sabato 30 novembre 2013

Chiara dai secoli suona la voce ...





Dal primo albore di vita, o Vergine,
più pura sei del sole:
Pietro ha parlato e la Chiesa
gioiosamente crede.

Chiara dai secoli suona la voce
degli antichi presagi.
Tu sei la Donna preannunziata e vinci
l’insidia del serpente.

Arca di vita, solitaria vai
sull’incubo mortifero dell’onda.
Aridi sono i nostri campi, e scende
su te la rugiada di grazia.

O solo bellissimo fiore,
nato sui nostri rovi!
O sola città che risplendi
sugli inviolati monti!

Dalla cattedra il detto irrevocabile
il voto dei popoli compie:
mite e dolce vittoria
accresce i tuoi tronfi.

Tu che il peccato ignori,
dalla tristezza del peccato scámpaci:
sotto il tuo piede, invano
si dibatta il Nemico.... (Inno Ambrosiano)

III DOMENICA DI AVVENTO AMBROSIANO (ANNO A)





(Is 35,1-10; Sal 84; Rm 11,25-36; Mt 11,2-15)

La Quaresima di San Martino: così veniva chiamato l’Avvento Ambrosiano, perché similmente alla Quaresima è composto di sei settimane ed inizia la domenica successiva la festa del Santo Martino di Tours: l’11 novembre.

L’Avvento è un tempo di preparazione all’incontro: con il Dio fatto uomo e nello stesso tempo con il Dio che porta a compimento ogni bene. È il tempo di attesa del Natale di Gesù, ma anche della pienezza del Regno.

Una domanda è presente nel Vangelo quest’oggi:

«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

Gesù realizza il compimento di ogni speranza e di ogni attesa. In Gesù si adempiono le profezie.

“Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.

Giovanni Battista in questa domenica III di Avvento è il nostro apri pista e ci insegna un modo per andare incontro al Signore.

Afferma Gesù:

Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta.

Quello che ci colpisce di questo discorso di Gesù è la parola “lusso”.
Gesù usa questo temine per indicare l’opposto, cioè l’austerità, la frugalità, la modestia e la povertà del Battista. Un bel richiamo anche per noi in preparazione nell’Avvento.

Cos’è l’austerità, la frugalità, la modestia e la povertà?
Rispondere personalmente a questa domanda significa dare concretezza all’incontro con Gesù in questa domenica d’Avvento.

Ritorno alla parola “lusso”.
Questo termine è attribuito a coloro che “stanno nei palazzi dei re”, quindi a coloro che hanno il potere. Però in realtà è il Battista che possiede un potere in riferimento al Regno di Dio: essere profeta.

Cosa significa essere profeta?
Significa prendere coscienza di essere chiamati personalmente da Dio a un compito – parlare in Suo nome, far conoscere al popolo il Suo vero volto – ed essere disposti a stravolgere la propria vita per rispondere a tale chiamata.

Ecco un’altra possibilità di concretizzazione. Qual è il mio compito nel Regno di Dio? Ho risposto a questa chiamata del Signore?

Signore Gesù,
in questa domenica ci viene incontro con una Parola di Vita, ricca di speranza e gioia.
Suscita in noi desideri di austerità, frugalità, modestia e di povertà, così da essere capaci di accogliere la tua chiamata per compiere con te l’avvento del Regno. Amen.

venerdì 29 novembre 2013

Dal primo albore di vita, o Vergine ...




Dal primo albore di vita, o Vergine,
più pura sei del sole:
Pietro ha parlato e la Chiesa
gioiosamente crede.

Chiara dai secoli suona la voce
degli antichi presagi.
Tu sei la Donna preannunziata e vinci
l’insidia del serpente.

Arca di vita, solitaria vai
sull’incubo mortifero dell’onda.
Aridi sono i nostri campi, e scende
su te la rugiada di grazia.

O solo bellissimo fiore,
nato sui nostri rovi!
O sola città che risplendi
sugli inviolati monti!

Dalla cattedra il detto irrevocabile
il voto dei popoli compie:
mite e dolce vittoria
accresce i tuoi tronfi.

