domenica 30 settembre 2012

LA PICCOLA VIA (9)






«Qual è la via che vuoi insegnare alle anime?» chiese Madre Agnese alla sorella sul letto di morte.
E lei rispose: «È il cammino della fiducia e del totale abbandono».

La delicatezza di Maria

«Quando il diavolo è riuscito ad allontanare
un’anima dalla Santa Comunione,
ha raggiunto il suo scopo ...
E Gesù piange!».
(Lettera a Maria Guérin, 30.05.1889)

Non c’è più paura, quindi, nella piccola anima che s’accosta al suo Dio: non c’è più indegnità alcuna.
Ricevere l’Eucarestia, accostarsi al Mistero, è per lei come una gentile cerimonia nuziale: l’incontro è preparato dalle mani esperte e gentili di Maria.
È come essere inseriti nella buona famiglia di Nazareth, dove non contano più i nostri abiti a brandelli, ma la delicatezza di Maria che sa come rivestirci per presentarci al suo Gesù.


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Il Pane deve essere dato

«Da lontano pare tutto rosa far del bene alle anime ...
da vicino, è tutto il contrario, la tinta rosa è scomparsa,
si sente che fare del bene è tanto impossibile
senza il soccorso del Signore,
quanto far brillare il sole in piena notte».
(Man. C)

Il pane ricevuto nell’Eucarestia non può essere gelosamente trattenuto nel proprio cuore: deve essere distribuito.
Anche la piccola anima è responsabile d’altre anime che attendono da Lei forse una parola, un insegnamento, una protezione, una guida.
Come il divino Maestro, ha pensa perché c’è sempre qualche pecorella che si smarrisce e non trova la porta dell’ovile e non vuole ascoltare il richiamo.
Ma restando unita a Lui, il Buon Pastore, non avrà riposo finchè anche qull’unica smarrito non venga salvata.


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L’Ascensore divino

«Dice il Signore: “Io sono la Via ...”».
(Vangelo di Gv, 14,6)

Sarà davvero un sorriso che rapisce la piccola anima.
Ad un tratto quelle parole evangeliche di Cristo: «Io sono la Via», assumono tutta la loro evidenza affascinante.
Ci si sente sollevati da Dio, quasi che lo stesso Gesù ci alzi tra le braccia, per decidere e facilitare gli ultimi passi.
Era così lunga e spesso faticosa la strada!
All’improvviso l’anima sente che Qualcuno le è talmente vicino da identificarsi con lei. E la propria morte è la stessa di quella redentrice di Cristo.


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I fanciulli non si dannano

«I fanciulli non si dannano».
(da “Consigli e Ricordi”)

Perciò i fanciulli non si dannano.
Non si dannano perché l’unica loro caratteristica è quell’apertura di cuore che impedisce l’indurimento e il rifiuto.
Non si dannano perché la loro fiducia è tale da superare qualsiasi abisso.
Non si dannano perché portano nelle loro mani innocenti tutto il sangue di Cristo innocente.
Non si dannano perché invocano con la loro stessa esistenza la maternità di Maria.
Non si dannano perché a un bambino Dio può aprire sempre le braccia.

Testi tratti da “La Piccola Via dell’Infanzia Spirituale”
Santuario di S. Teresa di Gesù Bambino - Verona

Santità delle Marche



Beato Girolamo Ranuzzi
da Sant'Angelo in Vado


Beato Girolamo da Sant'Angelo in Vado
Sant'Angelo in Vado (PU)
Girolamo nasce agli inizi del secolo XV a Sant'Angelo in Vado. Ancora adolescente vestì l'abito dei Servi nel convento della sua città, dal quale per un po' di tempo dovette allontanarsi per compiere gli studi. Divenuto sacerdote, ritornò nel suo convento di origine. si distinse per l'amore al silenzio e alla solitudine, per lo spirito di contemplazione, per il dono del consiglio e della prudenza. Nel 1775 Pio VI ne approvò il culto.
Il suo corpo è conservato nella chiesa dei Servi di Sant'Angelo in Vado.


Beata Castoria Gabrielli

Sant'Angelo in Vado (PU)

Beato Giovanni da Penna
Chiesa di San Francesco – Penna San Giovanni (MC)
Curiosità: Chiesa di Santa Filomena

Beato Giovanni della Martella
Chiesa di San Michele – Serrapetrona (MC)

Serravalle di Chienti (MC)
Abbazia del SS. Salvatore di Acquapagana

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)





Il cammino di Gesù verso Gerusalemme è un susseguirsi di insegnamenti e raccomandazioni; una specie di manuale del vero discepolo, che serve da continuo confronto per la fede, ancora solo all’inizio, dei Dodici.

