lunedì 10 marzo 2014

Esercizi Spirituali di Quaresima 2014 (PRIMO GIORNO)





Esercizi Spirituali di Quaresima 2014
“Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno” (Mt 13,38)


* * *

Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti! (Mt 13, 36 – 43)

Noi siamo i figli del Regno, noi siamo il seme buono!
Questa è la forte affermazione dell’evangelista Matteo.
Io mi ritengo un seme buono nel campo del mondo?
Come si misura un seme buono?

Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all'ira. Infatti l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò liberatevi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.
Se qualcuno ritiene di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo. (Gc 1, 19 - 27)

Il seme buono è colui che ascolta e vive la Parola, e trova in questo la sua felicità!

La storia della Chiesa è ricca di uomini e donne felici di aver ascoltato e praticato la sapienza del Vangelo.

La loro felicità è ancora ricordata e commemorata.

In questi giorni ci faremo guidare da tre esempi e con essi cercheremo di guardare tre campi del mondo.

Primo giorno.
Il seme buono: Santi Cirillo monaco e Metodio vescovo
Il campo è il mondo: la nuova evangelizzazione

“Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore:

Io ti ho posto per essere luce delle genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra».

Nell'udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo”. (At 13, 44 – 52)

Paolo e Bàrnaba, due fratelli nella fede, come sono due fratelli di sangue e di fede Cirillo e Metodio.
Nati a Tessalonica, uno dei luoghi evangelizzati dai Santi Apostoli, città a cui è indirizzata la lettera paolina ai Tessalonicesi.

Qui nacquero nel IX secolo. Cirillo morì a Roma il 14 febbraio 869; mentre Metodio, dopo la consacrazione episcopale, morì in Moravia il 6 aprile 885.

Il legame tra Paolo e Bàrnaba, delineato dal libro degli Atti, e Cirillo e Metodio è molto profondo.
Come Paolo e Bàrnaba, essi furono detti Apostoli, apostoli dei popoli slavi.

«Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”».

Cirillo e Metodio sono inviati dal Signore ad essere luce dei popoli slavi.
La opera missionaria ed evangelizzatrice è di grande importanza, non solo da un punto di vista religioso, ma anche culturalmente e socialmente. Essi diedero un’identità linguistica e scritturistica agli slavi. Infatti la scrittura dei popoli slavi si chiama tutt’oggi cirillica, da San Cirillo.

Un’invenzione importantissima. Pensate che essi anticiparono il Concilio Vaticano II, in cui si diede spazio liturgico alle lingue nazionali: essi ebbero il riconoscimento papale perché la lingua slava fosse lingua liturgica. Siamo nel IX secolo!

Tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti.
Quest’opera mi fa pensare ai nostri missionari che ancora oggi compiono quest’opera traducendo nelle lingue locali la Bibbia ed altro. Pensate a padre Giuseppe!

Quanto detto fin ora ci deve far riflettere. Sappiamo riproporre in modo adeguato, nell’oggi, il messaggio evangelico? Riusciamo a utilizzare gli strumenti contemporanei per porli a servizio del Regno di Dio?

Afferma papa Francesco:

"Fate conoscere Gesù al mondo della politica, degli affari, dell'arte, della scienza, della tecnologia e dei social media … Per favore pregate per me ne ho bisogno. Io prometto di pregare per voi, specialmente per la Nostra Madre la benedetta Vergine Maria, Stella della nuova Evangelizzazione". (18 ottobre 2013)

Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium” ci ricorda anche:

“Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda”. (n. 167)

Una sottolineatura. Non basta annunciare. L’annuncio deve sgorgare dal cuore.

Ma chi è l’apostolo di questi nuovi tempi? Il catechista che si cimenta in questa foresta mediatica e di nuove comunicazione? Cosa dobbiamo inventare?

Mi piace prendere come riferimento quello che disse il Santo Padre Francesco ai catechisti:

“guardandovi, mi chiedo: chi è il catechista? È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri. È bello questo: fare memoria di Dio, come la Vergine Maria che, davanti all’azione meravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’onore, al prestigio, alle ricchezze, non si chiude in se stessa. Al contrario, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo e aver concepito il Figlio di Dio, che cosa fa? Parte, va dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa incinta, per aiutarla; e nell’incontro con lei il suo primo atto è la memoria dell’agire di Dio, della fedeltà di Dio nella sua vita, nella storia del suo popolo, nella nostra storia: «L’anima mia magnifica il Signore … perché ha guardato l’umiltà della sua serva … di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,46.48.50). Maria ha memoria di Dio. … Il catechista allora è un cristiano che porta in sé la memoria di Dio, si lascia guidare dalla memoria di Dio in tutta la sua vita, e la sa risvegliare nel cuore degli altri. È impegnativo questo! Impegna tutta la vita!”.

