sabato 11 febbraio 2012

La Madre di Dio a Lourdes (I)









Il Martirologio Romano in data 11 febbraio, scrive: “Beata Maria Vergine di Lourdes, che, a quattro anni dalla proclamazione dell’Immacolata Concezione della beata Vergine, l’umile fanciulla santa Maria Bernardetta Soubirous più volte aveva visto nella grotta di Massabielle tra i monti Pirenei sulla riva del Gave presso la cittadina di Lourdes, dove innumerevoli folle di fedeli accorrono con devozione”.

L’evento mariano di Lourdes è entrato nella memoria liturgica della Chiesa, che come “memoria facoltativa”, celebra ed esalta il rivelarsi di Maria “nella grotta di Massabielle tra i monti Pirenei sulla riva del Gave presso la cittadina di Lourdes” come l’Immacolata Concezione.

Ma cosa è accaduto a Lourdes che noi continuiamo a celebrare?

Ascoltiamo il racconto della apparizione delle memoria di suor  Maria Bernardetta Soubirous:

“La prima volta che fui alla grotta era il giovedì 11 febbraio. Andavo a raccogliere la legna con due altre ragazzine. Quando fummo al mulino io domandai loro se volevano vedere dove l'acqua del canale andava a congiungersi col Gave. Esse mi risposero di sì. Di là noi seguimmo il canale e ci trovammo davanti a una grotta, non potendo andare più lontano. Le mie due compagne si misero in condizione di attraversare l'acqua che era davanti alla grotta. Esse attraversarono l'acqua. Si misero a piangere. Domandai loro perché piangessero. Mi dissero che l'acqua era fredda. Io le pregai di aiutarmi a gettare delle pietre nell'acqua per vedere se potessi passare senza scalzarmi. Mi dissero di fare come loro, se volevo. Io andai un po' più lontano a vedere se potevo passare senza scalzarmi ma non potei. Allora ritornai davanti alla grotta e mi misi a scalzarmi. Avevo appena tolto la prima calza che sentii un rumore come se ci fosse stato un colpo di vento. Allora voltai la testa dalla parte del prato (dal lato opposto alla grotta). Vidi che gli alberi non si muovevano. Allora ho continuato a scalzarmi. Sentii ancora lo stesso rumore. Appena alzai la testa guardando la grotta, scorsi una signora in bianco.
Aveva un vestito bianco, un velo bianco e una cintura azzurra e una rosa su ogni piede, del colore della catenella del suo rosario. Allora fui un po' impressionata. Credevo di sbagliarmi. Mi strofinai gli occhi. Guardai ancora e vidi sempre la stessa signora. Misi la mano in tasca; vi trovai il mio rosario. Volevo fare il segno della croce. Non potei arrivare con la mano fino alla fronte. La mano mi cadeva. Allora lo sbigottimento s'impadronì più fortemente di me. La mia mano tremava. Tuttavia non fuggii. La signora prese il rosario che teneva tra le mani e fece il segno della croce. Allora provai una seconda volta a farlo e potei. Appena ebbi fatto il segno di croce scomparve il grande sbigottimento che provavo. Mi misi in ginocchio. Ho recitato il rosario in presenza di quella bella signora. La visione faceva scorrere i grani del suo, ma non muoveva le labbra. Quando ebbi finito il mio rosario, mi fece segno di avvicinarmi, ma non ho osato. Allora disparve all'improvviso. Mi misi a togliere l'altra calza per attraversare quel po' d'acqua che si trovava davanti alla grotta (per andare a raggiungere le mie compagne) e ci siamo ritirate. Cammin facendo ho domandato alle mie compagne se non avevano visto niente. - No - mi risposero. L'ho domandato loro ancora. Mi dissero che non avevano visto niente. Allora aggiunsero: - E tu hai visto qualcosa? Allora dissi loro: - Se non avete visto niente, neppure io. Credevo di essermi sbagliata. Ma ritornando, lungo la strada mi domandavano ciò che avevo visto. Ritornavano sempre su quello. Io non volevo dirlo loro, ma mi hanno talmente pregata che mi sono decisa a dirlo: ma a condizione che non ne parlassero a nessuno. Mi promisero di mantenere il segreto. Ma appena arrivate a casa, niente di più urgente che dire ciò che avevo visto. Ecco per la prima volta”.

Questa come disse la stessa Bernardetta fu la prima volta, la in totale le apparizioni della Vergine Maria a Lourdes, furono diciotto. Eccole in una piccole sintesi.
Prima Apparizione — 11 febbraio 1858
Accompagnata da sua sorella e da un'amica, Bernadette si reca a Massabielle, lungo il Gave, per raccogliere legna secca. Togliendo le calze per attraversare il canale, sente un rumore che somigliava a un colpo di vento, alza la testa verso la Grotta: «Vidi una Signora vestita di bianco: indossava un vestito bianco, un velo anch'esso bianco, una cintura azzurra e una rosa d'oro su ogni piede». Fa il segno della Croce e recita il Rosario con la Signora. Terminata la preghiera, la Signora scompare.
Seconda Apparizione — 14 febbraio 1858
Bernadette sente una forza interiore che la spinge a tornare alla Grotta nonostante il divieto dei suoi genitori. Alla sua insistenza, la madre glielo permette; dopo la prima decina del Rosario, vede apparire la stessa Signora. Le getta dell'acqua benedetta. La Signora sorride e inchina la testa.
Terza Apparizione — 18 febbraio 1858
Per la prima volta, la Signora parla. Bernadette le presenta una penna, un calamaio e un foglio di carta e le chiede di scrivere il suo nome. Lei le risponde: «Non è necessario» (N'ey pas necessari), e aggiunge: «Volete avere la gentilezza di venire qui per quindici giorni?» (Boulet aoue ra gracia de bié aci penden quinze dias?). Bernadette risponde sì. La Signora dice: «Non vi prometto di essere felice in questo mondo, ma nell'altro». (Nou prometi pas deb hé urousa en este mounde, mès en aoute).
Quarta Apparizione — 19 febbraio 1858
Quinta Apparizione — 20 febbraio 1858
Sesta Apparizione — 21 febbraio 1858
Settima Apparizione — 23 febbraio 1858
Ottava Apparizione — 24 febbraio 1858
Messaggio di preghiera e di penitenza. La Signora dice a Bernadette: «Penitenza! Penitenza! Penitenza!» (Penitenço... penitenço... penitenço...). «Pregate Dio per i peccatori». «Baciate la terra in penitenza per i peccatori».
Nona Apparizione — 25 febbraio 1858
La fonte. «Andate a bere alla fonte e a lavarvi» (Anat béoué en'a houn é b'y laoua). Bernadette racconta: «Mi ha detto di andare a bere alla fonte... io ho trovato solo un po' d'acqua fangosa. Al quarto tentativo potei bere».
Decima Apparizione — 27 febbraio 1858
Undicesima Apparizione — 28 febbraio 1858
Dodicesima Apparizione — 1º marzo 1858
Tredicesima Apparizione — 2 marzo 1858
La Signora dice a Bernadette: «Andate a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si costruisca una cappella».
Quattordicesima Apparizione — 3 marzo 1858
Nuova richiesta della "Chiesa o Cappella".
Quindicesima Apparizione — 4 marzo 1858
Ultimo giorno della quindicina.
Sedicesima Apparizione — 25 marzo 1858, Festa dell'Annunciazione
La Signora dice il suo nome: «Io sono l'Immacolata Concezione» (Que soy era Immaculada Councepciou).
Diciassettesima Apparizione — 7 aprile 1858
Il "Miracolo della Candela".
Diciottesima Apparizione — 16 luglio 1858, Festa di Nostra Signora del Monte Carmelo
Bernadette, dalla prateria antistante il Gave, vede la Vergine, “più bella che mai”.

