venerdì 31 agosto 2012

San Egidio abate



Sant'Egidio abate



Plinio il Vecchio, raccogliendo notizie dai naturalisti greci, scriveva nella Storia naturale:
“I cervi lottano contro i serpenti: ne cercano le tane e con il soffio delle narici li fanno uscire
nonostante la loro resistenza. Perciò mezzo eccellente per scacciare i serpenti è l’odore di un corno di cervo bruciato mentre contro il loro morso il principale rimedio deriva dal presame di un cerbiatto ucciso nel ventre della madre”.

Il cervo entrò presto nell'iconografia cristiana quale simbolo di Cristo che combatte e vince il demonio, rappresentato dal serpente.

Raffigurato già nelle pitture rupestri risalenti al Paleolitico, dove sembra che formasse, insieme al Toro, un sistema dualistico mitico-cosmologico, il cervo nobile (cervus elaphus) è stato un simbolo estremamente importante per le culture antiche. Distribuito in tutta Europa e in alcune zone dell'Asia, rappresentava il perpetuo rinnovarsi della vita e delle stagioni, grazie al palco (a forma di albero) che il maschio perde ogni anno alla fine della stagione degli amori. Lo si ritrova nella mitologia celtica e in quella nordica, mentre nella mitologia classica era la preda di caccia preferita di Artemide, che disponeva di quattro cerve per il traino del suo carro. In antichità si credeva, inoltre, che il cervo fosse nemico del serpente: questa e altre caratteristiche dell'animale (come il fatto di attraversare i corsi d'acqua in gruppo, aiutandosi l'un l'altro, e la conoscenza di piante medicinali per curarsi), risalenti ad Aristotele e riprese da Plinio, proseguirono nella tradizione del Fisiologo e dei Bestiari medievali. Con il cristianesimo, la figura del cervo si arricchì di significati, divenendo simbolo di Cristo e metafora del credente, che anela a Dio come la cerva all'acqua di fonte.

«Come la cerva anela ai rivi d'acqua, così l’anima ma a Te anela, o mio Dio».

È l’inizio del salmo 42: e pone le basi per una chiara metafora. D'ora in poi, per i cristiani, la cerva che anela alle fonti dell'acqua pura sarà il simbolo dell'anima che anela al Signore. Ma nel Cantico dei Cantici, 8, 14, il diletto è invitato a fuggire imitando la gazzella «o il cerbiatto sui monti degli aromi», Il cervo-anima che si disseta, il cervo che fugge: sarà da avvicinarsi, tale secondo simbolo, ancora all'anima invitata quindi a fuggire al diavolo o al peccato, o sì dovrà vedervi, come in altre parti del Cantico, un simbolo cristologico (il Cristo che con la fuga si sottrae a chi non è puro di cuore)?

Basterebbero questi due passi biblici a fondare lo statuto simbologico del cervo per tutta l'iconologia cristiana. Ma in realtà le cose sono più complicate, anche perché il cervo è carico, come pochi altri animali nella tradizione indoeuropea - e segnatamente ellenica per un verso, celtica per un altro - di valori simbologici importanti.

Il cervo può essere simbolo del Cristo o simbolo del cristiano: in entrambi i casi cacciato (dal demonio, dai peccati), ma anche cacciatore di essi. Troviamo il Cristo cacciato e al tempo stesso cacciatore nel cervo che reca tra le corna ramificate la croce nelle leggende agiografiche di sant'Eustachio e di sant'Uberto, che sembra ricalcare la prima; ancora, cervi sono attributi di santi nella leggenda e nell'iconografia di Sant'Abbondio da Como, San Corrado di Piacenza, San Donaziano, San Lamberto, San Meinhold, San Procopio da Brema, Sant Osvaldo e molti altri. E sintomatico che due santi bretoni di evidente ascendenza celtica, Edern e Thelau, cavalchino dei cervi.
A dare sostegno nell’interpretazione cristiana del cervo come simbolo di Cristo che lotta contro il male ci fu furono alcuni versetti della seconda lettera ai Tessaloncesi dell’Apostolo Paolo in cui vien riletta la trazione greco-romana della lotta tra il serpente e il cervo:
“Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti verrà l'apostasia e si rivelerà l'uomo dell'iniquità, il figlio della perdizione, l'avversario, colui che s'innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, io vi dicevo queste cose? E ora voi sapete che cosa lo trattiene perché non si manifesti se non nel suo tempo. Il mistero dell'iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che finora lo trattiene. Allora l'empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta. La venuta dell'empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell'iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l'amore della verità per essere salvati. Dio perciò manda loro una forza di seduzione, perché essi credano alla menzogna e siano condannati tutti quelli che, invece di credere alla verità, si sono compiaciuti nell'iniquità”. (2 Ts 2, 1-12)

Infine l'animale ha un ruolo importante in araldica, dove rappresenta la mitezza e la nobiltà d'animo.


* * *

Sant’Egidio
Abate, VI – VII secolo

Martirologio Romano, 1 settembre: Nel territorio di Nîmes nella Gallia narbonense, ora in Francia meridionale, sant’Egidio, da cui poi prese il nome la cittadina fiorita nella regione della Camargue, dove si tramanda che egli costruì un monastero e pose termine al corso della sua vita mortale.

Nella Legenda aurea si narra che visse per molti anni come eremita in una foresta presso Nimes, con la sola compagnia di una cerva (o di una daina) che lo nutriva con il proprio latte. Per questo motivo il santo è spesso rappresentato insieme a questo animale.


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giovedì 30 agosto 2012

In pellegrinaggio ... (V)





chiesa di Santa Maria della Rocca è una chiesa trecentesca della cittadina di Offida (AP), nelle Marche.

La chiesa si trova al confine occidentale dell'abitato, circondata su tre lati da dirupi che si aprono su due vallate.

Si tratta di una costruzione in laterizio in stile gotico, eretta da Maestro Albertino nel 1330 su una preesistente piccola chiesa benedettina.

La facciata, rivolta verso l'esterno dell'abitato è articolata da lesene e sul lato opposto sono presenti tre alte absidi poligonali con paraste di pietra bianca, monofore e archetti gotici. Sull'abside centrale si apre un portale gotico che immette nella cripta (a 3 poi a 5 navate), larga quanto la chiesa superiore e ornata di affreschi attribuiti al Maestro di Offida.