Tu che il peccato ignori,
dalla tristezza del peccato scámpaci:
sotto il tuo piede, invano
si dibatta il Nemico.... (Inno Ambrosiano)

Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione, prega per noi!






lunedì 25 novembre 2013

Santa Matronilla, prega per noi!






Il “corpo santo” di Matronilla – di nome proprio e di anni 30 - fu ritrovato nel 1782 a Roma nella catacomba di Ciriaca.

Nel 1783 il Cardinale Rezzonico donò la reliquia all’amico Ignazio Testori perché la collocasse nell’oratorio della sua villa di Mogliano Veneto.

Qui rimase per vari anni. Nel 1820 il signor Testori oramai giunto alla vecchiaia donò la reliquia alla parrocchia di S. Maria Assunta così che non finisse in mani poco devote. Il culto della Santa Martire era un tempo molto fiorente, e veniva esposta alla venerazione dei fedeli ogni sabato e nelle feste principali.


Ho da poco fatta stampare l’immaginetta.
Se qualcuno vuole il santino più chiederlo e sarà inviato gratis.

domenica 24 novembre 2013

CRISTO RE (anno C)





Nella prima Enciclica che, asceso al Pontificato, … ricordiamo d'aver chiaramente espresso non solo che tanta colluvie di mali imperversava nel mondo perché la maggior parte degli uomini avevano allontanato Gesù Cristo e la sua santa legge dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla società, ma altresì che mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l'impero di Cristo Salvatore.
Da gran tempo si è usato comunemente di chiamare Cristo con l'appellativo di Re per il sommo grado di eccellenza, che ha in modo sovreminente fra tutte le cose create. In tal modo, infatti, si dice che Egli regna nelle menti degli uomini non solo per l'altezza del suo pensiero e per la vastità della sua scienza, ma anche perché Egli è Verità ed è necessario che gli uomini attingano e ricevano con obbedienza da Lui la verità; similmente nelle volontà degli uomini, sia perché in Lui alla santità della volontà divina risponde la perfetta integrità e sottomissione della volontà umana, sia perché con le sue ispirazioni influisce sulla libera volontà nostra in modo da infiammarci verso le più nobili cose. Infine Cristo è riconosciuto Re dei cuori per quella sua carità che sorpassa ogni comprensione umana e per le attrattive della sua mansuetudine e benignità: nessuno infatti degli uomini fu mai tanto amato e mai lo sarà in avvenire quanto Gesù Cristo.


Così papa Pio XI istituisce la festa di Cristo Re.
Prima di entrare nel tema della regalità di Cristo, chiediamoci in questo giorni, conclusione dell’Anno della Fede: come è andato quest’anno? Come ho vissuto spiritualmente quest’anno? In cosa ha giovato alla mia fede?

“il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele”. (2 Sam 5)

Nella prima lettura Davide diventa re d’Israele. Egli è re del popolo perché conclude – o meglio si fa paladino – dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Non Egli è re, ma Dio è re del suo popolo.

La regalità di Cristo è segno della signoria del Dio dell’Alleanza: Cristo è venuto ha ristabilire l’alleanza di Dio fatto con Abramo e con la sua discendenza.

Dice l’Apostolo Paolo nella II lettura:

“avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli” (Col 1)

Nel Vangelo – il segno che è Gesù – non viene riconosciuto: né dal popolo, né dai capi e né dai soldati. Anzi vogliono altre prove del suo potere: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso», cioè scendi dalla croce e mostraci chi sei!
Solo un uomo, Dismas, un ladrone, riconosce questa sua regalità.
Cosa vuole dire che Gesù è re?
Osservando il racconto evangelico, Gesù è re per il ladrone, perché è Salvatore: non è venuto per salvarsi, ma per salvare!
Accogliere la regalità di Cristo allora vuol dire accogliere Gesù come salvatore della mia vita.

Cristo è riconosciuto Re dei cuori per quella sua carità che sorpassa ogni comprensione umana e per le attrattive della sua mansuetudine e benignità: nessuno infatti degli uomini fu mai tanto amato e mai lo sarà in avvenire quanto Gesù Cristo.
(Pio XI, Quas primas, 11 dicembre 1925)

Accogliere Gesù come re della mia vita significa non ostacolare che nel mio cuore Egli regni con il suo amore!

