domenica 6 aprile 2014

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA (A)






Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio...” (Ez 37).
Questo versetto di Ezechiele ci apre lo sguardo sul tema di questa nuova domenica di Quaresima. Gesù non solo è il Pastore, la Luce del mondo, Egli è “la resurrezione e la vita”.
Questa vita, passa attraverso una morte!
Anche la nostra vita nuova in Gesù deve passare attraverso la morte di noi a noi stessi per dare spazio a Gesù.
Il nostro cuore si è svuotato per permettergli di essere la dimora del Signore?
La Quaresima è il tempo che abbiamo ricevuto ancora quest'anno per far si che Gesù, mendicante al nostro cuore, potesse entrare.
Si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra” (Gv 11).
Il nostro cuore alcune volte è un sepolcro contenente un cadavere d'uomo! Quel cadavere d'uomo è ciascuno di noi che ha bisogno dell'amore di Gesù.
Vedi come l'amava!”. (Gv 11)
Abbiamo coscienza quanto Gesù ci ama, che ha dato la vita per noi?
Gesù allora ci chiede: esci dalla tua vita di morte.
Lo sai che lo Spirito di Dio abita in te? Ci ha ricordato l'Apostolo Paolo.
Vivi alla luce dello Spirito di Cristo. Sii vivente, come Egli è, e non un uomo morto alla Grazia.
Gesù allora alzò gli occhi...” (Gv 11)
Gesù spesso alza gli occhi al Cielo. In esso scorgiamo la sua relazione con il Padre.
In essa impariamo una relazione di figliolanza, a cui siamo chiamati. Essere veri figli di Dio secondo la modalità insegnataci da Gesù.
Ma Gesù qui ci insegna anche una piena fiducia nel Padre: Lui che sempre ascolta.
Allora chiediamo al Padre, in Gesù, fammi veramente tuo figlio, perché questo è il volere del Padre: fare di ogni uomo un figlio. Amen.

giovedì 3 aprile 2014

Pellegrino a Trecastelli ...





Nuovo comune della provincia di Ancona, nato il 1 gennaio 2014 con l'unificazione di tre comuni e le rispettive frazioni: Ripe, Castelcolonna e Monterado.
A Castelcolonna è venerata S. Marina vergine di Bitinia, esempio fulgido di mitezza  e di purezza. Nelle Marche è l'unico luogo del suo culto.
 
 
 
Poco lontano, Corinaldo, la città di S. Maria Goretti: il giglio di Corinaldo e tra le più popolari sante del XX secolo.
 
 

mercoledì 2 aprile 2014

Pellegrinaggio a Fano ...




 
Cittadina adriatica che venera come patrono il suo santo pastore: San Paterniano, il cui corpo è nella basilica che porta il suo nome.

martedì 1 aprile 2014

Pellegrinaggio a Morro d'Alba ...



 

Qui è venerata una santa martire romana di nome Teleucania, il cui corpo è qui custodito dal 1819.

lunedì 31 marzo 2014

Pellegrinaggio a Foligno ...



 

Cittadina umbra, a 2 ore d'auto da Loreto, che diede i natali e custodisce il corpo della prima Santa proclamata nel 2014: Angela da Foligno, sposa, madre, terziaria francescana e mistica

Pellegrinaggio a Osimo ...





 
Stupenda cittadina scrigno di santità. Custodisce la memoria dei Santi Martiri Osimani, di San Leopardo e di altri santi vescovi, e poi San Giuseppe da Copertino e il venerabile Benvenuto Bambozzi, francescani conventuali, fulgidi testimoni d'umiltà e mitezza.

domenica 30 marzo 2014

San Decio Martire, prega per noi!





In quel giorno, egli verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile da tutti quelli che avranno creduto, perché è stata accolta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Per questo preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l'opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. (2Ts 1,10-12).

