sabato 1 febbraio 2025

Dal Quaderno 156 “MANCU LI GATTI": Il gatto nella vita dei Santi

Introduzione

 

Nella mitologia greca e romana il gatto non è presente. Siamo invece abituati ad accostare il gatto all’Egitto. Erodoto narra che gli egiziani si raccoglievano con grande devozione nella città di Bubastis. Qui veneravano la dea Bastet, raffigurata con il corpo di donna e la testa di gatto. Il culto del gatto nella civiltà egizia è attestato già dal 1550 a.C.

La simbologia del gatto è ambivalente: è espressione del bene e del male.

Un gatto è presente nella scena dell’Annunciazione, opera di Vico Consorti, nella Porta Santa della Basilica Vaticana. È l’unico caso in San Pietro sul colle Vaticano. Nella Cabala ebraica il gatto è associato al serpente, simbolo del male, divenne automaticamente emblema della menzogna e del tradimento, tanto che i cristiani cominciarono a rappresentare un gatto ai piedi di Giuda. Anche nel buddismo il gatto è associato al serpente nel rimprovero per non aver pianto per alla morte di Buddha.

 

La tradizione patristica poco o nulla dice a riguardo del gatto, per di più la Sacra Scrittura sembra ignorarlo.

 

C’è solo un versetto nel libro di Baruc, in cui profetizzando la deportazione in Babilonia del popolo eletto, lo ammonisce di non cadere in balia dei culti pagani:


 

“State attenti dunque a non divenire in tutto simili agli stranieri; il timore dei loro dèi non si impadronisca di voi. Alla vista di una moltitudine che prostrandosi davanti e dietro a loro li adora, dite a voi stessi: "Te dobbiamo adorare, Signore". Poiché il mio angelo è con voi, ed è lui che si prende cura delle vostre vite. Essi hanno una lingua limata da un artefice, sono coperti d'oro e d'argento, ma sono simulacri falsi e non possono parlare. E come per una ragazza amante degli ornamenti, prendono oro e acconciano corone sulla testa dei loro dèi. Talvolta anche i sacerdoti, togliendo ai loro dèi oro e argento, lo spendono per sé, e lo danno anche alle prostitute nei postriboli. Adornano poi con vesti, come gli uomini, gli dèi d'argento, d'oro e di legno; ma essi non sono in grado di salvarsi dalla ruggine e dai tarli. Sono avvolti in una veste purpurea, ma bisogna pulire il loro volto per la polvere del tempio che si posa abbondante su di essi. Come il governatore di una regione, il dio ha lo scettro, ma non stermina colui che lo offende. Ha il pugnale e la scure nella destra, ma non si libererà dalla guerra e dai ladri. Per questo è evidente che essi non sono dèi; non temeteli, dunque! Come un vaso di terra una volta rotto diventa inutile, così sono i loro dèi, posti nei templi. I loro occhi sono pieni della polvere sollevata dai piedi di coloro che entrano. Come per uno che abbia offeso un re si tiene bene sbarrato il luogo dove è detenuto perché deve essere condotto a morte, così i sacerdoti assicurano i templi con porte, con serrature e con spranghe, perché non vengano saccheggiati dai ladri. Accendono lucerne, persino più numerose che per se stessi, ma gli dèi non possono vederne alcuna. Sono come una trave del tempio il cui interno, si dice, viene divorato, e anch'essi, senza accorgersene, insieme con le loro vesti sono divorati dagli insetti che strisciano fuori dalla terra. Il loro volto si annerisce per il fumo del tempio. Sul loro corpo e sulla testa si posano pipistrelli, rondini, gli uccelli, come anche i gatti. Di qui potrete conoscere che essi non sono dèi; non temeteli, dunque!” (Bar 6, 4-22)

 

Il gatto negli autori medievali è trattato con sospetto e ben poca benevolenza. Sarà colpa di quegli occhi che brillano al buio e che appaiono inquietanti? Oppure per la sua indole sensuale, che ancora oggi ci fa dire: sembri un gatto in calore?

Oppure ancora perché a differenza del cane non poco addestrabile così da renderlo modello di coloro che non voglioso sottomettersi alle leggi divine?

Troviamo poi l’accostamento del gatto – specialmente quello nero – al demonio, per cui alla stregoneria e alla blasfemia.

Il gatto appare nell’arte sacra. Come già accennato sopra, Giuda e il gatto. Un esempio è il Ghirlandaio con la sua Ultima Cena nel refettorio piccolo del convento domenicano di San Marco in Firenze (1481). Altre esempi sono in Lorenzo Lotto, in Leonardo da Vinci, in Pieter Huys, in Guido Reni, in Federico Barocci e molti altri.