La rivelazione da Santa Margherita Maria Alocoque, si colloca in quest’ottica:
«Ecco questo Cuore che ha tanto amato gli uomini, che non si è mai risparmiato, fino a spossarsi e a consumarsi al fine di testimoniar loro il suo amore…».

Come non ostacolare l’opera regale di Gesù, la salvezza della mia anima?
Mettendo in armonia il mio cuore con il suo Cuore.
Vivere ogni giorno l’oggi della salvezza che Gesù annuncia al ladrone.

La salvezza di Gesù è per tutti gli uomini. Egli morì sul Golgota e scese agli inferi per significare che tutta l’umanità era salvata: da Adamo in poi, sino alla conclusione del tempo!

Accogliere la regalità di Cristo significa partecipare in Cristo all’opera delle redenzione.
Ci ricorda San Paolo:

È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. (Col 1)

Ogni uomo e ogni donna è chiamato – dopo aver accolto la salvezza per sé – a essere strumento di liberazione, di amore, di redenzione e di misericordia per ogni uomo.

Accogliere la regalità di Cristo vuole dire adoperarsi

“perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose” (Col 1)

Cristo regni! È necessario, dunque, che Egli regni nella mente dell'uomo, la quale con perfetta sottomissione, deve prestare fermo e costante assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà, la quale deve obbedire alle leggi e ai precetti divini; che regni nel cuore, il quale meno apprezzando gli affetti naturali, deve amare Dio più d'ogni cosa e a Lui solo stare unito; che regni nel corpo e nelle membra, che, come strumenti, o al dire dell’Apostolo Paolo, come "armi di giustizia" offerte a Dio devono servire all'interna santità delle anime. Se codeste cose saranno proposte alla considerazione dei fedeli, essi più facilmente saranno spinti verso la perfezione.
Faccia il Signore, Venerabili Fratelli, che quanti sono fuori del suo regno, bramino ed accolgano il soave giogo di Cristo, e tutti, quanti siamo, per sua misericordia, suoi sudditi e figli, lo portiamo non a malincuore ma con piacere, ma con amore, ma santamente, e che dalla nostra vita conformata alle leggi del Regno divino raccogliamo lieti ed abbondanti frutti, e ritenuti da Cristo quali servi buoni e fedeli diveniamo con Lui partecipi nel Regno celeste della sua eterna felicità e gloria.

(Pio XI, Quas primas, 11 dicembre 1925)
Amen.

sabato 23 novembre 2013

san Clemente I papa, prega per noi!





Oggi è il terzo giorno delle Sante Quarantore.
Se il primo giorno abbiamo avuto la compagnia della Madre di Dio, la donna che compie la volontà di Dio, così da renderla per noi esempio e vera discepola, il secondo giorno l’esempio nuziale di Cecilia martire di Roma, oggi, la Chiesa ci offe l’esempio di Clemente vescovo di Roma, terzo successore dell’Apostolo Pietro.

Clemente fu generoso pastore del gregge di Dio, modello di perseveranza e fede, e ricevette “la corona della gloria che non appassisce” nel martirio.

Le letture proposte per la memoria di papa Clemente I ci portano “nella regione di Cesarèa di Filippo”, dove Gesù pone una domanda esistenziale ai suoi discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?»

Anche a noi Gesù in queste Sante Quarantore ci ha richiesto di pensare a questa domanda: chi sono io per te?

Chi è Gesù per me?

Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Ed come posso rispondere dopo questi giorni trascorsi alla sua presenza eucaristica?

Pietro aveva risposto svelando la natura divina di Gesù.
A noi non è chiesto di svelare nulla, ci è solo chiesto di comprendere quanto lui sia necessario per la noi, affinché nel campo che è il mondo noi possiamo essere il seme buono del Regno di Dio!

