mercoledì 5 febbraio 2014

Agathae: colei che è buona!





Perché essere buoni?


Nacque nei primi decenni del III secolo a Catania in una ricca e nobile famiglia di fede cristiana. Verso i 15 anni, scoperta cristiana, fu processata e torturata. Fu ordinato che venisse bruciata. Ma un forte terremoto scuote Catania, allora il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove muore qualche ora dopo. Era il 5 febbraio del 251.

Le letture di questa memoria liturgica esaltano due elementi della vita della Santa: la debolezza, è una giovane ragazza; debolezza da cui si sprigiona la forza nel martirio; e la persecuzione, con il martirio in cui la martire è resa forte da Cristo stesso.

Nella Passione di Santa Felicità questa questione è ben spiegata. Ella soffre per il parto, è gravide di 8 mesi, e prima del martirio avviene il parto, ma il suo travaglio è così sofferente che i carcerieri la prendono in giro: “Tu che soffri così adesso, che farai quando sarai gettata alle belve…?”. Ed ella risponderà: “Ora sono io che soffro quel che soffro; ma là sarà un altro, in me , che soffrirà al mio posto, perché anche io sto per soffrire al posto suo”.

Ma ciò che mi colpisce nella vicenda di Agata è un concetto, un pensiero debole, che è l’etimologia del suo nome: Agata significa buona, essere buoni.
Un concetto importante per noi cristiani: la bontà. Dio solo è buono, dirà Gesù. Ecco alcuni aforismi sulla bontà di vari autori:

«è meglio essere buoni che cattivi, ma la bontà si raggiunge ad un prezzo altissimo.»
(S. E. King, scrittore)

«Io preferisco pensare bene della gente, perché così mi risparmio un sacco di preoccupazioni.»
(R. Kipling, scrittore)

Non potendo pretendere troppo dalla vita, e cioè di essere buoni tutto l’anno, mi accontenterei di invertire il detto di essere più buoni almeno a Natale con l’esortazione ad essere più cattivi in questo giorno, basta essere più buoni il resto dell’anno... (Corrado Duccio)

Non basta essere buono: devi anche sembrarlo. Che diresti di un roseto che non produce altro che spine?
(J. Maria E. de Balaguer)
"Essere buoni è facile, il difficile è essere giusti".
(Pio da Pietralcina)
"Non sono venuto a portare la pace, ma la spada"
La ricerca dell'essere buoni rischia di confondersi con l'"apparire", spesso vedo gente che ti fa un sorriso solo perchè"bisogna farlo"...perchè è bene essere gentili con gli altri,creando una facciata di buonismo che non ha nulla a che vedere con l'essere giusti...Generalmente si pensa che il Cristiano e' il "buono", colui che porge l'altra guancia e DEVE accettare tutto, essere tollerante di tutto. Ma il cristiano deve essere "Giusto". Saper fare delle distinzioni... essere la spada che divide. Noi Cristiani dobbiamo essere uno e l'altro. Dobbiamo porgere l'altra guancia, ma allo stesso tempo non essere indifferenti alle ingiustizie.
(da: Blog di Gifra.org)

Agata nel suo martire a reso onore alla Giustizia! È così stata buona, perché giusta. Interceda per noi per essere buoni e giusti come lei. Amen.

martedì 4 febbraio 2014

Martedì della III settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)





Ieri commentando la prima lettura papa Francesco ha affermato:
“Un re peccatore - conosciamo la storia – ma un re anche con questo amore tanto grande: era tanto attaccato al suo Dio e tanto attaccato al suo popolo e non usa per difendersi né Dio né il suo popolo”.

Oggi, la saga tra Davide e il figlio Assalonne volte al suo termine.

Il re peccatore vive il suo dramma di padre: se pur potrebbe gioire perché il suo nemico è sconfitto, egli vive la sconfitta della sua paternità, perché non ha saputo appianare la tensione con il suo figlio Assalonne.

La vittoria diventa pianto!

“La vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo, perché il popolo sentì dire in quel giorno: «Il re è desolato a causa del figlio»”.

Ben dice il profeta Amos: “Cambierò le vostre feste in lutto” (Am 8, 10)

Davide un genitore amorevole, ma sconfitto nel suo ruolo educativo.

«Educare non è mai stato facile e oggi sembra diventare più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita”.

