venerdì 27 settembre 2019

Santità palermitana: Maria Carmelina Leone





Martedì 1 ottobre 2019, in occasione del 47° anniversario della morte della venerabile Maria Carmelina Leone, sarà celebrata una Santa messa nella Parrocchia di Santa Caterina da Siena a Bonagia dove sono presenti le spoglie della ragazza morta all'età di 17 anni. La celebrazione si terrà alle ore 17.30 e sarà presieduta dal parroco don Nicasio Lo Bue.

Nata a Palermo l'11 luglio 1923 da modesta famiglia, Maria Carmelina Leone mostrò, sin dall'inizio del suo passaggio sulla terra, una certa "predilezione" per il cielo. Passaggio brevissimo che ha fotografato Maria Carmelina come ragazza con una cultura elementare, una bravura nel ricamo e che ha frequentato una scuola di taglio e cucito ed ha insegnamento catechistico nella Chiesa di Casa Professa. È poi sopravvenutala la malattia che la porterà alla morte. Maria Carmelina Leone morì il 1 ottobre 1940. In tutta Palermo, e non solo, innumerevoli miracoli sono attribuiti a lei, dalla voce popolare già considerata una "piccola santa". Il processo canonico di beatificazione è iniziato il 29 gennaio 1982 in sede Diocesana e si è concluso nella monumentale Chiesa di Casa Professa l'11 luglio 1986. Appena ultimato, i resti mortali della Serva di Dio sono stati traslati nella Chiesa Parrocchiale di Santa Caterina da Siena. Maria Carmelina Leone è stata dichiarata "Venerabile" da San Giovanni Paolo II.


giovedì 26 settembre 2019

Ascensione di Gesù e Assunzione di Maria




A Castelmezzano (PZ) la devozione si esprime nella chiesa madre e in alcune cappelle disseminate nel grazioso borgo.
La chiesa madre di Santa Maria dell’Olmo (XIII sec.), tutta costruita in pietra locale, domina nella piazza principale. Molto bella è la maestosa facciata in stile romanico, rivestita con pietra locale a faccia vista e scandita da quattro colonne e un architrave, a sua volta abbellito da fiori, leoni e aquile a due teste.
In posizione centrale, una nicchia ospita un affresco di San Rocco, Protettore del paese. A una sola navata e con quattro cappelle, all’interno sono custodite opere di elevato valore artistico, come la bella statua lignea della Madonna dell’Olmo (XIII sec.) e una tela della “Sacra Famiglia” realizzata dal pittore lucano Giovanni De Gregorio, detto il Pietrafesa, uno dei massimi esponenti della cultura pittorica lucana tra tardo manierismo e barocco, le cui numerose opere sono disseminate nelle chiese e nei conventi della regione.
Si può inoltre ammirare un altare ligneo in stile barocco con al centro un dipinto disegnato su una pietra.
Probabilmente di origini bizantine, la chiesa del Santo Sepolcro è una delle più antiche di Castelmezzano. Essa custodisce la statua lignea della Madonna dell’Ascensione (XIV sec.), che, secondo una leggenda, sarebbe stata ritrovata da due pescatori in riva al mare. Proprio a costoro la Madonna stessa avrebbe chiesto di essere condotta a Castelmezzano.

Narra il Transito della Beata Maria Vergine che la Madonna aveva chiesto al Figlio di avvertirla della morte tre giorni prima. La promessa fu mantenuta: il secondo anno dopo l'Ascensione, Maria stava pregando quando le apparve l'angelo Gabriele. Teneva un ramo di palma e le disse: "Fra tre giorni sarà la tua assunzione". La Madonna convocò al capezzale Giuseppe d'Arimatea e altri discepoli del Signore e annunciò loro la sua morte.

sabato 21 settembre 2019

Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi quanto con la pratica della vita!




Gesù lo guardò con sentimento di pietà e lo scelse. Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi" (Mt 9, 9). Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: "Seguimi". Gli disse "Seguimi", cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi quanto con la pratica della vita. Infatti " chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato " (1 Gv 2, 6). " Ed egli si alzò, prosegue, e lo seguì " (Mt 9, 9).

