martedì 20 novembre 2012

Martedì XXXIII settimana del T.O. (Anno pari)






La liturgia di questi giorni è di puro gusto apocalittico: siamo alla fine dell’anno liturgico, che diventa anche fine del tempo, in cui tutto si ricapitolerà in Cristo: che celebreremo come “re dell’universo”.

Il libro dell’Apocalisse ci ha detto:
“Il vincitore sarà vestito di bianche vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli”.

La fine dei tempi comporta una vittoria, uno è chiamato a schierarsi: di chi sono? A chi appartengo? Chi è custode e signore della mia vita? La mia vita che significato ha, o meglio avrà alla fine dei miei giorni: su che libro sarà scritta? Mi riconoscerà il Padre come figlio?

Domande queste che ci richiamano alla conversione, quella narrata nel Vangelo con l’esempio di Zaccheo: in lui vediamo ciascuno di noi, “piccolo di statura”, una statura umana che era anche la sua dimensione interiore: un piccolo uomo, un mezzo uomo, che contrasta con “il Figlio dell’uomo” che è Gesù: Zaccheo vuole vedere Gesù.

Riascoltiamo cosa abbiamo ascoltato dal libro dell’Apocalisse, e applichiamolo a Zacchero:
“Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista”.

Il desiderio di Zaccheo di vedere Gesù, diventa allora elevazione fisica: sale sull’albero, ma nella pagina evangelica si capisce che questo gesto sarà anche la sua nuova altezza: “alzatosi”, egli esce dalla sua bassa statura di uomo per essere un vero “figlio di Abramo” e di conseguenza di Dio.

Allora come Zaccheo convertiamoci: eleviamo le nostre bassezze umane alle altezze divine.




La memoria di oggi, quella del martire Samuele Marzorati, ci sprona ancora di più: un vero discepolo di Cristo, non solo eleva la sua umanità all’umanità santa di Gesù, ma testimonia il suo Signore e Maestro fino al dono di se.

Samuele Marzorati è nato a Biumo (Varese) nel 1670. Accolta la vocazione francescana, e fatto il cammino formativo, nel 1712 è Gondar, capitale dell’Etiopia, ma la situazione generale del regno etiope non era tranquilla, dopo poco e male accolti il missionario e i suoi confratelli furono processati, furono condannati a morte in “odio alla fede”: il 3 marzo 1716 furono lapidati. Il beato Giovanni Paolo II li beatificherà come martiri della fede cattolica il 20 novembre 1988 a Vienna, durante il suo viaggio apostolico.

Scrive il beato Giovanni Paolo II, nell’enciclica Ut Unum Sint: “Questi nostri fratelli e sorelle, accomunati nell'offerta generosa della loro vita per il Regno di Dio, sono la prova più significativa che ogni elemento di divisione può essere trasceso e superato nel dono totale di sé alla causa del Vangelo. … Nella sequela dei martiri, i credenti in Cristo non possono restare divisi”.

L’intercessione dei martiri di tutte Chiese giovi all’unità della Chiesa, alla santità di tutti i cristiani e alla realizzazione del Regno di Dio.

Termino con la conclusione dell’enciclica Ut Unum Sint:
“Io, Giovanni Paolo, umile servus servorum Dei, mi permetto di fare mie le parole dell'apostolo Paolo, il cui martirio, unito a quello dell'apostolo Pietro, ha conferito a questa sede di Roma lo splendore della sua testimonianza, e dico a voi, fedeli della Chiesa cattolica, e a voi, fratelli e sorelle delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, "tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi [...]. La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”.