Importante allora non è solo inventare nuovi metodi, ma avere dei contenuti da comunicare.
Spesso noi siamo scarsi di contenuti. Non sappiamo come la pensa il Signore, come Egli custodisce la sua Chiesa. Forse abbiamo la fantasia ma non abbiamo i contenuti dell’annuncio!

Impariamo a fare memoria. Stiamo diventando un popolo senza memoria. Eppure i primi cristiani, le prime comunità .. i nostri avi, i nostri nonni, ci raccontavano della farina del loro sacco che a loro a volta avevano imparato a dottrina. Ma un’attenzione: in questo tempo non basta dire “è così”, bisogna avere la saggezza di dire il perché e il per come, avere la ragione della speranza che è in noi. Ricordiamoci le parole di Gesù: “fate questo in memoria di me”.

Dice ancora Papa Francesco:
“Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di “hypomoné”, di pazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia”.

Ecco l’uomo che annuncia e vive le sfide della nuova evangelizzazione.
Un credente così non teme il confronto con le nuove culture, con le altre religioni, con i cambiamenti culturali, con il pensiero forte del mondo ma è come “un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia”. (Mt 7, 24 -25)

DOMANDE PER RIFLETTERE
* Mi sento preparato ad affrontare la nuova evangelizzazione alla scuola di Gesù? Cosa faccio per arricchire i miei contenuti nella fede e nella speranza cristiana?
* Temo il confronto e la forza delle altre realtà culturali e religiose? Perché?
* Mi impegno a vivere la memoria di Dio, a custodirla e a raccontarla?

sabato 8 marzo 2014

San Provino di Como, prega per noi!




 

Martirologio Romano, 8 marzo: A Como, san Provino, vescovo, che, fedele discepolo di sant’Ambrogio, preservò dall’eresia ariana la Chiesa a lui affidata.

 
 

Probino discepolo di Ambrogio di Milano, che lo inviò a sostegno del vescovo Felice di Como e cui succede come vescovo di Como nel 391, fino al 420.
 

Un episcopato esemplare per saggezza e santità, tanto che dopo al morte ebbe subito culto; e le sue reliquie venerate fuori città, dal XII secolo sono custodite nella chiesa di S. Provino.
 
 

 
Dal 1096 una parte del cranio, è venerata in un busto presso la collegiata di San Giovanni Battista in Agno nel Canton Ticino.

venerdì 7 marzo 2014

San Saturo, prega per noi!

 
 
 
"...a Cartagine, nell’odierna Tunisia, passione dei santi Satiro, Saturnino, Revocato e Secondino, dei quali, durante la medesima persecuzione, l’ultimo morì in carcere, gli altri invece, dopo essere stati straziati da varie belve, morirono sgozzati con la spada mentre si scambiavano il bacio santo".

giovedì 6 marzo 2014

San Fridolino e Urso

 
 
