venerdì 31 maggio 2019

Fede e arte da Porto Torres, passando per Oristano fino in Barbagia (5)


Santuario Madonna dei Martiri a Fonni (NU)

Con i suoi mille metri di altitudine è il comune più alto della Sardegna, nel cuore del Gennargentu. I francescani vi arrivarono nel 1610 e vi fondarono una chiesa dedicata alla Santissima Trinità e un convento. Il secolo successivo, sullo stesso sito, fecero costruire il capolavoro barocco del santuario della Vergine dei Martiri.

Il 14 aprile 1610 il padre francescano Giorgio d'Acillara prese possesso del luogo dove sarebbero dovuti sorgere la chiesa e il convento. Il sito, donato dal fonnese don Stefano Melis, era ubicato nel rione Logotza della "villa" di Fonni appartenente al feudo di Mandas. Sulla facciata della chiesa ancora oggi è ben visibile, sopra il portale principale, lo stemma gentilizio della famiglia: un melo carico di frutti.

Convento e chiesa, dedicata alla Santissima Trinità, vennero ultimati dopo molteplici interruzioni intorno al 1632-33. La pianta della chiesa era molto semplice: un'aula mononavata, voltata a botte, con tre cappelle per parte e il presbiterio sopraelevato dove si trova il quadro di Antonio Todde raffigurante la Trinità. Annesso vi era il convento dal classico impianto francescano: un quadrilatero di celle affacciate sul chiostro, dove si trova il pozzo centrale.

Nel 1702, dopo la demolizione della cappella del Rosario, per iniziativa di padre Pacifico Guiso Pirella di Nuoro (1675-1735), s'iniziò la costruzione del nuovo organismo dedicato alla Vergine dei Martiri, che s'innestava su quello dedicato alla Trinità. Il progetto di padre Guiso, comprendente la chiesa superiore e un santuario sotterraneo (la cripta), venne realizzato dall'architetto-capomastro milanese Giuseppe Quallio e da alcuni suoi conterranei: Giovanni Battista Corbellini, Ambrogio Mutoni e Giovan Battista Reti. I lavori terminarono nell'ottobre del 1706.

La cappella-basilica è costituita da una navata centrale coperta con volta a botte sulla quale si affacciano due cappelle semicircolari. Conclude la struttura il presbiterio rialzato che ospita l'altare della Madonna dei Martiri.

La venerata immagine della Vergine dei Martiri, che la tradizione racconta sia stata fabbricata con le ossa provenienti dalle catacombe romane di Lucina.

All'incrocio con le cappelle, su un alto tamburo finestrato insiste la cupola ottagonale. La fastosa decorazione scultorea della basilica è arricchita dalle pitture di Pietro Antonio e Gregorio Are (padre e figlio).

Il santuario sotterraneo dedicato a Sant'Efisio e a San Gregorio Magno, considerati i Padri della fede dei Barbaricini, è strutturato in due ambienti che originariamente erano separati da un'inferriata: il vestibolo e il santuario. Nel primo, a pianta rettangolare con copertura a botte, cinque nicchie per lato ospitano busti di Santi legati alla tradizione francescana. Nel secondo ambiente, sempre a pianta rettangolare e voltato a botte, si trovano numerosi altari e simulacri in stucco policromo realizzati dal Mutoni e dal Corbellino. Le tempere nella volta sono state eseguite dagli Are.

L'oratorio di San Michele Arcangelo venne eretto tra il 1758-1759 su modelli lombardi importati dal Quallio e dai suoi collaboratori. La cupola dell'edificio è decorata con le tempere di Gregorio Are. All'interno del Convento è conservata una preziosa collezione di dipinti del Seicento e del Settecento, eseguiti da artisti che hanno lavorato nel cantiere francescano: Antonio Todde, Giuseppe Lopez e Pietro Antonio Are.
 

Chiesa di San Lussorio in Fordongianus (OR)

Santuario di San Lussorio appena fuori dal nucleo abitato di Fordongianus (OR) su un rilievo che domina sulla vallata. Il complesso è in dedicazione al santo martirizzato nel 304 sotto l’imperatore Diocleziano.

Il complesso è composto dalla chiesa romanica e il santuario di età tardoantica e bizantina che si trova sotto il livello del terreno, costruito quindi al di sotto del successivo edificio medievale.

All’interno la chiesa si presenta a singola navata, con abside orientata a est, realizzato interamente in pietra vulcanica dai toni rossi e copertura in legno. Resti di antichi affreschi si trovano nell’ipogeo assieme a un’iscrizione latina di epoca medievale.

Nel santuario bizantino si trova al tomba dove si presume un tempo sia stato conservato il corpo di San Lussorio. La tomba è in sostanza una fossa di rettangolare rivestita di lastrine marmoree. Molto probabilmente il reliquiario venne svuotato nel 1600, quando venne sistemato il pavimento.