Così si esprimeva nella Lettera alla Diocesi e alla città di Roma, papa Benedetto XVI sul compito urgente dell’educazione.

“Anche Gesù è andato incontro a un iniziale fallimento della sua azione educativa: il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, l’abbandono degli altri apostoli, l’insulto della folla che lo aveva osannato e della quale era stato catechista instancabile e competente sono segni non riconducibili certo alla negligenza, alla sconsideratezza e faciloneria nell’educare di Gesù.
Eppure, anche il Figlio dell’uomo non si è potuto sottrarre alle delusioni che attendono ogni educatore. Il realismo di Dio arriva persino a prendere coscienza anticipatamente e, dunque, a prevedere i fallimenti dei suoi sforzi educativi, si pensi alle profezie sul tradimento di Giuda e sul rinnegamento di Pietro.

Gesù sa che i frutti non si raccolgono subito e che, non di rado, chi semina non raccoglie; per questi e per altri motivi l'educatore non dovrà mai dire, nemmeno di fronte al caso difficile o umanamente impossibile: "non c'è più nulla da fare!", "è irrecuperabile!". Se egli ama alla maniera di Dio, non lo dirà mai per nessuno, come quelle madri e quei padri che non si danno mai per vinti di fronte all’insensibilità, alla ribellione o anche ai rottami del proprio figlio”. (C. Burgio)

Davide ha sperato per suo figlio Assalonne. La sua morte non è un suo ordine, ma l’opera di Ioab, il quale mal educato dal suo re (è lui l’artefice del complotto per la morte di Uria), credendo di fare il bene del suo re, compie un misfatto simile, per il figlio de re.
Mi semina vento raccoglie tempesta, dice il proverbio! Chi semina amore invece ... un amore totale è capace di essere libero da ogni pretesa, ma ama! Non fa così Dio con noi? Non fa così anche nel Vangelo di oggi con al figlia di Giàiro e con la donna “che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici”?
Io miracoli di Gesù sono segni di un amore senza pretese, solo un amore così educa, salva, converte. La croce è il segno più alto, solo dopo il quale i discepoli iniziano a credere, a capire ad amare!

“Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore”

Signore liberaci dalla presunzione di essere i migliori e di essere incapaci di compiere peccati indicibili!

Ogni nostro errore ci aiuti ad avere sempre un nuovo sguardo di pazienza e di misericordia su noi stessi e su ogni fratello. Amen.

lunedì 3 febbraio 2014

Lunedì della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Memoria facoltativa di San Biagio Vescovo Martire
 


San Biagio Vescovo e Martire
chiesa San Agostino
Recanati (MC)

Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. (cfr Mc 5,1-20)

Che strana reazione!
Invece di gioire perché Gesù aveva liberato quell’uomo dallo spirito impuro che lo tormentava giorno e notte, essi si misero a pregarlo perché lasciasse il loro territorio.

Facciamo un passo indietro.
«Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». (cfr Mc 5,1-20)

Come sempre il demonio conosce la vera identità di Gesù.
Gesù ha potere sul demonio, al punto tale che il demonio può fare solo ciò che Gesù gli permette di fare.

«Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. (cfr Mc 5,1-20)

I porci sono per eccellenza gli animali più impuri della tradizione ebraica.
Certo quei mandriani forse non erano ebrei!
Ed il fatto che Gesù alla conclusione della scena non è accolto, forse è scontato, Egli è venuto inizialmente per le pecore perdute del popolo d’Israele.

Però Gesù in altri passi evangelici compie gesti di misericordia anche per persone non di stirpe ebraica: uno per tutti, la donna cananea, che è elogiata per la sua fede.

Invece i Gérasani, lo cacciano!
Perché?
Il miracolo, la liberazione dell’uomo malato, indemoniato, va contro i loro interessi economici: hanno perso tutti i loro porci. Per cui gli dicono di lasciare il loro territorio.

Quante volte i nostri interessi sono più forti degli interessi di Dio!
Quante volte!

erano circa duemila e affogarono nel mare. (cfr Mc 5,1-20)

Duemila sono molti. È un capitale. Erano forse ricchi mandriani!
Gesù ammonirà i ricchi perché la loro ricchezza è di ostacolo alla loro conversione.

L’uomo guarito invece si converte e vuole stare con lui!
Ma Gesù lo invia a raccontare la sua misericordia!

«Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». (cfr Mc 5,1-20)

Signore toccaci con la tua misericordia e facci annunciatori della tua misericordia!

Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati. (cfr Mc 5,1-20)

Signore, stupiscici con il tuo amore misericordioso!

Gesù, confido in te!
Amen.


domenica 2 febbraio 2014

Presentazione di Gesù la Tempio



Madonna della Candelora
Chiesa di San Pietro Ap.
Davoli (CZ)


San Sofronio, vescovo
Discorso 3, sull’«Hypapante» 6, 7
“Noi tutti che celebriamo e veneriamo con intima partecipazione il mistero dell’incontro del Signore, corriamo e muoviamoci insieme in fervore di spirito incontro a lui. Nessuno se ne sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola. Accresciamo anzi lo splendore dei ceri per significare il divino fulgore di lui che si sta avvicinando e grazie al quale ogni cosa risplende, dopo che l’abbondanza della luce eterna ha dissipato le tenebre della caligine. Ma le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo. Come infatti la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi e tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che é la vera luce.
La luce venne nel mondo (cfr. Gv 1, 9) e, dissipate le tenebre che lo avvolgevano, lo illuminò. Ci visitò colui che sorge dall’alto (cfr. Lc 1, 78) e rifulse a quanti giacevano nelle tenebre. Per questo anche noi dobbiamo ora camminare stringendo le fiaccole e correre portando le luci. Così indicheremo che a noi rifulse la luce, e rappresenteremo lo splendore divino di cui siamo messaggeri. Per questo corriamo tutti incontro a Dio. Ecco il significato del mistero odierno.
La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9) é venuta. Tutti dunque, o fratelli, siamone illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio. Ma avanziamo tutti raggianti e illuminati verso di lui. Riceviamo esultanti nell’animo, col vecchio Simeone, la luce sfolgorante ed eterna. Innalziamo canti di ringraziamento al Padre della luce, che mandò la luce vera, e dissipò ogni tenebra, e rese noi tutti luminosi. La salvezza di Dio, infatti, preparata dinanzi a tutti i popoli e manifestata a gloria di noi, nuovo Israele, grazie a lui, la vedemmo anche noi e subito fummo liberati dall’antica e tenebrosa colpa, appunto come Simeone, veduto il Cristo, fu sciolto dai legami della vita presente.
Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, é la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele. Noi onoriamo questa presenza nelle celebrazioni anniversarie, né sarà ormai possibile dimenticarcene”.

sabato 1 febbraio 2014

Sabato della III settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)





Non avete un Santo a cui siete particolarmente legati? Io tanti… il beato Andrea Carlo Ferrari è uno di questi.
Ma cosa vuol dire legati. Non vuol dire che lo invocate spesso come intercessore… non sono stato educato a pregare i santi, ma sono stato educato ad ammirarli e a provare una certa santa invidia per il loro amore per Gesù.
I Santi sono coloro in cui il Vangelo si è realizzato, dicono la possibilità, il fatto che essere cristiani veri possibile.
Il beato Ferrari è uno di costoro.

«Maestro, non t’importa che siamo perduti?»

Questa frase del Vangelo di oggi ben sta nella vita santa del Cardinal Ferrari.
Vive un periodo difficile della vita sociale ed ecclesiale.

Ma ebbe anche, nella sua vita, la gioia di aver a che fare con uomini santi del suo tempo: San Guido Maria Conforti e il Venerabile Giocondo Pio Lorgna, due fondatori e santi sacerdoti.

Pure il Cardinal Ferrari era un santo, un gran santo, anche nella malattia
Il Cardinale si ammala di cancro alla gola.
Sentite che pensiero profondo: “Nella stretta del dolore e dell'afflizione, nella tristezza dell'animo tribolato, il prostrarci con fede e con amore dinanzi all'Ostia Santa vuol dir essere ristorati e fortificati nel cammino, spesso difficile, della vita”.

Chissà se noi arriveremo ad una fede così!

Muore il 2 febbraio 1921. Nonostante la pioggia, i funerali del pastore defunto riuscirono un trionfo per l'incredibile concorso di vescovi, di sacerdoti e di fedeli. Il governo italiano lo commemorò alla camera. Don Angelo Roncalli, oggi San Giovanni XXIII, che ebbe frequenti contatti con lui, lo considerò sempre "un autentico santo", e quando diventò papa non si stancava di ripetere: "Se Pio X aveva una statura di santità di un metro, il Card. Ferrari l'aveva di quattro".

