CRISTIADA - TRAMA
Cristiada
(noto anche come For Greater Glory) è un film storico diretto da Dean Wright,
scritto da Michael James Love e basato sulla Guerra Cristera (o Cristiada, da
cui il titolo) (1926 - 1929). Il film è stato distribuito nelle sale italiane
dal 15 ottobre 2014. Distruito in Italia, con coraggio e lungimiranza
culturale, da Dominus Production.
Il
film è aperto dai titoli che descrivono gli articoli anticlericali presenti
nella Costituzione del Messico del 1917. Quando il neoeletto presidente
messicano, Plutarco Elías Calles (Rubén Blades), avvia una violenta e
implacabile repressione contro la fede cattolica, nel paese scoppia una guerra
civile (indicata successivamente come guerra Cristera). Le chiese sono date
alle fiamme, si verificano omicidi di preti e contadini, i cui corpi vengono
poi appesi ai pali del telegrafo quale monito.
La
storia si sposta allora su Padre Christopher (Peter O'Toole), prete cattolico
spietatamente ucciso dai Federales. Il tredicenne José Luis Sanchez (Mauricio
Kuri), testimone del delitto, si unisce ai ribelli, i Cristeros, guidati dal
generale in pensione Enrique Gorostieta Velarde (Andy Garcia), ateo, che prende
il ragazzo come suo protetto. Catturato durante uno scontro con i Federales,
José è sottoposto a tortura. Il ragazzo, però, non rinuncia alla sua fede e per
questo è messo a morte. L'anno seguente anche il generale Gorostieta muore in
battaglia, nello stato di Jalisco.
Nel
1929, accordi tra le due fazioni pongono fine ai combattimenti e viene
ristabilita la libertà religiosa. Papa Benedetto XVI ha beatificato José nel
2005, con altri dodici martiri tra i Cristeros.
MARTIRI TRA I CRISTEROS
Nel
corso del Novecento, dolorosamente percorso da immani tragedie conseguenza
soprattutto del clima ideologico segnato dall'odio anticristiano, si è
verificato anche un episodio ancor oggi poco conosciuto di martirio. Si trattò
di una tremenda persecuzione, che si trascinò poi ancora per moltissimo tempo
dopo il triennio cruento (1926-1929), lasciando effetti duraturi sulla
struttura politica e sociale del Messico, determinando in maniera irreversibile
il destino forse anche dell'intero sub-continente latino-americano. Fu un conflitto
scatenato contro una società contadina, tradizionale, cattolica, un'aggressione
perpetrata da uno Stato autoritario uscito da un processo rivoluzionario. Sarà
papa Giovanni Paolo II (1978-2005) ad elevare agli onori degli altari alcuni
martiri della persecuzione messicana: sacerdoti e laici, militanti delle
organizzazioni cattoliche, tra cui san Manuel Morales, presidente della Lega
Nazionale per la difesa della libertà religiosa. Uomini e donne che
testimoniarono con coraggio la loro fede contro un governo che nella propria
Costituzione affermava, tra l'altro, che «L'esistenza di qualsiasi ordine e
congregazione religiosa resta proibito» (art. 5); «ogni culto è proibito fuori
delle chiese, e nelle chiese il culto sarà sempre sottomesso all'ispezione
dell'autorità civile» (art. 24); «le chiese sono proprietà dello Stato. Tutte
le associazioni religiose sono incapaci di acquistare, possedere o amministrare
beni immobili».
L'epopea
della Cristiada annovera come suoi protomartiri Joaquim Silva e Manuel
Melgarejo, il primo di 27 anni, il secondo di soli 17, entrambi militanti della
Gioventù cattolica. Dopo il provvedimento della sospensione del culto pubblico
voluto dai vescovi messicani per protestare contro le misure del governo, Silva
aveva cominciato, insieme all'amico, a percorrere il paese e a tenere
conferenze nelle quali, grazie ad una solida cultura, una fede appassionata e
una concezione della vita come milizia, sapeva accendere gli animi
dell'uditorio e spronarlo alla lotta. Domenica 12 settembre 1925, mentre si
dirigevano in treno a Zamora per tenervi uno di questi incontri, vennero
arrestati e condannati a morte senza nemmeno un processo. Inutilmente Silva
chiese che almeno l'amico minorenne fosse risparmiato. Entrambi furono condotti
al muro, dove i soldati non riuscirono a strappare dalle loro mani le corone
del Rosario. Di fronte al plotone d'esecuzione Joaquim Silva tenne un discorso
talmente toccante per sentimenti religiosi e patriottici, che gli stessi
soldati ne furono commossi. Uno di essi si rifiutò di prender parte
all'esecuzione, così che venne a sua volta arrestato e passato per le armi il
giorno seguente. Joaquim disse con fermezza al comandante: «Non siamo dei
criminali, né abbiamo paura della morte. lo stesso vi darò il segnale di
sparare, quando griderò viva Cristo Re, viva la Vergine di Guadalupe». Così
avvenne: al grido di battaglia e di vittoria lanciato dai due giovani partì la
scarica di fucileria che li abbatté.