Con questa esortazione di gusto apocalittico, l’Apostolo Paolo richiama la comunità di Tessalonica, l’odierna Salonicco, alla pienezza del bene e della fede in virtù della testimonianza ricevuta.

La Chiesa che è in Tessalonica ha data molti testimoni della fede alla comunità cristiana dei primi secoli, ed anche successivamente.

Tra di essi vogliamo ricordare Decio.

Spesso chi porta questo nome, assai raro, mi chiede se esiste il suo onomastico. Chi porta questo nome è spesso il decimo figlio di quelle numerose famiglie che una volta abitavano le nostre campagne: avere tanti figli voleva avere molte braccia da impiegare in campagna.

Avere tanti figli voleva dire essere aperti alla vita, come dono di Dio, e se pur con poco, si viveva tutti.

L’odierno Martirologio Romano in data 30 marzo, commemora: A Salonicco in Macedonia, ora in Grecia, san Donnino, martire.

Nel Martirologio Romano antico (1956) invece leggiamo:

Die 30 Martii. Tertio Kalendas Aprilis. Thessalonicae natalis sanctorum Martyrum Domnini, Victoris et Sociorum.

Et Sociorum”: ma chi sono questi altri compagni di martirio?

Un elenco della tradizione agiografica, definisce i compagni martirio di Donnino: Acacio, Filòpolo, Palatino, Vittore, Decio, ed altri cinque, di cui non si conoscono i nomi.

Come mai questa differenza? La memoria storica su San Donnino martire a Salonicco è ben attestata anche nei sinassari, mentre gli altri nomi sono riportati solo nel Martirologio di Ursando e poi nel Geronimiano e negli Acta Sanctorum dei Bollandisti.

Nulla di preciso sappiamo di questo gruppo di martiri. Da una miniatura del Monologio di Basilio II, conservato nella biblioteca vaticana (Cod. Vat. Gr. 1613 f. 162), del secolo XI, possiamo dedurre che testimoniarono la fede con il dono della vita, in quanto sono raffigurati durante la decapitazione.

Mentre nello specifico del capo gruppo, San Donnino, sappiamo attraverso i sinassari che ebbe i natali a Tessalonica o ad Antiochia, e fu cristiano fin dell’infanzia. Durante la persecuzione (304 d. C.) fu chiamato davanti al cospetto di Massimiano, davanti a cui testimoniò la sua appartenenza a Cristo. Per questo motivo fu portato su una altura fuori città e qui gli furono spezzate le ossa delle gambe e recisi i piedi.

Il Martire stette in vita , così mutilo, per sette giorni, poi spirò. San Donnino martire ebbe grande culto nella Chiesa di San Michele Arcangelo, detta del Litostrato, in Costantinopoli.

La memoria onomastica di questo gruppo di santi Martiri è il 30 marzo. Auguri!

Il Signore guidi i vostri cuori all'amore di Dio e alla pazienza di Cristo”. (2Ts 3,5).

Pellegrinaggio a Loreto ...



 

Andare a Loreto significa rinnovare il proprio sì al Padre in Gesù, Maria e Giuseppe.
In questo periodo poi la cittadina lauretana è un luogo calmo e silenzioso, luogo di preghiera e di pace.

sabato 29 marzo 2014

La serie MG








* La numerazione inizia con il n° 6

01. Santa Margherita d'Antiochia (unico in piedi)
02. San Primitivo Martire – Chiesa S. Lucia al Monte in Napoli
03. San Vittore Martire - Santuario dell'Immacolata in Frattamaggiore (NA)
04. Santa Sabazia Vergine e Martire- Chiesa di Gesù e Maria delle monache in Napoli
05. San Silvano Martire - Santiago de Compostella (Spagna)