La chiesa superiore, ad aula unica secondo la tradizione degli ordini mendicanti, conserva affreschi di influsso giottesco, ancora attribuiti al Maestro di Offida (quelli del transetto sono datati da un'iscrizione al 1367) e altri attribuiti a Giacomo da Campli (secolo XV). Parte delle decorazioni originali sono andate perse anche per il deperimento della copertura.

Negli altari laterali, eretti in epoche diverse, si segnala quello dedicato a sant'Andrea, del XV secolo, con pala affrescata su muro da Vincenzo Pagani.

Durante l'avanzata delle truppe alleate, tra il 16 ed il 18 giugno 1944 alcuni militari tedeschi avevano minato completamente la chiesa affinché le macerie fossero di intralcio agli alleati, ma nessuna delle trenta mine esplose e gli abitanti attribuirono l'episodio ad un miracolo della Vergine.

Sul lato sinistro della prima scala che conduce alla chiesa è rappresentata una pecorella che mangia un quadrifoglio; la credenza popolare vuole che se ci si posiziona sopra, percorrendo a ritroso la scalinata, ad occhi chiusi, il desiderio espresso sarà esaudito.

mercoledì 29 agosto 2012

Itinerario sulle tracce di San Rocco in Italia





San Rocco, un culto che da dopo il Concilio di Costanza, ha spopolato in tutta Europa e da qui nel mondo intero.

In Italia il culto del Santo pellegrino ha una connotazione storica e popolare.
Molti comuni e frazioni lo venerano con solenni riti che celebrano la memoria liturgica del 16 agosto, ma anche in altre date durante l’anno a ricordo di ex voto o di miracoli operati dal santo di Montpellier.

Ma dove incontrare segni storici della presenza del Santo in Italia?
Molti sono i percorsi.
Secondo gli agiografi egli morì a Voghera, o forse lì arrivo il corpo, perché venduto o trafugato da Montpellier.

Si potrebbe da qui partire visitando la Chiesa parrocchiale di San Rocco dove anticamente era custodito il sacro corpo ed ove ora è venerato il suo santo braccio. Poi proseguire verso nord e fare tappa a  Sarmato (PC): qui la piccola chiesa sopra la grotta del santo e la fonte.
Sarmato è il luogo dove il Santo si ricoverò a causa del contagio della peste. Luogo della malattia e dell'incontro col cane.
A tal proposito, molte canzoni popolari ricordano che a Piacenza il Santo visse la prova della fede. Così infatti cantano a S. Sostene:

"In Piacenza Iddio per prova
nella coscia dal contagio ma
si attacco col tuo visaggio
perché il mondo sia protetto"

A Sarmato ha sede l'Associazione Nazionale San Rocco Italia. Dopo Sarmato, il cammino può giungere a Dovera (CR), dove c’è un piccolo e delizioso santuario.
Il santuario sorse, secondo la tradizione, nel 1524 a seguito di un evento miracoloso che ebbe come protagonista il mugnaio Ambrogio de Bretis (o Beretta) il quale, a seguito di visione in sogno di san Rocco, fu risanato dalla peste.

Il santo avrebbe richiesto l'edificazione di una chiesa promettendo grazie e protezione.

Di fronte allo scetticismo dei compaesani il santo diede un segno-prova infilando sotto la pelle della mano di Ambrogio una corniola.

Nello stesso anno 1524 il vescovo di Pavia, che a quei tempi aveva giurisdizione anche su queste terre, concedette alla scuola dei Disciplini l'approvazione di uno statuto e all'edificazione della chiesa. Vi fu anche un intervento di papa Clemente VII che conferì al santuario speciali privilegi.

L'edificio era già costruito nel 1545 quando venne affidata a Callisto Piazza la decorazione interna.

Risale all'anno 1752 la costruzione a cavallo della roggia Chignola Vecchia di una sagrestia.

Nel 1868 il governò italiano decretò l'esproprio di tutti i benefici legati al santuario.

Dopo la visita al Santuario di Dovera il devoto di San Rocco giunge a Venezia: qui il corpo del Santo di Montpellier è giunto nel 1485.
Il 13 marzo il Patriarca Maffeo Girardi comunicò al Consiglio dei Dieci l'avvenuta traslazione delle reliquie (da Voghera) e certificò la loro autenticità.

Ecco concluso un piccolo itinerario storico sulle tracce di San Rocco in Italia.

martedì 28 agosto 2012

In pellegrianggio ... (IV)






Beato Pietro Giacomo da Pesaro
Convento di San Nicola – Valmanete (PU)
Ai tempi di San Nicola, (raccontano il Padre Domenico Gentili ed il Padre Agostino Trapè nella Vita del Santo) la solitudine dei boschi regnava sovrana a Valmanente. Giù, in fondo alla valle, la città di Pesaro ed il mare. Il Santo vi fu inviato di comunità appena sacerdote nel 1274. Qui ebbe la “visione delle anime purganti”. La notte era avanzata e Nicola, dopo lunghe ore di preghiera, aveva preso sonno da poco quando, in una dimensione che misura le nostre esperienze collocate al di sopra della realtà, avvenne il fatto. Egli non seppe mai se fu nel sonno ovvero nella veglia. Ebbe coscienza di percepire una voce spiegata, in timbri alti e lamentosi: … “Padre Nicola, uomo di Dio, guardami, sono l'anima di frate Pellegrino da Osimo…Ti prego umilmente che tu celebri la Messa per i defunti affinché io possa avere refrigerio dalle fiamme”. Nicola, al sacrificio liturgico aggiunse preghiere, discipline, digiuni e astinenze. Dopo sette giorni gli apparve di nuovo l'anima di frate Pellegrino con gli occhi fulgenti di gioia che lo ringraziò a nome suo e a nome di tutte le anime beneficate dalla sua carità”. Quell'episodio non fu più dimenticato e non lo dimenticò il nostro Santo che pregò e sta pregando sempre e molto per i defunti; non lo dimenticarono i suoi devoti che lo invocarono e lo invocano tuttora come protettore speciale delle anime purganti.
Quella sacralità semplice nell'apparenza ma forte ed intensa nel contenuto interno e questa sacralità semplice è confermata a prima vista dalla facciata della chiesa, una semplice facciata coperta a capanna, interrotta a mezza altezza da un coronamento aggettante. Quattro parastine verticali contornano inferiormente il semplice portalino dalla cornice a volute con croce centrale sotto la quale sta la scritta “TERRIBILIS EST LOCVS ISTE. VERE NON EST. HIC ALIVD NISI DOMUS DEI & PORTA CELI 1761” (“Terribile è questo luogo. In verità, questo non è altro che la casa di Dio e la porta del Cielo”). Occorre però precisare che tale frase ha segno d'estrema riverenza per chi frequenta il luogo di Valmanente. La parola “terribilis” è qui da intendersi come “riverente, luogo da riverirsi” e non dunque come terribile nel senso proprio del termine).
Una sacralità nello stesso tempo forte perché nella chiesetta sono conservate le spoglie del Beato Pietro Giacomo da Pesaro morto in sentore di santità nel 1496. A fianco della facciata della chiesetta si erge l'antico conventino al quali vi si accede attraverso un portale anch'esso con volute a “tutto sesto”, con scolpito sulla chiave di volta l'astro stellare raggiante, simbolo di San Nicola da Tolentino. Questo è Valmanente, luogo mistico, sacro, luogo di preghiera, luogo di relax, pace e tranquillità tra il verde dei prati e del bosco, luogo da visitare e da frequentare in un tiepido pomeriggio primaverile.

