ricerche, di sofferte diatribe e di approfondimenti, occorre, in ottemperanza al pronunciamento ufficiale della Sacra Congregazione, venerare Giovanni da Tufara col titolo di santo.

venerdì 27 dicembre 2013

San Giovanni Apostolo ed Evangelista




Giovanni è un Boanerges (gr. Βοανηργς). Questo soprannome gli è attribuito nel Vangelo (Marco 3, 17) con il fratello Giacomo, figli di Zebedeo, e interpretato nel Vangelo stesso come «figli del tuono», per il loro carattere impetuoso.

È veramente impensabile che Giovanni, colui che nella cena posò il capo sul petto del Signore, fosse un uomo dal carattere impetuoso. Eppure, il vangelo ci ricorda questa sua caratteristica umana, caratteriale.

Diciamo, sorridendo, che chiunque è impetuoso – speriamo sempre per il bene e la verità – ha un patrono in Cielo, ma anche un esempio che lo sprona alla conversione della sua umanità.

È forse per questo che il Signore più lo amava, perché aveva bisogno d’amore, per liberarsi dalla sua impetuosità?
Egli infatti è anche identificato nel discepolo definito: “quello che Gesù amava”.
Se tutto questo è vero, egli è un miracolo dell’Amore.

Infatti Gesù deve talvolta frenare lo zelo intemperante e l'ambizione (Mc 10, 35; Mt 20, 20; Luca 9, 49-50 e 54) di San Giovanni. Karl Barth qualifica il quarto evangelista come “un’anima di fuoco e di tempesta”.

Dopo la testimonianza di sangue e di perdono del diacono Stefano, oggi celebriamo il miracolo dell’amore che rigenera il cuore e l’entusiasmo ardente del discepolo più giovane che se pur non è morto martire, ci ha testimoniato e ci testimonia Gesù con la ricchezza e profondità dei suoi scritti (il Vangelo, le Lettere e l’Apocalisse).

Giovanni però è ricordato come il “discepolo che Gesù amava” particolarmente nell’Ultima Cena. Scrive il vescovo di Carpi, Mons. Francesco Cavina:

“Sollecitato da Pietro chiede a Gesù il nome del traditore. E Gesù a Giovanni., e a lui solo, dice che è Giuda. Ma perché Giovanni che conosce il nome del traditore e sa che sta per consegnare il Maestro ai suoi nemici, non fa nulla per impedirlo? Perché come “discepolo amato” è talmente entrato nei pensieri di Cristo ed è così ripieno del suo amore da costituire ormai una sola volontà con Cristo, per cui vuole solo ciò che Cristo vuole, la nostra redenzione; ama ciò che Cristo ama, la volontà del Padre; attende ciò che Cristo attende, la sua glorificazione; è pronto ad accogliere ciò che Cristo sta per donare a lui e a tutti i discepoli, il comandamento nuovo. Infatti appena Giuda esce, Gesù con piena autorità, consegna il comandamento nuovo: “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. Può dare questa consegna perché Lui ha mostrato di amare fino alla fine i suoi, di amarli fino al punto di dare “la vita per i propri amici” … queste parole di Cristo si riferiscono innanzitutto al sacrificio che egli stesso compì sulla croce, offrendosi per la salvezza di tutta l’umanità, esse valgono pure per il martire Odoardo Focherini”, morto a 37, il 27 dicembre 1944 in un lager in Germania.



Odoardo Focherini, sposo felice ed innamorato, padre di sette figli, giornalista, impegnato cristianamente nella società, “come Giovanni si è percepito “discepolo amato dal Signore” e tale amore ha fatto maturare in lui una “fede pura” in Dio e una grande “passione per l’Uomo”, per la sua vocazione, la sua dignità e i suoi diritti. Il sacrificio della sua stessa vita, in questa prospettiva non è stato un atto di eroismo o di fanatismo religioso, ma la “ naturale” risposta all’amore del Signore che ci ama come Lui solo sa amare”.

Così in questa festa dell’evangelista Giovanni percepiamoci anche noi come amati dal Signore per maturare in umanità, in fede e quella passione per l’uomo che si chiama Carità: “perché la nostra gioia sia piena”
Amen.

giovedì 26 dicembre 2013

Santo Stefano diacono e primo martire






Nell’Angelus del 26 dicembre 2008, papa Benedetto XVI, diceva: “L’odierna festa di Santo Stefano, il primo martire della Chiesa, si colloca nella luce spirituale del Natale di Cristo. Stefano, … insieme con altri sei fu ordinato diacono nella prima Comunità di Gerusalemme e, a motivo della sua predicazione ardente e coraggiosa, fu arrestato e lapidato”.