Chissà se noi arriveremo almeno alla statura di un metro di santità?

Nel 1894 il Papa Leone XIII lo nomina Arcivescovo di Milano. È in questa occasione che assume, accanto al suo nome di Battesimo, anche quello di Carlo, in onore di S. Carlo Borromeo.

“Siamo cristiani chiusi nel nostro cuore e nelle nostre chiese, cristiani di sacrestia? Cristiani solo a parole, ma che vivono come pagani? Dobbiamo farci queste domande, che non sono un rimprovero. Anch’io lo dico a me stesso: come sono cristiano, con la testimonianza davvero?” dice Papa Francesco (16 ottobre 2013).

Ma pensate lo stesso Leone XIII, alla fine del 1800, diceva: “debbano uscire dalle sacrestie e andare al popolo”.
Il Cardinal Ferrari, facendo sua l’esortazione di Papa Leone XIII di “uscire dalle sacrestie”, intensifica il proprio impegno nel sociale. Per arginare la propaganda marxista e aiutare la popolazione, l’Arcivescovo decide di attuare degli interventi sociali: vengono fondate le Casse di risparmio e le Cooperative di consumo.

Nel 1912 promosse la fondazione di un nuovo quotidiano che sostituisse "L'Unione". Il nuovo organo d'informazione si chiamò "L'Italia", che poi divenne «L'Avvenire d'Italia», che ora si chiama «L'Avvenire».

Dopo la guerra, l’opera sociale del Cardinale prosegue senza sosta: nascono le mense operaie, le mense quotidiane per i poveri.
Nel 1921 sorge la Casa del Popolo, poi chiamata Opera Cardinal Ferrari. Nello stesso anno, viene inaugurata anche l’Università Cattolica, progetto alla cui realizzazione il Cardinale aveva fortemente lavorato negli anni precedenti, sostenuto dall’opera e dal pensiero di illustri testimoni di santità, come il beato Giuseppe Toniolo, il servo di Dio Padre Agostino Gemelli, e il beato Contardo Ferrini.

Come vedete un figura immensamente grande… una fulgida stella di santità.

Infine la bellissima pagina del secondo libro di Samuèle.
La pagina è allegoria della vicenda piena di male del re Davide: il quale si scandalizza per la vicenda della pecorella piccina, ma non è capace di riconoscere le sue opere del male.

Quante volte noi siamo così!
Giudici per gli altri «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte.
Diceva Davide,
però per noi siamo ciechi!

«Tu sei quell’uomo!

La santità che ammiriamo nel Beato Andrea Carlo Ferrari ci sproni ad essere anche noi uomini di fede, di carità e di misericordia.

Amen.

venerdì 31 gennaio 2014

San Giovanni Bosco, prega per noi!



San Giovanni Bosco e San Domenico Savio
Santuario Madonna dei Miracoli, Mussomeli

Oggi memoria di San Giovanni Bosco, inizia l’anno giubilare per il bicentenario della nascita del santo.
Rileggiamo la Parola di Dio, commentandola con alcuni pensieri di Don Bosco.

“Fratelli siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto, siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti”. (San Paolo)

Voglio regalarti la formula della santità (per essere buoni): Primo:  Allegria.  Secondo: Doveri di studio e di preghiera. Terzo: Far del bene agli altri. (San Giovanni Bosco)

“Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presente a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (San Paolo)

Chi prega si occupa della cosa più importante di tutte. La preghiera è una compagna inseparabile della vita cristiana. La preghiera è il primo alimento dello spirito, come il pane è il cibo per il corpo. Chi non prega non può perseverare nella virtù. Sant'Agostino dice:"Chi impara a ben pregare, impara a ben vivere".

Bisogna pregare con una illimitata speranza di essere esauditi.
Quando preghi osserva un ordine di richieste: domanda in primo luogo i beni spirituali, il perdono dei peccati, la luce per conoscere la volontà di Dio, la forza per mantenerti nella sua grazia ; poi chiedi la salute fisica, la benedizione sulla tua famiglia, l'allontanamento delle disgrazie e la sicurezza di un lavoro...".

Mentre state giocando, nelle conversazioni o in altro passatempo, alzate qualche volta la mente al Signore offrendo quelle azioni a Lui.