Il beato Pietro Giacomo nasce a Pesaro molto probabilmente nell’anno 1445. Poco si sa della sua famiglia, che qualche storico chiama Gaspari. Giovanissimo chiede ed ottiene di entrare nella sua città nel Convento degli agostiniani, i quali infondono in lui l’elemento carismatico che li caratterizza: lo studio come via alla sapienza, alla virtù e al ministero apostolico.
Terminato il noviziato, il giovane emette la professione e viene avviato al compimento degli studi necessari per il ministero sacerdotale e alla carriera accademica secondo il rigido e impegnativo programma prescritto all’Ordine agostiniano.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, è inserito nella vita conventuale con l’impegno di proseguire gli studi e di guidare i giovani studenti dell’Ordine.
Nel 1472 è Maestro degli studenti a Perugia.
Nel 1473 è inviato ad insegnare nello Studio agostiniano di Firenze.
Nel 1482 lo troviamo, già con il titolo di maestro in Sacra Teologia a Rimini con il compito di Reggente dello studio.
Partecipa a due Capitoli Generali: nel 1482 a Perugia e nel 1486 a Siena.
Muore poco più che cinquantenne.
La sua vita dunque termina non per il logorio degli anni ma, probabilmente, per la fatica e la penitenza. Al termine della sua esistenza, sempre nella stima dei superiori e confratelli, rinuncia ad ogni incarico, anche prestigioso, e preferisce dedicarsi alla vita ascetica e alla contemplazione nell'eremo di Valmanente, reso famoso dalla santità di Nicola da Tolentino,il quale proprio in quel luogo ebbe la sua celebre visione del Purgatorio.
Altre notizie, che a volte nelle piccole biografie gli storici hanno riportato - come una sua nomina a commissario generalizio per una vertenza tra i Conventi di Pergola e Corinaldo, la sua elezione a Priore Provinciale della Provincia Picena e l'incarico di Priore nel celebre Convento e Studio di S. Giacomo Maggiore a Bologna -andrebbero meglio verificate, anche perché alcune potrebbero riferirsi ad un omonimo Pietro Giacomo da Pesaro, a lui contemporaneo.
Da notizie certe sappiamo tuttavia che il Beato emerge per alcune caratteristiche inconfondibili: la santità di vita, l'amore per lo studio, l'impegno nell'evangelizzazione e nella formazione spirituale e culturale dei giovani agostiniani, la ricerca di solitudine, ascesi, preghiera e penitenza, tutti elementi che le Costituzioni del tempo -erano le stesse preparate dai Beati Clemente da Osimo e Agostino Novello per il Capitolo di Ratisbona nel 1290 -presentavano come punti forza dell' Ordine agostiniano appena strutturato.
Muore nel 1496 a Valmanente, dove le sue reliquie oggi si venerano nella chiesa agostiniana. Pio IX ne approvò il culto nel 1848 e la sua memoria liturgica ricorre il 23 giugno

lunedì 27 agosto 2012

Prega per noi!



Madonna col Bambino scolaro
Duomo di Breno (anomino XVI sec.)


Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, fra le donne, figlia e ancella dell'altissimo Re, il Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo; prega per noi con san Michele arcangelo e con tutte le virtù dei cieli, e con tutti i santi, presso il tuo santissimo Figlio diletto, nostro Signore e Maestro.

(Antifona alla B.V.M. di san Francesco)

domenica 26 agosto 2012

In pellegrinaggio ... (III)





Beato Ugolino Magalotti da Fiegni
Fiastra (MC)
L'attuale chiesa è il residuo di un antico monastero benedettino dedicato a San Giovanni. Nel trecento la chiesa viene abbandonata e rimanendo perciò soggetta alla chiesa plebale di San Flaviano, eretta successivamente a poca distanza. Il titolo di S.Ugolino viene assunto dopo che, nel 1373, vi fu deposto il corpo del Beato, facendo divenire la chiesa un luogo di culto per gli abitanti di Fiegni. Nel 1582 la chiesa dei SS Giovanni e Ugolino ottiene la giurisdizione sulla Pieve di S. Flaviano.La chiesa è oggi conosciuta come Santuario del Beato Ugolino. Il beato, figlio del nobile Magalotto IV, nacque nel 1400 e, dopo essere rimasto orfano, si dedicò alla vita eremitica. Sul luogo in cui Ugolino andava a pregare, in prossimità di una fonte, è stata in tempi recenti costruita una piccola chiesa a lui dedicata. Nonostante i diversi restauri, la struttura esterna del santuario evidenzia gran parte degli elementi architettonici dell'originaria chiesa romanica, compreso un ben portale originale in pietra bianca sormontato da un piccolo rosone, e la torre campanaria.L'interno è a due navate: quella principale, con copertura a capriare, è chiusa dall'abside mentre quella di sinistra, ha un tetto spiovente. Entrambe le navate sono divise da due archi, poggianti su un pilastro centrale. Le pareti degli archi, dei pilastri e dell'abside presentano affreschi che vanno dal '400 al '700.

