mercoledì 17 agosto 2016

Mi viene da ridere!



 
Mi viene da ridere pensare che si possa ingenuamente credere che un Martire, possa, in tempo di persecuzione, essere ucciso tra le Alpi ed essere sepolto sulle rive del Tevere.

Il Martire Fortunato venerato a Casei Gerola il 16 ottobre e la III domenica di ottobre è un martire dei primi secoli del cristianesimo romano, di cui non si sa nulla. Non è certamente un martire nella valle di Agaunum, in quanto sarebbe insensato pensare che la sepoltura sia potuta avvenire a decine di chilometri di distanza dalla valle svizzera alla catacombe romana della via Appia. È venerato come soldato, cioè come milite di Cristo, da qui l’idea fantasiosa di farlo un compagno di San Maurizio e della legione tebea.



Di certo sappiamo che morì martire a Roma, in un secolo tra la grande persecuzione di Nerone e la pace di Costantino, per cui sepolto in una catacomba romana. Nelle catacombe romane di San Callisto, riposò, fino al 1746, quando il cardinale Guadagni, vicario di Papa Benedetto XIV per la città di Roma, ne ordinò la traslazione e l’esposizione nella Collegiata romana di Santa Maria in Via Lata. Da Santa Maria in Via Lata le reliquie di San Fortunato giunsero a Casei nel 1765, come dono della Santa Sede al Prevosto dell’Insigne Collegiata, ai canonici e alla comunità casellese, tramite il vescovo di Tortona Mons. Giuseppe Ludovico de Anduxar. Non deve meravigliare questo gesto, se si considera che la Parrocchia di Casei, fino al Prevosto don Bianchi agli inizi del 1900, fu di “collazione papale”, cioè il suo parroco era nominato direttamente da Roma con bolla papale e per potervi essere designato un sacerdote doveva esibire un titolo accademico in teologia conseguito presso una facoltà romana, come attesta un documento dell’archivio parrocchiale, datato 1806. All’epoca della traslazione a Casei di San Fortunato risale la preziosa urna che custodisce le reliquie e in quell’occasione le ossa del capo frantumate (indizio del martirio avvenuto a colpi di clava, come si usava fare presso l’esercito romano in occasione delle decimazioni, o nelle lotte nel circo o perché mal conservate e mal estratte... non è certo un punto a favore della pia bugia che fosse della legione tebea, che fu sterminata per decimazione!) vennero inserite nella sagoma in gesso del teschio, poi rivestito con l’elmo.
 
Si legga la fantasiosa e folle biografia in QUI con buona pace del suo autore Don M.C.