Il primo insegnamento di questo domenica: il bene parte dal Signore, è lui che infonde la capacità di amare nell’uomo; è solo nel suo nome che il bene è purificato da ogni fasullo sforzo umano e da ogni egoismo.

Rileggiamo a tal proposito l’inizio della I lettura e del Vangelo:
“il Signore scese nella nube e parlò a Mosè: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani”
“non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi”.

Il secondo insegnamento: il bene che ciascuno di noi compie, non deve essere motivo di gelosia, ma di gioia, perché sostiene il cammino di amore che l’umanità deve compiere.

Rileggiamo a tal proposito, ancora, la I lettura e del Vangelo:
“Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!»”
“Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi”.

Fateci caso… qui colui che parla ed è geloso è il discepolo amato … Giovanni!

Il terzo insegnamento. Alla luce di quanto fin ora detto: i doni nella Chiesa non sono potere ma responsabilità; non sono possesso ma sono carità.
Quante volte gli uomini di Chiesa o coloro che collaborano con loro sono presi da questa tentazione, che poi diventa scandalo.

Quarto insegnamento. Lo scandalo. Che consiste nell’allontanare dalla Chiesa e da Cristo. Il discepolo che da scandalo condanna “i piccoli” alla smarrimento della strada della salvezza.
“Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”.

Quinto insegnamento. Tutti siamo capaci di fare il bene. Il bene nel nome del Signore non è un grande gesto, ma sono i piccoli gesti di ogni giorni che accendono il fuoco dell’amore di Dio per l’umanità.
“Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”.

Sesto insegnamento. Tutti siamo capaci di fare il male. Ci sono i piccoli mali – che si oppongono al bicchiere d’acqua; c’è il male interiore che ammala l’anima umana – la gelosia di Giovanni e di Giosuè; ma poi c’è il grande male che nasce dal desiderio indomato dell’uomo di possedere, di essere, di comandare, di giudicare, di ascoltate, eccetera che poi “divorerà le vostre carni come un fuoco”, dice l’Apostolo Giacomo.

Settimo insegnamento. L’Apostolo Giacomo, nella II lettura, ci fa comprendere che l’operosità nel male diventa oppressione del debole, ingiustizia, causa un malessere che “grida, e le proteste …  sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente”.

C’è un male che grida e va ascoltato, e va sanato secondo il mandato della compassione di Cristo.


Opere di Misericordia, oratorio san Gregorio Nazianzeno,
presso Santa Maria in Campo Marzio
Roma

Concludo citando il percorso della Piccola Via di Santa Teresa del Bambin Gesù, in su legge:
«Non vi è che una cosa sola da fare quaggiù: gettare a Gesù i fiori dei piccoli sacrifici e prenderlo con le carezze» (Novissima Verba)

Un altro pericolo per l’anima-fanciulla è raccogliere dei fiori, ammassare dei piccoli tesori e poi tenerli per sé, oppure rammaricarsi di doverli distribuire così, semplicemente, senza che gli altri li apprezzino, accettando che li sciupino o addirittura li esigano senza accorgersi di quanto costino.

Ma essere bambini (piccoli secondo il Vangelo) vuol dire non essere capaci di riflettere sul dare e sull’avere.
Amen!

sabato 29 settembre 2012

LA PICCOLA VIA (8)





«Qual è la via che vuoi insegnare alle anime?» chiese Madre Agnese alla sorella sul letto di morte.
E lei rispose: «È il cammino della fiducia e del totale abbandono».

Abituarsi all’amore

«Non si può ai abbastanza confidare in Dio
che è tanto potente e misericordioso.
Si ottiene da Lui appunto ciò che da Lui si spera».
(da “Novissima Verba”)

Abituarsi all’amore, ci aiuterà a sentirci fanciulli davanti a Dio: portati da Lui.
Ad un tratto ci s’accorge che tutto è diventato più facile, gli ostacoli sembrano scomparire e il cammino sembra diventato così sereno!
Cos’è accaduto?
Soltanto questo: si è giunti ad amare Dio fino al punto di lasciarLo agire.
“Senza di me, non potete far nulla” ha detto Gesù: l’anima ora esperimenta il “tutto” che può realizzare tra le braccia di Cristo.