Concludo con una preghiera tratta dalla lettera papa Clemente I scrisse alla comunità cristiana di Corinto:

“Apristi gli occhi dei nostri cuori perché conoscessero te solo, Altissimo nel più alto dei cieli, il Santo che riposa in mezzo ai Santi, Tu che abbatti l'insolenza degli orgogliosi, che svii i calcoli dei popoli, che esalti gli umili, che abbassi i grandi; Tu che dai ricchezza e povertà, che uccidi, salvi e risusciti; Unico benefattore delle anime e Dio di ogni uomo, contemplatore degli abissi, scrutatore delle opere dell'uomo, soccorso nei pericoli, Salvatore di chi dispera, Creatore e vescovo delle anime tutte.

Tu che moltiplichi i popoli sulla terra, che hai scelto fra essi quelli che ti amano per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio diletto nel quale ci hai istruiti, santificati e onorati. Sii nostro soccorso e sostegno, te ne preghiamo, o Maestro! Sii salvezza agli oppressi e abbi pietà per gli umili; rialza quelli che sono caduti, rivelati a coloro che sono nel bisogno, guarisci i malati, riconduci gli sbandati del tuo popolo sul buon sentiero, sazia chi ha fame, libera chi è prigioniero, rialza i languenti, da forza ai deboli. Tu solo sei Dio, Gesù è tuo Figlio, noi siamo il tuo popolo, le pecorelle dei tuoi pascoli.

Con le tue opere hai rivelato l'ordine immortale del mondo. Tu, o Signore che creasti la terra, che resti fedele alla tua parola per tutte le generazioni, Tu giusto nei tuoi giudizi, ammirabile nella tua forza e nella tua magnificenza, sapiente nella creazione, prudente nel consolidare le cose create, buono nelle cose visibili, fedele verso coloro che confidano in Te, misericordioso e pieno di compatimento, perdona i nostri peccati, le ingiustizie, le cadute, gli errori.

Non contare i peccati dei tuoi servi e delle tue ancelle, purificaci invece con la tua verità, dirigi i nostri passi, perché possiamo camminare con santità di cuore, facendo ciò che è bene e piace agli occhi tuoi …

Dà concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terrà, come la desti ai nostri padri, quando ti invocarono santamente nella fede e nella verità. Rendici sottomessi al tuo Nome potente ed eccellentissimo, ai nostri prìncipi e tutti coloro che ci governano in terra.

Tu, o Maestro, hai dato loro il potere della regalità con la tua magnifica e invisibile potenza, perché, conoscendo la gloria e l'onore che loro hai partecipato, noi siamo sottomessi e non ci opponiamo alla tua volontà. Concedi loro, o Signore, salute, pace, concordia, stabilità, affinché possano esercitare la sovranità che loro hai data senza contrasti. Sei infatti Tu, o Maestro, re dei secoli, che concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra. Dirigi, Signore, il loro spirito, affinché seguano ciò che è bene, ciò che piace a te e, esercitando il potere che loro hai dato nella pietà, nella pace e nella mansuetudine, ti abbiamo sempre propizio. Tu solo puoi fare queste cose e procurarci beni anche più grandi …  Così sia”.
(San Clemente Romano, Ippolito Hemmer, p. 121, 129, Picard, 1909).

venerdì 22 novembre 2013

Santa Cecilia di Roma, prega per noi!




Oggi è il secondo giorno delle Sante Quarantore.
Se ieri abbiamo avuto la compagnia della Madre di Dio, la donna che compie la volontà di Dio, così da renderla per noi esempio e vera discepola, oggi, la Chiesa ci offe l’esempio di Cecilia di Roma.

La memoria del 22 novembre è molto antica. La celebrazione ha già tracce nel 346 d.C. e la martire è citata tra le sette martiri del Canone Romano.

Ascoltando la Parola di Dio della memoria, Cecilia è la sposa fedele del Signore.
Il suo ricordo ci fa ricordare che la relazione con Gesù è una relazione nuziale, quindi d’amore.

Una relazione fatta di tempi di vicinanza silenziosa e di cuore a cuore, come sono le Sante Quarantore; tempo che al Chiesa ci offre per ravvivare la nostra nuzialità con Gesù.

