domenica 29 marzo 2020

Chi avrà fede in me, non morirà mai, e vivrà in eterno!


Catacomba dei Santi Pietro e Marcellino - Roma 


Lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi
Questa affermazione dell’Apostolo si collega alla prima lettura dove abbiamo ascoltato: Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; ma anche alla quella potente frase del Vangelo di Giovanni: Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!».
La mente va al ricordo della mia infanzia-giovinezza quando tutti in quel tempo vedevano il film di Zeffirelli: Gesù di Nazareth. Chi può dimenticarsi la scena della resurrezione di Lazzaro: il sottofondo musicale, il grido di Gesù e il morto che esce ritto dal sepolcro.
Chi avrà fede in me, non morirà mai, e vivrà in eterno.
Sono queste le parole che Zeffirelli fa pronunciare a Gesù a conclusione della resurrezione di Lazzaro.
In questa domenica – dentro questo tempo di emergenza sanitaria – siamo profondamente richiamati al tema della vita come un dono che è nelle nostre mani, a come viviamo, a come si muore, ma anche forse, lo si pensa meno, alla vita eterna.
Mi viene spesso in mente la frase uno dei martiri di Tibhirine, P. Christian: Se mi capitasse un giorno … vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese.
La vita è un dono, la vita è donata per un bene che è più grande della vita stessa.
In questo tempo posso ricordare a me stesso che la mia vita è un dono, e che la vita è pienamente vita, se donata?
Sono riconoscente per il dono della vita?
So vivere la mia vita in un continuano donarmi a Dio e ai miei fratelli e sorelle che il Signore pone sul mio cammino?

… voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio.

Amen.


Devozioni "fai-da-te", tra lecito e l'illecito, degli ortodossi!




A causa della crescente incidenza di pellegrinaggi del clero e dei laici di molte diocesi della nostra Chiesa nella città di Chebarkul per venerare il cosiddetto "giovane Vyacheslav di Chebarkul", con questo rapporto ricordiamo a tutti che la persona non è né canonizzata dalla Chiesa ortodossa russa, né riconosciuta a livello locale. Il culto del "giovane, Vyacheslav" è auto-inventato, contiene elementi di superstizione ordinaria, attacchi blasfemi sull'insegnamento della Chiesa ed è permeato da un gruppo di individui con mentalità anticristiana.

Così esprime il Metropolita Job (Tyvonyuk) di Chelyabinsk e Zlatoust, dopo l’inchiesta per introdurre la canonizzazione.
È un culto popolare alla stessa stregua di Difunte Correa o di Alberto Gonella.

Vyacheslav o Venceslao è un bambino di 10 anni morto di leucemia nel 1993.

Sulla sua tomba fu costruita una piccola cappella coperta di icone, inclusa persino un'icona di Vyacheslav come santo. I pellegrini di tutta la Russia visitano il paese, così come i monaci del Monte Athos. Pregano nella sua cappella e un akathist è stato composto in suo onore.

Le devozioni "fai-da-te", tra lecito e l'illecito, non ci sono tra i cattolici, ma anche nella Chiesa Ortodossa, solo che, nel caso di Vyacheslav Krasheninnikov, la questione è più complicata perché la presenza del monachesimo dell’Athos, dell’inno proprio (come anche per Alberto Gonella, ma però questo è un akathist) e, gulp!, un’icona (“scritta” solo nella canonizzazioni), rende il caso trasbordante, tra Chiesa che censura e Chiesa che approva.