La preghiera fa violenza la cuore di Dio. Ogni mattina raccomandate a Dio le occupazioni della giornata. (San Giovanni Bosco)

“Fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri”. (San Paolo)

Tutti hanno bisogno della Comunione: i buoni per mantenersi buoni e i cattivi per farsi buoni

Dopo la S. Comunione, trattenetevi almeno un quarto d'ora a fare il ringraziamento. Sarebbe una grave irriverenza se, dopo pochi minuti aver ricevuto il Corpo-Sangue-Anima-Divinità di Gesù, uno uscisse di chiesa o stando al suo posto si mettesse, a ridere, chiacchierare, guardare di qua e di là per la chiesa..

I due sostegni più forti per sostenervi e camminare per la strada del Cielo sono i Sacramenti della Confessione e Comunione. Perciò guardate come gran nemico dell'anima vostra chiunque cerca di allontanarvi da questi due Sacramenti.

Tenete a memoria, che la solita parola che usa il demonio quando vuole spingerci al male è: Oh! è niente!

L'essere buono non consiste nel non commettere mancanza alcuna, ma nello avere volontà di emendarsi. (San Giovanni Bosco)

“Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino…” (Gesù)

Se vogliamo vivere le vette della santità di Don Bosco, dobbiamo metterci ogni giorno alla scuola del Vangelo e scegliere Gesù come Maestro, e abbiamo problemi di studio, chiediamo alla Madre di Dio, qualche ora di ripetizione. Amen.

giovedì 30 gennaio 2014

Un pensiero ...



Venerabile Simone Srugi (Sruji)

"Mio Dio, sono vostro e vostro voglio essere! Intendo fare ogni mia azione con Voi e per voi. Voglio vivere da buon religioso, anzi da SANTO RELIGIOSO; e tenermi preparato al momento in cui Gesù mi chiamerà dall'esilio alla patria celeste"

lunedì 27 gennaio 2014

Decreti della Congregazione delle Cause dei Santi




Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione dei Decreti che riguardano un prossimo Beato, il sacerdote martire Asúa Mendía, ucciso in odio alla fede nel 1936 durante la guerra civile spagnola, e sette nuovi Venerabili Servi di Dio. Di seguito i Decreti riguardanti:

- il martirio del Servo di Dio Pietro Asúa Mendía, Sacerdote diocesano; nato a Valmaseda (Vizcaya, Spagna) il 30 agosto 1890 e ucciso, in odio alla Fede, a Liendo (Santander, Spagna) il 29 agosto 1936;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Giuseppe Girelli, Sacerdote diocesano; nato a Dossobuono (Verona, Italia) il 10 gennaio 1886 e morto a Negrar (Verona, Italia) il 1° maggio 1978;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Zaccaria di Santa Teresa (al secolo: Zaccaria Salteráin Vizcarra), Sacerdote professo dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi; nato ad Abadiano (Vizcaya, Spagna) il 5 novembre 1887 e morto a Vellore (Tamil Nadu, India) il 23 maggio 1957;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Marcella Mallet, Fondatrice delle Suore della Carità di Québec; nata a Côte des-Neiges (Montréal, Canada) il 26 marzo 1805 e morta a Québec (Canada) il 9 aprile 1871;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Benedetta Arias, Fondatrice delle Suore Ancelle di Gesù nel Sacramento; nata a La Carlota di Rio Cuarto (Córdova, Argentina) il 3 aprile 1822 e morta a Buenos Aires (Argentina) il 25 settembre 1894;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Margherita del Sacro Cuore di Gesù (al secolo: Virginia De Brincat), Fondatrice delle Suore Francescane del Cuore di Gesù; nata a Kercem, nell'Isola di Gozo (Malta) il 28 novembre 1862 e morta a Victoria, nell'Isola di Gozo (Malta) il 22 gennaio 1952;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Serafina (al secolo: Noemy Cinque), Suora professa della Congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo; nata a Urucuritiba (Brasile) il 31 gennaio 1913 e morta a Manaus (Brasile) il 21 ottobre 1988;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Elisabetta Sanna, vedova Laica, Terziaria professa dell'Ordine dei Minimi di San Francesco, del Sodalizio dell'Unione dell'Apostolato Cattolico fondato da San Vincenzo Pallotti; nata a Codrongianos (Sassari, Italia) il 23 aprile 1788 e morta a Roma il 17 febbraio 1857.

domenica 26 gennaio 2014

Festa della Famiglia (2)







