giovedì 18 novembre 2010

La Visitazione

Omelia di San Carlo Borromeo
Homilia 43. Mediolani 1747, t. 1, 322-327.330-332




San Carlo Borromeo
Chiesa di San Carlo in Vienna

Oggi la Vergine Maria valica i monti e arriva da Elisabetta per esserle di aiuto durante la gravidanza di lei. Infatti, appena la Vergine santissima fu piena di Dio, si dedicò con impegno totale alle opere di carità in esultante e fervida premura.

Talvolta anche noi siamo riempiti dallo Spirito Santo, quando egli ci ispira santi desideri che ci fanno concepire progetti di bene. Bisogna però correre subito a eseguirli, giacché sono tanti coloro che avvertono le mozioni dello Spirito Santo, ma per negligenza le lasciano illanguidire, sicché esse svaniscono del tutto.

Figli miei, veniamo subito ai fatti concreti finché il nostro cuore è infiammato e lo spirito ci arde di quel fuoco sacro, per tema che le preoccupazioni e i pensieri profani non spengano il fervore che lo Spirito di Dio ha suscitato nel nostro intimo.

Noi siamo a noi stessi il nostro peggior nemico, quando ci abbassiamo al punto da preferire di abitare nei bassifondi con bestie e serpenti, piuttosto che dimorare con Dio e gli angeli e salire sui monti con la santissima Vergine Madre di Dio. Perché sostiamo in questo infelice esilio terreno?

Perché indugiamo per via quando non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura (Eb 13,14). A che scopo Cristo è morto e ha istituito i santissimi sacramenti? Essi non sono forse i gradini che ci permettono di salire sulla montagna spirituale?

Contemplate, figlie. figlie carissimi, le profondità della chiamata divina e con ogni cura vigilate sul cuore (Pro 4, 23).

Non posso far a meno di ammirare, fratelli, la somma umiltà di Maria. La grandezza inconcepibile dell'onore che è fatto alla Vergine non la esalta minimamente, ma al contrario la sua nuova dignità la rende ancora più umile.

Ed è normale, perché Maria deve alla sua umiltà di essere quello che è: Dio ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata (Lc 1,48).

Maria era vergine, divenne Madre di Dio, signora del cielo e regina degli angeli, eppure non sdegna di andare da Elisabetta per servirla, benché lei stessa sia incinta. Addirittura saluta la cugina per prima e rimane con lei circa tre mesi.

Pensate, fratelli, a tutti gli atti di umiltà che la Vergine dovette fare durante quel soggiorno! Benché il vangelo non scenda in particolari a questo proposito, senz'altro Maria fece tutto quello che ci si poteva aspettare dalla più umile delle vergini.

Maria si mette rapidamente in viaggio per recarsi da Elisabetta, non soltanto perché vuole essere di aiuto alla cugina, ma perché nel suo grembo Dio la spinge ad affrettarsi.

Il Figlio di Dio scende in terra per debellare il peccato, per estirparlo fin dalla radice nell'intento di riscattare gli uomini. Spinge Maria a recarsi da Elisabetta, perché ancora prima di nascere gli preme di redimere l'anima di Giovanni, vuole purificarla dal peccato originale e investirla di una grazia tale che nessun peccato grave possa sfigurarla finché vivrà.

Il profeta Isaia aveva predetto quel viaggio affrettato. Infatti, dopo aver parlato della nascita del Cristo Signore, dicendo: Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14), soggiunge: In fretta il bottino! Rapida la preda! Poiché.. prima che il bambino sappia dire babbo e mamma, le ricchezze di Damasco e le spoglie di Samaria saranno portate davanti al re di Assiria (Is 8, 3). Questo fare un buon bottino simboleggia la vittoria di Cristo che strappa la preda dalle fauci del demonio.

La salvezza degli uomini è ardentemente bramata da colui che viene a salvarli. Perché stupirsi allora che la Vergine Maria si metta in cammino alla svelta sotto l'impulso del Figlio che porta in seno? Egli aspira a santificare il figlio di Elisabetta la sterile, a lavarlo dal peccato originale e a riempirlo dì Spirito Santo.