FONTE: vedi

sabato 28 marzo 2020

604 anni dalla nascita: Francesco da Paola


27 marzo 1416 – 27 marzo 2020: 604 anni dalla nascita



La sua vita fu avvolta in un'aura di soprannaturale dalla nascita alla morte. Nacque a Paola (Cosenza) nel 1416 da genitori in età avanzata devoti di san Francesco, che proprio all'intercessione del santo di Assisi attribuirono la nascita del loro bambino. Di qui il nome e la decisione di indirizzarlo alla vita religiosa nell'ordine francescano. Dopo un anno di prova, tuttavia, il giovane lasciò il convento e proseguì la sua ricerca vocazionale con viaggi e pellegrinaggi. Scelse infine la vita eremitica e si ritirò a Paola in un territorio di proprietà della famiglia. Qui si dedicò alla contemplazione e alle mortificazioni corporali, suscitando stupore e ammirazione tra i concittadini. Ben presto iniziarono ad affluire al suo eremo molte persone desiderose di porsi sotto la sua guida spirituale. Seguirono la fondazione di numerosi eremi e la nascita della congregazione eremitica paolana detta anche Ordine dei Minimi. La sua approvazione fu agevolata dalla grande fama di taumaturgo di Francesco che operava prodigi a favore di tutti, in particolare dei poveri e degli oppressi. Lo stupore per i miracoli giunse fino in Francia, alla corte di Luigi XI, allora infermo. Il re chiese al papa Sisto IV di far arrivare l'eremita paolano al suo capezzale. L'obbedienza prestata dal solitario costretto ad abbandonare l'eremo per trasferirsi a corte fu gravosa ma feconda. Luigi XI non ottenne la guarigione, Francesco fu tuttavia ben voluto ed avviò un periodo di rapporti favorevoli tra il papato e la corte francese. Nei 25 anni che restò in Francia egli rimase un uomo di Dio, un riformatore della vita religiosa. Morì nei pressi di Tours il 2 aprile 1507.



Signore Gesù, 

nell'opera di S. Francesco di Paola,
hai glorificato il tuo nome:
fin dalla sua nascita in questa terra
eleggendolo ad essere strumento 
della Tua bontà e della Tua giustizia;
operando per sua intercessione 
prodigi a beneficio di quei cristiani
che con viva fede ricorrevano alle sue preghiere.
Deh! Mostra la tua Misericordia ai devoti
di San Francesco da Paola
che implorano la sua intercessione,
Ti supplichiamo, Gesù, abbi pietà di noi.
Pater, Ave e Gloria.



venerdì 27 marzo 2020

16 agosto: S. Serena



Si ritiene che Foglia fosse il luogo di ritiro di Santa Serena, moglie dell’imperatore Diocleziano, e si racconta come il suo corpo fosse stato rinvenuto dalla famiglia Savelli che ancora oggi si venera nella chiesa a lei dedicata. Santa Serena è festeggiata la prima domenica di luglio
Restaurata nel 1579, conserva una notevole tela firmata da Sebastiano Conca, rappresentante la Madonna del Rosario.
Sotto l’altare della cappella dedicata alla santa, vi è come da iscrizione, il corpo di S. Isterio donato da mons. Giacomo Gregorio De Rossi.
Serena, sarebbe stata la consorte dello stesso Imperatore Diocleziano. L'idea che la stessa consorte dell'Imperatore Diocleziano fosse cristiana è piuttosto suggestiva.
Alla fine dei III secolo, il Cristianesimo si era largamente diffuso, a Roma, in tutti gli strati della popolazione, non esclusa la più antica aristocrazia e la stessa famiglia imperiale. Gli storici conoscono il nome della vera moglie dell'Imperatore Diocleziano, che si chiamava Prisca, e che ebbe una figlia, di nome Valeria.
Sanno anche come, al tempo della persecuzione, la stessa moglie e la stessa figlia dell'Imperatore venissero obbligate a sacrificare agli dei, confermandosi così estranee ad ogni sospetto di essere cristiane, con un gesto che ebbe probabilmente grande efficacia propagandistica, proprio per la posizione occupata dalle due donne, al vertice della piramide amministrativa dell'Impero.