Chi è un diacono?
Il diaconato è il primo grado del Sacramento dell'Ordine, ed è finalizzato all'aiuto e al servizio dei due gradi di partecipazione ministeriale al sacerdozio di Cristo: l'Episcopato e il presbiterato[o sacerdozio]. In questo caso è detto diaconato transeunte, cioè transitorio, di passaggio.

E si comprende dalla festa odierna che i diaconi sono una presenza antica, dagli inizi della Chiesa.

Nell’anno liturgico esistono altri Santi Diaconi, oltre a S. Stefano:
San Lorenzo, diacono e martire della Chiesa di Roma (III secolo)
San Vincenzo, diacono e martire della Chiesa di Saragozza (III-IV)
Sant'Efrem siro, dottore della Chiesa (IV secolo)
Sant’Arialdo, diacono e martire della Chiesa di Milano (XI secolo)
San Francesco d’Assisi, diacono della Chiesa di Assisi (XIII secolo)



 
Il Concilio Vaticano II ha rivalutato l'importanza del ministero diaconale per la vita della Chiesa come ruolo specifico in sé medesimo, sicché accanto al diaconato transeunte finora comunemente preso in considerazione, che riguarda la tappa obbligatoria per essere ordinati presbiteri, si è riscoperto il valore del diaconato permanente che consacra il battezzato a vita nel ruolo di servizio ministeriale e può essere conferito anche a coloro che hanno già contratto matrimonio.

La pagina del Vangelo di Matteo, ci fà fare memoria che Stefano, non è solo diacono ma è anche martire: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome”

Il martirio all’inizio della Chiesa, è la prima forma di testimonianza. Infatti il termine martire significa proprio testimone.

Ma la vicenda del primo martire Stefano, racchiude in se tutti i valori della vera testimonianza cristiana.
I sette primi diaconi erano stati costituiti per dare uno spazio privilegiato alla carità. Ricorda infatti il libro degli Atti che furono scelti “per servire alle mense”. Già in epoca apostolica c’è un attenzione specifica al povero, che in quel contesto sociale e storico aveva il volto delle vedove.

Ma poi tutta la vicenda di S. Stefano ci è di monito e ci richiama ai valori evangelici primari, che sono la grande e vera testimonianza che deve porre in atto un cristiano.

Così infatti ci ricordava papa Benedetto:
“Cari fratelli e sorelle, in santo Stefano vediamo realizzarsi i primi frutti della salvezza che il Natale di Cristo ha recato all’umanità: la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della luce della verità sulle tenebre della menzogna. Lodiamo Dio perché questa vittoria permette anche oggi a tanti cristiani di non rispondere al male con il male, ma con la forza della verità e dell’amore. La Vergine Maria, Regina dei Martiri, ottenga a tutti i credenti di seguire con coraggio questa stessa via”.

Amen.

mercoledì 25 dicembre 2013

NATALE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO





Ed il Natale del Signore è arrivato.
Risuonano le parole di Zaccaria: “Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo ”.

Ripensiamo al lungo elenco di nomi della genealogia di San Matteo: “Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli … tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici. Così fu generato Gesù Cristo …”.
E capiamo che il tempo è giunto, si è compiuto l’evento tanto atteso: annunciato dai profeti e sperato da un popolo!

Ci si scalda il cuore quando riecheggia in esso il canto degli Angeli di quella Notte Santa: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Come non pensare ai pastori, quando dissero: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Perché anche in noi questo avvenimento si è fatto conoscere e l’abbiamo visto, anzi lo cerchiamo ogni giorno perché “giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna”!

Ed infine come non sussultare di gioia nel ripensare alle parole di Giovanni:

“Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi”

Egli abita sempre in mezzo a noi! Anche quando non l’accogliamo o ce lo dimentichiamo. Perché abita in mezzo a noi! Solo però ci chiede di “credere nel suo nome” perché accogliendolo si attui i miracolo del Natale: “diventare figli di Dio”.

“Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù, che è vero uomo e vero Dio. Ma c’è qualcosa di ancora più sorprendente. La presenza di Dio in mezzo all’umanità non si è attuata in un mondo ideale, idilliaco, ma in questo mondo reale, segnato da tante cose buone e cattive, segnato da divisioni, malvagità, povertà, prepotenze e guerre. Egli ha scelto di abitare la nostra storia così com’è, con tutto il peso dei suoi limiti e dei suoi drammi. Così facendo ha dimostrato in modo insuperabile la sua inclinazione misericordiosa e ricolma di amore verso le creature umane. Egli è il Dio-con-noi; Gesù è Dio-con-noi. Credete questo voi? Facciamo insieme questa professione: Gesù è Dio-con-noi! Gesù è Dio-con noi da sempre e per sempre con noi nelle sofferenze e nei dolori della storia. Il Natale di Gesù è la manifestazione che Dio si è “schierato” una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati. Da qui viene il grande “regalo” del Bambino di Betlemme: Lui ci porta un’energia spirituale, un'energia che ci aiuta a non sprofondare nelle nostre fatiche, nelle nostre disperazioni, nelle nostre tristezze, perché è un’energia che riscalda e trasforma il cuore. La nascita di Gesù, infatti, ci porta la bella notizia che siamo amati immensamente e singolarmente da Dio, e questo amore non solo ce lo fa conoscere, ma ce lo dona, ce lo comunica!”(Udienza generale, 18 Dicembre 2013)

Ed allora comunichiamolo unendoci al coro degli angeli, non solo in questo giorno, ma ogni giorno; non solo perché oggi siamo più sereni di ieri, ma anche quando non siamo sereni, perché afflitti o inquieti, comunichiamocelo ogni giorno, perché questa consapevolezza non duri da Natale e Santo Stefano, ma duri ogni giorno, ogni dove, e su ogni perché.

«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

Gesù umile e mite di cuore, adagiato in una mangiatoia, rendi il mio cuore simile al tuo!Amen.

martedì 24 dicembre 2013

Natale del Signore





Carissimi,
qui un piccolissimo capolavoro di cinematografia contemporanea, vale la pena di essere visto - in consonanza con la tradizione orientale, nutrito dal vangelo apocrifo di Giacomo: l'incontro di Maria con l’Angelo alla sorgente (Maria è intenta a stendere il bucato); San Giuseppe fuori della capanna  'ruminando' si chiede della provenienza del bambino e l’angelo mostri i segni della provenienza divina; il bagno del Santo Bambino, che certo è Dio, ma è vero uomo; il bue e l'asino, l'arrivo contemporaneo dei Santi Magi d'oriente con i pastori; la visione di pacificazione tra tutte le creature così come la racconta il profeta Isaia (leone, conigli, pescatori e pesci), e l’angelo che mostra ogni volta la Parola che si realizza nell’evento. Un opera d'arte per la gioia e la fede.








“Nel giorno glorioso della Tua Natività hai ricolmato tutta la Creazione di gioia ed esultanza, perchè hai convertito la Terra in Cielo dove si incontrano Angeli e uomini“

 (dalla liturgia siriaca del Natale del Signore)

domenica 22 dicembre 2013

IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)




Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
“Cristo Gesù … nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità”

Le prime due letture ci danno il contorno di ciò che liturgicamente sta per accadere: ci mettiamo in questa domenica nei panni di Giuseppe, lo sposo di Maria.

Il Vangelo di Matteo chiama Giuseppe "giusto". Qual'era il senso di tale parola per noi oggi e nell'epoca di Gesù?

Autori antichi come Giuseppe Flavio e Filone, affermano:
Per Giuseppe Flavio († 100 d.C., di origine ebraica), l'aggettivo/sostantivo "giusto" (greco : dikaios) non ha significato univoco : è colui che obbedisce ai comandi di Dio, è l'uomo di fede, l'uomo retto che sta al suo posto e agisce come deve secondo la volontà di Dio, è l'uomo di carattere, fedele alle divine prescrizioni. Sulla scia degli accostamenti dell'ambiente ellenistico, lo avvicina a parole che esprimono la bontà. Potremmo dire che è l’uomo buono che vive della bontà di Dio.

Per Filone di Alessandria detto l’Ebreo († 45 d.C.), il giusto è il vero sostegno del genere umano, nel quale si trova per sanare le infermità di fronte alla folla degli ingiusti dopo essere giunto egli stesso alla giustizia che tutto risana. In questa filosofia si colloca il pensiero moderno, nato dopo l’Olocausto, per definire il Giusto tra le nazioni. Per Filone il giusto è il patriarca Abramo. Il giusto è Abramo, uomo che erge come sostegno perché in tutto in lui è sostenuto da Dio.