06. Santa Filomena Vergine e Martire – Campagnola (CE) – non è un corpo intero, solo reliquia su un simulacro
07. San Benedetto Martire – Chieri (TO)
08. Sant’Onorato Martire – Alife (CE)
09. Santa Colomba Vergine e Martire – Ceccano (FR)
10. San Clemente Martire - Parr. S. Giovanni Battista in S. Giovanni a Teduccio in Napoli
11. Santa Vittoria Vergine e Martire – Cimier (Francia)
12. San Felicisisimo Martire – Montella (AV)
13. San Tarcisio Martire – S. Maria dei Ruppi in Napoli (è un corpo santo?)
14. Santa Gennara Vergine e Martire – Capua (CE)
15. San Claudio Martire – Capua (CE)
16. Santa Clementina Vergine e Martire – Caturano (CE)
17. San Massimo Martire – Faicchio (BN)
18. Santa Cristina Vergine e Martire – S. Maria di Monteverginella in Napoli
19. San Modestino Martire – Monza (cattiva stampa)
20. Sant’Onorato Martire – Caltabelotta (AG)
21. San Liberatore Martire – Marigliano (NA)
22. Sant’Esuperanzio Martire – Ischia (NA)
23. Santa Maria Goretti V. M. - Chiesa SS. Annunziata in Sparanise (CE) (Statua in legno distesa)
24. Santa Vincenza Vergine e Martire – Salemi (TP)
25. San Benedetto Martire – S. Agostino in Roma
26. San Benigno Martire – Erice (TP)
27. Santa Leonzia Vergine e Martire – S. Francesco a Ripa in Roma
28. San Giusto Martire (La Coruna - Spagna )
29. San Felice Martire - Chiesa di S. Giov. Batt. in S. Giov. Gemini (AG)
30. Santa Celestina Vergine e Martire – Alcamo (TP)
31. Santa Filocia Vergine e Martire – Cinisi (PA)
32. Santa Vittoria Vergine e Martire – S. Maria sopra Minera in Roma
33. San Teofilo Martire – Castelbuono (PA) (cattiva stampa)
34. San Sabianiano Martire – Terriciola (PI)
35. Santa Nigella Vergine e martire – Caprarola (VT)
36. San Rustico Martire (errore di stampa) - San Giocondo Martire, Policastro Bussentino – SA)
37. San Benedetto Martire - Chiesa di S. Giov. Batt. (Corsica, Francia)
38. San Candido Martire - Parr. S. Giov. Batt. e S. Stefano in Choroszoz (Polonia)
39. Sant’Adiutore Martire - Chiesa Francescana di Wexford (Irlanda)
40. San Romano Martire – parrocchia di San Romano in Roma

venerdì 14 marzo 2014

Esercizi Spirituali di Quaresima 2014 (TERZO GIORNO)






TERZO giorno
Il seme buono: San Francesco di Paola, eremita
Il campo è il mondo: l’ ecologia e la cura del creato

“Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e d'intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua bocca,
con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio.
La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.
Il lupo dimorerà insieme con l'agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.
La mucca e l'orsa pascoleranno insieme;
i loro piccoli si sdraieranno insieme.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;
il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la terra
come le acque ricoprono il mare”. (Is 11, 1 – 9).

Un brano profetico che la liturgia ci propone nel Tempo di Avvento. Gesù è Colui che compie le profezie. Egli è il “germoglio (che) spunterà dal tronco di Iesse … virgulto germoglierà dalle sue radici”.

Gesù è il nuovo inizio della stirpe umana, il germoglio immacolato che è germinato da un corpo immacolato: la Vergine Maria.

In Gesù c’è la pienezza dello Spirito. Egli “si compiacerà del timore del Signore”, perché in Gesù tutto compiace l’amore del Padre, da cui tutto ha principio perché Egli è l’Altissimo.

In Gesù tutto si rinnova e ritorna alla sua santa origine quando nel giardino del primo uomo tutto era in armonia, senza prede e predatori: “Il leone si ciberà di paglia, come il bue”.

Infatti si legge in Genesi:
“Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne”.