Chi è Santa Serena, la creduta moglie cristiana dell'Imperatore, patrona di Foglia?
La tradizione e la leggenda narra che Serena sarebbe stata la prima moglie di Diocleziano, prima che questi giungesse all'altissima carica. Cristiana convinta e cosciente, quando il marito seppe della sua fede, non esitò a ripudiarla, temendo forse che la presenza di una cristiana al suo fianco pregiudicasse la sua carriera politica.
Più tardi, la ripudiata consorte dell'Imperatore avrebbe testimoniato la propria fede con il sangue: probabilmente proprio nella persecuzione scatenata dal suo ex marito, attraverso la quale, invece, passarono incolumi e insospettate la figlia Valeria e la moglie seconda, Prisca. Santa Serena, martire del III secolo era elencata nel Martyrologium Romanum antico, già inserita da Adone, al 16 agosto: Romae sanctae Serenae, uxoris quondam Diocletiani Augusti. (A Roma, San Serena, che fu la moglie dell'imperatore Diocleziano).
Come si nota: il Martirologio non afferma il martirio di Serena.
Altra fonte sono i leggendari atti di San Marcello e di Santa Susanna si narra che Santa Serena intervenne per difendere i cristiani.
Santa Susanna, oriunda della Dalmazia, era una nobile romana figlia del sacerdote Gabinio e nipote del papa Caio, cugini dell'imperatore Diocleziano. Convertitasi al cristianesimo, come il padre e lo zio, si consacrò a Dio offrendogli la propria verginità. Diocleziano per legare maggiormente a sé il figlio adottivo Galerio Massimiano, gliela promise in moglie. Serena, moglie di Diocleziano, che aveva segretamente abbracciato la fede cristiana, confortò Susanna nel suo santo proposito di verginità. Diocleziano allora, adirato, obbligò la santa vergine ad adorare un simulacro di Giove, ma al suo rifiuto la fece decapitare nella sua stessa casa.
Secondo altre fonti, leggendarie, Serena non morì martire (come anche afferma il Martirologio!), ma terminò i giorni suoi a Foglia, oggi frazione di Magliano in Sabina. Stando ad una antica tradizione, sopravvissuta tra realtà e leggenda, a Foglia sarebbe vissuta in esilio Santa Serena, da sempre patrona del paese.
Nel libro del Palmegiani "Rieti e la Regione Sabina" (1932) si legge: "si ritiene che Foglia fosse il luogo di ritiro di Santa Serena moglie dell'imperatore Diocelziano, e si racconta come dalla famiglia Savelli, fosse rinvenuto il corpo di costei, parte del quale corpo è appunto colà venerato, nella chiesa a Santa Serena dedicata".
Nella stessa chiesa, restaurata nel 1579, sotto l'altare della cappella dedicata a Santa Serena c'è anche il corpo di Sant'Isterio donato da monsignor Giacomo Gregorio De Rossi.
Il castrum di Foglia è da sempre considerato l'eremo di Santa Serena. Negli atti della visita pastorale del Cardinale Andrea Corsini nella Diocesi Sabina (1779-82), nella descrizione della chiesa parrocchiale di Foglia troviamo scritto:
"il secondo altare, ornato con cherubini in stucco, è dedicato a S. Serena che è venerata mediante una statua in stucco e una pala che illustra le fasi del suo martirio".
Negli atti della visita pastorale del Cardinale Odescalchi nella Diocesi Sabina, nella descrizione della parrocchiale di Foglia troviamo scritto:
"la chiesa parrocchiale è dedicata alla Madonna Assunta e risulta in buono stato. Ha cinque altari: altare maggiore dedicato all'Assunta è di proprietà del comune. A cornu evangelii: altare di S. Serena e della Madonna del Rosario di appartenenza delle rispettive compagnie. A cornu epistulae; altare di S. Antonio di proprietà della famiglia Canali di Rieti e altare della Madonna del Carmine ceduto da mons. Spolverini, nella visita del 1829, alla suddetta famiglia. Vi si conserva in un'urna d'argento il corpo di S. Serena, che fu asportato nel 1798 dai Francesi, che profanarono le altre reliquie della santa gettandole in mezzo alla chiesa. Attualmente sono nuovamente venerate in un'urna".
Mons. Canali, suffraganeo dell'Odescalchi, arrivò a Foglia il 5 maggio 1836 alle ore 13 e 30, ad attenderlo altri due preti convisitatori. Il Canali si trattenne fino alla sera del 7 maggio quando partì per Poggio Sommavilla. Al tempo di questa visita pastorale a Foglia, che aveva una popolazione di 40 persone, c'erano le seguenti congregazioni laicali: Confraternita di S. Serena, Confraternita del SS. Sacramento e Confraternita della Madonna del Rosario. Nel 1817 invece Foglia aveva 109 abitanti. Nel 1853 contava appena 89 anime suddivise in 18 famiglie che occupavano 18 abitazioni sotto la chiesa parrocchiale della SS. Assunta e di Santa Serena, la cui festa si celebrava il 16 agosto.