Il Beato Ugolino, l’anacoreta dei monti Sibillini, nacque a Fiegni, a sei chilometri da Fiastra, in provincia di Macerata, intorno ai primi anni del XIV sec. Il padre fu Malagotto III, discendente di quella nobile famiglia dei conti Malagotti, Signori di ben quattro feudi: Appennino, Poggio, Cerreto, Fiastra. Al tempo in cui venne alla luce Ugolino, i feudi erano già stati dati in cessione al comune di Camerino. Il castello di Fiegni, che pure apparteneva al feudo di Fiastra, non rientrò subito nella cessione e rimase residenza dei Malagotti, ed in questo il Beato nacque. La madre, Lucia, non sopravvisse al parto e lo lasciò orfano. Ugolino fin dall’infanzia ebbe una salda formazione spirituale, che lo portò a proseguire da solo, senza tentennamenti, il cammino della vita anche quando a tredici anni gli morì il padre. Da quel momento il giovane, libero di disporre della sua volontà, maturò l’idea di vendere la proprietà lasciatagli dal genitore in ossequio al precetto della perfezione evangelica. Così a vent’anni vendette la proprietà e si ritirò in un eremitaggio. Decisione che si era venuta maturando sempre più dallo studio delle sacre scritture, dalle quali avrebbe colto ed applicato a sé l’invito alla perfezione estraniandosi dal mondo. Non lontano da Fiegni, in un luogo fatto per la contemplazione solitaria, c’era un antico monastero benedettino, là Ugolino avrebbe potuto scegliere la sua dimora di asceta. Preferì invece ritirarsi in solitaria meditazione in una grotta presso Fiegni. Qui sarebbe rimasto fino alla sua morte, vivendo in unione di preghiera e di meditazione con Dio, macerandosi il corpo i cui istinti domava con astinenze e digiuni; contento di nutrirsi con poco pane, che forse riceveva in elemosina, con erbe e radici. Lo ristorava una sorgente, che la tradizione vuole fatta scaturire da lui stesso. Si dice che una temporanea dimora il Beato l’abbia avuta a S. Liberato, un eremo fatto costruire probabilmente da S. Francesco d’Assisi, sito sul pendio del monte Ragnolo, non lontano da Fiegni. Per questo alcuni credono che il Beato abbia professato la regola di San Francesco o fosse almeno terziario. Ma Ugolino fu piuttosto un precorritore del Terz’ Ordine francescano monastico.
Nella solitudine dell’eremo subì tentazioni ed ebbe allucinanti visioni. Si parla di apparizioni demoniache, che gli levavano il sonno e gli strappavano perfino il poco e miserabile nutrimento. Riuscì sempre vincitore da queste prove. Operò meravigliosi interventi a favore di quanti, attratti dalla fama della sua santità, ricorrevano a lui fiduciosi. Guarì un certo Pietro, zoppo fin dalla nascita e impossibilitato a camminare; restituì la vista a un tale Antonio che aveva perso un occhio nel tagliare la legna; guarì gli indemoniati.
Il Beato Ugolino rimase nell’eremo per circa trent’anni e morì nel mese di dicembre del 1373. Il trapasso avvenne nello stesso luogo dell’eremitaggio. Dopo la morte, il corpo del Beato venne portato nel vicino castello di Fiegni e collocato nella chiesa dedicata a S. Giovanni Battista.

sabato 25 agosto 2012

In pellegrianggio ... (II)







SANTA VITTORIA IN MATENANO (FM)
Sulla vetta del Monte Matenano si conserva il complesso del "Cappellone" e subito sotto la chiesa Collegiata con il Santuario di Santa Vittoria, realizzati tra il 1741 ed il 1815, che ospita nella cripta l'arca contenente i resti della Santa.


San Severino Marche (MC)

SANTA MARGHERITA CESOLO
Cesolo, San Severino Marche
Nel 1325 a Cesolo, una frazione di San Severino Marche (MC), nacque Santa Margherita, detta la "scalza". I suoi genitori, persone di umili origini e dediti all'agricoltura, le diedero una profonda educazione cristiana. All'età di 15 anni, mentre era intenta a pascolare il gregge, le apparve Gesù sotto le spoglie di un povero pellegrino. Il pellegrino le chiese da mangiare e la piccola le offrì l'unico pane che aveva. Ritornata a casa affamata, chiese alla madre se avesse qualcosa da darle da mangiare, questa le rispose che non aveva nulla. Margherita la pregò di guardare nella madia, la madre acconsentì alla richiesta e con sommo stupore trovò che la madia era piena di una gran quantità di pane da soddisfare i bisogni della famiglia e dei poveri del vicinato. La santa per non contraddire la volontà dei genitori, accettò ad unirsi in matrimonio con un giovane della città. Ebbe una figlia che educò secondo i principi cristiani. Alla morte del marito decise di dedicare tutta la sua vita al servizio dei poveri, alla preghiera e alla penitenza. Per essere vicina alla passione di Cristo si infliggeva terribili penitenze: camminava a piedi nudi per le vie della città (da qui il nome di Margherita la "scalza"), portava il cilicio, dormiva su un letto di sarmenti e poggiava il capo su una pietra. Sopportò una lunga e dolorosa malattia con grande fede e rassegnazione. Il 5 agosto 1395, ormai prossima alla morte, alla richiesta della figlia di lasciarle un ricordo, le si staccò la pelle dei piedi a forma di calzari con l'impronta di tutte le cinque dita, eppoi spirò. Il suo corpo riposa nella chiesa parrocchiale di Cesolo.

BEATA CAMILLA GENTILI ROVELLONE
Chiesa San Domenico - Via. E. Rosa - S. Severino Marche (MC)
Costruita con l'annesso convento nella prima metà del XIII secolo, fu riedificata agli inizi del sec XIV e trasformata nelle forme attuali nel sec XVII. All'interno è conservata una pregevole tavola cinquecetesca di Bernardino di Mariotto.