Gesù è venuto a ricreare questa giustizia e pace universale con tutto il creato.
Esiste il cattolico vegetariano? Secondo un distorta rilettura della Parola di Dio, sì!
Però chi ha conosce la Bibbia e la legge nel suo insieme sa che Gesù non è “venuto ad abolire la Legge o i Profeti; … ma a dare pieno compimento”. (Mt 5, 17).
Ricordiamo la visione di Pietro (At 10,9 - 23). Questo è il titolo che di solito si dà a questo racconto, ma se si osserva attentamente Pietro, lo si potrebbe intitolare: “la conversione di Pietro”. Il testo afferma che un giorno, «mentre quelli (i messaggeri di Cornelio) si stavano avvicinando alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare». Qui ci si aspetterebbe la preghiera e, invece, si dice qualcosa che sembra banale, ma non lo è, poiché introduce il tema “cibo”, molto importante nel testo. Perciò si dice «che gli venne fame e voleva prendere cibo, ma mentre glielo preparavano entrò in estasi». Era il cielo che gli offriva da mangiare. «Vide infatti una grande tovaglia che scendeva dal cielo piena di ogni sorta di animali e sentì una voce che gli diceva: “Su, uccidi e mangia”». Pietro inorridito esclamò: «Non sia mai, Signore. Io non ho mai mangiato qualcosa di profano e di impuro». Sono già passati parecchi anni, ma Pietro non ha ancora assimilato l’insegnamento di Gesù che diceva: «Non quello che entra nell’uomo lo rende impuro… dichiarando così puro ogni alimento» (Mc 7,15.19).

Detto questo si capisce che non esiste un pensiero cattolico vegetariano .. il nostro Dio non si perde su ciò che mangiamo, ma su come viviamo, anche nel rapporto con il cibo e con il creato.

Stando al nostro percorso chi è il “seme buono” tra i figli del Regno che ci può insegnare un buon rapporto con il creato e le creature? Certo Francesco d’Assisi, il patrono dell’ecologia, ma anche Francesco di Paola è un santo che rifulse per la sua attenzione al creato e alle creature ispirato dall’omonimo d’Assisi.

Lo chiamarono Francesco in onore del santo d'Assisi – appunto - al quale avevano chiesto di intercedere per un figlio che, nonostante quindici anni di matrimonio, non era ancora nato. Era il 27 marzo 1416. Nella casa di Giacomo d'Alessio e di sua moglie Vienna, una famiglia di origini modeste, ma non povera perché possedeva dei terreni, parenti e amici festeggiarono il neonato. Oggi quella casa di Paola, una cittadina calabrese sul Mar Tirreno, non esiste più perché è stata trasformata in una piccola chiesa.

Ma la gioia dei genitori non durò a lungo: non era ancora trascorso un mese che la madre scoprì un piccolo ascesso nell'occhio sinistro del bimbo che rapidamente si estese sino a offendere la cornea. Quando ormai i medici disperavano di salvare l'occhio, la madre fece un voto a San Francesco d'Assisi: di tenere il figlio in un convento di Minori per un anno intero facendogli vestire l'abito dell'Ordine. Tornata a casa dalla chiesa, si accorse che l'ascesso era sensibilmente diminuito. Dopo qualche giorno l'occhio era perfettamente guarito.

Francesco imparò a leggere e a scrivere non prima dei tredici anni quando i genitori, per sciogliere il voto, lo condussero nel convento dei Francescani, a San Marco Argentano. Il ragazzo rivelò subito doti non comuni. Pare stupisse i frati dormendo per terra, digiunando spesso e pregando continuamente.
Quando ormai stava finendo l'anno votivo i frati chiesero a Francesco se volesse restare con loro; ma il ragazzo rispose, sorprendendoli, che diversa era la volontà del Signore alla quale doveva uniformarsi. Egli stesso non la conosceva ancora bene; sicché propose ai genitori di condurlo in pellegrinaggio fino ad Assisi: quel "viaggio" gli avrebbe permesso di scoprirla.

