domenica 27 dicembre 2015

Stefania, Liberata e Mater Matuta


donna che allatta
Presepe Armo

La leggenda di Stefania, la vergine che divenne madre di Santo Stefano, la mamma che allatta nel presepe popolare napoletano.
 
Si narra di una donna vergine, chiamata Stefania, che, quando nacque il Redentore, si incamminò verso la grotta per adorarlo, ma ne fu impedita dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare la Madonna che aveva da poco partorito. Allora Stefania prese una pietra, l'avvolse nelle fasce fingendosi madre e, ingannando gli angeli, riuscì a entrare nella grotta il giorno successivo.

Ma quando fu alla presenza di Maria, si compì un miracoloso prodigio: la pietra starnutì e divenne un bambino, Santo Stefano, il cui natalizio si festeggia appunto il 26 dicembre.

 Si tratta chiaramente di una leggenda popolare: non è nemmeno citata negli apocrifi. Quello della “donna-che-allatta” è un personaggio tipico dei presepi napoletani, e la tradizione popolare le ha attribuito questa storia: Stefania è una donna sterile (o una vergine non sposata) che usa uno stratagemma per raggiungere la grotta in cui non veniva fatta entrare. Ed alla fine, per miracolo… diventa inaspettatamente madre.
La tradizione popolare l’ha battezzata Stefania, per sottolineare il fatto che la ragazza riesce ad arrivare da Gesù Bambino con un giorno di ritardo rispetto agli altri pastori di Betlemme: lo incontra nel giorno che noi definiamo “di Santo Stefano”, per l’appunto. Una variante del racconto non dà nome alla madre ma assicura che il bambino nato miracolosamente, una volta cresciuto, si riunì felice agli apostoli di Cristo: e divenne il primo martire. Santo Stefano, per l’appunto.

"Implorò. Cercò di intrufolarsi. Supplicò fino alle lacrime. Prese addirittura a gomitate nella pancia un gruppo di vecchiette che stazionava davanti alla grotta, cercando di sgattaiolare in mezzo a loro: ma gli altri erano irremovibili. Le ripeterono fino alla nausea che no, lei non poteva entrare. Era la decima volta che provava a entrare nella grotta; ed era la decima volta che veniva respinta indietro. A quanto pare, c’era un gruppo di vecchiette che stazionava davanti alla stalla per prendersi cura della madre col bambino: e ogni qualvolta che lei provava a avvicinarsi, le vecchiacce la rispedivano a casa.
Prese un sasso.
Tornò a casa sua e, strada facendo, prese un sasso: uno di quelli grossi; un piccolo macigno. Poi ne prese un altro, e un altro ancora; e tornata a casa, li infilò in un sacchettone.
Chiuse il sacchetto con uno spago, e provò a sollevarlo. Sentì i muscoli delle braccia che invocavano pietà – pesava tantissimo – ma il fagottino aveva proprio le dimensioni giuste: era grosso come un neonato, ad occhio e croce. Avrebbe potuto spacciare il fagottino per un figlio: nessuno avrebbe voluto controllare se c’era davvero un bimbo sotto al fazzoletto.
Nel bel mezzo di una tempesta di vento, la gente che era alla grotta si vide arrivare questa donna velata che cullava dolcemente un cosetto infagottato… e si limitò a sorridere, e a farle largo. E Stefania riuscì a entrare nella grotta, e sentì gli occhi che le si riempiano di lacrime: vide il Bambino che dormiva nella paglia, contemplò l’Onnipotente che si era fatto lattante, e sentì un groppo di commozione salirle in gola.
Il Bambinello si rigirò nel sonno.
La ragazza vestita di blu (la Madonna) lanciò un’occhiata a Stefania e al suo macigno.
Il sasso di Stefania continuò giustamente a non fare niente, a parte il diventare sempre più pesante nelle braccia di lei, ormai stanche e intorpidite.
“È un maschio o una femmina?”, domandò la ragazzina, quietamente.
“…io temo proprio di dover andare”, annunciò Stefania tutto d’un fiato, orripilata dalla piega che stava prendendo la conversazione. Stefania sussultò.
Il sasso le tirò un calcetto.
Comprensibilmente, Stefania piantò un urlo.
La ragazza vestita di azzurro contemplò la scena con uno sguardo educatamente perplesso.
Il sasso si mise a piangere. Mentre sentiva il cuore batterle furiosamente, Stefania pensò che doveva essere impazzita: non c’era altra spiegazione. Il macigno strillò con crescente irritazione e agitò gambe e braccia, col risultato di liberarsi dal fazzoletto azzurro che lo ricopriva. E quando Stefania abbassò lo sguardo, realizzò con misto di shock e di terrore incredulo che, fra le sue braccia, si agitava senza ombra di dubbio un bel bambino."
 
Per leggere il racconto completo (QUI)
 
Questo discorso ci riporta alla questione di Santa Liberata con i due bambini e - forse - ad una svolta iconografica che sostiene la definitiva tesi dell'iconografia pagata divenuta cristiana.
 
Stefania è la Mater Mutata del presepe napoletano?
 
Mater Mutata
Museo di Capua
 
La Mater Mutata non è identica a Santa Liberata con i due bambini?