Camilla Gentili nacque nelle seconda metà del XV secolo, da Luca Gentili dei signori di Rovellone e da Brandina della nobile famiglia dei Grassi. Per volere della famiglia, si sposò con il nobile Battista Santucci, uomo violento e rissoso. Il marito di Camilla riversava l'odio che aveva per tutti i membri della famiglia Grassi, sulla suocera Brandina e sulla sposa, donna mite, sottomessa e stimata da tutti per la bontà. Incolpato dell'assassinio di Pierozzo Grassi nel 1482, Battista ebbe salva la vita grazie all'intervento personale e le preghiere di Camilla. Nonostante ciò il suo odio verso i Grassi non si placò, anzi crebbe a tal punto da proibire alla moglie di avere contatti con la madre Brandina. Accortosi che il suo divieto non era stato rispettato, il 26 luglio 1486, Battista con finta tenerezza invitò Camilla ad accompagnarlo all' Uvaiolo, località dove possedeva un podere, per trascorrere qualche ora in serenità. Camilla accondiscese senza rendersi conto che si stava recando al patibolo. Qui il marito tirò fuori un pugnale e colpì Camilla prima alla gola e poi al seno, mentre lei innalzava al Signore la sua preghiera di perdono e di amore. Battista commesso il grave misfatto tentò la fuga che non poté effettuare come se fosse legato a terra. L'agghiacciante fatto venne subito scoperto, destando indignazione e pietà. La salma di Camilla fu tumulata nella chiesa di Santa Maria del Mercato (l'attuale chiesa di San Domenico) dove la famiglia Gentili aveva la sepoltura. Fin da subito la sua tomba fu meta di pellegrinaggi per le grazie ed i prodigi accordati a quanti ricorrevano alla sua protezione. Devoto di Camilla fu anche il cardinale di Bologna Prospero Lambertini che divenne poi papa con il nome di Benedetto XIV. Il 15 gennaio 1841 Gregorio XVI la proclamò "Beata" e stabilì la festa della Beata Camilla Gentili di Rovellone il 27 luglio, il giorno dopo la sua morte.

Beato Pellegrino da Falerone
Santuario Madonna dei Lumi in S. Severino Marche (MC)
Via Madonna dei Lumi
Fu edificato nel XVI sec. in seguito ad un fatto prodigioso, avvenuto nel 1584, di un grande e ripetuto scintillare di lumi nel luogo dove, su un pilastro, era dipinta l'immagine della Madonna. La costruzione, deve le forme attuali ai Barnabiti, che nel 1657 ebbero la custodia del Santuario, oggi affidato ai Cistercensi.

Nel Santuario della Madonna dei Lumi, sono conservati i resti del Beato Pellegrino da Falerone. Nacque verso il 1180 a Falerone, paese della provincia di Ascoli Piceno.Apparteneva ad una nobile famiglia. Da giovane fu indirizzato alla carriera degli studi giuridici nella Università di Bologna. In questa città maturò la sua vocazione religiosa dovuta ad una predica pubblica, tenuta da S.Francesco di Assisi a Bologna il 15 agosto 1222.
S. Francesco lo accettò al suo seguito, avendo egli lasciato le sue ricchezze. Fu un umile frate, si dedicò alla assistenza dei malati con amore e sollecitudine. Pellegrino muore nel convento di San Severino il 5 settembre 1233.
Per i molti prodigi prima e dopo la morte fu subito venerato come santo dal popolo. Verso la fine del 1200 il corpo del Beato Pellegrino, riesumato e incorrotto, fu trasferito nella vicina e nuova chiesa al Castello, dedicata a San Francesco.
Nel 1585 il corpo del Beato fu trovato disfatto. Le sacre ossa furono composte in una umile cassa di legno e furono traslocate nel Santuario della Madonna dei Lumi il 30 luglio del 1865, ove ancora si conservano.  Il suo culto fu confermato dal Papa Pio VII nel 1821. La gente ricorreva alla intercessione di questo santo per essere liberata dal mal di denti. I monaci toccavano i denti con la reliquia del santo e facevano la orazione annessa. Nel 1986 fu rubata la reliquia del santo e la tradizione si è spenta.

Beato Bentivoglio De Bonis
Santuario Madonna dei Lumi in S. Severino Marche (MC)
Oltre i resti del Beato Pellegrino, il Santuario custodisce quelli del Beato Bentivoglio De Bonis, che nasce a San Severino Marche verso la fine del secolo XII. Era figlio della nobile famiglia Giraldo e Albasia De Bonis che dimora al Castello.
Per la predicazione di S. Francesco di Assisi, il movimento francescano aveva posto profonde radici nella città di San Severino. Fuori le mura era sorto un convento e qui molti giovani entravano come religiosi, attratti dal fascino spirituale di Francesco. Tra questi, non senza contrasti familiari,vi fu anche Bentivoglio, presentato a San Francesco da frate Paolo da Spoleto, fondatore del convento settempedano.
San Francesco, intuendo in Bentivoglio la stoffa del santo, non esitò a rivestirlo dell’abito di frate minore nell’anno 1223 circa.
La vita di umiltà e povertà del Beato è menzionata nel capitolo 42 dei Fioretti di San Francesco.
Divenne sacerdote, predicatore, modello di santità e operatore di fatti prodigiosi in vita e dopo morte, la quale avvenne la notte di Natale del 1288.
Le sue spoglia mortali furono seppellite nella chiesa di San Francesco fuori le mura del Castello di San Severino, dove rimase fino al 30 luglio dell’anno 1865. Da allora il B.Bentivoglio è stato sempre venerato dal popolo e dall’Ordine francescano come santo; per questo il suo culto fu confermato da Papa Pio IX il 23 settembre 1852.
Poco dopo le autorità cittadine di San Severino lo proclamavano comprotettore della città ed una lapide marmorea nel Palazzo Comunale ne tramanda la memoria. Le sue spoglie furono portate nel Santuario della Madonna dei Lumi nel 1865 insieme a quelle del Beato Pellegrino.