lunedì 6 febbraio 2012

Santi Martiri del Giappone

Dalla «Storia del martirio dei santi Paolo Miki e compagni» scritta da un autore contemporaneo




Piantate le croci, fu meraviglioso vedere in tutti quella fortezza alla quale li esortava sia Padre Pasio, sia Padre Rodriguez. Il Padre commissario si mantenne sempre in piedi, quasi senza muoversi, con gli occhi rivolti al cielo. Fratel Martino cantava alcuni salmi per ringraziare la bontà divina, aggiungendo il versetto: «Mi affido alle tue mani» (Sal 30,6). Anche Fratel Francesco Blanco rendeva grazie a Dio ad alta voce. Fratel Gonsalvo a voce altissima recitava il Padre nostro e l'Ave Maria.

Il nostro fratello Paolo Miki, vedendosi innalzato sul pulpito più onorifico che mai avesse avuto, per prima cosa dichiarò ai presenti di essere giapponese e di appartenere alla Compagnia di Gesù, di morire per aver annunziato il Vangelo e di ringraziare Dio per un beneficio così prezioso. Quindi soggiunse: «Giunto a questo istante, penso che nessuno tra voi creda che voglia tacere la verità. Dichiaro pertanto a voi che non c'è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani. Poiché questa mi insegna a perdonare ai nemici e a tutti quelli che mi hanno offeso, io volentieri perdono all'imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano».
Si rivolse quindi ai compagni, giunti ormai all'estrema battaglia, e cominciò a dir loro parole di incoraggiamento.
Sui volti di tutti appariva una certa letizia, ma in Ludovico era particolare. A lui gridava un altro cristiano che presto sarebbe stato in paradiso, ed egli, con gesti pieni di gioia, delle dita e di tutto il corpo, attirò su di sé gli sguardi di tutti gli spettatori.
Antonio, che stava di fianco a Ludovico, con gli occhi fissi al cielo, dopo aver invocato il santissimo nome di Gesù e di Maria, intonò il salmo Laudate, pueri, Dominum, che aveva imparato a Nagasaki durante l'istruzione catechistica; in essa infatti vengono insegnati ai fanciulli alcuni salmi a questo scopo.
Altri infine ripetevano: «Gesù! Maria!», con volto sereno. Alcuni esortavano anche i circostanti ad una degna vita cristiana; con questi e altri gesti simili dimostravano la loro prontezza di fronte alla morte.
Allora quattro carnefici cominciarono ad estrarre dal fodero le spade in uso presso i giapponesi. Alla loro orribile vista tutti i fedeli gridarono: «Gesù! Maria!» e, quel che è più, seguì un compassionevole lamento di più persone, che salì fino al cielo. I loro carnefici con un primo e un secondo colpo, in brevissimo tempo, li uccisero.


"presto sarebbe stato in paradiso"
Vittorio (2012), una preghiera...

venerdì 3 febbraio 2012

Primo Venerdì di FEBBRAIO 2012


Comunità Pastorale “Epifania del Signore”
parrocchia San Paolo Apostolo – Brugherio



Primo Venerdì di FEBBRAIO 2012
AdorazioNE eucaristica
(Dopo l’esposizione)

ADORAZIONE COMUNITARIA
“Questo è il mio Corpo”

LITANIE AL SS. SACRAMENTO
DAGLI SCRITTI DELLA BEATA CANDIDA

- Signore. pietà
- Cristo, pietà
- Signore . pietà
- Padre celeste. che sei Dio (Abbi pietà dì Noi)
- Figlie redentore del mondo, che sei Dio
- Spirito Sante, che sei Dio
- Santa Trinità, unico Dio
-  Santissima Eucaristia; (Noi T'adoriamo)
- Bene Sacramentato
- Unigenito di Dio fatto Pane per gli uomini;
- Colonna massiccia che sostiene il mondo;
- Signore Gesù, legato dal tuo stesso amore nel - Sacramento,
- Carità che addolcisce l'esilio e fa pregustare la Patria;
- Tu che accendi le anime della brama d'immolazione;
- Divina Eucaristia, che per amore nostro sei rimasto nella solitudine del tabernacolo;
- Santissima Comunione,che sei il forte motivo della nostra fiducia
- Dio,che solo puoi saziare le profondità del nostro intelletto;
- Gesù, che nato una volta per noi, torni a nascere per noi sull' altare un numero quasi infinito di volte;
- Gesù. che salisti sulla Croce per amore di tutti e scendi nel nostre cuore per amore di noi;
- Gesù, che sei lo scopo del nostro agire e il palpito cocente del nostro cuore;
- Divino Amore, che dinanzi ad un'anima fedele non metti più limiti alle tue grazie;
- Dono fatto a noi dall'Immacolata Tua Madre;
- Gesù, che alla sera della vita sarai a noi consegnato da Maria, Madre Nostra;

- Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, Cancella le nostre colpe.
- Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, Abbi pietà di noi.
- Agnello di Dio. che togli i peccati del mondo, Donaci la pace.


SALMO 120
(insieme)

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà
non prenderà sonno il custode d’Israele

Il Signore è il tuo custode,
il signore è come ombra che ti copre
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Il signore veglierà su di te, quando esci e quando entri, da ora e per sempre.

ADORAZIONE PERSONALE
“Fate questo in memoria di me”

Questa adorazione eucaristica è segnata da questo giorno singolare del mese di febbraio. Oggi la chiesa ci fa ricordare due santi vescovi: Biagio martire e Ansgario (Oscar) missionario. Il primo pastore della Chiesa Apostolica Armena; l’altro monaco benedettino e poi arcivescovo di Amburgo, infine fu il primo missionario in Danimarca e Svezia.