Da questo cosa si deduce?
Che la Santa in questione è da molto tempo venerata a Foglia di Magliano Sabina (RI), ma visto la confusione storica, il supporto solo della leggenda, l’iconografica confusa (martire o no: lo testimoniano anche le visite pastorali!), è da ritenersi: per quando riguarda le reliquie una martire della riscoperta delle catacombe o necropoli cristiane (a supporto anche il corpo di S. Isterio donato da monsignor Giacomo Gregorio De Rossi!), e per quando riguarda il simulacro la leggendaria sposa di Diocleziano, che però – visto la non storicità - non è più commemorata nell’odierno Martirologio Romano.

giovedì 26 marzo 2020

Tre in uno!



Santino curioso: iconografia di S. Stefano (un classico), simboli di S. Lorenzo (anche se in alcuni casi S. Vincenzo ha graticola!) e scritta S. Vincenzo, tre diaconi martiri in uno.

Quanto ho incontrato questo errore iconografico ho subito sorriso, ripensando all’articolo del Sig. Giovanni Mascia, che ricordavo di aver letto su S. Mercurio.

Avevo già trattato di questa questione: cioè dell'usare l'iconografia per santi simili, quindi nulla da aggiungere, è solo un'altro caso, ma sono molti soprattutto dei santini "disegnati".

martedì 24 marzo 2020

Il miracolo di San Calogero nel Vibonese



A San Calogero (VV), la santa genovese Paola Frassinetti è venerata il 7 agosto.
Perché? Chi è Santa Paola?