Testi tratti da “La Piccola Via dell’Infanzia Spirituale”
Santuario di S. Teresa di Gesù Bambino - Verona

Il Santo eremita del Fortore (3)



San Giovanni Eremita da Tufara
Chiesa Madre
S. Bartolomeo in Galdo (BN)


“Amatevi, amatevi sempre, figliuoli miei: Quel giorno o quel momento in cui cesserete di amarvi, andrete sbandati fuori di questo santo luogo. Tale precetto diede l’Evangelista Giovanni ai suoi discepoli, questo io lascio a voi: amate! Amate Dio, primo nostro principio e ultimo fine, amate la santa chiesa che è la via della salute, amate di un amore divino l’ anima vostra, amate tutti e sempre per nostro Signore. Così solo io seguiterò ad amare pur voi dal cielo: oh il cielo, il cielo! Là andrò in breve a riposarmi e di là non cesserò di guardarvi: Vi amerò di un affetto divino e vi gioverò più che qui non abbia potuto. E poi è là che io vi attendo, venite tutti, canteremo insieme le lodi di Dio”.

San Giovanni Eremita



BIBLIOGRAFIA E SITI

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II appendice – Ed. Città Nuova
* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
* Castellucci Donato – Il Monastero S. Maria de Gualdo Mazocca. Cenni storici – Tip. Circelli 2012
* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2012
* Iatalese Antonio – S. Giovanni eremita da Tufara – Tipolitografia Lampo di Campobasso, 1991 (II edizione)
* Nava\Margiore – I fioretti del Beato Giovanni eremita da Tufara – Ed. Parrocchia di Baselice, 1994 – Tip. Spallone
* Sito web di santibeati.it
* Sito web sangiovannieremita.org

venerdì 28 settembre 2012

LA PICCOLA VIA (7)






«Qual è la via che vuoi insegnare alle anime?» chiese Madre Agnese alla sorella sul letto di morte.
E lei rispose: «È il cammino della fiducia e del totale abbandono».

Il vero male non è cadere
«Il Signore vede la nostra fragilità
e si ricorda
che non siamo che polvere».
(Salmo 102, 14)

Si può cadere nella vita: aver fatto un passo di troppo, dove la terra non è più buona.
Il vero male però non è cadere: è lasciare andare la Sua mano, non voler rialzarsi più, inorgoglirsi nei propri piccoli o grandi insuccessi.
Una mano tesa indica sempre un cuore proteso a rinnovarsi, una volontà disposta a riconoscere l’errore.
Così è già salvezza, è già ricordare che sotto la croce, Gesù per tre volte è caduto e per tre volte ci ha insegnato che rialzarsi è duro, ma necessario.

Testi tratti da “La Piccola Via dell’Infanzia Spirituale”
Santuario di S. Teresa di Gesù Bambino - Verona

Il Santo eremita del Fortore (2)



Chiesa di Tufara (CB)


BIOGRAFIA

San Giovanni eremita, nasce a Tufara nel 1084 da Mainardo e Maria, che stramente nella biografia del santo non sono pii genitori cristiani. Sin dalla fanciullezza, benché visse in ambiente indifferente e quasi ostile, sentì i richiami del cristianesimo autentico e diede alla sua vita un indirizzo deciso. Amava praticare l’ufficio del sacrestano nella chiesa dei santi Pietro e Paolo e questo irritò i genitori e contribuì a diffondere pettegolezzi e maldicenze. I più invidiosi riferirono che Giovanni elargiva elemosine e donazione di cibo ai poveri del paese. I genitori informati dell’accaduto, un giorno decisero di smascherarlo mentre portava un cesto con i viveri ai poveri. Giovanni senza remore non esitò a obbedire e i genitori restarono esterrefatti nel costatare che quella cesta conteneva rose e fiori. Un segno che il Signore accordava al suo umile servo. La stessa cosa si racconta di altri santi, come la santa regina Elisabetta d’Ungheria.
Accortosi di essere di peso alla famiglia, nel 1103, Giovanni decise di abbandonare la casa e fuggire dal paese per seguire la strada che il Signore gli avrebbe indicato.
Appena diciottenne, mosso dal desiderio di approfondire la sua formazione filosofica e teologica, si recò a Parigi.
A Parigi, la vita mondana della città, il mondo di dotti e filosofi non rispondevano alle aspettative del beato Giovanni. Lui amava la solitudine perfetta, la contemplazione e il silenzio necessario per ascoltare la Parola di Dio. Decise di ritornare in Italia, inizialmente a Monte S. Angelo, e poi a Tufara, dove ebbe inizio il suo cammino di interiorità spirituale.