Questo episodio ci spinge a considerare l'immenso amore che Dio ci porta; non dobbiamo, infatti, mai perdere un'occasione per farne memoria, figli carissimi.

Il Signore, ancora racchiuso nel grembo della Vergine, si affretta per poter mostrare la sua misericordia a Giovanni.

In questo modo, che non deve stupirci, ci fa capire come Dio si connota per una misericordia sempre pronta a perdona re. Somma bontà per essenza, egli ha sommo desiderio di comunicarsi e diffondersi in ciascuno di noi.

Ancora nel grembo materno, Giovanni riconosce il Figlio di Dio che viene e lo santifica. Cristo comincia con l'illuminare la mente di lui, poi ne infiamma il volere con l'ardore della carità. Giovanni esulta allora di gioia in seno a Elisabetta.

Va sottolineato che il bambino manifesta il suo sentimento alla presenza della maestà divina non soltanto con la gioia del cuore, ma anche con un movimento del corpo. Infatti, l'amore con cui lo Spirito Santo lo infuoca, si estende pure alle potenze inferiori dell'anima e si comunica nella forma di una gioia fisica, tanto che Giovanni avrebbe potuto ripetere con il profeta: Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente (Sal 83, 3).

L'esempio di Giovanni ci insegna a onorare Dio con una bontà ardente, che non sia soltanto interiore ma esteriore, giacché l'amore per Dio non può rimanere inoperoso. Il trasalimento del Precursore ci rammenta l'immensità dei beni che abbiamo ricevuto da Dio.

Giovanni è santificato prima di nascere nel seno materno, e il demonio non possederà mai la sua anima, perché il Battista non offenderà mai Dio con una colpa grave. Questo non è certo il nostro caso. Beati, tuttavia, quelli che si consacrano al culto di Dio fin dall'infanzia e cosi gli offrono, come sacrificio quanto mai gradito, il fiore della vita, primizia dei frutti che porteranno.

Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamo a gran voce: "Benedetta tu fra le donne,, e benedetto il frutto del tuo grembo!" (Lc 1, 42).

Tu sei benedetta fra tutte le donne, perché benedetto è colui che tu porti. Solitamente, la nobiltà del frutto proviene dalla nobiltà dell'albero, ma tu, o Maria, sei nobilitata dal frutto delle tue viscere. Eva aveva avvelenato l'universo a.causa di un frutto mortifero; tu invece arrechi la salvezza al mondo intero.

A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? (Lc 1,43). E' mai possibile che la regina degli angeli e la Madre di Dio voglia visitare la sua serva meschina, questa donnetta?

Fate vostre a doppio titolo queste parole di Elisabetta, figli carissimi, e rivolgetele non alla Madre di Dio ma a Dio stesso, perché egli viene doppiamente a noi: viene per noi e viene grazie a noi, che siamo i suoi ministri e i suoi inviati.

Il Figlio glorioso di Dio, Cristo stesso, viene a noi nel santissimo sacramento dell'Eucaristia. Se sapessimo entrare in estasi davanti a tale mistero!

Quando Gesù si avvicinò a Pietro, questi gridò: Signore, allontanati da me che sono un peccatore (Lc 5, 8). Anche il centurione esclamò: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto (Mt 8, 8). Ciò nonostante, Cristo salì sulla barca dell'Apostolo ed entrò nella casa dell'ufficiale.

Che vi rimane da dire, figli miei, quando il Signore viene nella vostra anima e nel vostro corpo e si fa per voi banchetto spirituale? Senza dubbio esclamerete: A che debbo che venga a me? Quale è il mio merito, dato che seppi soltanto fare il male e nulla di buono? Com'è possibile che tu venga a nutrire me povero peccatore, per unirmi a te? Perché tu vieni verso di me non soltanto per tramite dei tuoi ministri, non soltanto con la tua grazia, ma con il dono di tutto te stesso.

Com'è possibile che tu, Dio, Re del cielo e della terra, possa volerti unire a me, che sono cenere, polvere e indegno peccatore? lo, che ti offendo ogni giorno e ti provoco di continuo?

L'unica spiegazione sta nel tuo amore infinito. Fu l'amore a guidarti dal cielo in terra e ti spinse a soffrire e a morire per me.