Il 3 Marzo 1809, giorno della sua nascita, Paola Frassinetti è figlia di Dio. Riceve, infatti, il Battesimo nella Parrocchia di Santo Stefano in Genova sua città natale.
Terzogenita dopo Giuseppe e Francesco, Paola cresce serena nella casa paterna che, in seguito viene allietata dalla nascita di Giovanni e Raffaele. La mamma è il suo più chiaro esempio di virtù e la piccola si apre delicatamente alla grazia divina che opera in lei meraviglie secondo il piano di Dio. La buona Angela non farà in tempo a vedere i progetti del Signore sulla sua figliola. Morirà, infatti, lasciando Paola, ancora nell'età dei giochi, ad accudire la casa. Sono giorni di smarrimento e di dolore... Paola ha nove anni! Non si risparmia davvero e ha per il padre Giovanni Battista e per i fratelli amorose, delicate attenzioni che le richiedono non poche rinunce e sacrifici.
La sua prima Comunione e il Sacerdozio del fratello Giuseppe sono momenti di riflessione profonda per lei che già sente nel cuore le attrattive divine. Apprende in famiglia a leggere e a scrivere e riceve le basi della sua formazione.
Il fratello Giuseppe, ormai avanti negli studi di Teologia, le parla delle cose di Dio e Paola ascolta e accoglie la parola che scende nel suo cuore. Avverte la chiamata a seguire più da vicino il Signore e in lei risuonano profondamente le parole del Maestro: " Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me".
Ma... c'è un ma! Il babbo non è entusiasta: come fare senza la sua Paolina?
E Paola si obbliga a far tacere quel desiderio aspettando l'ora di Dio. E l'occasione viene.
A 19 anni ha un momento di stanchezza nel suo stressante ritmo di vita di precoce madre di famiglia e il fratello Don Giuseppe, parroco di un villaggio della riviera Ligure, la ospita per qualche tempo. L'aria pura di Quinto è un buon farmaco per la sua salute delicata. La vita della Parrocchia è palestra di bene per lei che, a poco a poco, con la sua cordiale affabilità attira le giovani di quella borgata. Tutte le domeniche vanno nei boschi a parlare di Dio. Gli incontri si ripetono sovente e il dialogo si apre ad altre giovanette. Paola svela loro il segreto di una vita tutta per il Signore e scopre le sue attitudini e la sua vocazione di educatrice. Intorno a lei si costruisce un gruppo impegnato che vive in comunione d'amore. Nella sua mente si fa chiara l'idea di un nuovo Istituto: si confida con il fratello Don Giuseppe.
Presto, nonostante gli ostacoli e le sofferenze, l'ideale sarà una realtà. Sono sei le compagne che supereranno i primi I momenti tanto difficili. Paola è decisa. Nel segno della croce ha inizio la sua opera, quella croce che ella amerà j per tutta la vita e la farà esclamare: " Chi più si sacrifica, più ama ". Così il 12 agosto 1834, nel santuario di S. Martino in Albaro, sette giovani offrono a Dio la loro vita. La Messa è celebrata dal fratello Don Giuseppe che le aveva preparate a quel passo così importante. Sono felici; di lì a qualche ora avrebbero posto la prima pietra del loro Istituto, avrebbero cominciato a vivere in comunità, ancorandosi all'unica ricchezza: Gesù Cristo. Infatti non hanno niente, sono povere nella casetta di Quinto che hanno scelto come loro prima dimora. Aprono una scuola per fanciulle poverissime e così devono lavorare anche di notte per sopravvivere. L'entusiasmo non manca e di qui i primi successi della scuola. Ma le vie del Signore non sono le nostre vie: le sofferenze rappresentano per Paola la prova della volontà di Dio. Il colera dilaga a Genova e le sue figlie sono sulla breccia per portare aiuto e conforto.
Nel 1835 un sacerdote bergamasco - Don Luca Passi, amico di Don Giuseppe - conosciuto l'ardore apostolico di Paola, le propone di assumere nel suo Istituto la Pia Opera di Santa Dorotea da lui fondata con lo scopo di raggiungere, nel suo ambiente di lavoro e di vita, le giovani più povere e bisognose. Paola ritrova nell'originalità dell'opera la sua linea educativa e la dimensione apostolica della sua consacrazione e non esita ad inserirla nelle attività del suo Istituto. Le sue suore non si chiameranno più " Figlie di Santa Fede " ma Suore di Santa Dorotea. E' un momento importante per la vita di quella prima comunità che vede concretizzarsi la primigenia ispirazione: " Essere pienamente disponibili nelle mani di Dio per evangelizzare attraverso l'educazione, dando la preferenza ai giovani e ai più poveri ".
Sorgono altre case a Genova e poi è la volta del centro della cristianità. Dopo appena sette anni dalla fondazione, il 19 maggio 1841, Paola è a Roma accompagnata da due novizie. Anche qui sorgono varie difficoltà. La prima casa è fatta di due stanzette sopra una stalla nel Vicolo dei SS. Apostoli. Ma essa accetta tutto. Una grande ricompensa l'attende: è ricevuta dal Papa Gregorio XVI che si compiace dell'opera delle Suore Dorotee. Le ha parlato il Signore, è felice.
I disagi e le sofferenze aumentano: povertà e malattie affliggono quelle eroiche sorelle che non hanno un soldo nemmeno per le medicine.
Nel 1844 il Papa affida a Paola la direzione del Conservatorio di S. Maria del Rifugio a S. Onofrio. La Madre con la dolcezza e la carità dà all'ambiente una nuova impronta e una svolta decisiva per l'avvenire dell'istituzione. Per la sua presenza e attività la sede di S. Onofrio diventerà Casa Generalizia.
Nel 1846 uno spirito antireligioso, più che un pensiero politico, dilaga in Italia. A Genova sono prese di mira anche le Dorotee. Le figlie di Paola vivono le prime ore di forte sofferenza.
La tempesta si abbatte anche su Roma: Pio IX, succeduto a Gregorio XVI, è costretto a rifugiarsi a Gaeta. Cardinali, Vescovi e Prelati si allontanano dalla capitale. Paola rimane sola a capo di una numerosa comunità e con fede coraggiosa supera quei drammatici momenti.
La burrasca si placa. È l'anno 1850. Paola ottiene la desiderata udienza di Pio IX che è per lei come un padre. Si reca a Gaeta, spinta anche da grande amore per il Papa e per la Chiesa, riecheggiando così il gesto di S. Caterina da Siena.
Incomincia l'ultimo trentennio della vita della Fondatrice, che possiamo definire il periodo della grande espansione giacché l'Istituto, oltre che a consolidarsi in Liguria e nello Stato Pontificio, estende la sua opera nel resto d'Italia e nel mondo. Infatti sorgono a Roma vari centri educativi e Paola inizia le trattative per aprire una casa a Napoli, un convitto a Bologna e un orfanotrofio a Recanati. Nel 1866 partono le prime suore missionarie per il Brasile. Nello stesso anno altra meta promettente: il Portogallo. Paola sostiene le sue figlie: " Siate fiaccole e roghi ardenti che dove toccano mettono il fuoco dell'amore di Dio".
Non sono le difficoltà ad arrestare il cammino dei santi. Paola é donna di grande fede: " Il Signore ci vuole appoggiate a Lui solo e se avessimo un poco più di fede quanto più tranquille staremmo anche in mezzo alle tribolazioni ". Vive l'abbandono completo alla Volontà di Dio " l'unica gemma che dobbiamo cercare " - lei dice - e che costituisce il suo paradiso: " Volontà di Dio, paradiso mio ".
Nel 1878 muore Pio IX, il Papa che nei suoi numerosi incontri con la Fondatrice, ha sempre avuto parole di stima e di incoraggiamento per la sua opera apostolica.