IL MARTIRIO E
IL SUO SIGNIFICATO SPIRITUALE
(a cura di dott. don Pierpaolo Caspani)

Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno
nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani… E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato (Mt 10, 17-22).

È questa la pagina del vangelo di Matteo che leggiamo nella Messa della solennità di S. Stefano (26 dicembre): Gesù predice ai suoi discepoli la persecuzione "a causa sua"; e Matteo, che riporta queste parole, vive in una comunità che ha già sperimentato la persecuzione. Il tema del martirio, dunque, affonda le sue radici già nel Nuovo Testamento. Partendo da qui vogliamo raccogliere il messaggio che viene dall'esperienza dei martiri, ripercorrendo sia pur velocemente qualche tappa significativa della storia della fede cristiana.

Prima di cominciare la nostra rapida corsa nella storia, è opportuna una precisazione sul termine "martire", dato che esso conosce un mutamento se non proprio di significato, perlomeno di accento. Un mutamento che possiamo riassumere in uno slogan: inizialmente si è uccisi perché martiri; poi si è martiri perché uccisi. Uccisi perché martiri. Nel Nuovo Testamento, il termine "martire" (martuV o martur) riprende il significato che questa parola ha nella lingua greca, dove indica il testimone: colui che ha visto un fatto e può darne testimonianza, ma anche colui che afferma la verità delle proprie convinzioni. I cristiani, dunque, sono martiri, perché testimoni di Cristo: professano la loro fede in Lui e, per questo motivo, vengono perseguitati ed uccisi. In questo primo momento, l'accento è posto sulla testimonianza. A partire dalla metà del II secolo, invece, leggendo i racconti dei martiri, ci accorgiamo che l'accento viene sempre più messo sulla morte violenta di coloro che testimoniano la propria fede.
Martire è colui che muore per la fede. Ciò che rende tale il martire è la sua morte a causa della fede, non più solamente la testimonianza della fede. Martiri perché uccisi, dunque.

I. I martiri dei primi secoli
1. Le persecuzioni da parte dei Giudei
I primi martiri sono vittime delle persecuzioni da parte dei Giudei. Stando al racconto degli Atti degli Apostoli, dopo la Pentecoste, si ripropone la situazione che ha preceduto la morte di Gesù: mentre le conversioni si moltiplicano e la prima comunità cristiana si organizza, si organizza anche la reazione degli Anziani e degli scribi. Ritroviamo così sulla scena tutti gli artefici della condanna di Gesù: Caifa, Anna e i capi delle grandi famiglie di Gerusalemme. I discepoli di Gesù vengono a trovarsi in una situazione simile a quella del loro Maestro: il martire è colui che dà testimonianza, vivendo questa situazione come l'ha vissuta il Maestro.
Non a caso, il primo martirio - quello di Stefano - è presentato come la perfetta imitazione della passione e morte di Gesù: per Stefano, come per Gesù, bisogna ricorrere a falsi testimoni per formulare l'accusa che, in ambedue i casi, riguarda parole dette contro il tempio di Gerusalemme; sia Stefano che Gesù evocano la figura del Figlio dell'Uomo, in piedi alla destra di Dio; entrambi vengono messi a morte fuori da Gerusalemme. Soprattutto, però, è identico l'atteggiamento dei due di fronte alla morte: Stefano affida il proprio spirito a Gesù, come Gesù l'aveva affidato al Padre; come Gesù, Stefano chiede perdono per chi lo mette a morte; sia Gesù che Stefano muoiono con un alto grido. Stefano, primo martire, è dunque il perfetto imitatore di Gesù. Più profondamente, nel martire è Cristo stesso che agisce di nuovo e di nuovo vince le forze del male. La Chiesa, quindi, ne accoglie la testimonianza come se venisse da Cristo stesso: è Lui che parla attraverso i martiri.

2. Le persecuzioni da parte dell'Impero romano
Prima della persecuzione di Nerone (64 d.C.), cristianesimo ed Impero convivono in maniera sostanzialmente pacifica. La Chiesa ha uno scarso peso sociale e non viene avvertita come un pericolo per l'Impero. In effetti, i primi cristiani pensavano che il ritorno glorioso del Signore fosse imminente: presto il Signore sarebbe tornato e avrebbe instaurato il suo Regno. Di conseguenza l'ordine politico e sociale esistente era un fatto temporaneo: si poteva benissimo tollerarlo, a patto di non essere obbligati ad abbracciare la religione pagana. Man mano che la Chiesa si diffonde e si organizza, però, i pagani cominciano ad essere presi dal timore: "E se questi folli che parlano di un Regno che non è di questo mondo venissero a toglierci il nostro regno, le nostre tradizioni, la nostra cultura e le nostre usanze?". È proprio da questo timore che nascono le persecuzioni.
L'atteggiamento dei cristiani nei confronti dell'Impero che li perseguita è documentato in maniera esemplare dagli Atti dei martiri scillitani. Si tratta di sette uomini e cinque donne, arrestati a Scillium (Africa del nord) e portati a Cartagine, davanti al tribunale del proconsole Saturnino. Il loro processo si svolge il 17 luglio 180. Da questi Atti - che riprendono fondamentalmente il verbale del processo e sono dunque molto scarni e privi di orpelli retorici - ricaviamo tre indicazioni interessanti. In primo luogo i cristiani dichiarano la loro lealtà nei confronti dell'Impero e delle sue leggi: "Non abbiamo mai fatto nulla di male; non abbiamo mai insultato nessuno…: perchè noi obbediamo al nostro imperatore": afferma Sperato. Poco dopo aggiunge: "Io non ho rubato nulla e pago una tassa ogni volta che acquisto qualcosa". I cristiani, però, rifiutano lo stato, quando questi si pone come valore assoluto. In questa linea evidentemente non accettano di considerare l'imperatore alla stregua di un dio: "Onore a Cesare in quanto Cesare, ma timore solo verso Dio". In queste parole di Donata sentiamo risuonare il celebre detto di Gesù: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". " Narzalo, infine, che, dopo che il proconsole ha emesso la sentenza di morte, esprime il proprio rendimento di grazie a Dio: "Oggi stesso siamo martiri in cielo: grazie a Dio".