Dopo che i tre pellegrini ritornarono dal pellegrinaggio, Francesco non volle rientrare a casa e si ritirò con il consenso dei genitori in un campo che apparteneva al padre, a quasi un chilometro dall'abitato: era il 1429.

Ma presto si accorse che quel luogo non era il più adatto al raccoglimento e alla contemplazione perché si trovava presso un crocicchio e molti curiosi potevano giungervi facilmente. Dopo qualche mese si ritirò in una grotticella sul fianco di una valletta che apparteneva a una parente. Con una zappa ne allargò l'apertura e la scavò per renderla abitabile: era quello il romitorio che cercava. Nella grotta, che si conserva ancora adesso all'interno del santuario di Paola, visse per cinque anni in penitenza e contemplazione. Il giovane eremita temeva che quelle visite lo distogliessero dalla contemplazione. Poi comprese pregando che doveva dedicare parte del suo tempo ad aiutare gli altri.

Siccome la grotticella era poco adatta ad accogliere i visitatori si spostò più a valle, su un terreno del padre, costruendo una cella là dove ora vi sono i sotterranei del convento antico. Alcuni giovani, che erano venuti a trovarlo più volte, gli chiesero di vivere come lui nella preghiera e nella solitudine. Così nacque con una cappella e tre cellette il primo nucleo del futuro Ordine dei Minimi.

Una delle caratteristiche del nuovo Ordine è il voto perpetuo di Quaresima. Che inizialmente il papa dell’epoca non volle approvare pur permettendone l'osservanza. Il quarto voto di astinenza quaresimale era ed è da carni, uova, latticini e derivati.
Un voto particolare, unico nella Chiesa.

Due episodi e miracoli del Santo di Paola, ricordano il suo amore per il creato e le creature.

Nella fornace di Paola – costruita per fare i mattoni per il costruire il proto convento dell’Ordine - è avvenuto il miracolo di Martinello.
Martinello era un agnellino caro a Francesco. Un giorno i muratori che lavoravano al convento se lo mangiarono gettando le ossa nella fornace ardente. Quando il santo lo venne a sapere, non si scompose e, avvicinandosi alla fornace, spiegò che Martinello era così ubbidiente che avrebbe eseguito i suoi ordini ovunque si trovasse: l'agnellino rispose subito al suo richiamo uscendo dalla fornace, vivo.

Poco più in là delle fornace c’è "l'acqua della cucchiarella", così detta dall'arnese che si usa per attingerla. E una fonte che Francesco fece sgorgare battendo col bastone sopra un sasso tufaceo quando i muratori si lamentavano, durante un torrido pomeriggio estivo, che per dissetarsi erano costretti a scendere fino al rivo. Nell’"acqua della cucchiarella" il santo teneva una trota, Antonella, alla quale portava briciole di pane. Un giorno il pesce, che si avvicinava senza timore prendendo il pane dalle sue mani, si lasciò catturare da un prete che se lo portò a casa cucinandolo; ma non fece in tempo a mangiarlo perché un frate, mandato da Francesco, glielo venne a richiedere. Indispettito, il prete lo gettò per terra. Il frate ne raccolse i tanti pezzi portandoli al Santo che li mise nell'acqua della fonte dicendo: "Per carità, ritorna a vivere". E Antonella resuscitò.

Deliziosi episodi che ci danno l’input per una riflessione sull’ecologia e sulla custodia del creato.