Paola sente che la sua laboriosa giornata terrena sta per finire. Sono le prime ore dell'11 giugno 1882: è serena, il suo passaggio è dolce, tranquillo e lascia intravvedere le ricchezze della sua vita. Invoca la Vergine Santa che ha sempre tanto amato: "Madonna mia ricordati che sono tua figlia ".
8 giugno 1930: Paola è beata!
Le campane di San Pietro ripetono oggi, 11 marzo 1984, il loro suono di gloria per annunciare che Paola è santa. L'inno festoso giunge ai confini del mondo dove le Dorotee lavorano per la gloria di Dio e l'espansione del Suo Regno: Europa (Italia, Spagna, Portogallo, Malta, Inghilterra, Svizzera), America del Nord (U.S.A.), America Latina (Brasile, Perù), Africa (Angola, Mozambico), Asia (Taiwan).
Paola permane viva nella Congregazione per lo spirito profondo che la anima: " cercare sempre in tutto la maggior gloria di Dio nel maggior servizio agli uomini ".


Video. Una bellissima intervista, per soggetto, per il dialetto, per l'evento: ho così capito perché S. Paola Frassinetti è venerata a S. Calogero (VV).

lunedì 23 marzo 2020

Un santuario in provincia di Cuneo



Oltre il fiume Varaita, ad un’altitudine di 245 metri, lungo la strada che un tempo era percorsa continuamente dai grossi carri che trasportavano il sale alla "gabella di Polonghera", sorgeva fin dall'inizio del 1400 un pilone in murata con dipinta l'immagine della Vergine Maria, la stessa che oggi ammiriamo al Santuario.

L’immagine raffigura la Madre di Dio, con il bambino seduto sul suo ginocchio destro, e ai piedi della scena cesta di frutta.
Il pilone venne racchiusa da una piccola cappella campestre e nel 1714 dopo un voto della popolazione in seguito al diffondersi di una grave malattie dei bovini, ebbe inizio la costruzione dell'attuale Santuario. Cinquant'anni dopo sorse il campanile.

Si racconta che nei pressi del luogo scelto per l'edificazione della chiesa, sorgesse una fornace e che i nostri avi facessero catene umane per trasportare a braccia i mattoni usati nella costruzione del Santuario.

Nel 1794 venne ricostruito interamente l'altare maggiore per opera del regio statuario Giovan Battista Bernero.

Nel 1864 fu decorata dal valente pittore Vittorio Fagnano di Torino e collaudato da Emilio Morgari, professore di pittura nella reale Accademia Albertina. Bisognerebbe forse andare tanto indietro nel tempo per scoprire il significato di quelle lettere che sovrastano la porta centrale d'ingresso: C.P.

Diamo ad esse una spiegazione simbolica: C potrebbe stare per Comunità e P per Polongherese. 
Recentemente si e ristrutturata la parte interna della cupola e soltanto in questi mesi sono state rimesse a nuovo le due grandi tele che sovrastano gli altari laterali.