Spesso il gatto è raffigurato in lotta con il cane con un chiaro rimando alla lotta fra il bene e il male.

Il gatto però ha sempre avuto la sua utilità nel tenere lontani i topi, veri animali da debellare perché portatori della temibile peste e di altre infezioni.

Questo rende il gatto un animale sempre più “di casa”, tanto che comincia ad essere presente nei monasteri, tra i monaci e le monache. Il più famoso è il così detto gatto certosino. Una leggenda narra che i Crociati che tornavano dalle spedizioni in Terra Santa venivano ospitati nelle certose. Per sdebitarsi con i monaci dell'ospitalità offerta, regalarono loro una coppia di gatti dall'esotico mantello grigio-blu. Avevano la fama d'essere dei grandi cacciatori di topi, per questo i monaci iniziarono ad allevarli, allo scopo di proteggere i granai e le scorte alimentari, come pure per evitare la distruzione di preziosi manoscritti. Ma è una leggenda. Il gatto certosino è una delle razze feline più antiche. È stato importato in Francia dall'Oriente dai cavalieri templari nel 1100 circa.

Il gatto nelle comunità monastiche diventa quasi specchio delle qualità proprie della vita monastica: adattamento, povertà, solitudine, discrezione e capacità di passare repentinamente dal sonno alla veglia.

Un esempio artistico è il gatto nel dipinto di Antonello da Messina, presso la National Gallery di Londra: San Girolamo nello studio. Qui il gatto evoca quella silenziosa complicità, muta ispirazione per pensatori e scrittori.

 Infine anche l’agiografia è presente il gatto. Una presenza sporadica, che va dallo strumento di tortura alla compagnia caritatevole.


( ... )


Il caso singolare di legame tra santi e gatti è nella vita di Maria Tuci.

 

Maria Tuci, vergine e martire, appartiene al gruppo dei Martiri Albanesi. I Servi di Dio Vincenzo Prennushi e 39 compagni delle chiese cattoliche di rito romano e greco-cattolico d’Albania sono solo alcuni dei numerosissimi cattolici albanesi che hanno subito prigionia, torture e falsi processi, nel tentativo di sradicare il Vangelo e la cultura di un intero popolo. Il processo diocesano per accertare il loro effettivo martirio in odio alla fede si è svolto presso la diocesi di Scutari dal 10 novembre 2002 all’8 dicembre 2010.

 

Maria Tuci nasce a Ndërfushaz-Mirdita il 12 marzo 1928, e muore in odium fidei a Scutari il 24 ottobre 1950.

La Tuci frequentò il collegio delle suore Stimmatine a Scutari e domandò di poter entrare nel loro Istituto religioso. Incaricata d’insegnare nelle scuole elementari di due paesi, trasmise clandestinamente anche il catechismo. Arrestata con alcuni familiari il 10 agosto 1949, fu condotta nel carcere di Scutari, dove, per non aver rivelato il nome dell’uccisore di un politico comunista e per non aver voluto concedersi a un membro della Sigurimi - la polizia di regime - subì torture atroci. Ad esempio, venne chiusa in un sacco, nuda, insieme a un gatto inferocito; nel frattempo, il sacco era preso a bastonate, dilaniando così le sue carni. A causa delle privazioni subite, venne ricoverata nell’ospedale civile di Scutari, dove morì il 24 ottobre 1950. I suoi resti mortali, riesumati dopo la caduta del regime comunista in Albania, riposano nella chiesa delle Stimmatine a Scutari. È l’unica donna presente nell’elenco dei 40 martiri albanesi.

Alla sua memoria è stato intitolato un collegio per ragazze, situato a Rreshen e gestito dalle suore Serve del Signore e della Vergine di Matará, ramo femminile dell’Istituto del Verbo Incarnato.


Bibliografia e siti

 

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II appendice – Ed. Città Nuova

* Barbagallo Sandro – Gli animali nell’arte religiosa. La basilica di San Pietro in Vaticano – LEV, 2010

* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142

* Frigerio Luca – Bestiario medievale. Animali simbolici nell’arte cristiana – Ancora, 2014

* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2015

* Jones D.M. – Animali e pensiero cristiano – EDB, 2013

* Maspero Francesco – Bestiario antico – Piemme, 1997

* Pisani Paolo – Santi, Beati e Venerabili nella provincia di Grosseto – Cantagalli. 1993

* Rossetti Felice - Un’amicizia coi baffi. Sorie di Santi e dei loro animali – Porziuncola, 2011

* Sito web ladanzadellacreativittravelandexplore.blogspot.it

* Sito web orthodoxie-celtique.net

* Sito web papalepapale.com

* Sito web wikipedia.org

 

Ed. D. M. G.

2 febbraio 2015

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