In questa pagina evangelica, giusto è una qualifica data a Giuseppe nel momento più critico della sua vita.
Giuseppe, sposa di Maria, qui emerge come giusto, perché?
In una lista di significati si possono includere i seguenti:

A) è giusto perché il suo comportamento non è vincolato alla legge - non è legalista, un fariseo – ma il suo comportamento è opera della fede (categoria tipicamente neotestamentaria, vedi San Paolo);

B) è giusto perché che tempera la giustizia o l’amministrazione con la misericordia, la pietà, la bontà; l'uomo dotato di ogni virtù (così è definito dai Padri della Chiesa);

C) è giusto perché nella sua condotta è fedele a Dio (abbinamento dell'ideale antico e neotestamentario: disposizione a separarsi da Maria e ad accettarla secondo la volontà di Dio);

D) è giusto perché conoscendo il mistero di Dio compiuto in Maria, è disposto a ritirarsi.

Giuseppe, "uomo giusto" e vero israelita, accoglie nella fede il progetto di Dio che sta prendendo forma in Maria. Non si tratta di una accettazione qualunque nella fede, ma di una accettazione nella fede messianica, il cui contenuto è indicato dall'angelo rivelatore (Mt 1, 20-21):
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

La salvezza non passa secondo i miei progetti, ma nell’assecondare i progetti di bontà di Dio.
Così sembra insegnarci Giuseppe.
Tutto ciò che viene da Dio è buono, anche se non subito comprensibile: “Gesù è la manifestazione che Dio si è “schierato” una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati”. (Papa Francesco). Amen.

Rosalia, tra i testimoni di Gesù (II)






Il nome si è diffuso tra il popolo di Dio, così da essere presente con altri esempi di santità. Quest’anno poi è particolarmente significativo per il nome Rosalia, perché ricorre il decimo anniversario di beatificazione della Suora della Carità Rosalia Rendu (2003 – 2013) e il rinoscimento delle virtù eroiche della Serva di Dio Rosalia Cadron-Jetté (9 dicembre 2013). La Rendu è l’ultima Rosalia iscritta nel Martirologio Romano.

Ecco di seguito gli altri esempi di santità che si chiamano Rosalia.

Maria Rosalia Baudelet de Haute-Fontaine in Bayart
laica della Diocesi di Arras; sposata
Nata nel 1727
Morta † 1792-1799
Fa parte della causa di canonizzazione del gruppo Giovanni Poulin, sacerdote, e 154 compagni martiri della Diocesi di Arras e dell’Arcidiocesi di Cambrai. La causa ha un decreto sugli scritta del 28 febbraio 1940

Rosalia Maioul
laica della Diocesi di Arras;
Nata il 13 Ottobre 1768
Morta † 1792-1799
Fa parte della causa di canonizzazione del gruppo Giovanni Poulin, sacerdote, e 154 compagni martiri della Diocesi di Arras e dell’Arcidiocesi di Cambrai. La causa ha un decreto sugli scritta del 28 febbraio 1940

Rosalia Colbeau
laica della Diocesi di Arras
nata nel 1738
Morta † 1792-1799
Fa parte della causa di canonizzazione del gruppo Giovanni Poulin, sacerdote, e 154 compagni martiri della Diocesi di Arras e dell’Arcidiocesi di Cambrai. La causa ha un decreto sugli scritta del 28 febbraio 1940

Rosalia (Rosa) Remaud
Nata il 19 Marzo 1789 a Bourgneuf, Vandea (Francia)
Morta il 28 Febbraio 1794 a Les Lucs-sur-Boulogne, Vandea (Francia). Martire di solo 4 anni e 11 mesi.
Fa parte della causa di canonizzazione di "Maria Airiau et Socii et Sociae Infantes". Perché il nome di Maria Modesta Airiau è il primo nella lista alfabetica dei martiri, alcuni documenti romani riguardanti i presunti martiri infanti di Les Lucs si riferiscono a lei come capo del gruppo: Maria Modesta Airiau e 11° infanti e bambini di Les Lucs della diocesi di Luçon. Tuttavia, gli attori della causa hanno sempre preferito Lousa Minaud come capo della causa in quanto è la più giovane (15 giorni) tra i 110 presunti martiri; causa aperta in due momenti: nel 1947 e il 1948