Trovando i genitori defunti, vendette tutto e distribuì ai poveri il ricavato. Abbandonò la sua casa e percorrendo per l’ultima volta le strade della sua Tufara varcò la porta del castello per dare l’ultimo addio a tutto ciò che lo legava al suo paese. Incontrò un povero completamente nudo, con le mani protese verso di lui. Giovanni lo fissò attentamente, poi osservò se stesso e, preso da vergogna di ritrovarsi più ricco di quel poveretto, prese lo straccio di vestito che aveva addosso e rivestì il povero. Completamente nudo, a passi maestosi, s’inoltrò verso le montagne boscose dove condusse vita solitaria e austera in tuguri e grotte. Preso dall’amore di Dio, rinnegò se stesso, prese la sua croce, assoggettò il corpo allo Spirito, digiunò, a volte, per l’intera settimana. Le sue giornate erano scandite dalla preghiera, dalla meditazione, dalla contemplazione, dalla lettura della Parola di Dio e dalla penitenza.
Un’accreditata testimonianza afferma che Giovanni da Tufara si incontrò in S. Firmiano con il conterraneo e compagno di giovinezza, forse con lui a Parigi, beato Stefano Corumano di Riccia.
Trascorse la maggior parte della sua vita nelle grotte di Baselice nel beneventano. Molti uomini, attratti dal suo esempio e desiderosi di condurre una vita di contemplazione e di preghiera chiesero di unirsi a lui. Giovanni visto il fervore e la sincerità di questi uomini, diede origine ad una forma di vita comunitaria.
Nel 1156 diede il via per la costruzione del monastero di santa Maria de Gualdo Mazocca a Foiano di Val Fortore (BN).
Nell’anno 1179, il 14 novembre, all’età di ottantasei anni, San Giovanni da Tufara, colpito da forte febbre e spossato nella sua fibra pur resistente, alle ore nove morì.
Il corpo fu sepolto in luogo nascosto nel bosco di Mazocca.

Nell’anno 1221, come abbiamo suddetto, avvenne l”Elevatio et translatio corporis e alcune ossa del santo eremita poste nell’altare da consacrare delle Chiesa del Monastero

In questa occasione il braccio e la mandibola di san Giovanni eremita furono donate rispettivamente ai rappresentanti di Tufara e di Foiano.
Le restanti ossa furono tumulate in un luogo segreto nella Chiesa del Monastero e in seguito, nel 1541, traslate presso la Chiesa Madre di San Bartolomeo in Galdo (BN). Dal 1658 sono state collocate in busto d’argento che è portato in processione per la festa patronale, con San Bartolomeo apostolo, il 24 agosto.

La vita del santo eremita è narrata nella bellissimo portale di bronzo della Chiesa Madre di San Bartolomeo in Galdo: nell'anta di sinistra la vita di San Bartolomeo, nell'anta di destra la vita di San Giovanni Eremita.

Oltre al culto attribuito a San Bartolomeo in Galdo (BN), il Santo eremita è venerato a Tufara, con grande solennità, e a Foiano di Val Fortore.


Santa Letizia vergine martire a Colonia (?)





Il nome Letizia deriva dal nome affettivo latino Laetitia, letteralmente "gioia", "letizia", dall'aggettivo laetum, "lieto"; dalla stessa radice viene in alcuni casi fatto derivare il nome Leto.
Il Martirologio Romano non riporta nessuna Santa con questo nome.
Analizzando gli antichi elenchi di santi si trovano tre date:

9 marzo, S. Letizia vergine
13 marzo, S. Letizia vergine romana
21 ottobre, S. Letizia martire

Per nessuna di queste sante ci sono dati storici attendibili.

Il nome è molto diffuso in Francia, forse per il fatto che fatto che la madre di Napoleone si chiamava Letizia; ma anche nel Regno Unito (Letycie), e in Spagna (Leticia); in Italia c’è una discreta diffusione: è presente in 360 comuni italiani.

La Martire del 21 ottobre è annoverata tra le compagne di martirio di Sant’Orsola. E quindi potremmo applicare ad essa quanto narrato nella Leggenda di S. Orsola.