Dalle "Omelie" di san Beda il Venerabile, sacerdote

martedì 17 settembre 2019

Parlami! Deus mihi dixit!



La vita di Francesco d'Assisi è nota ai molti. Il povero, il lupo, l'amore per il creato, ecc... ma le stimmate sono una singolarità che fanno di Francesco di Assisi il primo santo conformato in tutto a Gesù.
Oggi è la festa delle Stimmate, unico evento mistico celebrato anche nel Martirologio Romano:
“Sul monte della Verna, in Toscana, la commemorazione dell'Impressione delle sacre Stimmate, che, per meravigliosa grazia di Dio, furono impresse nelle mani, nei piedi e nel costato di san Francesco, Fondatore dell'Ordine dei Minori”.
Anche la cinematografia ha celebrato questo evento con due scene meravigliose, se pur diverse, in Francesco di Liliana Cavani e in Fratello Sole Sorella Luna di Franco Zeffirelli (min. 13,35), quest'ultima con una finezza cinematografica stupenda.

Eccoli…. buona visione e commuovetevi! (a me capita sempre)





lunedì 16 settembre 2019

S. Eufemia, prega per noi!






Martirologio Romano: A Calcedonia in Bitinia, nell’odierna Turchia, santa Eufemia, vergine e martire, che sotto l’imperatore Diocleziano e il proconsole Prisco, superati per Cristo molti supplizi, giunse con strenuo combattimento alla corona di gloria.

ORAZIONE
L'intercessione della santa vergine e martire Eufemia, ottenga, o Dio, alla tua Chiesa, redenta dal sangue del Salvatore, di mantenersi immacolata nella ferma e coraggiosa professione della vera fede; custodisci e moltiplica in essa la vocazione alla vita verginale, pegno e sorgente dell'eroica testimonianza a Cristo, tuo Figlio. Egli è Dio, …



Con lei furono martirizzati altri 50 cristiani e fra essi ricordiamo: SS. SOSTENE e VITTORE che erano due robusti soldati incaricati del martirio della nostra Santa, ma che vedendo l’eroica fede di Eufemia gettarono le armi, si dichiararono Cristiani nella pubblica arena e a loro volta furono martirizzati.
Le sacre reliquie dei Santi Martiri Eufemia, Sostene e Vittore di Calcedonia sono nella Basilica di S. Eufemia in Piacenza, attestate dalla ricognizione canonica del beato Scalabrini. Il corpo di Irsina è un corpo catacombale romano di nome Vittore, nulla a che vedere con il Santo di Calcedonia.

domenica 15 settembre 2019

Nel cammino, per tanti motivi, ci si può anche perdere...




Il cammino. Nel cammino, per tanti motivi, ci si può anche perdere. Come la pecorella, come la moneta, come Paolo.
Ci si può perdere come la pecora del gregge che segue il pastore, ma si attarda a brucare o a bere ad una pozza o scivola in un dirupo perché distratta. Ma ci si può perdere come la moneta, in casa, non c’è bisogna di uscirne. Ci si può perdere come Paolo, che segue le sue strade e le sue conquiste, caparbio e ostinato. (rileggete la seconda lettura è meravigliosa!)
Ciò che conta è che ci sia qualcuno che ti cerca! Ti usa misericordia, dice Paolo. Ciò che conta è avere il coraggio, la grazia, l’occasione di fermarsi e guardare il percorso fatto, se è quello indicato, tracciato, se è la Via.
La vita è un cammino sempre meraviglio anche nei suoi aspetti più terribili - dice Benedetta Bianchi Porro – e continua -  e la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio per questo.
Nel cammino quando ci si perde, quando anche diventa terribile, ciò che conta è ritrovarsi ed essere ritrovati. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Dal quel momento ciò che conta è riprendere il cammino. Non avere come - dice Giuseppe Puglisi – la sindrome del torcicollo: Molti oggi soffrono della “sindrome del torcicollo” perché continuano a voltarsi indietro, hanno paura del passato e non riescono a lasciarlo. Altri pensano, riflettono tanto, tanto, tanto da non muoversi mai. Alla fine restano con un piede in aria per la paura di fare un passo in avanti.
Nel cammino, ciò che conta è la meta e la guida, non gli errori, quelli vengono sempre perdonati! C’è qualcosa di imperdonabile? Forse si… la paura di fare un passo in avanti, dice 3P. Amen.