I
corpi dei due eroi furono esposti più tardi nel cimitero: stringevano ancora
tra le mani i rosari, e furono rivestiti di bianche vesti, dopo che i loro
abiti insanguinati erano stati divisi in frammenti, come reliquie, tra i fedeli
del paese. Tra i martiri si poterono annoverare anche amministratori pubblici,
come Luis Navarro Origel, il sindaco terziario francescano della città di
Peniamo, fondatore nella sua regione dell'Ordine dei Cavalieri di Colombo, di
società di mutuo soccorso, casse rurali, sezioni della Gioventù Cattolica,
circoli culturali, scuole di catechismo, propagatore instancabile
dell'adorazione eucaristica notturna. Dopo quattro anni di amministrazione
corretta e vantaggiosa per la popolazione, venne destituito di forza dal
governo, prima di essere assassinato. Un'altra figura commovente della persecuzione
fu Tomàs de la Mora, di Colima, un ragazzo di soli sedici anni, uno dei più
attivi membri del locale Circolo Cattolico, che svolgeva l'attività di
catechista tra i bambini più poveri. Il 15 agosto 1927 fu arrestato per il
semplice motivo che portava uno scapolare, ossia un pezzo di stoffa con una
immagine sacra, simbolo di una confraternita religiosa. Il comandante della
caserma gli domandò se avesse rapporti con "i fanatici", ovvero
preti, frati, cattolici e briganti. «Non fanatici – rispose il ragazzo – ma
liberatori della Chiesa e della Patria dai tiranni». Tomàs fu allora frustato,
affinché fornisse informazioni sui ribelli, ma fu tutto inutile. Il comandante
ordinò allora che venisse impiccato all'Albero della libertà che era stato
eretto, cupo retaggio della Rivoluzione Francese, nella piazza principale della
città.
Un
esempio di eroismo femminile è quello di Eleonora Garduno, arrestata per
complicità coi ribelli. Interrogata dal generale Ortiz, uno dei principali
collaboratori di Calles, che aveva per motto "Il mio dio è il
diavolo", la cui figura portava tatuata sul petto, ricevette dal militare
l'offerta della scarcerazione, in cambio di una docile collaborazione. La
ragazza rispose: «Lei mi chiede una cosa impossibile: io continuerò a lavorare
finché questo governo cadrà». Anche lei finì davanti al plotone d'esecuzione.
Quando
portarono alla moglie dell'avvocato Gonzales, una delle guide
dell'insurrezione, il cadavere straziato del marito, la donna chiamò vicino i
figli e disse: «Guardatelo, è vostro padre. È un martire della Fede.
Promettetegli che anche voi sarete degni figli e continuerete un giorno la sua
opera».
Accanto
a questi uomini, donne e ragazzi, occorre ricordare il tanto sangue sacerdotale
versato. Furono centinaia i sacerdoti uccisi: poveri parroci di villaggio,
giovani strappati dal seminario (con l'intenzione di "liberarli"!)
monaci uccisi nei loro conventi. Fra di essi il più celebre è senz'altro il
beato padre Miguel Augustin Pro, gesuita, di Guadalupe, assassinato a soli
trentasette anni nel 1927, riconosciuto come martire dalla Chiesa il 25
settembre 1988.