 
Ci sono poche notizie certe su Fridolino. Egli è tradizionalmente venerato come un missionario irlandese e il primo all'opera tra gli Alemanni dell'Alto Reno, al tempo dei Merovingi. L'unica parte della Vita che può essere considerata storicamente accettabile è che egli fondò un monastero sull'isola di Säckingen nel Reno. Non ci sono informazioni precise sulla data della fondazione. Il monastero, tuttavia, era di grande importanza già dal IX secolo: il documento più antico registra una donazione del 10 febbraio 878 del monastero di Carlo il Grosso a sua moglie Richarda.
Secondo la biografia scritta da Balther, un monaco di Säckingen, all'inizio dell'XI secolo, Fridolino apparteneva ad una famiglia nobile in Irlanda e in un primo momento era un missionario. Successivamente attraversando la Francia, giunse a Poitiers, dove in seguito ad una visione, cercava le reliquie di sant'Ilario e costruì una chiesa per esse. Sant'Ilario successivamente gli apparve in sogno e gli ordinò di spostarsi in un'isola del Reno, nei territori degli Alemanni. In obbedienza a questa chiamata, Fridolino si avvicinò al re Clodoveo, che gli concesse il possesso dell'isola ancora sconosciuta, e quindi procedette attraverso Strasburgo e Coira, fondando chiese in ogni distretto in onore di sant'Ilario.
Ancora secondo la Vita, egli trascorse molto tempo nel territorio che ora è la Svizzera, dove convertì Urso, un grande proprietario terriero. Alla sua morte Urso lasciò tutte le sue grandi proprietà terriere (ora il Cantone di Glarona) a Fridolino, che vi fondò numerose chiese dedicate a sant'Ilario (da qui l'origine del nome Glarus). Landolfo, fratello di Urso non aveva riconosciuto la legittimità del dono e portò Fridolino dinanzi a un tribunale a Rankweil per dimostrare il suo titolo. Fridolino allora avrebbe fatto tornare Urso dai morti per confermare di persona il lascito, mentre Landolfo terrorizzato accettava di donare tutto a Fridolino. Fridolino è quindi spesso rappresentato con un cadavere in decomposizione, in riferimento a questa storia.
Alla fine, raggiunta l'isola di Säckingen nel Reno, Fridolino riconobbe in essa l'isola indicata nel sogno, e iniziò a costruirvi una chiesa. Gli abitanti delle rive del Reno, però, che usavano l'isola come pascolo per il bestiame, scambiarono Fridolino per un ladro di bestiame e lo cacciarono. Dopo aver mostrato l'atto di donazione di re Clodoveo, gli fu permesso di ritornare e di fondare una chiesa e un monastero sull'isola. Poi ripreso il suo lavoro di missionario. Fondò il "monastero scozzese" (Schottenstift) a Costanza ed estese la sua missione ad Augusta.
Morì il 6 marzo e fu sepolto a Säckingen. (by Wikipedia)
 
Dal Martirologio Romano al 6 marzo: «A Säckingen nel territorio dell'odierna Svizzera, san Fridolino, abate, che, originario dell'Irlanda, vagò pellegrino per la Francia, finché fondò a Säckingen due monasteri in onore di sant'Ilario.»

Santa Coletta, prega per noi!





"A Gand nelle Fiandre, nell’odierno Belgio, santa Coletta Boylet, vergine, che, dopo tre anni di vita molto austera rinchiusa in una piccola casa posta accanto alla chiesa, divenuta professa sotto la regola di san Francesco, ricondusse molti monasteri di Clarisse al primitivo modello di vita, ristabilendovi in special modo lo spirito di povertà e di penitenza".

martedì 4 marzo 2014

Il Santo di Moncucco: Lucio papa





Introduzione

La diocesi di Milano custodisce innumerevoli tracce della santità cristiana. Tra queste, presso la Comunità Pastorale “Epifania di Gesù” in Brugherio, custodisce il Tempietto Civico di San Lucio in Moncucco.

Qui è, ed era, venerato il Santo Pontefice in un antico oratorio: a conferma di ciò, esiste una lapide, custodita in sacrestia, che reca la data 1633.

Ma l’odierno Tempio di S. Lucio è frutto di un’opera di mecenatismo del secolo XIX.

Infatti la chiesa di San Lucio in Moncucco, nacque nel XVI secolo come cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova, annessa al convento di San Francesco in Lugano.

All’inizio dell’Ottocento a causa della soppressione napoleonica fu annoverato tra gli edifici da alienare. Fu messo all’asta. Un certo Natale Albertolli nel 1815 acquisto l’edifico e il terreno: tutto doveva essere abbattuto e qui doveva sorgere una palazzina neoclassica. Un certo Giocondo Albertolli, fratello di Natale, architetto e insegnante all’Accademia di Brera, era deciso di salvare almeno la chiesetta di sant’Antonio (da lui attribuita al Bramante). Bisognava ricostruirla altrove, rivendendola, così da salvare capre e cavoli: cioè gli interessi di famiglia e quella dell’arte.

Il conte Gianmario Andreani fu il mecenate. Fu intrapresa un’opera veramente singolare. La chiesa non venne demolita, ma smontata nei suoi ornamenti (cornici, leséne, cassettoni e le belle pietre di saltrio). Con 150 carri e lungo le vie d’acqua, il tutto giunse al porto Mattalino, tra Cologno e Gobba, poi ancora con i carri fino al parco di Villa Andreani. Iniziò il rimontaggio, che comportò alcune modifiche senza alterare la struttura cinquecentesca dell’interno, e fu completato nel 1832: la chiesa fu dedicata a San Lucio I Papa.