Mi rifaccio alle parole di Papa Francesco, che ci ricorda:

“Quando parliamo di ambiente, del creato, il mio pensiero va alle prime pagine della Bibbia, al Libro della Genesi, dove si afferma che Dio pose l’uomo e la donna sulla terra perché la coltivassero e la custodissero (cfr 2,15). E mi sorgono le domande: Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Noi stiamo veramente coltivando e custodendo il creato? Oppure lo stiamo sfruttando e trascurando? Il verbo “coltivare” mi richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta attenzione, passione e dedizione! Coltivare e custodire il creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti. Benedetto XVI ha ricordato più volte che questo compito affidatoci da Dio Creatore richiede di cogliere il ritmo e la logica della creazione. Noi invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non la “custodiamo”, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura. Stiamo perdendo l’atteggiamento dello stupore, della contemplazione, dell’ascolto della creazione; e così non riusciamo più a leggervi quello che Benedetto XVI chiama “il ritmo della storia di amore di Dio con l’uomo”. Perché avviene questo? Perché pensiamo e viviamo in modo orizzontale, ci siamo allontanati da Dio, non leggiamo i suoi segni.

Ma il “coltivare e custodire” non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo. La persona umana è in pericolo: questo è certo, la persona umana oggi è in pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo una questione di economia, ma di etica e di antropologia. La Chiesa lo ha sottolineato più volte; e molti dicono: sì, è giusto, è vero… ma il sistema continua come prima, perché ciò che domina sono le dinamiche di un’economia e di una finanza carenti di etica. Quello che comanda oggi non è l'uomo, è il denaro, il denaro, i soldi comandano. E Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la terra non i soldi, ma a noi: agli uomini e alle donne, noi abbiamo questo compito! Invece uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la “cultura dello scarto”. Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità. Se una notte di inverno, qui vicino in via Ottaviano, per esempio, muore una persona, quella non è notizia. Se in tante parti del mondo ci sono bambini che non hanno da mangiare, quella non è notizia, sembra normale. Non può essere così! Eppure queste cose entrano nella normalità: che alcune persone senza tetto muoiano di freddo per la strada non fa notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città, costituisce una tragedia. Uno che muore non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le borse è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti.
Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione. Una volta i nostri nonni erano molto attenti a non gettare nulla del cibo avanzato. Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene, però, che il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame! Invito tutti a riflettere sul problema della perdita e dello spreco del cibo per individuare vie e modi che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi.

Pochi giorni fa, nella Festa del Corpus Domini, abbiamo letto il racconto del miracolo dei pani: Gesù dà da mangiare alla folla con cinque pani e due pesci. E la conclusione del brano è importante: «Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi avanzati: dodici ceste» (Lc 9,17). Gesù chiede ai discepoli che nulla vada perduto: niente scarti! E c’è questo fatto delle dodici ceste: perché dodici? Che cosa significa? Dodici è il numero delle tribù d’Israele, rappresenta simbolicamente tutto il popolo. E questo ci dice che quando il cibo viene condiviso in modo equo, con solidarietà, nessuno è privo del necessario, ogni comunità può andare incontro ai bisogni dei più poveri. Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme.

Vorrei allora che prendessimo tutti il serio impegno di rispettare e custodire il creato, di essere attenti ad ogni persona, di contrastare la cultura dello spreco e dello scarto, per promuovere una cultura della solidarietà e dell’incontro”. (5 giugno 2013)

DOMANDE PER RIFLETTERE
* Mi sono mai domandato se e come alimento la cultura dello scarto?
* Mi impegno ad educare le nuove generazioni al rispetto del cibo e del creato?
* Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme. Il rispetto del creato e dell’uomo camminano insieme. Come coltivare questo insegnamento nel mio piccolo di ogni giorno?

giovedì 13 marzo 2014

Tra i santi del giorno ....


Beato Agnello da Pisa
 
 
"A Oxford in Inghilterra, beato Agnello da Pisa, sacerdote, che, mandato da san Francesco prima in Francia e poi in Inghilterra, vi istituì l’Ordine dei Minori e promosse lo studio delle scienze sacre". (M.R.)
 
 
 
 
"A Camerino nelle Marche, sant’Ansovino, vescovo". (M.R.)
 