Inoltre la Parola di Dio, di questa memoria liturgica,  ci richiama ad un fatto: la nostra vita è vivere l’attesa del compimento del Regno di Dio. Come ci racconta la parabola delle vergini sagge.

Le Sante Quarantore sono un tempo in cui fare la ricarica “in piccoli vasi”di quell’olio che serve per un’attesa e una sequela saggia e perseverante.

La vergine martire Cecilia interceda per noi perché la nostra vita sia una porta aperta in attesa del compimento del Regno dei cieli. Amen.

giovedì 21 novembre 2013

Presentazione della Beata Vergine Maria - 2013



Madonna della Passione
Parrocchia di S. Bartolomeo
Olera (BG)


«Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12, 49-50).

"Forse che non ha fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì, certamente ha fatto la volontà del Padre, Maria santissima, e perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che essere stata madre di Cristo. Lo ripetiamo: fu per lei maggiore dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo che esser stata madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche prima di dare alla luce il Maestro, lo portò nel suo grembo.

Osserva se non è vero ciò che dico. Mentre il Signore passava, seguito dalle folle, e compiva i suoi divini miracoli, una donna esclamò: «Beato il grembo che ti ha portato!» (Lc 11, 27). Felice il grembo che ti ha portato! E perché la felicità non fosse cercata nella carne, che cosa rispose il Signore? «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,28). Anche Maria proprio per questo è beata, perché ha ascoltato la parola di Dio e l’ha osservata. Ha custodito infatti più la verità nella sua mente, che la carne nel suo grembo. Cristo è verità, Cristo è carne; Cristo è verità nella mente di Maria, Cristo è carne nel grembo di Maria. Conta di più ciò che è nella mente di ciò che è portato nel grembo.

Santa è Maria, beata è Maria, ma è migliore la Chiesa che la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa: un membro santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all’intero corpo. Se è membro di tutto il corpo, allora certo vale più il corpo che un suo membro. Il Signore è capo, e il Cristo totale è capo e corpo. Che dire? Abbiamo un capo divino, abbiamo per capo Dio.

Perché, o carissimi, badate bene: anche voi siete membra di Cristo, anche voi siete corpo di Cristo. Osservate in che modo lo siete, perché egli dice: «Ecco mia madre, ed ecco i miei fratelli» (Mt 12,49). Come potrete essere madre di Cristo? Chiunque ascolta e «chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,50).

Quando dico fratelli, quando dico sorelle, è chiaro che intendo parlare di una sola e medesima eredità. Perciò anche nella sua misericordia, Cristo, essendo unico, non volle essere solo, ma fece in modo che fossimo eredi del Padre e suoi coeredi nella medesima sua eredità".

(S. Agostino, Disc. 25, 7-8)

Ecco allora: la Vergine interceda per noi, perché ogni giorno sappiamo compiere la volontà di Dio. Nel sì di Maria in nostro sì! Così da essere eredi, coeredi di Cristo!

Ma come possiamo vivere ogni giorno la volontà di Dio? Come allineare il nostro cuore alla volontà di Dio?

Gesù stesso ci viene in soccorso!

“Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”. (Gv 6, 57)

L’Eucarestia è la forza vitale per essere figli nel Figlio Gesù. Così da essere eredi, coeredi di Cristo!

Concludo con le parole del Santo Padre:

“Nella memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, celebreremo la Giornata pro Orantibus, dedicata al ricordo delle comunità religiose di clausura. È un’occasione opportuna per ringraziare il Signore del dono di tante persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano a Dio nella preghiera e nel silenzio operoso. Rendiamo grazie al Signore per le testimonianze di vita claustrale e non facciamo mancare a questi nostri fratelli e sorelle il nostro sostegno spirituale e materiale, affinché possano compiere la loro importante missione”.


Amen


mercoledì 20 novembre 2013

Mercoledì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)






Una domanda mi suscita questa Parola di Dio.

Cultura cristiana e identità cristiana. A che livello siamo?

La pagina dei Maccabei ci sprona circa la misura della nostra identità.