Ma chi è san Lucio, il cui dipinto seicentesco troneggia sopra l’altare?





San Lucio I papa
“In angùstiis tempestàtibus suis moderatone ac priudéntia se gessit”
Affrontò le difficoltà del suo tempo con moderazione e prudenza. (M.R.)

San Lucio I papa era romano e figlio di Porfirio. Non ci sono notizie sulla sua vita anteriori a quelle del pontificato. Secondo Eusebio, egli governò la Chiesa di Roma per solo otto mesi: dal giugno - luglio 253 al maggio 254 (mese in cui venne eletto papa Stefano). Appena eletto al soglio pontificio, subì l’esilio ad opera dell’imperatore Gallo. Ritornò a Roma nell’agosto 253. Questo avvenimento è attestato da un lettera di felicitazioni di S. Cipriano di Cartagine.

Fu pontefice misericordioso e prudente nella questione dei lapsi, come il Vescovo di Cartagine Cipriano, che lo definisce martire, così come anche il Liber Pontificalis. Anche se la Chiesa di Roma fin dal IV secolo lo definisce confessore, avendo inserito il suo nome nella Depositio Episcoporum.

Nella Depositio Episcoporum la data della morte di Lucio papa è indicata al 5 marzo ed il suo sepolcro è nel cimitero di Callisto dove fu trovato un frammento del suo epitaffio.

L’odierno Martirologio Romano lo commemora il 5 marzo:

“Romae via Appia in coemetério Callisti, deposìtio sancti Lùcii, papae, qui, sanctii Cornélii succéssor, pro CHrististi fide exsìlium passus est et, fidei conféssor exìmius, in angùstiis tempestàtibus suis moderatone ac priudéntia se gessit”.

“A Roma sulla via Appia nel cimitero di Callisto, deposizione di san Lucio, papa, che, successore di san Cornelio, subì l’esilio per la fede in Cristo e, insigne testimone della fede, affrontò le difficoltà del suo tempo con moderazione e prudenza”.


La santità di nome “Lucio”

Oltre al Santo papa Lucio I, la Chiesa Cattolica ricorda altri esempi di santità di nome “Lucio”:

  • Lucio confessore in Africa (M.R. 3 ottobre)
  • Lucio eremita (M.R. 3 dicembre)
  • Lucio martire in Africa (M. R. 10 settembre)
  • Lucio martire ad Alessandria d’Egitto (M. R. 14 febbraio)
  • Lucio vescovo, martire a Cartagine (M.R. 18 gennaio)
  • Lucio discepolo di Cipriano, martire a Cartagine (M. R. 23 maggio)
  • Lucio di Cirene (M. R. 6 maggio)
  • Lucio Martinez Mancebo martire in Spagna (M. R. 29 luglio)
  • Lucio martire con Basilio e Mirone
  • Lucio vescovo di Adrianopoli, martire
  • Lucio martire in Africa con Nemesiano e Felice
  • Lucio martire in Africa con Faustino, Candido e soci
  • Lucio martire in Africa con Saturnino, Costulo e Magno
  • Lucio martire di Caunes
  • Luci martire di Cipro
  • Lucio vescovo di Coira, martire cfr. Lucio eremita
  • Lucio martire in Lucania
  • Lucio martire a Roma con Paolo e Ciriaco
  • Lucio martire a Roma con Tolomeo
  • Lucio di Val Cavargna, pastore e formaggiaio, martire
  • Lucio (Lucillo) vescovo di Verona
  • Lucio vescovo e martire a Cesarea in Cappadocia
  • Lucio martire a Roma con Rogato, Cassiano e Candida
  • Lucio martire in Africa con Silvano, Rutulo, Classifico, Secondiano, Fruttulo, e Massimo
  • Lucio (Leucio) martire in Africa con Vittorico
  • Lucio Ferrazzi sacerdote (1876 – 1955)
  • Lucio confessore e terziario francescano, secolo XIII
  • Lucio del Rio confessore mercenario (21 maggio)
  • Lucio di Savoia, confessore mercenario (5 maggio)