Rosalia (Rosa) Martin
Nato il 21 aprile 1791 a La Guénière, Vandea (Francia)
Morta il 28 Febbraio 1794 a Les Lucs-sur-Boulogne, Vandea (Francia). Martire di solo 2 anni e 10 mesi.
Fa parte della causa di canonizzazione di "Maria Airiau et Socii et Sociae Infantes". Perché il nome di Maria Modesta Airiau è il primo nella lista alfabetica dei martiri, alcuni documenti romani riguardanti i presunti martiri infanti di Les Lucs si riferiscono a lei come capo del gruppo: Maria Modesta Airiau e 11° infanti e bambini di Les Lucs della diocesi di Luçon. Tuttavia, gli attori della causa hanno sempre preferito Lousa Minaud come capo della causa in quanto è la più giovane (15 giorni) tra i 110 presunti martiri; causa aperta in due momenti: nel 1947 e il 1948

Rosalia (Rosa) Martineau
Nato il 21 marzo 1791 a Bourgneuf, Vandea (Francia).
Morta il 28 Febbraio 1794 a Les Lucs-sur-Boulogne, Vandea (Francia). Martire di solo 2 anni e 11 mesi.
Fa parte della causa di canonizzazione di "Maria Airiau et Socii et Sociae Infantes". Perché il nome di Maria Modesta Airiau è il primo nella lista alfabetica dei martiri, alcuni documenti romani riguardanti i presunti martiri infanti di Les Lucs si riferiscono a lei come capo del gruppo: Maria Modesta Airiau e 11° infanti e bambini di Les Lucs della diocesi di Luçon. Tuttavia, gli attori della causa hanno sempre preferito Lousa Minaud come capo della causa in quanto è la più giovane (15 giorni) tra i 110 presunti martiri; causa aperta in due momenti: nel 1947 e il 1948.

sabato 21 dicembre 2013

Un pensiero ....




"Se un giorno cammini tranquillo per la tua strada e vedi un tuo fratello che ti precede, lui pure tranquillo, e d'improvviso vedi un uomo cattivo che spunta da una stradina e gli salta addosso e gli si avventa contro per colpirlo violentemente con un coltello, gli tira i capelli, lo ferisce e lo butta a terra sanguinante, tu, davanti a questa scena, provi rabbia per il tuo fratello, o senti compassione e pietà per lui ?"
Mi sono meravigliato della domanda del padre e allora gli ho chiesto: "Com' è possibile che mi arrabbi con un mio fratello ferito che è caduto vittima di un bandito? Un simile pensiero non mi è passato neppure per l'anticamera del cervello! Senz' altro avrò pietà di lui e cercherò di aiutarlo come posso".

"E dunque", ha continuato il padre, "ogni uomo che ti offende, che ti danneggia, che ti calunnia, che in qualunque modo compie un'ingiustizia contro di te è un tuo fratello che è caduto nelle mani del bandito diavolo. Come devi fare dunque, quando affronti il torto subito da parte di tuo fratello? Devi sentire tanta pietà e compassione per lui e pregare intensamente e silenziosamente Iddio affinché ti sostenga in questo difficile momento di prova e devi aver pietà del tuo fratello che è stato vittima del bandito diavolo: così Dio aiuterà sia te, sia lui. Altrimenti, se fai l’opposto, dimostrando rabbia nei suoi confronti, rispondendo con un contrattacco al suo attacco, allora il diavolo, che sta sul collo del tuo fratello salta anche sul tuo e vi fa tribolare entrambi."

San Porfirio del Monte Athos (1906 – 1991)

venerdì 20 dicembre 2013

San Porfirio, prega per noi!




Porfirio fu monaco eccezionale per spiritualità e per fede della Sacra Montagna dell’Athos.
Nacque il 7 Febbraio 1906 nel paese di San Giovanni dell'isola greca Eubea, col nome Evangelos. Era il quarto figlio di una famiglia molto povera. Suo padre a causa della povertà dovette trasferirsi nell'America centrale e lavorare nella costruzione dello stretto di Panarna. Il piccolo Evangelos frequentò solo le prime due classi delle elementari, perché a causa della povertà della sua famiglia dovette iniziare a lavorare all'età di 7 anni come pastorello del piccolo gregge della famiglia, a 8 anni lavorò nella miniera della zona e in seguito in un negozio di alimentari di parenti in Calcida e poi nella città di Pireo.
Quando pascolava il gregge leggeva con difficoltà la biografia di San Giovanni il Calivita, un giovane di ricca famiglia, il quale aveva scelto la vita di asceta e una volta diventato monaco, ritornò e costruì lui stesso la sua capanna ascetica vicino alla ricca dimora dei genitori senza che questi lo riconoscessero. Cosi nacque in Evangelos il desiderio di diventare asceta e quando sentì un cliente del negozio dove lavorava parlare con degli amici del monte Athos decise di andarci e di farsi monaco.