Comunità Pastorale “Epifania del Signore” – Brugherio
Parrocchia San Paolo Apostolo

Domenica 26 gennaio 2014
FESTA DELLA FAMIGLIA
con ODOARDO FOCHERINI sposo, padre e martire
testimone del Vangelo della Vita” (Papa Francesco)

                                                                         programma

ore 11.00S. Messa con le famiglie

ore 12.30 – pranzo comunitario
* prenotarsi in segreteria parrocchiale entro venerdì 17 gennaio 2014.

ore 14.30 - presso il salone Benedetto XVI, testimonianza sul Beato Odoardo Focherini: sposo, padre e martire. Sarà presente tra noi Francesco Manicardi, giornalista, e nipote di Odoardo.






Cari fratelli e sorelle!
Al termine di questa Eucaristia dedicata al Vangelo della Vita, sono lieto di ricordare che ieri, a Carpi, è stato proclamato Beato Odoardo Focherini, sposo e padre di sette figli, giornalista. Catturato e incarcerato in odio alla sua fede cattolica, morì nel campo di concentramento di Hersbruck nel 1944, a 37 anni. Salvò numerosi ebrei dalla persecuzione nazista. Insieme con la Chiesa che è in Carpi, rendiamo grazie a Dio per questo testimone del Vangelo della Vita!

(Angelus, Papa Francesco, 16 giugno 2013)

Festa della Famiglia





In un momento storico nel quale la famiglia è oggetto di numerose forze che cercano di distruggerla o comunque di deformarla, la Chiesa, consapevole che il bene della società e di se stessa è profondamente legato al bene della famiglia (cfr. «Gaudium et Spes», 47), sente in modo più vivo e stringente la sua missione di proclamare a tutti il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, assicurandone la piena vitalità e promozione umana e cristiana, e contribuendo così al rinnovamento della società e dello stesso Popolo di Dio.
(San Giovanni Paolo II, Familiaris-consortio, 3)

Cos’è la famiglia?
È il cammino di santità compiuto insieme, come coppia, che non si rivolge alle singole persone, ma nel coloro che vivono il matrimonio, a tutta la comunità famigliare.

La prima lettura ci fa scoprire che la famiglia è il luogo della perfezione dell’amore: che cosa darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?
La perfezione delle relazioni, che Siracide pone in ogni direzione, molto bello anche il riferimento ai defunti: anche al morto non negare la tua pietà
Comprendiamo che la famiglia ha proprio un ruolo fondamentale nel suo interno per educare alla perfezione dell’amore nelle relazioni.

Ma come la famiglia può vivere questo?

Ci viene in aiuto l’Apostolo Paolo: La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza

Cosa ci insegna la parola divina?
Ci insegna a guardare Cristo
rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto
Ben ci ricorda Papa Francesco:
Alcune settimane fa, in questa piazza, ho detto che per portare avanti una famiglia è necessario usare tre parole. Voglio ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave!
Solo nella carità che unisce ogni sentimento in modo perfetto si può vive l’armonia tra la moglie e il marito e tra i genitori e i figli.

Qual è lo scopo della famiglia?
«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».
Ecco lo scopo della famiglia!
Vivere in tutto la volontà di Dio … del Padre mio.

Perché?
Solo così la famiglia sarà “chiesa domestica”: comunità cristiana nel suo interno, che mira alla perfezione nella carità che è la santità.
Un papà e una mamma che vivono la perfezione nella carità generano nei figli e nella società la stessa carità che fa crescere …. in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Chi si sposa nel Sacramento dice: «Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita». Gli sposi in quel momento non sanno cosa accadrà, non sanno quali gioie e quali dolori li attendono.
Gli sposi cristiani non sono ingenui, conoscono i problemi e i pericoli della vita. Ma non hanno paura di assumersi la loro responsabilità, davanti a Dio e alla società. Senza scappare, senza isolarsi, senza rinunciare alla missione di formare una famiglia e di mettere al mondo dei figli.
I cristiani si sposano nel Sacramento perché sono consapevoli di averne bisogno! Ne hanno bisogno per essere uniti tra loro e per compiere la missione di genitori.
(papa Francesco, 26 ottobre 2013)

Concludo consigliandovi un libro.

SPOSI e SANTI
Dieci profili di santità coniugale
Edizione Cantagalli
Costo 15 euro!
Amen.

martedì 21 gennaio 2014

Sant'Agnese, prega per noi!