Le reazioni dei pagani di fronte al martirio dei cristiani oscillano tra disprezzo ed ammirazione. "I cristiani sono pieni di odio per il genere umano": scrive lo storico Tacito. Plinio il Giovane parla di "testardaggine" e di "ostinazione inflessibile" dei
martiri cristiani. L'imperatore Marco Aurelio è disgustato dall' "audacia volgare" con la quale i cristiani si precipitano verso la morte. Un disprezzo che certo nasce dall'incomprensione, ma che, in qualche caso, pare giustificato da alcuni atteggiamenti dei martiri stessi. Accanto al disprezzo troviamo però anche l'ammirazione nei confronti della fermezza dei martiri. Ammirazione che, in diversi casi, porta alla conversione alcuni pagani, testimoni della morte dei cristiani. Come scrive Tertulliano, "il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani". Dalla sofferenza dei martiri la Chiesa esce rinvigorita e rafforzata.

II. La svolta del IV secolo
1. La pace di Costantino e il culto dei martiri
Il IV secolo era cominciato male per il cristianesimo: tra il 303 ed il 304, l'imperatore
Diocleziano si era accanito contro il cristianesimo con una violenza senza precedenti.
Con Costantino si realizza l'impensabile: una religione fino ad allora maledetta
e vietata diventa religione non solo lecita, ma addirittura privilegiata. A partire dal 15 giugno 313, con l'editto di Milano, ai cristiani viene riconosciuta piena libertà di culto, mentre l'imperatore non nasconde le sue simpatie per il cristianesimo.
La pace raggiunta non fa dimenticare ai cristiani quei fratelli che hanno sparso il loro sangue per la fede. Al contrario, i cristiani sopravvissuti ripensano ai martiri con riconoscenza, fierezza e devozione. Così, a partire dal IV secolo, si sviluppa il culto dei martiri, che già in precedenza venivano venerati in maniera molto sobria. Due sono le fondamentali espressioni di questo culto, introdotte a partire dal IV secolo: la cura delle tombe dei martiri, sulle quali vengono edificate grandi basiliche; la celebrazione della festa del martire nel giorno anniversario della sua morte, cioè della sua "nascita al Cielo". Alcuni storici moderni affermano che il culto dei martiri ha sostituito il culto delle divinità pagane, venerate nelle diverse località. In questa tesi, c'è una parte di verità. Tuttavia vanno onestamente riconosciute le differenze che esistono tra la venerazione nei confronti di un martire ed il culto di una divinità pagana.
Differenze che i pastori della Chiesa non hanno mancato di richiamare con forza, come documenta questo testo di S. Agostino:

Per noi, i martiri non sono degli dei, perché noi sappiamo che lo stesso unico Dio è insieme nostro Dio e loro Dio… Ai nostri martiri noi non costruiamo dei templi, come fossero dei, ma delle tombe, in quanto sono dei mortali, il cui spirito ora vive con Dio. Noi non erigiamo degli altari per sacrificare ai martiri, ma al Dio unico dei martiri e nostro… " È a Dio, e non a loro, che viene offerto il sacrificio.

I martiri, quindi, non sono dei o semi-dei; sono semplici mortali, credenti che hanno ricevuto la grazia di morire per Cristo. Li veneriamo come nostri fratelli, coi quali siamo in comunione: la comunione che unisce i santi del Paradiso ed i fedeli ancora in cammino sulla terra.

2. I "successori" dei martiri
Con la fine delle persecuzioni, alcuni cristiani si pongono una domanda: "Come vivere il martirio dove non ci sono più persecuzioni? Come accogliere l'invito di Gesù a seguirlo portando la propria croce, adesso che non c'è più l'occasione di spargere il proprio sangue per Lui?". La nascita (o lo sviluppo) del monachesimo sono proprio il tentativo di dare risposta a questa domanda. La pazienza, la costanza e l'energia con cui i monaci perseverano nella loro scelta di vita fanno di loro dei "martiri viventi". Il martire, quindi, è e resterà nella Chiesa il santo per eccellenza. Il monachesimo e le altre forme di santità sono, in fondo, modi per vivere il martirio, dove non c'è più la persecuzione. In questa linea, ricordiamo l'idea, diffusa soprattutto in ambito irlandese, secondo cui si può parlare di tre forme di martirio: il martirio rosso, quello in senso proprio, caratterizzato dallo spargimento del sangue; il martirio bianco, quello di chi dedica la propria vita a Dio nell'ascesi e nella verginità; il martirio verde, vissuto mettendo in atto le opere penitenziali o il viaggio missionario per portare il vangelo in altri paesi.

III. Martiri di tutti i tempi
Con la pace del IV secolo, le persecuzioni diventano molto più rare, ma non scompaiono del tutto. Esse si ripropongono ogniqualvolta i cristiani vengono a trovarsi in minoranza. Questo accade soprattutto nei paesi conquistati dall'Islam o, in epoca più vicina a noi, negli stati governati da regimi dichiaratamente atei, che vogliono sradicare la fede ed imporre l'ateismo. Tuttavia, la maggior parte dei martiri venerati nella Chiesa dalla fine del Medioevo ad oggi appartengono alla storia delle missioni. Dalla Cina al Giappone, dal Vietnam all'India, dall'Oceania all'America del Nord, all'Africa, la lista dei missionari e dei cristiani indigeni massacrati per la fede cristiana è impressionante. In particolare, il Giappone nel XVII secolo ed il Vietnam nel XIX hanno dato più martiri di quanti non ne abbia dati la Chiesa dei primi tre secoli. Certamente in questi paesi le persecuzioni si scatenarono anche per una serie di motivi politici, economici e culturali. Questa considerazione impone molta cautela nel formulare
giudizi di carattere storico. Non si può comunque evitare di riconoscere come martiri migliaia di uomini e donne che accettarono di morire piuttosto che rinnegare la fede.

IV. Un messaggio per noi
Il messaggio per noi lo ricaviamo, ritornando al Nuovo Testamento, da cui ha preso le mosse la nostra corsa nella storia. Ci riferiamo ad un passo della prima lettera di Pietro, che probabilmente porta in sè gli echi della persecuzione di Nerone:

E chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene? E se anche dovreste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, nè vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male (1Pt 3,13-17).

