«Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».
L’inquietudine e l’incomprensione di Maria e di Giuseppe, nonostante la loro vicinanza a Gesù, nonostante che siano stati preparati da Dio al compito di accompagnare i primi passi della vita di Gesù, ci riportano a quello che è il nostro atteggiamento di fronte all’opera di Dio in noi e intorno a noi.
Questo avvenimento potrebbe causare rabbia e disillusione, invece come Maria e Giuseppe dobbiamo solo essere stupiti, cioè attoniti, esterrefatti, meravigliati, sbalorditi, sorpresi, strabiliati, stupefatti di ciò che il Signore è capace di fare, e rispondere con un atto di fede.
Certo Maria e Giuseppe “non compresero ciò che aveva detto loro”, ma non ebbero altre obbiezioni, accolsero l’evento con grande fiducia, e Maria “sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”, cioè cercando di comprendere la profondità degli eventi.
Anche noi come Maria e Giuseppe cerchiamo sempre di andare oltre gli eventi e di capirne la loro profondità.
In un mondo che ci educa a cercare ciò che appare dobbiamo imparare da Maria e da Giuseppe a cercare ciò che non si vede: il significato, la motivazione, perché solo così possiamo comprendere ed entrare nelle profondità di Dio e dell’uomo.
Ricordiamoci il dialogo tra il Piccolo Principe e la V olpe:
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi". " L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
L'inquietudine - Nek
"oltre le cose, oltre le attese ..."
Infine. È interessante il breve dialogo tra i genitori e Gesù. Maria chiama Gesù: “figlio”, Gesù da parte sua risponde ricordando che la sua figliolanza è divina: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».
Questa sottolineatura ci rammenta il senso stesso dell’Incarnazione, e ci riporta alla II lettura in cui l’Apostolo Giovanni ci ricorda:
“Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”.
Come siamo figli realmente? E come ci trasformiamo fino a diventare simili a Lui?
Lo suggerisce la stessa II lettura:
“crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui”.
L’atto di fede in Gesù, che si realizza concretamente nell’amore fraterno, trasforma noi in veri figli ad immagine del Figlio unigenito, Gesù.
Prima di terminare. La risposta di Gesù ai suoi santi genitori ci richiama infine al senso della vita, alla vocazione che il Padre ci domanda di vivere come piena realizzazione della nostra vita. I genitori cristiani sono chiamati a educare i propri figli alla ricerca della propria vocazione.
Nella liturgia odierna fa eco a tutto ciò la preghiera di Anna al Tempio:
«Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore».
Anche il beato Giovanni Paolo II nella sua Omelia a Nagasaki, il 25 febbraio 1981, affermava:
«Siate aperti alle vocazioni che si sviluppano nel vostro seno. Pregate che come segno di speciale amore il Signore chiami uno o più dei vostri membri a servirlo. V ivete la vostra fede con la gioia e il fervore che incoraggia tali vocazioni. Siate generosi se vostro figlio o figlia, fratello o sorella, decidono di seguire Cristo su questa speciale via. Permettete che la loro vocazione cresca e si rafforzi. Date il vostro pieno appoggio a una scelta liberamente fatta»
La V ergine Madre, Maria, e San Giuseppe, guidino i nostri passi in questa piena realizzazione, così come guidarono i passi del Santo Bambino Gesù. Amen.
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