Bibliografia e fonti

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II-III appendice – Ed. Città Nuova
* Articolo da: La Santa Crociata in Onore di San Giuseppe, n. 3 marzo 1999, rimaneggiato e curato da A. G.
* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2014
* Vicky Porfidio – Il tempietto di san Lucio a Moncucco, in sito web comune.brugherio.mi.it




FESTA DI SAN LUCIO
martedì
4 marzo 2014

Programma

Dalla ore 15.00 alle ore 16.00
Adorazione eucaristica
Sante Confessioni
Benedizione

ore 20.30 – S. Messa Solenne

lunedì 3 marzo 2014

La santità di nome ANGELICA




Angelica da Milazzo
terziaria dell'Ordine dei Minimi
opera inaugurata nell'ottobre 2013
Santuario S. Francesco di Paola
Milazzo (ME)



Angelica da Milazzo, detta beata
6 dicembre
(† 1559)
 
O Dio, che ti compiaci di stabilire la tua dimora in chi ti serve con cuore semplice e puro, fa’ che sull’esempio della Beata Angelica, vergine, viviamo con purità evangelica per essere tempio vivo della tua gloria, e averti sempre ospite in noi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

(Comune dei Santi – Messale Romano)


Maria Angelica Mastroti di Papasidero, detta beata
26 maggio
Papasidero 1851 - Castelluccio Superiore, 26 maggio 1896

beata Angelica di Caicle
eremita sul monte Guardia a Bologna
sec. XII

serva di Dio Maria Angelica Álvarez Icaza
(1887-1977)
religiosa dell’Ordine della Visitazione Santa Maria

Venerabile Angelica Durà
terziaria mercedaria

serva di Dio Maria Angelica Pérez
(1897-1932), religiosa professa della Congregazione delle Figlie di Nostra Signora dell'Orto

serva di Dio Madre M. Luigia Angelica Clarac
(Auch 1817 - Moncallieri 1887)
già Figlia della Carità si San Vincenzo de Paoli, fondatrice della congregazione di Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù

venerabile Angelica Giovanna Maria di Gesù
(1861 – 1935), Angeliche di San Paolo, fondata da sant’Antonio Maria Zaccaria,

serva di Dio Maria Angelica di Gesù
(1893 - 1919). religiosa carmelitana di Pontoise (Francia)

Venerabile Angelica Pellegrina Carrata
(† Bologna 1688), monaca camaldolese

Venerabile Angelica Romoli
(† Boldrone 1606), monaca camaldolese


domenica 2 marzo 2014

VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)





Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?

C’è ci sono alcuni programmi Tv che parlano della gravidanza, alcuni dai titoli curiosi: “incinta a 16 anni” o “incinta senza saperlo”.

Il primo nel suo dramma –  per un sessualità mal gestita – ha però in se un contenuto buono, rimani gravida, tieni il frutto del tuo grembo e non abortire.

Il secondo è assurdo! Può una donna non sentire di avere nel grembo una creatura? Mah!

Anche se costoro si dimenticassero, … afferma la lettura profetica.

Una affermazione drammatica ma reale, Isaia ci ricorda la possibilità che una donna, una madre – ma io aggiungo un uomo, un padre -, possa dimenticarsi di suo figlio … magari lasciandolo chiuso in auto.

Eppure, la sapienza divina, ci dice che questo è possibile, e noi lo sappiamo. Ma Dio ….

io invece non ti dimenticherò mai.

Ma abbiamo la coscienza che Dio non si dimentica di noi?
Abbiamo la serena esperienza di questa materna paternità di Dio?

È certamente un grande traguardo spirituale comprendere e vivere questa dimensione divina.

Chi ha questa certezza, amerà pazzamente il Signore, non avrà nessun segreto nel cuore con lui … lui che conosce le profondità del nostro cuore!

Certo chi possiede la serena esperienza della materna paternità di Dio, non avrà il cuore dilaniato tra due padroni: “Dio e la ricchezza”.

Un uomo e una donna che scoprono e vivono la materna paternità di Dio scoprono che la vita vale più del cibo e il corpo più del vestito.

Una non consapevolezza crea invece un affanno, un dramma, una corsa …. Dimenticando che “Il Padre … celeste … sa che ne avete bisogno”.

Ecco allora che vivere nella materna paternità di Dio ci apre alla sapienza evangelica:
“Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena”.

Certo se cerco il Regno, e il suo modo di compiersi, la sua giustizia, ognuno avrà il necessario. Senza affanno, senza corse, senza drammi sociali e umani.
Signore venga il tuo Regno e la sua giustizia!
Signore come posso partecipare all’avvento del tuo Regno e della sua giustizia?

«Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?». Ed egli rispose loro: «Un nemico ha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a raccoglierla?». «No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio»». (cfr Mt 13,24-43)

Ognuno cerchi ogni giorno, nella viva certezza della materna paternità di Dio, di essere un buon seme, di essere buono come è il Padre celeste, di non essere zizzania. Amen.

IL QUINTO FIGLIO ...






Il nome deriva dal latino Quintus e significa "il quinto nato". L’agiografia ricorda alcuni santi e sante con questo nome:

Santa Quinta matrona egiziana, martire, venerata a l’8 febbraio.

San Quinto martire, con Giacinto, Felciano e Lucio in Lucania, venerato il 29 ottobre.





San Quinto martire in Africa per opera nei Vandali – V secolo – con Aquilino, Gèmolo, Eugenio, Teòdoto, Trifone e Marciano, venerato il 4 gennaio.

San Quinto d’Africa, venerato il 18 dicembre con Simplicio, Vitturo, Vittoriano, Quarto e Auditore

San Quinto il Taumaturgo, morto nel III secolo, e venerato il 2 marzo

San Quinto (o Quinta) di Sorrento, martire nel II secolo con alcuni compagni Quintilla, Quartilla, Quirico, Quintino e Marco, venerati il 19 (20) marzo (secondo l’antico Martirologio Romano, ora non sono più inseriti nel nuovo): “A Sorrento (il Natale) dei Santi Martiri Quintino, Quintilla, Quartilla e Marco con altri nove”.





San Quinto di Capua, ricordato dal Martirologio Romano il 5 settembre : A Capua in Campania, san Quinto, martire.

Santi Quarto e Quinto di Roma, martiri sulla via Latina nel IV secolo, ricordati il 10 maggio nel Martirologio Romano: Nello stesso luogo, commemorazione dei santi Quarto e Quinto, martiri.

San Quinto Velio Giuliano martire a Chiusi, traslato dalla catacomba di S. Mustiola il 4 luglio 1852.





BIBLIOGRAFIA

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II-III appendice – Ed. Città Nuova
* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
* Francipane M. – Dizionario ragionato dei Santi – Ancora, 2011
* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2014

lunedì 17 febbraio 2014

Santi Bonfiglio Monaldi, Giovanni di Buonagiunta, Manetto dell'Antella, Amedeo degli Amedei, Ugo di Uguccione, Sostegno dei Sostegni, Alessio Falconieri




Le notizie che riferiamo riguardo a questi sette fondatori le deduciamo dal Dialogo dell'origine dei Servi di Maria, scritto nel 1468 dal P. Paolo degli Ottavanti. Sappiamo soltanto che erano tutti mercanti fiorentini, e che vivevano pienamente nel mondo secondo la loro condizione di celibi o di vedovi. La fama della loro vita penitente si diffuse rapidamente anche nei dintorni della città, e non tardò a richiamare al loro romitorio persone desiderose di consigli o bisognose di preghiere.
 


 Le notizie che riferiamo riguardo a questi sette fondatori le deduciamo dal Dialogo dell'origine dei Servi di Maria, scritto nel 1468 dal P. Paolo degli Ottavanti. Secondo questo autore i loro nomi erano: Bonfiglio, Bartolomeo, Giovanni, Benedetto, Gerardino, Ricovero e Alessio. Nel secolo XVI-XVII essi diventarono, non sappiamo come: Bonfiglio Monaldi (+1262), Giovanni di Buonagiunta (+1257), Manetto dell'Antella (+1268), Amedeo degli Amedei (+1266), Ugo di Uguccione (+1282), Sostegno dei Sostegni (+1282), Alessio Falconieri (+1310). Di costoro non conosciamo la data precisa della nascita. Sappiamo soltanto che erano tutti mercanti fiorentini, e che vivevano pienamente nel mondo secondo la loro condizione di celibi o di vedovi. La leggenda purtroppo s'impadronì della loro vita, e cercò di riempirne le lacune con presunte apparizioni e rivelazioni.
 