Ma
non solo lui. Il beato padre Elia Nieves, agostiniano: nonostante il divieto,
continuò a esercitare il suo ministero, recandosi ovunque era necessario
confortare, aiutare, amministrare i sacramenti. La polizia, venuta a conoscenza
dei fatti, lo fece pedinare e arrestare mentre, in una soffitta, celebrava la
Messa. Condannato a morte, venne condotto sul luogo dell'esecuzione. Dopo
essersi inginocchiato a pregare, si rivolse ai soldati del plotone di
esecuzione: «In ginocchio, figli miei. Prima di morire voglio darvi la mia
benedizione». I soldati obbedirono e si inchinarono riverenti al gesto del
sacerdote. Mentre padre Nieves tracciava il segno di croce, l'ufficiale che comandava
il picchetto, infuriato, gli sparò al petto, uccidendolo mentre ancora
benediva.
A volte gli aguzzini si divertivano a
infierire sui sacerdoti senza ucciderli; venivano loro tagliate le braccia per
impedire che in futuro potessero celebrare la Messa. Don Pablo Garcia subì una
sorte atroce: parroco zelante, anch'egli sfidava le leggi e ogni pericolo.
Volle celebrare con grande solennità la festa nazionale di Nostra Signora di
Guadalupe e il 12 dicembre raccolse il suo popolo in un luogo solitario sulla
montagna di S. Juan de los Lagos. Scoperto, arrestato, venne orribilmente
torturato per giorni. «La morte, ma mai tradire» ripeteva il sacerdote, finché
fu finito a colpi di pistola. San David Uribe, annoverato nel gruppo di martiri
canonizzati da papa Giovanni Paolo II, fu strappato al suo gregge, dopo essere
stato rinchiuso in un campo di concentramento. Riuscì tuttavia ad evadere e
tornò alla sua parrocchia di Iguala, continuando ad esercitare, in forma
clandestina, il suo ministero. Finì per essere nuovamente arrestato. Il
generale governativo Castrejon propose ai parrocchiani di riscattare il
sacerdote consegnando tremila pesos. Furono raccolti immediatamente, a costo
anche di enormi sacrifici, ma il parroco non fu rilasciato: si pretendeva da
lui un pubblico atto di apostasia e di adesione alla scismatica chiesa
patriottica. Pabre Uribe rifiutò decisamente e fu allora sottoposto a lunghe
torture, tra le quali il supplizio della graticola. La Domenica delle Palme del
1927 spirò dopo i terribili tormenti subiti.
Le
sue ultime parole furono: «la morte piuttosto che rinnegare il Vicario di
Cristo, lo amo il Papa! Viva il Papa!». Il suo corpo, gettato per strada, venne
raccolto e gli fu data sepoltura con grandi onori.
Padre Christopher (San
Cristobal Magallanes Jara, Sacerdote, 25 maggio) è stato canonizzato il 21
maggio 2000, mentre Josè del Rio (Beato José Sanchez Del Rio, Laico, 10 febbraio) è
stato beatificato nel 2005.
MESSICANI MARTIRI NEL CALENDARIO LITURGICO
I
martiri messicani non sono solo gloria della Chiesa messicana, ma soprattutto
della Chiesa universale, perché hanno seguito le orme di Gesù morto in croce.
Questi santi e beati, sono prima di tutto sacerdoti, e sono stati uccisi a
causa dell'esercizio del loro ministero, coscienti delle circostanze
persecutorie contro la Chiesa del Messico. Ci sono anche tre giovani entusiasti
e profondamente impegnati nel lavoro pastorale del loro parroco, che hanno
accompagnato nell'esercizio del ministero della Parola durante la loro vita, e
nel sacrificio supremo della morte.
Non
sono stati alcuni soltanto i difensori della Chiesa e della libertà, ma tutta
la Nazione Messicana ha reso la testimonianza eloquente e silenziosa del suo
sangue sparso per Cristo Re. La Chiesa e il mondo ha bisogno di santità,
santità in tutti gli stati di vita e cioè i giovani, gli sposati, i religiosi
ed i sacerdoti.
Chiediamo
al Signore per l'intercessione e l'esempio di questi martiri che ci aiuti ad
affrontare con più gioia e fortezza le difficoltà della nostra vita, essendo
ogni giorno più convinti che possiamo essere santi, che oggi ci sono dei santi.
La
Chiesa di Milano ricorda i Santi Martiri del Messico il 21 maggio.
FONTI:
Sito web dominusproduction.com
Sito web it.wikipedia.org
Sito web filmgarantiti.it