venerdì 13 settembre 2019

"Cosa meravigliosa è la vita": Benedetta Bianchi Porro





Benedetta Bianchi Porro nasce a Dovadola (FC) e diocesi di Forlì-Bertinoro, l’8 agosto 1936. A tre mesi si ammala di poliomielite: guarisce, ma rimane con una gamba più corta dell’altra. A dispetto delle condizioni di salute, s’iscrive alla facoltà di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, ma dopo un mese passa a quella di Medicina. Proprio questi suoi studi le permettono, nel 1957, di riconoscere da sola la natura della malattia che l’aveva intanto resa cieca e progressivamente sorda: neurofibromatosi diffusa o morbo di Recklinghausen. La vicinanza degli amici le permette di uscire a poco a poco dal dolore. Due volte pellegrina a Lourdes, scopre in quel luogo quale sia la propria autentica vocazione: lottare e vivere in maniera serena la malattia. Attorno a lei si radunano amici e sconosciuti, mentre con le sue lettere raggiunge molti cuori. Muore nella sua casa di Sirmione alle 10.40 del 23 gennaio 1964, a ventisette anni, con un «Grazie» come ultima parola. Dal 22 marzo 1969 le sue spoglie mortali riposano nella chiesa della badia di Sant’Andrea a Dovadola. È stata dichiarata Venerabile il 23 dicembre 1993. Il 7 novembre 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un miracolo ottenuto per intercessione di Benedetta, la cui beatificazione è stata fissata a sabato 14 settembre 2019, nella cattedrale di Forlì.

"Io penso che cosa meravigliosa è la vita anche nei suoi aspetti più terribili;
e la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio per questo."
Beata Benedetta Bianchi Porro


Per approfondire: BENEDETTA

mercoledì 11 settembre 2019

SANTI ITALO-GRECI: Elia Speleota di Melicuccà




Sant’Elia Speleota, “abitatore di grotte”, nasce a Reggio Calabria nel 863 da ricchi genitori, Pietro e Leonzia.
All’età di diciotto anni, la madre Leonzia gli propose di sposare una nobile giovinetta e di metter su famiglia. Elia, però, rifiutò la proposta e fuggì di casa andando prima a Taormina di Sicilia, a far penitenza, e poi si diresse in pellegrinaggio a Roma. Qui, nelle vicinanze della città eterna, prese l’abito monastico secondo la regola di S. Basilio (forse nella badia greca di Grottaferrata).
Tornato a Reggio di Calabria, Elia fuggì di nuovo, stavolta col monaco Arsenio, diretto a Patrasso in Oriente. Nel frattempo i Saraceni irruppero in Calabria fecendo stragi e schiavi.
Al ritorno da Patrasso, Sant’Elia Speleota, insieme ai monaci Cosma e Vitale, si ritirò a condurre vita di penitenza nella grotta di Melicuccà.
Qui, ben presto, gli abitanti dei paesi vicini, attratti dalla sua fama di santità, venivano a visitarlo, ascoltarlo, a ricevere da lui conforto e incoraggiamento.
L’11 settembre del 960, quando aveva già 97 anni, Elia morì. Fu sepolto nel sepolcro che lui stesso aveva scavato nella grotta con le sue mani, dove rimase sepolto fino al 2 agosto 1747 quando furono scoperte le sue ossa.
In quell'occasione, come attesta l’atto notarile, il 12 agosto 1747, Antonio Germanò, giovane di Melicuccà gravemente ammalato, alla sola vista delle ossa di sant'Elia guarì istantaneamente. Ed esplode il culto che perdura tutt'oggi. Il Martirologio le ricorda l’11 settembre.