Questo testo vuole rispondere alla domanda: "Come si comporta un cristiano nella persecuzione?". Certo oggi da noi non si può parlare di persecuzione contro chi crede. Però capita spesso che un credente si trovi in mezzo a persone che non condividono la sua fede e non lo capiscono. Raramente oggi da noi la fede è attaccata con violenza. Più spesso è considerata inutile, irrilevante, qualcosa di cui si può benissimo fare a meno. Così un credente, anche oggi da noi, può trovarsi a disagio. C'è anche oggi una sofferenza per la fede. Per questo le parole di Pietro sono rivolte anche a noi. Ne sottolineiamo tre.
"Se sarete ferventi nel bene, chi potrà farvi del male?". Se uno è fervente nel bene, niente potrà fargli veramente male. Anche la sofferenza che uno affronta nel fare il bene non porta sconforto, ma beatitudine: "Se anche dovreste soffrire per la giustizia, beati voi!". Parole assurde al di fuori di una logica di fede.
"Siate sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in voi". Il credente è sempre pronto a mostrare agli altri le ragioni, i motivi, i "perché" che sostengono la sua fede. E le ragioni che sostengono la fede dei credenti di oggi sono in fondo identiche a quelle che hanno sostenuto i martiri di ogni tempo nella professione della loro fede: Non possiamo vivere senza Cristo. A tutto possiamo rinunciare, ma non a Cristo. La fede in Lui vale più della vita stessa, perché una vita senza Cristo è vuota e senza senso.

"Questo sia fatto con dolcezza e rispetto". La professione della propria fede, anche di fronte a chi l'avversa, va fatta con dolcezza e rispetto. Chi si sente a disagio, chi si sente non capito, chi si vede attaccato facilmente è portato a reagire con violenza.
"Dolcezza e rispetto", raccomanda invece Pietro. Dolcezza e rispetto, che sono segni di forza vera. Non a caso, da S. Stefano in poi, il perdono dato ai persecutori è uno degli aspetti più caratteristici che accompagnano la morte dei martiri.

INTENZIONI DI PREGHIERA
APOSTOLATO DELLA PREGHIERA
ANNO 2012 - Febbraio

INTENZIONE GENERALE
"Perché tutti i popoli abbiano pieno accesso all'acqua e alle risorse necessarie al sostentamento quotidiano".

INTENZIONE MISSIONARIA
"Perché il Signore sostenga lo sforzo degli operatori sanitari delle regioni più povere nell'assistenza ai malati a agli anziani".

INTENZIONE DEI VESCOVI
"Perché ogni comunità investa le migliori energie per educare le nuove generazioni alla vita buona del Vangelo".
INTENZIONE MARIANA
Maria, formatrice di santi, ci aiuti a crescere ogni giorno in sapienza e grazia.

INTENZIONE PRO CLERO
Cuore di Gesù, fa' che la trasparenza di vita dei tuoi ministri sia offerta gradita al Padre.

PREGHIERA A GESU’
del Beato Giovanni Paolo II

Mane nobiscum, Domine! Come i due discepoli del Vangelo, ti imploriamo, Signore Gesù:
Rimani con noi! Tu, divino viandante, esperto sulle nostre strade e conoscitore del nostro cuore, non lasciarci prigionieri delle ombre della sera. Sostienici nella stanchezza, perdona i nostri peccati, orienta i nostri passi sulla via del bene. Benedici i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie, in particolare i malati. Benedici i sacerdoti e le persone consacrate. Benedici tutta l'umanità. Nell'Eucaristia ti sei fatto "farmaco d'immortalità": dacci il gusto della vita piena, che ci faccia camminare su questa terra come pellegrini fiduciosi e gioiosi,
guardando sempre al traguardo della vita che non ha fine. Rimani con noi, Signore! Rimani con noi! Amen

mercoledì 25 gennaio 2012

Un bel libro...





Pur essendo stata la prima nazione ad adottare il cristianesimo come religione di stato, verso il 301, l'Armenia e la storia della sua Chiesa sono oggi in gran parte sconosciute alla maggioranza dei cristiani. Terra di martiri e di croci, di monaci e di asceti, di copisti e di miniatori, teologi e maestri di spiritualità, l'Armenia è oggi una piccola repubblica a sud del Caucaso, nata di recente dalle ceneri dell'Unione Sovietica. Ma la sua Chiesa vanta una tradizione antichissima, una liturgia piena di fascino, una spiritualità originale e di grande spessore teologico. Questo manuale si presenta come un'introduzione ala storia, alle istituzioni, alla liturgia, agli autori e alle peculiarità teologiche di questa antica Chiesa orientale.
 
Il capitoletto più bello è quello sulla SPIRITUALITA' DELLA CROCE: una meditazione per il Venerdì di Quaresima!

venerdì 13 gennaio 2012

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani dal 18 al 25 gennaio





Come ogni anno, a partire dal 1968, si ripropone la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani dal 18 al 25 gennaio; il tema di quest’anno è stato concordato da un gruppo ecumenico polacco e porta al centro della vita cristiana: «Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore» (cfr. 1Cor 15,51-58).

Quest’anno la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è particolarmente significativa. Questo perché noi cattolici celebriamo il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, che attraverso il decreto “Unitatis redintegratio” ha dato nuovo impulso alla coscienza dell’importanza dell’ecumenismo, che ha come punto di partenza la preghiera di Gesù Cristo: “Perché tutti siano una cosa sola; come tu, o Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21).

Dal 18 al 25 gennaio tutti i cristiani sono invitati a intensificare le proprie preghiere per l’unità di quanti credono in Gesù Cristo. A questo appuntamento sono invitati tutti i fedeli delle varie confessioni cristiane che per il comune Battesimo e la stessa fede in Gesù Cristo Figlio di Dio, morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini, si riconoscono fratelli, figli dello stesso Padre Celeste.

L’apertura della Settimana sarà mercoledì 18 gennaio alle 18.30, con la Celebrazione ecumenica della Parola nella basilica di San Carlo al Corso (piazza S. Carlo) alla presenza del cardinale  Angelo Scola; la Settimana si conclude mercoledì 25, appuntamento alle 20.45 presso la Chiesa evangelica valdese (via Francesco Sforza 12) per una preghiera ecumenica accompagnata dalle corali di varie Chiese e un momento di convivialità “Canta, prega e condividi”.