Venerabile Francesca Trigli
Santuario Madonna dei Lumi in S. Severino Marche (MC)
All’ingresso della Cappella della Madonna dei Lumi, alla base del pilastro di sinistra per chi guarda l’altare della Vergine, si nota una lapide in marmo nero che indica la tomba della Venerabile Francesca Trigli, detta dal Serrone, terziaria francescana. Nacque nella frazione Serrone di San Severino nel 1557. Visse con fervore lo spirito di San Francesco e ne abbracciò il Terzo Ordine. Morì in concetto di santità nel 1601.
Nel 1609 iniziarono le raccolte delle testimonianze per il processo di beatificazione. Nella biblioteca comunale di San Severino, esiste un carteggio che raccoglie tutti gli elementi per il processo, ricco di testimonianze e fatti prodigiosi.
Purtroppo il processo fu sospeso il 23 marzo 1625 per decreto di Papa Urbano VIII, che stabiliva per queste cause un intervallo di 50 anni  dalla morte. Poi per vari motivi, tra cui quello della mancanza di fondi, il processo non fu più ripreso.
La Venerabile è rimasta famosa per un profondo spirito di preghiera, per l’amore alla Passione di Cristo, a cui si avvicinò con la espressione di una piaga al costato, che nei venerdì dai 14 anni fino alla morte continuò a sanguinare. Esercitò la carità verso i bisognosi, specialmente verso i bambini abbandonati, inoltre nascondeva nella umiltà le grazie che Dio elargiva per sua intercessione. Ebbe il dono di conoscere il segreto delle coscienze e quello della profezia. Previde l’apparizione dei Lumi del 17 gennaio 1584; la costruzione del Santuario omonimo e la elezione del Papa Sisto V.
La tradizione ci ha lasciato un ricco ricamo su filo rete, da lei fatto e donato al Santuario per l’altare della Madonna, ancora oggi, esposto alla ammirazione dei devoti, vicino la sua tomba.
Non meno intensa fu la sua devozione per la Madonna, dalla quale ebbe grande conforto fin dai primi anni di vita, a causa della perdita dei suoi genitori. Dalla sua biografia rileviamo un forte attaccamento alla Eucaristia, tanto che per lunghi anni, fu il suo unico nutrimento. Una vera mistica insomma!
Lei stessa aveva chiesto di essere sepolta nel Santuario della Madonna dei Lumi, dove spesso si raccoglieva in preghiera.
Desiderio che fu esaudito dal primo vescovo della rinata diocesi di San Severino Marche, Mons. Marziario nel 1601.

Beata Marchesina Luzi
Chiesa S. Agostino in S. Severino Marche
La Chiesa, in origine dedicata a S. Maria Maddalena, fu assegnata nel XIII sec. agli Agostiniani. Rimaneggiata a più riprese, subì radicali restauri quando, nel 1827, divenne cattedrale. Interessante la facciata (XV sec.) in cui si nota il bel portale cuspidato in laterizio con tracce di affreschi di Lorenzo d'Alessandro; all'interno si trovano numerose opere.

La beata Marchesina Luzi nacque a San Severino verso la fine del '400 da Silvestro Luzi, capostipite di una illustre e nobile famiglia vissana. Marchesina viveva con il padre Silvestro, lo zio Don Bernardino, rettore della chiesa abbaziale di San Lorenzo, ed il fratello Mariotto. Marchesina cresceva virtuosa e dedita alle opere di carità e alla preghiera.
Aveva forte il desiderio di entrare in convento ma, non volendo abbandonare il padre, decise di scegliere un'altra forma di vita religiosa molto in auge in quel tempo: si iscrisse al terzo ordine di Sant'Agostino vestendone l'abito. La monaca era molto preoccupata per la vita dissoluta che conduceva Mariotto. Il fratello, dedito ad illecite relazioni, aveva persino messo gli occhi su Marchesina.
I primi di gennaio del 1510, Mariotto disse al padre di volersi recare a fare una visita a Visso, luogo di provenienza della famiglia, e chiese il permesso di portare con sé sua sorella. Durante il percorso Mariotto tentò di abusare di Marchesina, ma lei rifiutò le proposte oscene del fratello e costui la strangolò ed abbandonò il corpo in una grotta. Sarebbe passato tanto tempo prima di conoscere il misfatto, se Marchesina non fosse apparsa per tre notti in sogno ad un frate agostiniano indicandogli il luogo della sua morte e la causa.
A questo punto il frate, su consiglio del suo superiore, decise di accertarsi della veridicità del sogno e recatosi presso le Grotte di S. Eustacchio trovò il cadavere della monaca ancora roseo e flessibile, nonostante fossero passati tre giorni. Il corpo fu traslato nella chiesa di Sant' Agostino ed ancora oggi riposa lì, nell'altare dedicato a San Valentino.

venerdì 24 agosto 2012

In pellegrinaggio ... (I)



La Madonna di Loreto e
i Ss. Romualdo, Benedetto, Agostino e
Giovanni Evangelista (XVII sec.)


EREMO DELLA VERNA – CHIUSI DELLA VERNA (AR)
Orario apertura:
08:00-20:30
Camere: 72 (singole, doppie e triple)
Tel. 0575 5341, 0575 534210, orario: 09 -17
Prezzi pensione completa anno 2011:
55 euro per un giorno
46 euro per permanenze di almeno 3 giorni
@ santuarioverna@gmail.com


CASCIA (dal 22 al 25 agosto)
Hotel delle Rose - Casa del Pellegrino
via Fasce 2 - 06043 Cascia (Perugia)
tel. +39 0743 76241 - fax + 39 0743 76240

1\2 pensione 70 euro
Pensione completa 80 euro
Camera singola

ORARI DI APERTURA DEL SANTUARIO SANTA RITA DA CASCIA
aprile-ottobre
VISITE AL MONASTERO
festivi:  8.00;  8.30;  9.00;  9.45;  10.30;  11.15;  12.00;  14.30;  15.30;  16.45;  17.30
feriali:  9.00;  10.15;  11.15;  14.30;  15.30;  16.45;  17.30
VISITE ALLA BASILICA
festivi: dalle 6.30 alle 20.00

NORCIA
Casa Religiosa San Benedetto
Norcia, Via delle Vergini, 13 – Tel. e Fax 0743.828208

Il nucleo storico di Norcia è raccolto entro una cinta muraria del XIII secolo dalla singolare forma a cuore. Lungo il perimetro sono visibili le otto antiche porte della cittadina, che hanno conservato il nome e le caratteristiche di un tempo, ed i torrioni medioevali.