 In Firenze, al loro tempo, accanto alla cattedrale di Santa Reparata, sorgeva l'oratorio della Compagnia di Santa Maria, o dei Laudesi, che si proponeva di tributare un culto speciale alla SS. Vergine. Vi appartenevano i sette uomini sopra ricordati. Essi erano i più ferventi nel pregare la Madre di Dio, ed esaltarne la vita e i dolori con laudi in lingua volgare. Frequentando la Compagnia ebbero modo di conoscersi, di legarsi tra loro con i vincoli di una santa amicizia, e di mandare ad effetto il disegno che avevano concepito di ritirarsi a vita eremitica. L'8-9-1233 per attendere alla penitenza, cominciarono a fare vita comune a Villa Camarzia, nei sobborghi della città, dopo aver distribuito ai poveri le loro sostanze. Il sacerdote Iacopo da Poggibonsi, cappellano dei Laudesi e loro direttore spirituale, celebrò la Messa e impose a ciascuno di essi l'abito dei Fratelli della Penitenza. Il più anziano di loro, Bonfiglio Monaldi, fu eletto superiore della piccola comunità, che divideva la giornata tra la preghiera, la questua e il lavoro.
 Quando quegli eremiti apparvero le prime volte per le vie di Firenze, gli amici e i conoscenti ne restarono meravigliati; altri li ritennero degli svaniti perché, da ricchi che erano, si erano fatti volontariamente poveri. I bambini specialmente si affollavano attorno ad essi gridando: "Ecco i Servi di Maria! Ecco i Servi di Maria!''. La fama della loro vita penitente si diffuse rapidamente anche nei dintorni della città, e non tardò a richiamare al loro romitorio persone desiderose di consigli o bisognose di preghiere. Quelle visite, per quanto occasionate da fede e devozione, finirono col contrastare con la loro sete di solitudine e di raccoglimento.
 
 

 Il vescovo Ardingo Foraboschi, al corrente delle loro aspirazioni, donò ad essi una parte di Monte Senario, a 17 chilometri dalla città, che apparteneva alla mensa vescovile, perché vi si stabilissero (1234).
 Accanto alle loro capanne, separate le une dalle altre, i sette fondatori fecero erigere una chiesetta, sulle rovine di un antico castello, di cui il vescovo volle benedire la prima pietra. Dopo cinque anni di vita eremitica essi furono visitati dal legato pontificio, il cardinal Goffredo Castiglioni, futuro papa Celestino IV (+1241), il quale rimase meravigliato delle loro austerità, e cercò di mitigarle facendo uso della sua autorità. Quei penitenti, che non avevano avuto inizialmente nessuna intenzione di fondare un Ordine nuovo, si recarono allora dal vescovo, e gli chiesero che regola dovevano seguire per attendere alla propria salvezza. In ottemperanza al canone 13 del Concilio Lateranense IV (1215) fu scelta la regola di S. Agostino e le costituzioni corrispondenti, che sono le premonstratensi, attraverso la più recente redazione domenicana (1239-41), a cui furono premessi gli ossequi da prestarsi alla SS. Vergine.
 I romiti di Monte Senario compresero che non potevano restare segregati per sempre dal consorzio civile, sia per provvedere alle loro necessità con la questua, sia per edificare il prossimo con l'apostolato della parola in un secolo lacerato da lotte intestine e odi inveterati. Cominciarono dunque a scendere dalle loro capanne e dalle loro grotte, e quando la sera non facevano in tempo a ritornare alla loro solitudine si fermavano presso l'Oratorio di Santa Maria di Cafaggio, servito precedentemente dai Frati Minori. Ampliarono l'ospizio che vi sorgeva accanto per formare alla vita eremitica quanti chiedevano di fare parte della loro comunità, e per prepararsi, conforme al desiderio del vescovo, al sacerdozio, dopo che ebbero emesso la professione religiosa. Alessio Falconieri volle restare semplice converso per attendere alla questua e al servizio degli altri confratelli. Buonfiglio Monaldi fu rieletto superiore con la facoltà di aprire altri conventi anche fuori della Toscana. Per soddisfare alle numerose richieste di giovani, a Monte Senario egli fece ampliare la chiesa e fabbricare un nuovo convento. L'Ordine in breve tempo si stabilì ed ebbe una prima approvazione da Innocenze IV (1244), bene informato su di esso dal cardinale Legato Ranieri Capocci e, prima di lui, da San Pietro Martire di Verona che, nel suo ufficio di Inquisitore, a Firenze, ebbe agio di conoscere i sette fondatori e di recarsi a Monte Senario, dove, ammirato della loro vita, li confermò nello spirito della loro vocazione e li assicurò della sua benevole protezione.
 Anche a Firenze i Servi di Maria crebbero di numero. Non bastando più il piccolo ospizio di Cafaggio e la chiesa annessa, nel 1250 li ampliarono. A presiedere ai lavori fu chiamato dal convento di Siena Alessio Falconieri. La chiesa dedicata alla SS. Annunziata, fu ricostruita nella metà del 1400 da Michelozzo. La miracolosa immagine della Madonna che in essa si venera affrescata nel tempietto marmoreo su colonne, a sinistra entrando, è di scuola fiorentina del 1300. Il convento divenne la sede del superiore generale dell'Ordine. Il Monaldi vi accolse S. Filippo Benizzi, di appena 21 anni, da poco laureatesi nelle università di Parigi e di Padova. Nel capitolo generale del 1256 al posto del Monaldi fu eletto Buonagiunta Manetti, ma il suo governo fu di breve durata. Le estenuanti penitenze, i viaggi fatti sempre a piedi, le visite compiute ai conventi della Toscana e dell'Umbria, le difficoltà incontrate nel rassodare l'Ordine lo ridussero presto agli estremi. Alla sua morte i Servi di Maria elessero superiore generale Fra lacopo da Poggibonsi, che aveva abbracciato l'Ordine ed era stato eletto Procuratore presso la Curia Romana.
 Dal 1250 in poi l'organizzazione religiosa dei Serviti andò attenuando il carattere eremitico per accentuare quello cenobitico e apostolico. Sotto questo aspetto ottenne il primo vero riconoscimento pontificio da Urbano IV, nel 1263, rinnovato poi da Clemente IV nel 1265. Sotto il papato di Gregorio X, il concilio di Lione (1247) decretò la limitazione degli Ordini Mendicanti. Tanti pensarono che L'Ordine dei Servi di Maria fosse incluso tra i soppressi, ma S. Filippo Benizzi (+1285), allora superiore generale, ne iniziò subito un'efficace difesa che, attraverso i pareri dei principali giuristi del tempo, si concluse nel 1290 con un nuovo riconoscimento pontificio. L'approvazione definitiva fu concessa da Benedetto XI l'11-2-1304. Per sopravvivere i Serviti dovettero abbandonare la povertà assoluta, praticata fin dagli inizi, e non considerarsi più come un Ordine Mendicante. Tale qualifica però fu loro di nuovo riconosciuta con tutti i diritti e i privilegi da Urbano VI nel 1380.
 