Nella Zona V (Monza), sarà celebrata una liturgia delle Parola, martedì 24 gennaio, ore 21.00 presso il Duomo di Monza.


martedì 3 gennaio 2012

SANTISSIMO NOME DI GESÙ





Per celebrare questa festa, fu dapprima scelta la seconda domenica dopo l'Epifania, che ricorda il banchetto delle nozze di Cana. È nel giorno nuziale che la Sposa assume il nome dello Sposo, e questo nome d'ora in poi testimonierà che essa appartiene a lui. La Chiesa, volendo onorare con un culto speciale un nome per essa così prezioso, ne univa dunque il ricordo a quello delle Nozze divine. Oggi, essa riallaccia all'anniversario stesso del giorno in cui fu imposto, otto giorni dopo la nascita, la celebrazione di quell'augusto Nome.
L'antica alleanza aveva circondato il Nome di Dio di un profondo terrore: quel nome era per essa tanto formidabile quanto santo, e l'onore di proferirlo non spettava a tutti i figli d'Israele. Dio non era ancora stato visto sulla terra a conversare con gli uomini, non si era ancora fatto uomo lui stesso per unirsi alla nostra debole natura: non potevano dunque dargli quel Nome d'amore e di tenerezza che la Sposa dà allo Sposo.
Ma quando è giunta la pienezza dei tempi, quando il mistero d'amore è sul punto di apparire, scende innanzitutto dal cielo il Nome di Gesù, come un anticipo della presenza del Signore che deve portarlo. L'Arcangelo dice a Maria: "Gli imporrai il nome di Gesù"; ora Gesù vuoi dire Salvatore. Quanto sarà dolce a pronunziarsi, questo nome, per l'uomo che era perduto! Questo solo Nome quanto riavvicina già il cielo alla terra! Ve n'è forse uno più amabile o più potente? Se a questo divin Nome ogni ginocchio deve piegarsi in cielo, in terra e nell'inferno, vi è forse un cuore che non si commuova d'amore al sentirlo pronunciare? Ma lasciamo descrivere a san Bernardo la potenza e la dolcezza di questo Nome benedetto. Ecco come egli si esprime in proposito nel suo xv Sermone sul Cantico dei Cantici:
"Il Nome dello Sposo è luce, cibo, medicina. Esso illumina, quando lo si rende noto; nutre, quando vi si pensa in segreto; e quando lo si invoca nella tribolazione, procura la dolcezza e l'unzione. Percorriamo, di grazia, ognuna di tali qualità. Donde pensate che si sia potuto diffondere nell'universo intero la grande e improvvisa luce della Fede, se non dalla predicazione del Nome di Gesù? Non è forse per la luce di quel Nome benedetto che Dio ci ha chiamati alla sua stessa mirabile luce? Illuminati da essa, e vedendo in quella luce un'altra luce, sentiamo san Paolo che ci dice giustamente: Voi eravate una volta tenebre; ma ora siete luce nel Signore.
Ma il Nome di Gesù non è soltanto luce, è anche cibo. Non vi sentite dunque riconfortati ogni qual volta richiamate al vostro cuore quel dolce Nome? Che altro c'è al mondo che nutra tanto la mente di colui che Lo pensa? Che cos'è che, allo stesso modo, ristori i sensi indeboliti, dia energia alle virtù, faccia fiorire i buoni costumi e mantenga gli onesti e casti affetti? Ogni cibo dell'anima è arido se non è imbevuto di quest'olio, è insipido se non è condito con questo sale.
Quando voi mi scrivete, il vostro dire non ha per me alcun sapore, se non vi leggo il Nome di Gesù. Quando discutete o parlate con me, tutto il vostro discorso non ha per me alcun interesse se non vi sento risonare il Nome di Gesù. Gesù è miele alla mia bocca, melodia al mio orecchio, giubilo al mio cuore; ed oltre a questo, una medicina benefica. Qualcuno di voi è triste? Che Gesù venga nel suo cuore, passi di qui nella sua bocca, e subito, alla venuta del Nome divino che è vera luce, scompare ogni nube, e torna il sereno. Qualcuno cade nel peccato oppure incorre, disperando, nei lacci della morte? Se invoca il Nome di Gesù, non comincerà subito a respirare e a vivere nuovamente? Chi mai restò nell'indurimento del cuore come fanno tanti altri; o nel torpore delle gozzoviglie, nel rancore o nel languore del tedio? Chi mai, avendo in sé esaurito la sorgente delle lacrime, non l'ha sentita d'improvviso scorrere più abbondante e più soave, appena è stato invocato Gesù? Qual è quell'uomo che, timoroso e preoccupato in mezzo ai pericoli, invocando quel Nome di forza non abbia sentito subito nascere in sé la fiducia e svanire la paura? Chi è colui, vi chiedo, che sbattuto e vacillante in balia dei dubbi, non ha all'istante - lo dico senza esitare - visto risplendere la certezza all'invocazione di un Nome così luminoso? Chi, nell'avversità, mentre era in preda alla sfiducia, non ha ripreso coraggio al suono di quel Nome di valido aiuto? Sono queste infatti le malattie e i languori dell'anima ed esso ne è il rimedio.
Certamente, e posso provarvelo con quelle parole: Invocami, dice il Signore, nel giorno della tribolazione, e io ti libererò, e tu mi onorerai. Nulla al mondo arresta così decisamente l'impetuosità dell'ira e riduce ugualmente la gonfiezza della superbia. Nulla guarisce così perfettamente le piaghe della tristezza, comprime le irruenze della dissolutezza, spegne la fiamma della cupidigia, estingue la sete dell'avarizia, e distrugge tutti gli stimoli delle passioni disoneste. In verità, quando io nomino Gesù, ho davanti un uomo dolce e umile di cuore, benigno, sobrio, casto, misericordioso, in una parola splendente di ogni purezza e santità. È lo stesso Dio onnipotente che mi guarisce con il suo esempio, e mi rinforza con la sua assistenza. Tutte queste cose echeggiano nel mio cuore quando sento risuonare il Nome di Gesù. Così, in quanto è uomo, io ne ricavo degli esempi per imitarli, e in quanto è l'Onnipotente, ne ricavo un sicuro aiuto. Mi servo di quegli esempi come di erbe medicinali, e dell'aiuto come d'uno strumento per tritarle, e ne faccio così una mistura tale che nessun medico potrebbe farne una simile.
O anima mia, tu hai un antidoto eccellente, nascosto come in un vaso, nel Nome di Gesù! Gesù, infatti è un nome salutare e un rimedio che non risulterà mai inefficace per nessuna malattia. Che esso sia sempre nel tuo cuore, e nella tua mano: di modo che tutti i tuoi sentimenti e tutti i tuoi atti siano diretti verso Gesù".
Questa è dunque la forza e la soavità del santissimo Nome di Gesù, che fu imposto all'Emmanuele il giorno della sua Circoncisione; ma, siccome il giorno dell'Ottava di Natale è già consacra a celebrare la divina Maternità, e il mistero del Nome dell'Agnello richiedeva solo per sé una propria solennità, è stata, istituita la festa di oggi. Il suo primo promotore fu nel XV secolo, san Bernardino da Siena, che stabilì e propagò l'usanza di rappresentare, circondato di raggi, il santo Nome di Gesù ridotto alle sue prime tre lettere JHS, riunite in monogramma. Questa devozione si diffuse rapidamente in Italia, e fu incoraggiata dall'illustre san Giovanni da Capistrano, dell'Ordine dei Frati Minori al pari di san Bernardino da Siena. La Santa Sede approvò solennemente tale omaggio al Nome del Salvatore degli uomini, e nei primi anni del XVI secolo Clemente VII, dopo lunghe istanze, accordò a tutto l'Ordine di san Francesco il privilegio di celebrare una festa speciale in onore del santissimo Nome di Gesù.
Roma estese successivamente questo favore a diverse Chiese ma doveva venire il momento in cui ne sarebbe stato arricchito lo stesso Ciclo universale. Fu nel 1721, dietro richiesta di Carlo VI imperatore di Germania, che il Papa Innocenzo XIII decretò che la festa del santissimo Nome di Gesù fosse celebrata in tutta la chiesa, e la fissò allora alla seconda Domenica dopo l'Epifania.