All'età di 12 anni fuggì di nascosto per il monte Athos e divenne allievo monaco di due asceti: Panteleimon e Ioannichio, i quali erano asceti nell’eremo di Cafsocalivia, una zona solitaria e difficilmente accessibile del Monte Athos, vicino al Monastero di Megisti Lavra. All'età di 16 anni venne giudicato degno di diventare monaco con il nome di Nikita. Da allora ebbe il dono della veggenza cioè quel dono spirituale che permette all'uomo di vedere oltre le possibilità fisiche tutto ciò che Dio permette nel mondo fisico e spirituale. A 18 anni si ammalò gravemente e i gli anziani maestri decisero di mandarlo in un monastero al di fuori del Monte Athos per poter essere curato.

Si stabilì nel Monastero di San Charalampo, vicino al paese Avlonari dell' isola Eubea. In quel periodo conobbe l'arcivescovo del Sinai, Porfirio III, che era stato ospitato nel monastero: che profondamente colpito dalla sue virtù, dal suo amore per Cristo, dal suo zelo ascetico, dalla sua chiaroveggenza e dalla sua saggezza e con il consenso del vescovo locale, lo ordinò diacono e sacerdote nonostante la sua giovane età.
Come sacerdote esercitò nella diocesi di Caristia e in seguito de Calcida fino al 1940. Nell'ottobre del.1940 venne assunto come infermiere nel Policlinico di Atene, a causa del suo grande amore per i malati. Lì servi gli ammalati per trentatre anni e contemporaneamente confessava e consigliava coloro che si rivolgevano a lui.
Visse umilmente e in silenzio, pregando e aiutando il prossimo. Una volta divenuto anziano si ritirò nel piccolo monastero abbandonato e semidistrutto di San Nicola in Callistia del monte Penteli, in un bosco fuori Atene, dove riceveva, confessava e consigliava un gran numero di fedeli. Fu colpito da infarto e una volta ristabilitosi, nel 1979, si stabilì in una zona agricola del paese Milesi, 45 km fuori Atene dove fondò un monastero. Anche qui arrivava una moltitudine di fedeli per ascoltare i suoi consigli, per la sua benedizione, per risolvere i loro problemi, per conoscere ciò che succedeva loro e per essere guariti dalle loro malattie. Visse in questo luogo per 12 anni. Quando capì che era arrivato alla fine della sua vita terrena ritornò nell’eremo di Cafsocalivia del Monte Athos, ove era stato accolto come monaco 73 anni prima, per essere qui sepolto umilmente e silenziosamente. E lì si addormentò nel Signore il 2 Dicembre 1991, pronunciando le parole: "Di essere uno".




Il Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli ha proclamato, il 27 novembre 2013, ufficialmente la canonizzazione del santo anziano padre Porfirio (1906-1991).

La fonte consultata ed elaborata è in ortodoxia.it
Per approfondire si veda il libro: La fiamma divina che si accese nel mio cuore (Monaco Agapio)

giovedì 19 dicembre 2013

Decreti del 17 dicembre 2013: un Santo , una Beata e due Venerabili



San Pietro Favre sj

Il 17 dicembre 2013, il Sommo Pontefice, accolta la relazione del Prefetto, ha esteso alla Chiesa Universale il culto liturgico in onore del Beato Pietro Favre, Sacerdote professo della Compagnia di Gesù, nato a Le Villaret (Alta Savoia, Francia) il 13 aprile 1506 e morto a Roma il 1° agosto 1546, iscrivendolo nel catalogo dei Santi.



Allo stesso tempo, ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti:




- il miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Maria Teresa Demjanovich, Suora professa della Congregazione delle Suore della Carità di Sant'Elisabetta; nata a Bayonne (New Jersey, Stati Uniti d'America) il 26 marzo 1901 e morta a Elizabeth (New Jersey, Stati Uniti d'America) l'8 maggio 1927;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Emanuele Herranz Establés, Sacerdote diocesano e Fondatore delle Religiose Esclavas de la Virgen Dolorosa; nato a Campillo de Dueñas (Spagna) il 1° gennaio 1880 e morto a Madrid (Spagna) il 29 giugno 1968;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Giorgio Ciesielski, Laico e Padre di famiglia; nato a Cracovia (Polonia) il 12 febbraio 1929 e morto in Egitto il 9 ottobre 1970.

FONTE: zenit