"Quando devo recitare l'Ufficio dei Martiri corro il rischio di essere preso dall'emozione. I Martiri!

Agnese: una fanciulla che non ho mai visto, con la quale non ho mai parlato, ma che sento d'amare; le sue guance color latte, solo ingentilite un po' dal sangue del suo Sposo: lo amava con tenerezza di fanciulla tredicenne, con la forza d'un eroe che non teme la morte. Agnese potrebbe essere il modello del mio martirio, poiché sono debole di temperamento e timido, eppur devo essere forte. ...
Adesso trascrivo due righe di poesia a Sant'Agnese:


Di liliale bellezza la purpurea veste
le labbra adornate di grazia.
Chi le tue pallide guance ha baciato?
Due goccette di rutilo sangue ha lasciato.
Forse il tramonto, l'aurora, lo Sposo.
il tuo Amore è il sangue.
Per raccoglierti, fiore di terra,
lo Sposo discese,
perché sulla terra non amasti che il cielo
Vergine Agnese".

(P. Mario Borzaga, OMI, da: Diario di un uomo felice, 21 gennaio 1957)





lunedì 20 gennaio 2014

San Sebastiano, prega per noi!




304 - 2014. E' millesettecentodieci anni che la Chiesa ricorda il martirio di San Sebastiano.
 