La festa della Beata Vergine del Pilone, venerata nel nostro Santuario, ricorre la seconda domenica di settembre.

domenica 22 marzo 2020

Cosa vuol dire essere di Gesù?


Guarigione del cieco nato, affresco secolo XII,
Basilica benedettina Sant’Angelo in Formis

«Credo, Signore!».
È l’affermazione conclusiva del cammino interiore del cieco nato.
La stessa affermazione la dirà Marta dopo la domanda di Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
È una vera e propria professione di fede.
Nel rito del Battesimo la professione di fede conduce la liturgia battesimale nel vero e proprio gesto del battesimo.
Essa è composta da tre domande che iniziano con Rinunciante e tre domande che iniziano con Credete.
La fede è un rinunciare per credere: che può essere detta come uno svuotarsi per farsi riempire; un scendere per un essere elevati. Non si possono servire due padroni, dice il Vangelo.
La fede non è Ha l’età chiedetelo a lui! La fede è affidarsi.
È ciò che fa il cieco nato e lo stesso farà Maria, Pietro, Marta, Tommaso…
Nella liturgia degli inizi della Chiesa, il catecumeno, colui che avevo fatto domanda di ricevere il battesimo, scendeva tre gradini per venire immerso-sepolto nella vasca con l’acqua, per poi risalire tre gradini e aver così compiuto il gesto per essere nuova creatura.
La professione di fede è proprio fatta da tre rinuncio e tre credo.
Sarebbe bello soffermarci sui contenuti della professione di Fede, ma è una catechesi, non più un pensiero di omelia, rimando al catechismo della Chiesa Cattolica per apprendere i contenuti del Credo o alle catechesi di Papa Francesco sul Credo; la vera conclusione potrebbe essere una domanda: perché credo e quale vantaggio ho nell'essere cristiano?
La liturgia battesimale afferma dopo la professione di fede: Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla, in Cristo Gesù nostro Signore.
L’atto di fede è personale, ma la dimensione della fede è sempre in un noi. Lo dice lo stesso cieco nato: Volete forse diventare anche voi suoi discepoli? I farisei qui si alterano, perché loro sono discepoli di Mosè, noi siamo discepoli di Gesù? Cosa vuol dire essere di Gesù? Amen.

sabato 21 marzo 2020

Oggi è S. Benedetto!