Entrando da Porta Romana, percorrendo l'ottocentesco Corso Sertorio si arriva nella piazza principale, naturalmente dedicata a San Benedetto. Qui - intorno alla statua in onore del figlio più illustre di Norcia (1880, opera di Giuseppe Prinzi) - si affacciano i più importanti edifici della cittadina. Il Palazzo Comunale, costruito nel sec. XIII, fu restaurato in varie epoche a causa dei frequenti terremoti. Del sec. XIII rimane il portico con colonne basse e tozze, mentre la parte superiore ha acquistato l'aspetto attuale dopo il terremoto del 1859.

Sul lato destro del Palazzo Comunale vi è la Basilica di S. Benedetto. Presenta una facciata a capanna della fine del sec. XIV in stile gotico con un bel portale a fasci di colonnine, e sorge sopra i ruderi di un edificio romano del I-II sec. d.C. identificato, secondo la tradizione, come la casa natale del santo.

La Basilica apre ogni giorno alle 8,20 e chiude alle 20,15. La Basilica rimane chiusa il martedì pomeriggio per pulizie solitamente dalle 15,00 alle 18,00.

L'interno, a croce latina, ha subito varie modifiche nel corso dei secoli, e non segue uno stile ben preciso: elementi romanici, gotici e barocchi si mescolano tra loro. A metà della navata, attraverso due scalette laterali, si entra nella cripta, dove si possono vedere i resti delle fondazioni del palazzo del I-II secolo d.C. Alla fiancata destra della chiesa è stato addossato verso il 1570 il Portico delle Misure, con lo scopo di creare una sorta di mercato coperto dei cereali.

La rocca che occupa l'intero lato occidentale della piazza, chiamata Castellina, era una residenza fortificata ad uso dei governatori apostolici. A partire dal 1569 vi si stabilirono prefetti nominati da Roma con giurisdizione su un vasto territorio detto Prefettura della Montagna. Il progetto dell'edificio, iniziato nel 1554, è del Vignola. Splendidi il portale, il cortile, la scalinata d'accesso al piano superiore. Oggi la Castellina è sede del Museo Civico e Diocesano.

Leggermente defilata rispetto alla piazza, la Concattedrale di Santa Maria Argentea ha origini molto antiche. Al tempo dell'impero romano, sull'area ora occupata dalla Castellina sorgeva un tempio dedicato alla Dea Fortuna Argentea, che nel III sec. d.C. fu convertito al culto cristiano. I resti dell'antica pieve si possono vedere tuttora nei sotterranei della Castellina. L'attuale chiesa fu costruita tra il 1556-1570 in stile rinascimentale,con grandi arconi in pietra e cappelle gentilizie. Presenta una semplice facciata a capanna in pietra bianca e un elegante portale con imposte lignee del 1576. Il portale laterale è di fattezze gotiche (fine sec. XIV) e proviene dalla demolita pieve. Danneggiata da eventi sismici, fu restaurata in stile neoclassico nel XVIII sec. L'interno conserva numerose opere d'arte come il crocifisso ligneo di Giovanni Tedesco del 1494, una tela di Giuseppe Paladini (1756) e, nella cappella della Misericordia, il sontuoso altare di Francesco Duquesnoy (1640) e un pregevole affresco cinquecentesco con l'immagine della Madonna col Bambino e i Santi Benedetto e Scolastica. Nella cattedrale è sepolto il “corpo santo” di San Benedetto martire.

In piazza Garibaldi, la ex-chiesa di San Francesco, è uno dei più significativi esempi d'arte gotica della zona, con apprezzabili affreschi interni del XV e XVI sec. La chiesa, duramente colpita dal terremoto del 1859, è il risultato della ricostruzione portata a termine dai francescani verso il 1385, anno in cui si stava lavorando al rosone della facciata. Il complesso di San Francesco oggi ospita l'auditorium, la biblioteca e l'archivio storico comunale.

Risalendo verso la parte più alta del borgo, lungo via Anicia si trova la chiesa di S. Agostino. Conserva al suo interno altari barocchi in legno, una cantoria in noce del sec. XVII e interessanti affreschi votivi nella controfacciata (sec. XIV-XVI) e nelle pareti laterali (sec. XVI-XVII).

Poco distante da via Anicia, in via Umberto si può ammirare un'interessante edicola votiva: il Tempietto. è un piccolo monumento romanico-gotico del 1354.  Opera di un artista locale, Vanni della Tuccia, è l'edificio storico meglio conservato e più originale di Norcia.

Nel rione di Capolaterra, le cui casupole dalla candida facciata sono oggi quasi tutte restaurate,  in piazza Palatina è da visitare l'oratorio di S. Agostinuccio con il magnifico soffitto ligneo dorato e dipinto e sedili in noce del XVII secolo.

Camminando per le vie di Norcia si notano numerosi palazzi gentilizi, costruiti dalle famiglie più facoltose, con interessanti elementi architettonici e capolavori d'artigianato che decorano portali, balconi e finestre.

 A differenza che in altre città dell'Umbria, nell'edilizia civile non predomina la pietra medievale ma l'intonaco e una commistione di stili che si spiega con le vicende sismiche che hanno cambiato più volte il l'aspetto di Norcia.

Splendidi sono i balconi settecenteschi in ferro battuto (palazzi Cipriani e Accica), i portali bugnati (palazzi Passerini, Coalizzi, Seneca), le scalinate interne e i saloni.

Piedivalle
L'abbazia di Sant'Eutizio è uno dei complessi monastici più antichi in Italia. Situato nella Valcastoriana nei pressi di Piedivalle, nel comune di Preci, questo complesso è ritenuto uno dei luoghi più importanti per il monachesimo occidentale. Diverse personalità spirituali sono state legate a questo luogo, tra cui San Benedetto e San Francesco.
Questa comunità abbaziale fu fondata originariamente da Santo Spes, Sant'Eutizio e San Fiorenzo. Santo Spes fu il maestro di San Benedetto da Norcia, di Sant’Eutizio e di San Fiorenzo, e nel 470 fondò il monastero, in cui visse per quarant’anni convivendo con la sua cecità.