La vicenda dei Maccabei è una pagina meravigliosa della Bibbia come quella di Giobbe e di Giona.

Qui però è posta in gioco l’identità religiosa e culturale di una famiglia … di una società!
Dicevano io Maccabei: Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri.

Possiamo noi affermare in realtà: siamo pronti a trasgredire piuttosto che morire?
In Italia non c’è un problema di identità cristiana in cui è messa a rischio la vita, perché spesso le nostre scelte mettono a morte la fede.

Ricercare l’identità cristiana è un problema poco italiano. Perché noi ci reputiamo in una società cristiana. Ma in realtà non è vero, non è tutto oro quello che luccica!

C’è un appiattimento del livello di identità cristiana, con derive e con fraintendimento dell’insegnamento del Vangelo.

Cosa fare per rendere un pensiero comune il pensiero evangelico sulla vita?
Bisogna conoscere con sapienza ed intelligenza il messaggio del Vangelo, per poi viverlo, senza compromessi, magari con un po’ fatica, ma viverlo!

Nella pagina dei Maccabei la Madre ricorda al figlio:

«Figlio, abbi pietà di me, che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia».

Preghiamo perché ogni madre e ogni padre esorti i figli a vivere saldamente nella legge di Dio.

“Mentre lei ancora parlava, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. Tu però, che ti sei fatto autore di ogni male contro gli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio»”. Amen.

domenica 17 novembre 2013

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)






“Verranno giorni … tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà … Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia”

Così la Parola di Dio ci svela un tempo del giudizio finale di Dio.

«Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?».

Gesù non risponde ma apre alla speranza nel dramma degli eventi e richiama solo alla perseveranza nella fede.

“Avrete allora occasione di dare testimonianza. … Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

Noi non siamo in balia degli eventi, non siamo nemmeno in balia di noi stessi a causa del nostro peccato, ma siamo sempre nelle mani di Dio:

“Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”

Dove testimoniare? Come perseverare?

La II lettura ci parla di vita ordinata, di vita laboriosa, di vita operosa nel bene.
È nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni che siamo chiamati alla testimonianza della fede e alla perseveranza nel bene insegnatoci da Gesù.

Tu sei l’unico Dio vivo e vero:
l’universo è pieno della tua presenza,
ma soprattutto nell’uomo, creato a tua immagine,
hai impresso il segno della tua gloria.

Tu lo chiami a cooperare con il lavoro quotidiano
al progetto della creazione
e gli doni il tuo Spirito,
perché in Cristo, uomo nuovo,
diventi artefice di giustizia e di pace.
(Prefazio Comune IX)

Amen.

venerdì 15 novembre 2013

Padre Leonardo Melki, sacerdote cappuccino martire della fede ad opera dei turchi





Giuseppe Melki è nato a Baabdath in Libano nel 1881 da Habib e Noura Yammine. Entrando nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini ricevette il nome di Leonardo. Fece la professione solenne il 1 luglio 1903 e fu ordinato sacerdote il 4 dicembre 1904. Uomo dotto, infatti conosceva l’arabo, il francese, l’italiano, il siriaco, l’armeno e il latino.

L’obbedienza lo inviò a Mardin in Turchia dove diresse la scuola e le opere dell’Ordine, tra cui l’ordine francescano secolare e la confraternita del Sangue Prezioso di Gesù.

I turchi l’arrestarono nel suo convento e lo gettarono in prigione, dove venne torturato fisicamente e psicologicamente, mentre egli si dedicava ai suoi compagni di prigionia.

A capo di una carovana di più di 400 persone fu deportato a piedi fuori di Mardin e cammin facendo, sotto le sevizie dei soldati, morì martire della fede all’alba di venerdì 11 giugno 1915.

La causa di Canonizzazione introdotta dalla Diocesi di Beirut ha ricevuto il Nulla Obstat il 3 ottobre 2005, ed si è conclusa il 15 dicembre 2011.

Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)




Sant'Alberto Magno, domenicano
memoria 15 novembre

Ieri avevamo ascoltato:
«Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!». (Lc 17)

Oggi il Vangelo continua questo discorso dell’imminenza del Regno di Dio.

