venerdì 28 settembre 2012

LA PICCOLA VIA (7)






«Qual è la via che vuoi insegnare alle anime?» chiese Madre Agnese alla sorella sul letto di morte.
E lei rispose: «È il cammino della fiducia e del totale abbandono».

Il vero male non è cadere
«Il Signore vede la nostra fragilità
e si ricorda
che non siamo che polvere».
(Salmo 102, 14)

Si può cadere nella vita: aver fatto un passo di troppo, dove la terra non è più buona.
Il vero male però non è cadere: è lasciare andare la Sua mano, non voler rialzarsi più, inorgoglirsi nei propri piccoli o grandi insuccessi.
Una mano tesa indica sempre un cuore proteso a rinnovarsi, una volontà disposta a riconoscere l’errore.
Così è già salvezza, è già ricordare che sotto la croce, Gesù per tre volte è caduto e per tre volte ci ha insegnato che rialzarsi è duro, ma necessario.

Testi tratti da “La Piccola Via dell’Infanzia Spirituale”
Santuario di S. Teresa di Gesù Bambino - Verona

Il Santo eremita del Fortore (2)



Chiesa di Tufara (CB)


BIOGRAFIA

San Giovanni eremita, nasce a Tufara nel 1084 da Mainardo e Maria, che stramente nella biografia del santo non sono pii genitori cristiani. Sin dalla fanciullezza, benché visse in ambiente indifferente e quasi ostile, sentì i richiami del cristianesimo autentico e diede alla sua vita un indirizzo deciso. Amava praticare l’ufficio del sacrestano nella chiesa dei santi Pietro e Paolo e questo irritò i genitori e contribuì a diffondere pettegolezzi e maldicenze. I più invidiosi riferirono che Giovanni elargiva elemosine e donazione di cibo ai poveri del paese. I genitori informati dell’accaduto, un giorno decisero di smascherarlo mentre portava un cesto con i viveri ai poveri. Giovanni senza remore non esitò a obbedire e i genitori restarono esterrefatti nel costatare che quella cesta conteneva rose e fiori. Un segno che il Signore accordava al suo umile servo. La stessa cosa si racconta di altri santi, come la santa regina Elisabetta d’Ungheria.
Accortosi di essere di peso alla famiglia, nel 1103, Giovanni decise di abbandonare la casa e fuggire dal paese per seguire la strada che il Signore gli avrebbe indicato.
Appena diciottenne, mosso dal desiderio di approfondire la sua formazione filosofica e teologica, si recò a Parigi.
A Parigi, la vita mondana della città, il mondo di dotti e filosofi non rispondevano alle aspettative del beato Giovanni. Lui amava la solitudine perfetta, la contemplazione e il silenzio necessario per ascoltare la Parola di Dio. Decise di ritornare in Italia, inizialmente a Monte S. Angelo, e poi a Tufara, dove ebbe inizio il suo cammino di interiorità spirituale.

Trovando i genitori defunti, vendette tutto e distribuì ai poveri il ricavato. Abbandonò la sua casa e percorrendo per l’ultima volta le strade della sua Tufara varcò la porta del castello per dare l’ultimo addio a tutto ciò che lo legava al suo paese. Incontrò un povero completamente nudo, con le mani protese verso di lui. Giovanni lo fissò attentamente, poi osservò se stesso e, preso da vergogna di ritrovarsi più ricco di quel poveretto, prese lo straccio di vestito che aveva addosso e rivestì il povero. Completamente nudo, a passi maestosi, s’inoltrò verso le montagne boscose dove condusse vita solitaria e austera in tuguri e grotte. Preso dall’amore di Dio, rinnegò se stesso, prese la sua croce, assoggettò il corpo allo Spirito, digiunò, a volte, per l’intera settimana. Le sue giornate erano scandite dalla preghiera, dalla meditazione, dalla contemplazione, dalla lettura della Parola di Dio e dalla penitenza.
Un’accreditata testimonianza afferma che Giovanni da Tufara si incontrò in S. Firmiano con il conterraneo e compagno di giovinezza, forse con lui a Parigi, beato Stefano Corumano di Riccia.
Trascorse la maggior parte della sua vita nelle grotte di Baselice nel beneventano. Molti uomini, attratti dal suo esempio e desiderosi di condurre una vita di contemplazione e di preghiera chiesero di unirsi a lui. Giovanni visto il fervore e la sincerità di questi uomini, diede origine ad una forma di vita comunitaria.
Nel 1156 diede il via per la costruzione del monastero di santa Maria de Gualdo Mazocca a Foiano di Val Fortore (BN).
Nell’anno 1179, il 14 novembre, all’età di ottantasei anni, San Giovanni da Tufara, colpito da forte febbre e spossato nella sua fibra pur resistente, alle ore nove morì.
Il corpo fu sepolto in luogo nascosto nel bosco di Mazocca.