Il testo più attendibile della Passio sancti Luxorii martyris (Codex Sancrucensis 13 cc. 238-239), conservato nell'abbazia cistercense di Heiligenkreuz, in Austria, e risalente agli anni immediatamente successivi al 1181, racconta che al tempo degli imperatori romani Diocleziano e Massimiano il paganissimus Luxorius, apparitor del praeses della Sardegna Delphius entrò in possesso delle Sacre Scritture mentre svolgeva la sua attività. Spinto dal desiderio di conoscere i salmi iniziò a sfogliarli e nel leggerli restò talmente colpito nella sua sensibilità da convertirsi al cristianesimo. Cominciò così a pregare, a rinnegare gli idoli e ad applicarsi allo studio del Testo Sacro. Arrestato in seguito a una denuncia e portato in catene davanti al praeses, Lussorio affrontò la disapprovazione del magistrato romano che lo accusava di essere venuto meno alla sua fiducia, di disprezzare gli ordini degli imperatori e di ritenere blasfemi i sacrifici fatti agli dei. Ne scaturì un acceso e polemico confronto anti idolatria, in cui Lussorio replicò con fermezza ad ogni domanda del magistrato, il quale gli prospettò la scelta irrevocabile tra il sacrificio agli dei e la morte. Al suo rifiuto di sacrificare, Delphius ordinò che Lussorio fosse incatenato con pesantissimi ferri e trasferito in carcere.

Alcuni giorni dopo Delphius dispose che Lussorio fosse ricondotto davanti al suo tribunale. Ne sorse una nuova disputa al termine della quale il magistrato, piegato nella dialettica e convinto che neppure i peggiori tormenti fossero in grado di sconfiggerne la resistenza, ordinò la condanna a morte di Lussorio. Le guardie del corpo di Delphius trasferirono Lussorio in territorium fani traianensis, nel territorio di un tempio pagano situato in prossimità della città di Forum Traiani, dove affrontò la morte, mediante decapitazione, dodici giorni prima delle calende di settembre (21 agosto) e dove fu sepolto all'interno di una cripta.

Nel racconto della Passio l'azione giudiziaria è proposta sotto forma di una controversia religiosa, caratteristica del genere letterario agiografico, in cui si assiste al coraggioso tentativo dell'accusato di persuadere il giudice a non perseverare nel suo essere idolatra. Da parte sua il magistrato romano mette in atto tutti i possibili tentativi per non essere costretto ad applicare il decreto imperiale nelle sue estreme conseguenze. Atteggiamento comprensibile, se si tiene conto che fino al momento dell'arresto Lussorio era un suo stretto collaboratore. Subito dopo l'arresto, infatti, Delphius gli si rivolge in tono amichevole: «Ego te summa dilectione habui et cogitavi veram inter primates officii mei tibi honorem dare» cioè gli dice di averlo tenuto in grande predilezione e che pensava veramente di affidare a lui, fra gli eminenti, l'onore della sua carica. Il testo della Passio risponde, almeno in parte, ai canoni dei racconti martiriali tardo antichi piuttosto che alle passio epiche del periodo basso-medioevale. La narrazione è in ogni modo priva di quegli elementi fantastici che distinguono altri racconti agiografici. La lettura che se ne può trarre è che l'autore, pur ricorrendo al repertorio di brani disponibile a favore di quanti volevano esaltare il martirio, ha fatto certamente ricorso a fatti storicamente accertati.

La chiesa di San Lussorio spicca sulla collina, poco fuori Fordongianus, lungo la strada che conduce al paese di Allai. La struttura, posta su una modesta altura, fu edificata nel XII secolo, ma la prima costruzione risalirebbe già al periodo paleocristiano, IV secolo d.C. I resti di questo primo impianto li potremo ammirare insieme, visitando la cripta della chiesa.

San Lussorio: da ufficiale romano a martire cristiano


Lussorio, come testimoniano diverse fonti scritte, era un ufficiale dell’esercito romano di stanza a Forum Traiani (Fordongianus). Nel 304 d.C., sotto l’imperatore Diocleziano, si converte al Cristianesimo e per questo fu arrestato e condannato a morte. Secondo l’iscrizione in marmo inserita nella parete meridionale della chiesa, Lussorio sarebbe stato ucciso il 21 agosto, giorno in cui ancora oggi si celebra il santo.

Pochi anni dopo, nel 313 d.C., con l’editto di Costantino furono liberalizzati i diversi culti in tutto l’impero ed è probabile che il corpo di Lussorio fu recuperato e deposto in una struttura degna di ospitare le spoglie del martire.

La presenza di questo santo, che divenne ben presto molto influente, permise alla città di ricevere il titolo di Sede Vescovile che mantenne per circa 400 anni (dal 484 all’VIII secolo d.C.).