EPISTOLA (At 4,8-12). - In quei giorni; Pietro ripieno di Spirito Santo, disse: Capi del popolo, ed anziani, ascoltate: Giacché oggi siamo interrogati sul beneficio fatto ad un malato, affin di sapere in qual modo questo sia guarito, sia noto a voi tutti, e a tutto il popolo d'Israele, come in nome del Signor nostro Gesù Cristo Nazareno che voi crocifiggeste e Dio risuscitò da morte, in virtù di questo nome costui è salvo dinanzi a voi. Questa è la pietra riprovata da voi, costruttori, la quale è divenuta la pietra angolare. Ne c'è in altro salvezza. E non v'è altro nome Sotto il cielo dato agli uomini in virtù del quale possiamo salvarci.

Lo sappiamo, o Gesù: nessun altro nome fuorché il tuo poteva darci la salvezza. Quel nome infatti significa Salvatore. Sii benedetto per esserti degnato di accettarlo; sii benedetto per averci salvati! Tu appartieni al cielo, e assumi un nome della terra, un nome che può pronunciare una bocca mortale: unisci dunque per sempre la natura divina e quella umana. Rendiamoci degni di tale alleanza, e facciamo in modo che non ci avvenga mai di romperla.

VANGELO (Lc 2, 2-1). - In quel tempo: Come passarono gli otto giorni per la circoncisione del fanciullo, gli fu posto nome Gesù, com'era stato chiamato dall'Angelo prima che nel seno materno fosse concepito.

È nel momento della prima effusione del tuo sangue nella Circoncisione, o Gesù, che hai ricevuto il tuo Nome; e doveva essere così, poiché quel nome significa Salvatore, e noi non potevamo essere salvati che dal tuo sangue. Quella felice alleanza che tu vieni a stringere con noi ti costerà un giorno la vita, l'anello nuziale che imporrai alla nostra mano mortale sarà immerso nel tuo sangue, e la nostra vita immortale sarà il prezzo della tua morte crudele. Il tuo Nome santo ci dice tutte queste cose, o Gesù, o Salvatore! Tu sei la Vite, e c'inviti a bere il tuo Vino generoso, ma il celeste grappolo sarà duramente spremuto nel frantoio della giustizia del Padre celeste, e potremo inebriarci del suo divino liquore solo dopo che sarà stato violentemente staccato dal ceppo e frantumato. Che il tuo nome santo, o Emmanuele, ci richiami sempre alla mente questo sublime mistero, il suo ricordo ci preservi dal peccato e ci renda sempre fedeli!

PREGHIAMO
O Dio, che hai costituito il tuo Figlio Unigenito Salvatore del genere umano, ed hai voluto che fosse chiamato Gesù, concedici propizio di godere nel cielo la vista di Colui, del quale in terra veneriamo il santo Nome.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 183-187
FONTE: http://www.unavoce-ve.it/pg-natale-ssnome.htm

domenica 1 gennaio 2012

S. Madre di Dio


Madre di Dio Orante*


La liturgia odierna propone il seguente brano evangelico:

“In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo”. (Lc 2,21)

La circoncisione di Gesù è un evento narrato dal Vangelo secondo Luca (2,21): otto giorni dopo la sua nascita, Gesù venne circonciso secondo la prassi ebraica.

“Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te...sia circonciso tra di voi ogni maschio”. (Gen 17,7.10)

Il gesto della circoncisone è un gesto di appartenenza (presente ancora tra gli ebrei e i mussulmani), ma per noi è un gesto superato nella prassi cultuale.

Potremmo dire con San Paolo ai Galati: “Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura”. (Gal 6,15)

Iniziamo questo nuovo anno desiderando di essere nuova creatura.
Qual è la novità cristiana?
Molte sono levità cultuali e culturali che l’evento cristiano porto nel suo diffondersi. Certo bisogna chiedersi quali sono e se ci sono ancora dove si vedono.

La più sorprendente e scontata novità cristiana è che noi siamo figli e non più schiavi, così ci ricorda la II lettura.

Iniziare un nuovo anno vivendo la libertà cristiana: obbedienza nell’amore. Ecco la libertà che ci propone il Bambino che nasce a Betlemme.

Ecco la prima novità da riscoprire in questo nuovo anno. Segno della nostra vera appartenenza al Padre.

Difatti afferma il Santo Padre Benedetto XVI nel suo messaggio del 1 gennaio, Giornata della Pace:

“Il retto uso della libertà è dunque centrale nella promozione della giustizia e della pace, che richiedono il rispetto per se stessi e per l’altro, anche se lontano dal proprio modo di essere e di vivere”.

Madre di Dio del Segno

Prima di concludere, due parole sulla solennità di Maria Santissima Madre di Dio, che è la festa per eccellenza del rito romano al 1 gennaio.

Il Martirologio Romano, difatti al 1 gennaio afferma: “Nell’ottava del Natale del Signore e nel giorno della sua Circoncisione, solennità della santa Madre di Dio, Maria: i Padri del Concilio di Efeso l’acclamarono Theotókos, perché da lei il Verbo prese la carne e il Figlio di Dio abitò in mezzo agli uomini, principe della pace, a cui fu dato il Nome che è al di sopra di ogni nome”.

È la vittoria al Concilio di Efeso (431), in cui si era sancito solennemente una verità tanto cara al popolo cristiano: Maria è vera Madre di Dio.
Questa festa fu la vittoria dottrinale su Nestorio che aveva osato dichiarare: "Dio ha dunque una madre? Allora non condanniamo la mitologia greca, che attribuisce una madre agli dèi".
San Cirillo di Alessandria combattendo Nestorio, si oppone all'espressione di «Maria madre di Cristo» e sostiene quella di «Maria madre di Dio» perché equivale ad affermare che in Cristo è una sola persona, quella del Figlio di Dio:

«Siccome la Vergine generò secondo la carne Dio unito personalmente alla carne, diciamo che ella è madre di Dio, non nel senso che la natura del Verbo prese dalla carne l'inizio della sua esistenza ma nel senso che, avendo il Verbo assunto personalmente la natura umana, accettò di essere generato dal suo seno secondo la carne».