Sebastiano, il cui nome deriva dal greco significa “venerabile”, appellativo che gli stessi greci avevano dato all’imperatore Augusto per significare un senso di grandezza e di rispetto. Nacque a Milano, verso la seconda metà del ‘200 d.C., da illustre famiglia. Rimasto orfano del padre ancora fanciullo, la madre educò questo suo unico figlio alla scuola della generosità e del coraggio, preparandolo al grande ed ultimo sacrificio: l’imitazione di Gesù Crocifisso. Giovane, dall’animo forte, dal carattere energico, rispose alla voce della grazia che ne fece un difensore della Chiesa, pieno di entusiasmo corse là dove c’era più bisogno di lui. Parte per Roma, ove la persecuzione contro i cristiani era diventata violenta e feroce. Questa fu la causa determinante del viaggio di San Sebastiano verso la capitale, per assistere i cristiani, proteggerli e soprattutto impedire le abiure. Sebastiano temeva che i cristiani, atterriti dai tormenti e dalle persecuzioni, per sfuggire alla morte, rinnegassero quel Cristo e quella fede che con tanto slancio avevano abbracciata. Ma prima di toccare la tappa gloriosa e finale del suo mortale cammino, Sebastiano per un tempo abbastanza lungo guidò la conquista missionaria dei cristiani e si arruolò nell’esercito imperiale per poter esercitare più facilmente, sotto l’emblema della milizia, il suo fecondo apostolato di fede. Per la sua cultura, per la sua gentilezza d’animo, per la sua bontà, Sebastiano seppur ancora giovane raggiunse i massimi gradi della gerarchia militare, permettendogli di occupare il posto di comandante della Prima Corte della Guardia Pretoriana, sotto l’impero di Diocleziano e Massimiano che lo stimarono, lo amarono senza nutrire alcun sospetto sulla sua appartenenza alla fede cristiana. Nell’anno 287 d.C. la persecuzione di Diocleziano infierì sempre più contro la Chiesa, che fu costretta a ritirarsi nel silenzio delle catacombe, mentre i suoi figli innocenti venivano portati nell’Arena del Colosseo per essere lacerati dalle fiere o per essere arsi vivi. Durante questo eccidio, indegno di un popolo civile, Sebastiano non riuscì a tacere e a nascondere la sua fede in Cristo Signore e cominciò ad operare. Un vile cortigiano, Torquato, accusò e denunziò Sebastiano come cristiano all’imperatore Diocleziano. L’imperatore non trenette a quelle parole e chiamò Sebastiano per testimoniare. Sebastiano nemico dell’ipocrisia, da vero soldato di Gesù Cristo, confessò la sua fede. Per questa nobile e franca dichiarazione, Diocleziano inveisce, lo accusa di tradimento e di ingratitudine: Sebastiano, quindi, malgrado le sue virtù morali e civili, solo perché cristiano, venne condannato a morte. Condotto nel boschetto sacro ad Adone, sul Palatino e legato ad un tronco d’albero, Sebastiano diviene bersaglio di frecce. L’iconografia cristiana, la letteratura, e la tradizione popolare di ogni tempo rappresentano San Sebastiano giovanissimo e trafitto da poche frecce: nelle braccia, nel petto, alle gambe come se gli esecutori, i suoi stessi soldati che lo amavano, avessero tentato di risparmiarlo, mentre gli “Atti” della sua passione confermano che fu trafitto da tanti dardi da poter essere paragonato ad un riccio. Abbandonato sul campo, perché considerato morto, fu ritrovato notte tempo dai compagni di fede. Era notte avanzata quando la pietosa Irene giunse al luogo del martirio per portare via il corpo e dargli onorata sepoltura nelle catacombe: ma quale non fu il suo stupore nel constatare che il martire non era morto. Lo fece quindi portare da alcuni servi nel palazzo imperiale dove ella abitava e qui aiutata dal prete Policarpo, curò le terribili ferite così che Sebastiano in pochissimo tempo tornò a rifiorire. Tuttavia, Sebastiano aveva ormai votato la propria vita a Dio e così un giorno presentatosi a Diocleziano gli gridò: “Diocleziano, sono un uomo uscito dalla tomba per avvertirti che si avvicina il tempo della vendetta ! Tu hai bagnato questa città col sangue dei servi di Dio e la sua collera poserà grave su di te: morrai di morte violenta e Dio darà alla sua Chiesa un imperatore secondo il suo cuore. Pentiti mentre è tempo e domanda perdono a Dio.” Un profondo silenzio, rotto soltanto dalla proclamazione della condanna a morte, seguì queste parole. Come si usava solo per gli schiavi, Sebastiano fu fustigato e annegato. Era il 20 gennaio dell’anno 304 d.C.
Il suo corpo fu gettato nella cloaca che passa sotto la via dei Trionfi, presso l’arco di Costantino. Gli “Atti” narrano che il Santo apparve alla matrona romana Lucina, alla quale chiese di essere sepolto nel sacro recinto presso le spoglie degli apostoli Pietro e Paolo, dopo averle indicato il luogo dove il suo corpo era rimasto impigliato.Lucina ritrovò, con l’aiuto dei cristiani, il corpo di San Sebastiano e lo seppellì con tutti gli onori nel Cimitero ad Catacumbas, meta di venerazione in ogni tempo. Nel IV secolo fu costruita una basilica chiamata “Ecclesia Apostolorum” e tale titolo rimase fino al IX secolo, quando prevalse la denominazione di Basilica di San Sebastiano (sull’Appia Antica a Roma). Le sacre Reliquie sono conservate sull’altare della cripta. La fama di San Sebastiano si propagò rapidamente nell’antichità, nel medioevo, sino al XVI secolo anche come taumaturgo e protettore contro la peste. Papa Caio lo elesse Difensore della Chiesa; di molte corporazioni, come gli arcieri, è il protettore. La gioventù di Azione Cattolica lo ha prescelto come modello di vita. Attualmente è patrono dei Vigili Urbani d’Italia e compatrono di Roma. In questi tempi di dissacrazione e negazione dei valori spirituali e religiosi, umani e sociali, la figura di San Sebastiano è sempre più viva e attuale e la sua intercessione è implorata per aiutare i giovani disorientati e fuorviati, a salvarsi dal peccato.
 
(FONTE: sansebastiano.org)
 
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1- Ancora si trova una importante Chiesa dedicata al culto di San Sebastiano.
 
2- Storicamente è certo che San Sebastiano sostenne il martirio sotto Massimiano e non Diocleziano: questi aveva scelto per sè la parte orientale dell’impero con sede in Nicomedia, lasciando a Massimiano il governo della parte occidentale. Gli editti di persecuzione contro i cristiani partivano a quei tempi dalla corte di Nicomedia, ed erano sempre ispirati da Diocleziano, che nonostante quella divisione territoriale dell’impero era rimasto moralmente il capo supremo e l’anima del governo. Esclusivamente per questo si crede che Diocleziano abbia condannato al martirio San Sebastiano perché cristiano.
 
* Per un approfondimento iconografico, meravigliosamente composto, guardare il link: viaggio nell'iconografia di san Sebastiano a cura di Giovanni Morale.
** i dati sono prelavati dal sito della Basilica di San Sebastiano di Palazzolo Acreide dichiarata dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità, cittadina dove il culto del Santo Martire è molto fiorente insieme a quello dell'Apostolo Paolo.