"Vissero probabilmente nel IV secolo e non nel V come vuole la leggenda. Una Passio del X secolo, infatti, narra di una giovane bellissima, Orsola, figlia di un re bretone, che accettò di sposare il figlio di un re pagano con la promessa che si sarebbe convertito alla fede cristiana. Partì con 11.000 vergini per raggiungere lo sposo, ma l'incontro con gli Unni di Attila provocò il loro martirio. Orsola fu trafitta da una freccia perché non aveva voluto sposare lo stesso Attila. Questa leggenda, comunque, ha una base storica, come ha dimostrato il ritrovamento di una iscrizione presso una chiesa di Colonia. L'iscrizione parla del martirio di Orsola e di altre dieci vergini (divenute 11.000 per un piccolo segno sul numero romano XI), martirio avvenuto probabilmente sotto Diocleziano".

Il dato archeologico ha fatto si che la vicenda di S. Orsola e delle sue socie (10 o 11.000 che siano!) è presente nel Martirologio Romano: “Presso Colonia in Germania, commemorazione delle sante vergini, che terminarono la loro vita con il martirio per Cristo nel luogo in cui fu poi costruita la basilica della città dedicata in onore della piccola Orsola, vergine innocente, ritenuta di tutte la capofila”.

Il problema rimane. Se il dato storico-archelogico è che le compagne di Orsola non hanno nome oppure ci sono tanti nomi da definire l’elenco delle 11.000 vergini martiri, chi è S. Letizia?

È certo che nel 1521 da Colonia - luogo della sepoltura di S. Orsola e sue compagne martiri - la reliquia del capo di una vergine martire di nome Letizia, fu traslata ad Ayerbe, in Spagna. Un evento importate che fece si che la vergine martire S. Letizia fu proclamata patrona della città in sostituzione di San Pietro. La festa celebrata inizialmente il 21 ottobre, dal 1549 fu celebrata il 9 settembre.




La città di Ayerbe, in Spagna, custodisce e venera due immagini della santa: il busto reliquiario e una statua processionale.




FONTE
* Sito Web santiebeati.it
* Sito Web wikipedia.org
* Sito Web preguntasantoral.blogia.com
* Sito Web es.paperblog.com

giovedì 27 settembre 2012

LA PICCOLA VIA (6)





«Qual è la via che vuoi insegnare alle anime?» chiese Madre Agnese alla sorella sul letto di morte.
E lei rispose: «È il cammino della fiducia e del totale abbandono».

La debolezza come forza

«E’ la sua debolezza che costituisce tutta la sua forza.
Non potrei spezzarmi mai perché,
qualunque cosa mi accada,
non voglio veder altro che la dolce mano del mio Gesù».
(Lettera a M. Agnese di Gesù, maggio 1889)

Non occorrerà restare ad occhi asciutti, come se Lui volesse a tutti i costi essere il Dio degli eroi.
La piccola anima a volte piange e si dispera, proprio come una bambina qualunque che ha il cuore grosso perché la vita è più grande di lei.
Basterà solo sapere come piangere: abbracciata a Lui, come si fa con un papà buono che magari non dirà nulla, ma saprà capire.
Allora non sarà più un pianto triste: solo uno sfogo che fa bene al cuore e lo purifica.

Testi tratti da “La Piccola Via dell’Infanzia Spirituale”
Santuario di S. Teresa di Gesù Bambino - Verona

Il Santo eremita del Fortore (1)



San Giovanni Eremita da Tufara in processione
Foiano di Val Fortore (BN)


INTRODUZIONE

La scoperto di “un personaggio spirituale ricco di interiorità” è un’oasi di speranza per un futuro di rinnovamento spirituale.
Porre lo sguardo su un santo eremita è chiedersi profondamente come vivere anche in questo tempo una dimensione spirituale intensa.
“La santità è intimità con Dio, è imitazione di Cristo, povero, casto, umile; è amore senza riserve alle anime e donazione al loro vero bene” (Presbiterorum Ordinis, 33)
Accostarsi alla vita di un santo monaco è farsi affascinare da come egli si è fatto intimo di Dio nella preghiera personale e corale, nella meditazione della Parola e nell’amore verso il prossimo.

Il Martirologio Romano ricorda la memoria dell’eremita del Fortore il 14 novembre: “Nel cenobio di Santa Maria di Gualdo Mazocca vicino a Campobasso, beato Giovanni da Tufara, eremita”.

Giovanni da Tufara è così ufficialmente riconosciuto come “beato”, ma da sempre è venerato in Valle di Fortore come “San Giovanni eremita da Tufara”.

La vita di San Giovanni Eremita fu redatta all’epoca Giovanni il Venerabile ( 1203), priore di Santa Maria di Gualdo Mazocca, affidandone il compito al monaco Giacomo. L’opera col nome di Legenda di Giovanni Romito fu completata con il priore Benedetto ( 1215).