Come avvenne … Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. … «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Anche oggi Gesù non risponde al dove o al quando, dice di guardare i segni del Regno di Dio in mezzo a noi, ma anche di essere noi un segno del Regno di Dio.

In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.

Il Regno di Dio è esigente, pretende una risposta certa, non dice Gesù: Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.

Nemmeno la vita vale più del Regno. Pensiamo ai Martiri!

Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».

Signore, eccomi!
Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce: tu vieni!
Ogni volta che tu passi nella mia vita fa che mi accorga del tuo passaggio.
Nulla mi distragga dall’accorgermi del tuo essere presente: né la notte e né il giorno; né la calma e né la confusione; né la pace e né la guerra; né il riposo e né l’operosità.
Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. … e tu vieni!
Amen.

giovedì 14 novembre 2013

Giovedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)




«Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!». (Lc 17)

“È venuto quindi il Figlio, mandato dal Padre, il quale ci ha scelti in lui prima della fondazione del mondo e ci ha predestinati ad essere adottati in figli, perché in lui volle accentrare tutte le cose (cfr. Ef 1,4-5 e 10). Perciò Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli e ci ha rivelato il mistero di lui, e con la sua obbedienza ha operato la redenzione. La Chiesa, ossia il regno di Cristo già presente in mistero, per la potenza di Dio cresce visibilmente nel mondo. Questo inizio e questa crescita sono significati dal sangue e dall'acqua, che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso (cfr. Gv 19,34), e sono preannunziati dalle parole del Signore circa la sua morte in croce: « Ed io, quando sarò levato in alto da terra, tutti attirerò a me » (Gv 12,32). Ogni volta che il sacrificio della croce, col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato (cfr. 1 Cor 5,7), viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della nostra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rappresentata ed effettuata l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo (cfr. 1 Cor 10,17). Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo, che è la luce del mondo; da lui veniamo, per mezzo suo viviamo, a lui siamo diretti”. (LG 3)

Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. (Sap 7)
Signore Gesù, donaci questa sapienza di vita!
Amen.

mercoledì 13 novembre 2013

Un pensiero ...





“La nostra santa fede è cossì certa e cossì vera, che io non più la credo, ma la so; anzi sì,che io la so”

“Fa, fa pur quello che ti commanda Dio che altro non puoi fare”.

(Beato Tommaso da Olera)

domenica 10 novembre 2013

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)






Quali pensieri suscitano queste letture questa domenica?
Ci sono delle domande che nascono alla luce di queste letture.

·        Cultura cristiana e identità cristiana. A che livello siamo?
·        Comunione, uguaglianza e omologazione: cosa pensiamo? Qual è la loro misura?
·        La fede, siamo oramai alla fine dell’Anno della Fede, cosa produce in me?
·        Il bene e il male: qual è il criterio di discernimento?
·        Vita eterna e resurrezione della carne: credo?

Cultura cristiana e identità cristiana. A che livello siamo?
La pagina dei Maccabei ci sprona circa la misura della nostra identità.
La vicenda dei Maccabei è una pagina meravigliosa della Bibbia come quella di Giobbe e di Giona.

Qui però è posta in gioco l’identità religiosa e culturale di una famiglia.
Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri.

Possiamo noi affermare in realtà: siamo pronti a trasgredire piuttosto che morire?
In Italia non c’è un problema di identità cristiana che è messa a rischio la vita, perché spesso le nostre scelte a morte la fede.

Ricercare l’identità cristiana è un problema poco italiano. Perché noi ci reputiamo in una società cristiana. Ma in realtà non è vero, non è tutto oro quello che luccica!

C’è un appiattimento del livello di identità cristiana, con derive e con fraintendimento dell’insegnamento del Vangelo.

Cosa fare per rendere pensiero comune il pensiero evangelico sulla vita?
Bisogna conoscere con sapienza ed intelligenza il messaggio del Vangelo, per poi viverlo, senza compromessi, magari con un po’ fatica, ma viverlo!
I Maccabei ricordavano ai loro carnefici:
«Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo».