La chiesa è frutto della sovrapposizione di diverse architetture religiose, sorgendo su una collina usata almeno fin dall’età romana come zona cimiteriale. Il primo impianto si data tra il 1110 e il 1120, ed è opera probabilmente dei monaci di San Vittore di Marsiglia. Dopo il parziale crollo di questa costruzione, in stile romanico-provenzale, la chiesa venne ristrutturata nel XV secolo.

La parte frontale, in stile gotico-aragonese e ancora ben conservata, si riferisce proprio a questa seconda fase.

La cripta di San Lussorio


Fino a pochi anni fa vi si accedeva da una botola posta all’interno della chiesa e chiusa da un portellone metallico. Una scalinata di 9 gradini conduceva alla sepoltura di San Lussorio, sovrastata da un arco e protetta da delle grate. Oggi invece, l’ingresso è accessibile da un’apertura ricavata sul lato meridionale della chiesa.

Nella cripta si conservano parte dei pavimenti originali di IV e VI secolo, in mosaico policromo e una serie di sepolture “ad sanctos. Queste dovevano appartenere a persone agiate che sceglievano di essere sepolte vicino al santo per garantirsi la salvezza dell’anima.

Le spoglie di Sant’Archelao


In questa cripta sono stati trovati nel 1615 anche i resti del patrono di Oristano, Sant’Archelao, attualmente collocati nella Cattedrale di Santa Maria Assunta. La festa si celebra a Oristano il 13 di febbraio.


Terme romane in Fordongianus (OR)

Il complesso termale, tra i più importanti della Sardegna, gravita sul sito urbano di "Forum Traiani" (da cui il nome Fordongianus).
L'abitato, di fondazione tardorepubblicana, fu costituito da Traiano come centro di mercato tra le comunità dell'interno e le popolazioni romanizzate dell'entroterra del golfo di Oristano. Entro l'inizio del IV sec. d.C. fu probabilmente elevato al rango di "municipium". Le terme, le antiche "Aquae Ypsitanae", si dispongono su vari livelli e sono composte da due stabilimenti: il primo, a N, del I sec. d.C.; il secondo, a S, del III sec. d.C.Il primo stabilimento sfruttava le acque che ancora oggi sgorgano alla temperatura di 54 °C dallo strato alluvionale soprastante il banco vulcanico. Le acque vennero imbrigliate mediante un muro in opera cementizia con duplice paramento in blocchi squadrati di vulcanite, spesso 3,5, che fungeva anche da argine alle piene del Tirso. La struttura originaria dello stabilimento doveva essere in "opus quadratum", ossia in grossi blocchi di pietra squadrati; in seguito subì vari rimaneggiamenti. Al centro dello stabilimento si trova la "natatio", un'ampia piscina rettangolare (13 x 6,5; profondità 1,5) per balneazioni tiepide (l'acqua calda termale veniva stemperata adducendo acqua fredda da serbatoi situati a monte). La piscina era coperta con volta a botte. I lati S e N erano originariamente porticati; residua il portico S con pilastri a sezione quadrata in blocchi di vulcanite e volta a botte in opera cementizia rinforzata da anelli di blocchi vulcanici cuneati. Lucernai quadrati ne assicuravano l'illuminazione. Sul lato N della "natatio" furono realizzate tre vasche quadrangolari, mentre sul lato E è presente un edificio rettangolare con nicchie sui lati lunghi; una di queste ha restituito un altare consacrato alle ninfe da Servato, liberto dell'imperatore e procuratore delle miniere e dei latifondi imperiali, per la guarigione di Quinto Bebio Modesto, governatore della Sardegna vicino agli imperatori Caracalla e Geta (211-212 d.C.). Il secondo stabilimento, a S, occupa un'area rettangolare (30 x 12) le cui strutture in "opus quadratum" sono probabilmente una parte incorporata del primo stabilimento. Realizzato in "opus vittatum mixtum", aveva verosimilmente l'ingresso originario prospettante sulla piazza lastricata a S. Dall'ingresso si accedeva allo spogliatoio ("apodyterium"), al "frigidarium" (ambiente rettangolare con due vasche), al "tepidarium" (ambiente rettangolare), e al "calidarium" (ambiente con vascone rettangolare). Al contrario del primo, il riscaldamento delle acque del secondo stabilimento era artificiale L'approvvigionamento dell'acqua veniva assicurato, per mezzo di una efficiente rete di canalizzazione, da un sistema di pozzi e cisterne in parte alimentate dall'acquedotto romano. Il raccordo tra i due stabilimenti veniva assicurato da una scalinata che si affacciava sul portico della "natatio". Il piazzale retrostante, lastricato in vulcanite, ha forma trapezoidale (25 x 30 x 25). Sul lato orientale prospetta un edificio a "L", in "opus vittatum mixtum", con cinque vani e due ambienti rettangolari; uno di questi è affrescato con motivi a candelabri e grifoni, databili al 200 d.C. L'edificio potrebbe essere un "hospitium" legato agli ambienti termali.