La Legenda, documento importante per conoscere la vita del Santo eremita, descrive la solenne cerimonia dell’”Elevatio et translatio corporis”, disposta dall’arcivescovo Ruggero di Benevento, ma poi eseguita dal vescovo di Volturara, coadiuvato dai vescovi di Dragonara e di Montecorvino.
La cerimonia si svolse il 28 agosto 1221. Questa cerimonia era una forma di proclamazione e riconoscimento di santità, da parte dei Vescovi del luogo, in uso nel primo millennio di vita della Chiesa e rimase in uso fino al 1234, dopo di che la canonizzazione fu riservata esclusivamente al papa.
Questo ci porta da dire che il beato Giovanni da Tufara può esser giustamente chiamato San Giovanni eremita da Tufara.

mercoledì 26 settembre 2012

LA PICCOLA VIA (5)





«Qual è la via che vuoi insegnare alle anime?» chiese Madre Agnese alla sorella sul letto di morte.
E lei rispose: «È il cammino della fiducia e del totale abbandono».

Gettare fiori a Gesù

«Non vi è che una cosa sola da fare quaggiù: gettare a Gesù i fiori dei piccoli sacrifici e prenderlo con le carezze»
(da “Novissima Verba”)

Un altro pericolo per l’anima-fanciulla è raccogliere dei fiori, ammassare dei piccoli tesori e poi tenerli per sé, oppure rammaricarsi di doverli distribuire così, semplicemente, senza che gli altri li apprezzino, accettando che li sciupino o addirittura li esigano senza accorgersi di quanto costino.
Ma essere bambini vuol dire non essere capaci di riflettere sul dare e sull’avere.
Vuol dire scorgere negli altri l’aspetto più bello solo perché anche il volto più deforme nasconde sempre i lineamenti di Cristo!

Testi tratti da “La Piccola Via dell’Infanzia Spirituale”
Santuario di S. Teresa di Gesù Bambino - Verona

Gloriosi Santi Cosma e Damiano ...



26 settembre
LITANIE IN ONORE DEI SANTI MEDICI

Signore, pietà (Signore, pietà)
Cristo, pietà (Cristo, pietà)
Signore, pietà (Signore, pietà )

Santi Medici, 
Cosma e Damiano, pregate per noi
Santi Medici, seguaci di Cristo,
Santi Medici, ammirabili per virtù,
Santi Medici, splendenti di bontà,
Santi Medici, ferventi nell'amore,
Santi Medici, adorni di umiltà,
Santi Medici, modelli di mansuetudine,
Santi Medici, strenui difensori della fede,
Santi Medici, apostoli della verità,
Santi Medici, disprezzatori del mondo,
Santi Medici,
bramosi delle ricchezze del cielo,
Santi Medici,
instancabili eroi della carità,
Santi Medici,
propugnatori della gloria di Dio,
Santi Medici, cultori della scienza,
Santi Medici,
esempio e protettori dei medici,
Santi Medici,
curatori delle anime e dei corpi,
Santi Medici,
specchio di vera fratellanza,
Santi Medici, di grande misericordia,
Santi Medici, sollievo dei miseri,
Santi Medici, fortezza dei deboli,
Santi Medici rifugio dei tribolati,
Santi Medici, speranza degli infermi,
Santi Medici, potenti nel patrocinio,
Santi Medici, avvocati dei peccatori,
Santi Medici, debellatori dei demoni,
Santi Medici, lieti e forti nei tormenti,
Santi Medici,
eroici testimoni del Vangelo,
Santi Medici,
liberati dal profondo del mare,
Santi Medici,
mirabilmente scampati dal fuoco,
Santi Medici,
trionfatori di ogni tirannide,
Santi Medici, fedeli fino alla morte,
Santi Medici, concittadini degli Angeli,
Santi Medici, dispensatori di grazie,

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
perdonaci, o Signore
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
esaudiscici, o Signore
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
pietà di noi, o Signore

Preghiamo: O Dio onnipotente, concedi a noi, che imploriamo il patrocinio dei tuoi santi martiri, Cosma e Damiano, di essere liberati, per la loro intercessione, da tut­ti i mali che ci minacciano. Per Cristo, nostro Signore. Amen.


PS. visita il bellismo BLOG sui Santi Cosma e Damiano, dove troverai molti immagine dei Santi venerate in Italia. Invia l'iconografia del tuo paese al Blog così da completarlo. GRAZIE!