domenica 19 agosto 2012

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)


S. Pietro Giuliano Eymard
sacerdote e fondatore (3 agosto)


“La sapienza si è costruita la sua casa” (Sap)

Chi è la Sapienza che imbandisce la tavola con carne e vino? Chi è la Sapienza che manda i servitori (“Ha mandato le sue ancelle”) a invitare chi è inesperto nell’arte del banchettare perché possa mangiare del suo pane e bere del suo vino?
Chi è la Sapienza che chiede di abbandonare l’inesperienza e di farsi guidare nel mangiare e nel bere. E che ci raccomanda: abbiate intelligenza nel dare soddisfazione alla vostra fame!

Sul discorso, mangiare e bere, prosegue la II lettura dell’Apostolo Paolo: “fate molta attenzione al vostro modo di vivere … non ubriacatevi di vino” (Ef)

La pagina di Efesini è un’esortazione alla comunità cristiana dell’epoca degli Apostoli a vivere bene la cena del Signore: forse l’esortazione dell’Apostolo voleva liberare la Cena da eccessi e da dinamiche che potevano avere il gusto paganeggiante o che richiamavano i riti pagani di cui ancora la società romana era intrisa.

Non siamo a baccanali dove si ubriacavate, ma siamo alla Cena del Signoe: forse pensava S. Paolo!
Per noi invece è esortazione a vivere bene l’Eucaristia, forse chiedendosi ogni volta: cosa vado a vivere questa domenica?
C’è sempre nascosto e non mai scontato un certo che di pagano che rimane latente nei nostri gesti di culto: cosa?
Questa pagina di Efesini può essere anche esortazione a vivere con consapevolezza la gestualità della S. Messa: senza essere meccanico e rituale, senza svuotare la celebrazione eucaristica della sua sacralità e sprecando la Grazia che in essa sgorga.

Ma poi in questa pagina di S. Paolo siamo richiamati ad “essere” quello di cui nutriamo. E di cosa ci nutriamo in ogni celebrazione eucaristica? Del pane di Vita, della bevanda e Parola di Salvezza.

Eccoci allora all’ultimo passo, il Vangelo.

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”. (Gv)

Torniamo alla Sapienza!
Cristo è la Sapienza increata che imbandisce il suo banchetto perché impariamo nuovamente a mangiare per essere ciò che mangiamo e trasformarci in ciò che mangiamo: Lui in me e in io in Lui! Diceva il Vangelo ...

Difatti ogni guaio è nato da un mangiare sbagliato, da una fame mal soddisfatta.

E cosa cercavano in quel cibo in nostri progenitori?
Cercavano la vita, la vita eterna; cercavano la sapienza del vivere.
Cristo è il maestro della vita, egli è colui che ci educa al vero mangiare, perché suo cibo è compiere la volontà del Padre suo e nostro. “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”. (Gv 4,34)

Gesù, mio Signore e mio Dio, sfama la nostra fame di vita perché il nostro vivere sia “in eterno”.
Concludo con un pensiero di San Giovanni Eudes, la cui memoria liturgia è (oggi) il 19 agosto (domani):


“O Signore, tu non ti accontenti di aver abitato e parlato con noi durante la tua vita mortale, ma hai trovato una stupenda invenzione per essere sempre con noi e donarti a noi con tutti i tesori e le meraviglie che sono in te - LUI IN ME ED IO IN LUI - , e ciò attraverso la divina Eucarestia che è compendio delle tue meraviglie e l’espressione più grande del tuo amore per noi.
Poiché ti diletti stare con me, fa che ponga tutta la mia contentezza a parlare con te, a pensare a te e ad amarti e glorificarti”. (Opere Complete I, 430)
Amen.