Comunione, uguaglianza e omologazione: cosa pensiamo? Qual è la loro misura?
La cultura odierna ci vuole omologati! Eppure il Vangelo ci insegna ad essere uomini e donne, se pur diversi, cioè non uguali, ma in comunione.

La Chiesa è un popolo non omologato – non si può incatenare lo Spirito Santo – ma per di più la comunità dei credenti è popolo in comunione, che vive la misura della sua diversità, come dono dello Spirito, nella potenza della Carità: l’amore per Dio e per il prossimo è ciò che ci unisce.

In questo momento storico, in nome dell’esasperazione della libertà individuale si vuole creare un popolo di non liberi, differenti, ma omologati!

Non facciamo omologare culturalmente, da scellerati correnti di pensiero che ci vengono propinante da omogeneizzati culturali proposti della Tv, radio ecc…

Ricordiamoci le parole dell’Apostolo Paolo: “Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge”.

La fede, siamo oramai alla fine dell’Anno della Fede, cosa produce in me?

Tutti ricevano il dono della fede, la fede è in tutti, la dice l’Apostolo: La fede infatti non è di tutti.
Cioè non tutti rispondo al dono ricevuto?
Da quanto detto fin ora: come vuol dire per me credere?
Vuol dire praticarla? Andare a Messa, pregare, confessarsi, ecc. essere un praticante. Certo. Ma non solo.
Credere in Gesù Cristo chiede una meta finale: il compimento del Regno di Dio. Noi siamo moralmente impiegati a vivere il Regno di Dio per il Regno di Dio sia visibile in mezzo a noi.
È la dimensione culturale della fede! Afferma il Concilio Vaticano II:
“Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane”. (GS 11)

Il bene e il male: qual è il criterio di discernimento?

Ci scrive l’Apostolo Paolo:
“Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno”.

Il criterio di discernimento è il Vangelo di Gesù Cristo.
In esso troviamo ogni misura: perché Gesù, per noi credenti, è lo specchio con cui guardarci e la lente con cui osservare il Creato.

Afferma il Concilio Vaticano II:
“Infatti l'uomo, se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono.
Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso tutta l'armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione.
Così l'uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l'uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato.
Ma il Signore stesso è venuto a liberare l'uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell'intimo e scacciando fuori « il principe di questo mondo » (Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato”. (GS 13).

Vita eterna e resurrezione della carne: credo?
Sia nella prima lettura che nel Vangelo abbiamo questa domenica un richiamo a questo tema. Un contenuto della nostra fede molto importante. Facente parte del primo annuncio apostolico. È uno degli elementi del nostro Credo. È forse scontato dire se credo!
Forse non è scontato se mi chiedo come questo tema entra nella mia vita di ogni giorno.

Un tema – vita eterna e resurrezione della carne – che ci fa riflettere sulla vita dopo la morte, ma anche sulla vita in senso lato.

Una vita che custodisce già ora il senso dell’Eternità è una vita capace di produrre atti d’amore.
Quando leggiamo nei Maccabei: “per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita”, in riferimento al tiranno che li martirizza, possiamo scorgere che senza atti di amore, ma con atti di morte, non è destino dopo la morte di una “risurrezione per la vita”.
Così anche nel Vangelo in quel “non possono più morire” sembra dirci che la vita è atto d’amore che perpetua la vita … in eterno.
Per cui vivere, vita eterna e risurrezione della carne sono dati che si richiamano a vicenda e che sussistono per mezzo di un ‘unico elemento: l’Amore.

“Puoi decidere le strade che farai
puoi scalare le montagne oltre i limiti che hai
potrai essere qualcuno se ti va
ma se non ami
se non ami
non hai un vero motivo
motivo per vivere
se non ami
non ti ami e non ci sei
se non ami
non ha senso tutto quello che fai
puoi creare un grande impero intorno a te
costruire grattaceli e contare un po' di più
puoi comprare tutto quello che vuoi tu
ma se non ami
se non ami
non hai un vero motivo per vivere
se non ami
non ti ami e non ci sei
senza amore noi non siamo niente mai...”

(Filippo Neviani alias Nek, Se non ami)