S. Anatolia di Narco
Sant’Anatolia di Narco è un antico borgo che sorge sulle sponde del fiume Nera, cinto da mura trecentesche e dominato da due torrioni del quattrocento.

Chiesa di San Felice di Narco
E' tradizione che fin dall'Alto Medio sarebbe esistito un cenobio fondato da San Mauro di Siria, padre di San Felice, di cui peraltro non restano tracce. Fu, in seguito, centro religioso di notevole importanza (diventò infatti priorale e collegiata) come è dimostrato, oltre che dal pregio dell'edificio, da due volumi  manoscritti e miniati del sec. XII con leggende di Santi venerati a Spoleto, provenienti da questa chiesa ed oggi conservati nella biblioteca capitolare di Spoleto. La Chiesa attuale fu costruita all'incirca nel 1190.
La facciata costituisce uno degli esempi migliori dell'architettura romanica spoletina. Fra i più interessanti esempi della scultura romanica umbra sono il rosone con i simboli evangelici, i rilievi sottostanti che raffigurano due storie di S. Felice (uccisione del drago, resurrezione del figlio della vedova) e l'Agnus Dei nel Timpano. L'interno e a una sola navata con presbiterio sopraelevato, delimitato da plutei cosmateschi, e cripta in cui si conserva il sarcofago che la tradizione attribuisce al santo titolare.

La chiesa parrocchiale di Sant'Anatolia contiene pregevoli affreschi del XIV secolo. Di grande interesse artistico è anche l'oratorio di Santa Maria delle Grazie in stile rinascimentale,

VISSO (MC)
Il Santuario di Macereto è un complesso religioso che si trova nel territorio comunale di Visso, nei Monti Sibillini, ad un'altezza di circa 1000 metri s.l.m. È situato nell'omonimo altopiano, nei cui pressi sorgeva un tempo il castello dei conti di Fiastra. Si tratta della maggiore espressione dell'Architettura rinascimentale del '500 nelle Marche.

Vuole la tradizione che il 12 agosto 1359, nel trasportare una statua lignea della Madonna con Bambino da Loreto al Regno di Napoli, i muli facenti parte della carovana si fermarono in ginocchio sul sito attualmente occupato dal santuario, e da lì non vollero più ripartire, nonostante i calci e le frustate. I popolani accorsi in aiuto videro nell'accaduto un segno divino, e pretesero che la statua rimanesse lì, così nel giro di pochi anni venne costruita sul luogo una primitiva chiesetta dedicata alla Madonna.

Nel secondo '400 la statua originale venne sostituita da un'altra, attualmente conservata nel Museo pinacoteca di Visso.

giovedì 23 agosto 2012

PREGHIERA A TUTTI I SANTI





Preghiera a tutti i Santi

O spiriti celesti, voi santi venerati in questo luogo e a voi tutti Santi del Paradiso,
volgete pietosi lo sguardo sopra di noi,
ancora peregrinanti in questa valle di dolore e di miserie.

Voi godete ora la gloria che vi siete meritata seminando nelle lacrime in questa terra di esilio.
Dio è adesso il premio delle vostre fatiche, il principio, l'oggetto e il fine dei vostri godimenti.
O anime beate, intercedete per noi!

Ottenete a noi tutti di seguire fedelmente le vostre orme,
di seguire i vostri esempi di zelo e
di amore ardente a Gesù e alle anime,
di ricopiare in noi le sue sante virtù,
affinché diveniamo segno della sua presenza e
un giorno partecipi della vostra gloria immortale.
Amen.

Litanie dei Santi

Signore Pietà! Signore, pietà!
Cristo pietà, Cristo, pietà!
Signore, pietà! Signore, pietà!
Santa Maria, madre di Dio, prega per noi.
Beata Vergine del Macereto
San Michele, prega per noi.
San Giovanni Battista, prega per noi.
San Giuseppe, prega per noi.
Santi Pietro e Paolo, pregate per noi.
Sant'Andrea, prega per noi.
San Giovanni, prega per noi.
Santi apostoli ed evangelisti, pregate per noi.
Santa Maria Maddalena, prega per noi.
Santi discepoli del Signore, pregate per noi.

Santo Stefano, prega per noi.
Sant'Ignazio d'Antiochia, prega per noi.
San Lorenzo, prega per noi.
Sante Perpetua e Felicita, pregate per noi.
Sant'Agnese, prega per noi
Santa Maria Goretti, prega per noi
San Benedetto martire romano
Santa Anatolia martire
Santi Mauro il Siro e Felice, suo figlio, martiri
Santa Vittoria martire
Beata Camilla Gentili Rovellone martire
Beata Marchesina Luzi martire
Santa Prima martire romana
San Savino martire romano
Santi martiri di Cristo, pregate per noi.

Santo Spes, prega per noi.
Sant'Eutizio, prega per noi.
Sant'Atanasio, prega per noi.
Sant'Agostino, prega per noi.
Santa Teresa d'Avila, prega per noi.
Santa Scolastica, prega per noi.
Santa Rita da Cascia, prega per noi.
Santa Marina vergine, prega per noi.
Santa Margherita da Cesolo, prega per noi.
Santa Liberata, prega per noi.
Santa Caterina da Siena, prega per noi.
San Nicola da Tolentino, prega per noi.
San Montano, prega per noi.
San Martino, prega per noi.
San Gregorio, prega per noi.
San Giovanni Maria [Vianney], prega per noi.
San Francesco, prega per noi.
San Francesco Saverio, prega per noi.
San Fiorenzo, prega per noi.
San Domenico, prega per noi.
San Benedetto, prega per noi.
San Basilio, prega per noi.
Beato Ugolino da Fiastra, prega per noi.
Beato Simone Fidati, prega per noi.
Beato Pietro Giacomo da Pesaro, prega per noi.
Beato Pellegrino da Falerone, prega per noi.
Beato Giovanni del La Verna, prega per noi.
Beato Bentivoglio de Bonis, prega per noi.
Beata Teresa Fasce, prega per noi.
Venerabile Francesca Trigli dal Serrone, prega per noi.

Santi e beati pellegrini a Loreto, pregate per noi
Santi e sante di Dio, pregate per noi.