 

 Soltanto Alessio Falconieri, ultimo superstite dei sette fondatori morti tutti a Monte Senario, poté assistere al completo trionfo della sua famiglia religiosa. Per le aspre penitenze egli si era ridotto a pelle ed ossa. Finché visse portò la tonaca sulla nuda carne fasciata di cilici; ogni notte si flagellò; dormì vestito su nude tavole distese per terra; per molti anni digiunò ogni giorno a pane ed acqua. Per conservare intatto il giglio della verginità propose di recitare ogni giorno 100 Ave Maria. Egli in particolare fu lo strumento scelto da Dio per la santificazione di sua nipote, S. Giuliana Falconieri, che divenne la fondatrice delle Mantellate. Morì il 17-2-1310 a 110 anni di età. Poco prima di morire il Signore gli era apparso sotto forma di un bambino che teneva tra le mani una corona di fiori variopinti e olezzanti, e gliel'aveva messa sul capo. Trasfigurato in volto il morente disse ai circostanti: "Inginocchiatevi tutti, non vedete Gesù? Beato chi lo serve fedelmente con umiltà e purità! Che degna corona gli è preparata!"
 I sette fondatori che, dopo la morte, ebbero subito un culto di venerazione, da Clemente XII approvato il 1-12-1717, furono canonizzati il 15-1-1888 da Leone XIII, perché negli ultimi decenni del secolo XIX, collettivamente invocati, ottennero da Dio strepitosi miracoli. I Serviti mantennero fede al particolare loro compito di propagare la devozione alla Vergine Addolorata con il Terz'Ordine, la Confraternita dei sette dolori di Maria (1607), la corona della Via Crucis (1837), la cura dei Santuari e la pubblicazione di riviste mariane.
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Sac. Guido Pettinati SSP, I Santi canonizzati del giorno, vol. 2, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 198-202, Edizioni Il Segno