Le due nature, divina e umana, sono in Cristo indipendenti e non confuse in una sola persona divina: allora, possono predicarsi della persona divina di Cristo tutte le proprietà della natura umana e dire anche che Dio nasce, patisce e muore. Se dunque si può dire che Dio nasce, allora Maria è madre di Dio.

Dopo il tema della libertà, la liturgia odierna ci richiama all’unità intorno alla persona di Cristo, vero Dio e vero Uomo.

E come la Madre di Dio, dice il Vangelo odierno: “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”, anche noi dobbiamo ricordarci di fare unità del nostro cuore intorno alla Parola che è Gesù.

Il nostro cuore ha bisogno di un custode per essere libero.
La Madre di Dio interceda per noi affinché in Cristo nostra libertà e custode del nostro cuore possiamo iniziare questo nuovo anno.
Concludo con un la conclusione del Messaggio del Papa per la 45 Giornata della Pace:

“Di fronte alla difficile sfida di percorrere le vie della giustizia e della pace possiamo essere tentati di chiederci, come il Salmista: «Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?» (Sal 121,1).

A tutti, in particolare ai giovani, voglio dire con forza: «Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero… il volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?». L’amore si compiace della verità, è la forza che rende capaci di impegnarsi per la verità, per la giustizia, per la pace, perché tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (cfr 1 Cor 13,1-13).

(…) Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. Non abbiate paura di impegnarvi, di affrontare la fatica e il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e dedizione. Vivete con fiducia …

La pace non è un bene già raggiunto, ma una meta a cui tutti e ciascuno dobbiamo aspirare. Guardiamo con maggiore speranza al futuro, incoraggiamoci a vicenda nel nostro cammino, lavoriamo per dare al nostro mondo un volto più umano e fraterno, e sentiamoci uniti nella responsabilità verso le giovani generazioni presenti e future, in particolare nell’educarle ad essere pacifiche e artefici di pace.


SPERO PER TUTTI NOI UN SANTO
 (forse non del tutto felice!) 2012



* Fonte: DIOMEDIARTE

sabato 31 dicembre 2011

I Santi del Giorno, secondo il Calendario della Chiesa Ambrosiana di rito romano




31 dicembre
SAN SILVESTRO I, papa

Silvestro, vissuto nell’epoca di passaggio fra le ultime persecuzioni e l’era di pace inaugurata dall’imperatore Costantino, fu per vent’anni vescovo di Roma (314-335). Sotto il suo pontificato si celebrò il grande Concilio Ecumenico di Nicea (325), che proclamò contro l’eresia ariana la fede nella divinità di Cristo, Verbo consustanziale al Padre. Organizzatore della vita ecclesiastica romana, promosse la costruzione delle prime grandi basiliche. La sua deposizione il 31 dicembre nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria è ricordata nella «Depositio Episcoporum» (354).

(dal PROPRIO DEI SANTI della Chiesa di Milano secondo il rito romano)

Martirologio Romano, 31 dicembre: San Silvestro I, papa, che per molti anni resse con saggezza la Chiesa, nel tempo in cui l’imperatore Costantino costruì le venerande basiliche e il Concilio di Nicea acclamò Cristo Figlio di Dio. In questo giorno il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero di Priscilla.

venerdì 30 dicembre 2011

I Santi del Giorno, secondo il Calendario della Chiesa Ambrosiana di rito romano




30 dicembre
SANTA FAMIGLIA di GESÙ, MARIA e GIUSEPPE
FESTA

Si celebra in questo giorno quando non ricorre una domenica fra l’ottava di Natale.

(dal PROPRIO DEI SANTI della Chiesa di Milano secondo il rito romano)

Martirologio Romano, 30 dicembre: Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, esempio santissimo per le famiglie cristiane che ne invocano il necessario aiuto.

giovedì 29 dicembre 2011

I Santi del Giorno, secondo il Calendario della Chiesa Ambrosiana di rito romano





29 dicembre
SAN TOMMASO BECKET
vescovo e martire

Tommaso (Londra, Inghilterra c. 1118 – Canterbury, 29 dicembre 1170), uomo di grande tempra morale e di governo, divenne cancelliere del re Enrico II e poi arcivescovo di Canterbury (1162). Strenuo difensore della libertà della Chiesa contro le ingerenze del potere civile, soffrì molte prove e fu esiliato in Francia per sei anni. Tornato in patria subì il martirio nella sua stessa cattedrale.

(dal PROPRIO DEI SANTI della Chiesa di Milano secondo il rito romano)

Martirologio Romano, 29 dicembre: San Tommaso Beckett, vescovo e martire, che per avere difeso la giustizia e la Chiesa fu costretto all’esilio dalla sua sede di Canterbury e dal regno stesso d’Inghilterra e, tornato in patria dopo sei anni, patì ancora molto, finché passò a Cristo, trafitto con la spada dalle guardie del re Enrico II nella cattedrale.

mercoledì 28 dicembre 2011

I Santi del Giorno, secondo il Calendario della Chiesa Ambrosiana di rito romano





28 dicembre
SANTI INNOCENTI MARTIRI
FESTA

Gli innocenti che rendono testimonianza a Cristo non con le parole, ma con il sangue, ci ricordano che il martirio è dono gratuito del Signore. Le vittime immolate dalla ferocia di Erode appartengono, insieme a santo Stefano e all’evangelista Giovanni, al corteo del Re messianico e ricordano l’eminente dignità dei bambini nella Chiesa. La loro memoria il 28 dicembre è ricordata nel martirologio geronimiano (sec. VI).

(dal PROPRIO DEI SANTI della Chiesa di Milano secondo il rito romano)

Martirologio Romano, 28 dicembre: Festa dei santi Innocenti martiri, i bambini che a Betlemme di Giuda furono uccisi dall’empio re Erode, perché insieme ad essi morisse il bambino Gesù che i Magi avevano adorato, onorati come martiri fin dai primi secoli e primizia di tutti coloro che avrebbero versato il loro sangue per Dio e per l’Agnello.

PIO TRANSITO di San Gaspare del Bufalo




Martirologio Romano, 28 dicembre: A Roma, san Gaspare del Bufalo, sacerdote, che lottò strenuamente per la libertà della chiesa e, anche in carcere, non smise mai la sua opera di conversione dei peccatori alla retta via, in particolare attraverso la devozione al Preziosissimo Sangue di Cristo, in cui onore intitolò le Congregazioni dei Missionari e delle Suore da lui fondate.