Prologo
1.     Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno, 
2.     in modo che tu possa tornare attraverso la solerzia dell'obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per l'ignavia della disobbedienza. 
3.     Io mi rivolgo personalmente a te, chiunque tu sia, che, avendo deciso di rinunciare alla volontà propria, impugni le fortissime e valorose armi dell'obbedienza per militare sotto il vero re, Cristo Signore. 
4.     Prima di tutto chiedi a Dio con costante e intensa preghiera di portare a termine quanto di buono ti proponi di compiere, 
5.     affinché, dopo averci misericordiosamente accolto tra i suoi figli, egli non debba un giorno adirarsi per la nostra indegna condotta. 
6.     Bisogna dunque servirsi delle grazie che ci concede per obbedirgli a ogni istante con tanta fedeltà da evitare, non solo che egli giunga a diseredare i suoi figli come un padre sdegnato, 
7.     ma anche che, come un sovrano tremendo, irritato dalle nostre colpe, ci condanni alla pena eterna quali servi infedeli che non lo hanno voluto seguire nella gloria. 
8.     Alziamoci, dunque, una buona volta, dietro l'incitamento della Scrittura che esclama: "È ora di scuotersi dal sonno!" 
9.     e aprendo gli occhi a quella luce divina ascoltiamo con trepidazione ciò che ci ripete ogni giorno la voce ammonitrice di Dio: 
10. " Se oggi udrete la sua voce, non indurite il vostro cuore!" 
11. e ancora: " Chi ha orecchie per intendere, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese!". 
12. E che dice? " Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò il timore di Dio. 
13. Correte, finché avete la luce della vita, perché non vi colgano le tenebre della morte". 
14. Quando poi il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo: 
15. "Chi è l'uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere giorni felici?". 
16. Se a queste parole tu risponderai: "Io!", Dio replicherà: 
17. "Se vuoi avere la vita, quella vera ed eterna, guarda la tua lingua dal male e le tue labbra dalla menzogna. Allontanati dall'iniquità, opera il bene, cerca la pace e seguila". 
18. Se agirete così rivolgerò i miei occhi verso di voi e le mie orecchie ascolteranno le vostre preghiere, anzi, prima ancora che mi invochiate vi dirò: "Ecco sono qui!". 
19. Fratelli carissimi, che può esserci di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci chiama? 
20. Guardate come nella sua misericordiosa bontà ci indica la via della vita! 
21. Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha chiamati nel suo regno. 
22. Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando il bene. 
23. Ma interroghiamo il Signore, dicendogli con le parole del profeta: "Signore, chi abiterà nella tua tenda e chi dimorerà sul tuo monte santo?". 
24. E dopo questa domanda, fratelli, ascoltiamo la risposta con cui il Signore ci indica la via che porta a quella tenda: 
25. "Chi cammina senza macchia e opera la giustizia; 
26. chi pronuncia la verità in cuor suo e non ha tramato inganni con la sua lingua; 
27. chi non ha recato danni al prossimo, né ha accolto l'ingiuria lanciata contro di lui"; 
28. chi ha sgominato il diavolo, che malignamente cercava di sedurlo con le sue suggestioni, respingendolo dall'intimo del proprio cuore e ha impugnato coraggiosamente le sue insinuazioni per spezzarle su Cristo al loro primo sorgere; 
29. gli uomini timorati di Dio, che non si insuperbiscono per la propria buona condotta e, pensando invece che quanto di bene c'è in essi non è opera loro, ma di Dio, 
30. lo esaltano proclamando col profeta: "Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria!". 
31. Come fece l'apostolo Paolo, che non si attribuì alcun merito della sua predicazione, ma disse:" Per grazia di Dio sono quel che sono" 
32. e ancora: "chi vuole gloriarsi, si glori nel Signore". 
33. Perciò il Signore stesso dichiara nel Vangelo: "Chi ascolta da me queste parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio il quale edificò la sua casa sulla roccia. 
34. E vennero le inondazioni e soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia". 
35. Dopo aver concluso con queste parole il Signore attende che, giorno per giorno, rispondiamo con i fatti alle sue sante esortazioni. 
36. Ed è proprio per permetterci di correggere i nostri difetti che ci vengono dilazionati i giorni di questa vita 
37. secondo le parole dell'Apostolo: "Non sai che con la sua pazienza Dio vuole portarti alla conversione?" 
38. Difatti il Signore misericordioso afferma: "Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva". 
39. Dunque, fratelli miei, avendo chiesto al Signore a chi toccherà la grazia di dimorare nella sua tenda, abbiamo appreso quali sono le condizioni per rimanervi, purché sappiamo comportarci nel modo dovuto. 
40. Perciò dobbiamo disporre i cuori e i corpi nostri a militare sotto la santa obbedienza. 
41. Per tutto quello poi, di cui la nostra natura si sente incapace, preghiamo il Signore di aiutarci con la sua grazia. 
42. E se vogliamo arrivare alla vita eterna, sfuggendo alle pene dell'inferno, 
43. finché c'è tempo e siamo in questo corpo e abbiamo la possibilità di compiere tutte queste buone azioni, 
44. dobbiamo correre e operare adesso quanto ci sarà utile per l'eternità. 
45. Bisogna dunque istituire una scuola del servizio del Signore 
46. nella quale ci auguriamo di non prescrivere nulla di duro o di gravoso; 
47. ma se, per la correzione dei difetti o per il mantenimento della carità, dovrà introdursi una certa austerità, suggerita da motivi di giustizia, 
48. non ti far prendere dallo scoraggiamento al punto di abbandonare la via della salvezza, che in principio è necessariamente stretta e ripida. 
49. Mentre invece, man mano che si avanza nella vita monastica e nella fede, si corre per la via dei precetti divini col cuore dilatato dall'indicibile sovranità dell'amore. 
50. Così, non allontanandoci mai dagli insegnamenti di Dio e perseverando fino alla morte nel monastero in una fedele adesione alla sua dottrina, partecipiamo con la nostra sofferenza ai patimenti di Cristo per meritare di essere associati al suo regno.