Nell’anno 1221, come abbiamo suddetto, avvenne l”Elevatio et translatio corporis e alcune ossa del santo eremita poste nell’altare da consacrare delle Chiesa del Monastero

In questa occasione il braccio e la mandibola di san Giovanni eremita furono donate rispettivamente ai rappresentanti di Tufara e di Foiano.
Le restanti ossa furono tumulate in un luogo segreto nella Chiesa del Monastero e in seguito, nel 1541, traslate presso la Chiesa Madre di San Bartolomeo in Galdo (BN). Dal 1658 sono state collocate in busto d’argento che è portato in processione per la festa patronale, con San Bartolomeo apostolo, il 24 agosto.

La vita del santo eremita è narrata nella bellissimo portale di bronzo della Chiesa Madre di San Bartolomeo in Galdo: nell'anta di sinistra la vita di San Bartolomeo, nell'anta di destra la vita di San Giovanni Eremita.

Oltre al culto attribuito a San Bartolomeo in Galdo (BN), il Santo eremita è venerato a Tufara, con grande solennità, e a Foiano di Val Fortore.


Santa Letizia vergine martire a Colonia (?)





Il nome Letizia deriva dal nome affettivo latino Laetitia, letteralmente "gioia", "letizia", dall'aggettivo laetum, "lieto"; dalla stessa radice viene in alcuni casi fatto derivare il nome Leto.
Il Martirologio Romano non riporta nessuna Santa con questo nome.
Analizzando gli antichi elenchi di santi si trovano tre date:

9 marzo, S. Letizia vergine
13 marzo, S. Letizia vergine romana
21 ottobre, S. Letizia martire

Per nessuna di queste sante ci sono dati storici attendibili.

Il nome è molto diffuso in Francia, forse per il fatto che fatto che la madre di Napoleone si chiamava Letizia; ma anche nel Regno Unito (Letycie), e in Spagna (Leticia); in Italia c’è una discreta diffusione: è presente in 360 comuni italiani.

La Martire del 21 ottobre è annoverata tra le compagne di martirio di Sant’Orsola. E quindi potremmo applicare ad essa quanto narrato nella Leggenda di S. Orsola.

"Vissero probabilmente nel IV secolo e non nel V come vuole la leggenda. Una Passio del X secolo, infatti, narra di una giovane bellissima, Orsola, figlia di un re bretone, che accettò di sposare il figlio di un re pagano con la promessa che si sarebbe convertito alla fede cristiana. Partì con 11.000 vergini per raggiungere lo sposo, ma l'incontro con gli Unni di Attila provocò il loro martirio. Orsola fu trafitta da una freccia perché non aveva voluto sposare lo stesso Attila. Questa leggenda, comunque, ha una base storica, come ha dimostrato il ritrovamento di una iscrizione presso una chiesa di Colonia. L'iscrizione parla del martirio di Orsola e di altre dieci vergini (divenute 11.000 per un piccolo segno sul numero romano XI), martirio avvenuto probabilmente sotto Diocleziano".

Il dato archeologico ha fatto si che la vicenda di S. Orsola e delle sue socie (10 o 11.000 che siano!) è presente nel Martirologio Romano: “Presso Colonia in Germania, commemorazione delle sante vergini, che terminarono la loro vita con il martirio per Cristo nel luogo in cui fu poi costruita la basilica della città dedicata in onore della piccola Orsola, vergine innocente, ritenuta di tutte la capofila”.

Il problema rimane. Se il dato storico-archelogico è che le compagne di Orsola non hanno nome oppure ci sono tanti nomi da definire l’elenco delle 11.000 vergini martiri, chi è S. Letizia?

È certo che nel 1521 da Colonia - luogo della sepoltura di S. Orsola e sue compagne martiri - la reliquia del capo di una vergine martire di nome Letizia, fu traslata ad Ayerbe, in Spagna. Un evento importate che fece si che la vergine martire S. Letizia fu proclamata patrona della città in sostituzione di San Pietro. La festa celebrata inizialmente il 21 ottobre, dal 1549 fu celebrata il 9 settembre.




La città di Ayerbe, in Spagna, custodisce e venera due immagini della santa: il busto reliquiario e una statua processionale.




FONTE
* Sito Web santiebeati.it
* Sito Web wikipedia.org
* Sito Web preguntasantoral.blogia.com
* Sito Web es.paperblog.com