 
 
 
 
"A Córdova nell’Andalusia in Spagna, passione dei santi Ruderico (Rodrigo), sacerdote, e Salomone, martiri: il primo, rifiutatosi di credere che Maometto fosse vero profeta inviato dall’Onnipotente, fu gettato in carcere, dove incontrò Salomone, che in precedenza aveva per qualche tempo aderito alla religione maomettana, e insieme portarono gloriosamente a termine la loro prova con la decapitazione". (M.R.)
 
 
 
 
 
"Nel monastero di Cava de’ Tirreni in Campania, beato Pietro II, abate". (M.R.)
 
 
 

 
"Oggi abbiamo la gioia di incontrarci nella solennità di Tutti i Santi. Questa festa ci fa riflettere sul duplice orizzonte dell’umanità, che esprimiamo simbolicamente con le parole “terra” e “cielo”: la terra rappresenta il cammino storico, il cielo l’eternità, la pienezza della vita in Dio. E così questa festa ci fa pensare alla Chiesa nella sua duplice dimensione: la Chiesa in cammino nel tempo e quella che celebra la festa senza fine, la Gerusalemme celeste. Queste due dimensioni sono unite dalla realtà della «comunione dei santi»: una realtà che comincia quaggiù sulla terra e raggiunge il suo compimento in Cielo. Nel mondo terreno, la Chiesa è l’inizio di questo mistero di comunione che unisce l’umanità, un mistero totalmente incentrato su Gesù Cristo: è Lui che ha introdotto nel genere umano questa dinamica nuova, un movimento che la conduce verso Dio e al tempo stesso verso l’unità, verso la pace in senso profondo. Gesù Cristo - dice il Vangelo di Giovanni (11,52) - è morto «per riunire insieme i figli di Dio dispersi», e questa sua opera continua nella Chiesa che è inseparabilmente «una», «santa» e «cattolica». Essere cristiani, far parte della Chiesa significa aprirsi a questa comunione, come un seme che si schiude nella terra, morendo, e germoglia verso l’alto, verso il cielo.
I Santi - quelli che la Chiesa proclama tali, ma anche tutti i santi e le sante che solo Dio conosce, e che oggi pure celebriamo - hanno vissuto intensamente questa dinamica. In ciascuno di loro, in modo molto personale, si è reso presente Cristo, grazie al suo Spirito che opera mediante la Parola e i Sacramenti. Infatti, l’essere uniti a Cristo, nella Chiesa, non annulla la personalità, ma la apre, la trasforma con la forza dell’amore, e le conferisce, già qui sulla terra, una dimensione eterna. In sostanza, significa diventare conformi all’immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29), realizzando il progetto di Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Ma questo inserimento in Cristo ci apre - come avevo detto - anche alla comunione con tutti gli altri membri del suo Corpo mistico che è la Chiesa, una comunione che è perfetta nel «Cielo», dove non c’è alcun isolamento, alcuna concorrenza o separazione. Nella festa di oggi, noi pregustiamo la bellezza di questa vita di totale apertura allo sguardo d’amore di Dio e dei fratelli, in cui siamo certi di raggiungere Dio nell’altro e l’altro in Dio. Con questa fede piena di speranza noi veneriamo tutti i santi, e ci prepariamo a commemorare domani i fedeli defunti. Nei santi vediamo la vittoria dell’amore sull’egoismo e sulla morte: vediamo che seguire Cristo porta alla vita, alla vita eterna, e dà senso al presente, ad ogni attimo che passa, perché lo riempie d’amore, di speranza. Solo la fede nella vita eterna ci fa amare veramente la storia e il presente, ma senza attaccamenti, nella libertà del pellegrino, che ama la terra perché ha il cuore in Cielo.
La Vergine Maria ci ottenga la grazia di credere fortemente nella vita eterna e di sentirci in vera comunione con i nostri cari defunti".
(Benedetto XVI, 1 novembre 2012)