lunedì 17 settembre 2012

NOVENA AI SANTI MEDICI (1)



Santi Cosma e Damiano
Chiesa in San Damiano di Brugherio (MB)


17 settembre
PREGHIERA AI SANTI MEDICI

O insigni Medici, Martiri Cosma e Damiano, voi che in vita, esercitando l'arte medica con ammi­rabile carità e disinteresse, spargeste a piene mani tesori di bontà e di misericordia, ora che siete presso Dio, volgete i vostri sguardi pietosi su di noi. Mirate, o gloriosi Santi, quanti mali spirituali e temporali ci op­primono, e stendeteci benigni la vostra mano soccorritrice. Libe­rateci dai giusti castighi che ci possono giungere a causa dei nostri peccati. Difendeteci da tanti nemici visibili e in­visibili, che insidiano la nostra eterna salvezza. Allontanate da noi tante infermità che amareggiano la vi­ta. Confortateci nelle angustie; confermateci nei santi de­sideri e mantenete ben radicata e ferma nei nostri cuori la fede vera, l'umiltà, l'intrepida fortezza, la rassegnazione alla divina volontà e la perseveranza nel santo proposito di vivere e morire per Gesù Cristo. Queste grazie, o Santi nostri intercessori, ottenete dal Si­gnore non solo per noi, ma anche per le nostre famiglie, per i nostri amici e per i nemici. Così protetti nell'anima e nel corpo, potremo qui in terra dare gloria a Dio, ono­re a voi, e venire un giorno lassù nel cielo a godere la vi­sione beatifica di Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

L'impressione delle Sacre Stimmate






L’antico Martirologio Romano e l’odierno santorale francescano in data 17 settembre si ricorda: “La memoria del’impressione delle sacre stimmate, che meravigliosa grazia di Dio sul Monte de La Verna in Toscana furono impresse nelle mani, nei piedi e nel costato di San Francesco, istitutore dell’Ordine dei Minori”.


"Non siamo degni di chiederti
che le tue stimmate si imprimano visibilmente nel nostro corpo,
come già sul corpo
Né osiamo desiderare
di portarle segretamente,
favore che accordasti
alla tua sposa Caterina da Siena,
come ella per umiltà
te ne aveva pregato.
Questi sono doni e favori specialissimi,
conferiti soltanto a coloro che con l’esercizio delle più esimie virtù
e con una carità
intensissima si disposero a riceverli.
Ma ti supplichiamo almeno di questo:
che tu infiammi
del tuo amore i nostri cuori, […]
Cosicché, portando nel nostro corpo la tua morte,
anche la tua vita si manifesti in noi
e, partecipando alla tua Passione,
meritiamo di partecipare alla tua gloria". Amen.

(San Carlo Borromeo, Duomo, 9 marzo 1584)

San Satiro di Milano

fratello e collaboratore di S. P. Ambrogio




Confessore del IV secolo San Satiro, fratello di Sant'Ambrogio. Fratello amato e devoto, servizievole e utile. Sentiamo che cosa dice di lui Sant'Ambrogio, nell'elogio funebre del fratello:

«Che cosa farò ora che ho perduto tutta la dolcezza, tutto il conforto, tutta la bellezza della mia esistenza! Tu solo eri il mio conforto nell'intimità, e fuori di questa il mio orgoglio. Eri tu a decidere quando dovevo deliberare; eri tu che partecipavi ai miei affanni, allontanavi le mie inquietudini, scacciavi le mie pene. Tu eri l'avvocato delle mie azioni, il difensore delle mie intenzioni. E grazie a te che potevano placarsi le mie inquietudini private e le mie preoccupazioni pubbliche... Potrei forse non pensare a te, o pensarti senza piangere?».

C'era infatti molto affetto tra i figli del Prefetto del pretorio della Gallia: Marcellina, sorella primogenita, e i fratelli Satiro e Ambrogio. Un affetto che si traduceva in una comunanza di intenti e di opere, in un reciproco e tacito aiutarsi l'uno con l'altro, secondo le necessità e i tempi. Dei tre fratelli Satiro fu forse il più brillante d'ingegno. Quando la famiglia si stabilì a Roma, dopo la morte del padre, il ricco pagano Simmaco prese Satiro sotto la propria protezione, trattandolo come un figlio - un figlio di cui poteva andar fiero. Avviato alla carriera di giurista e di amministratore, Satiro infatti brillò nei tribunali, si distinse nelle cariche pubbliche, fu governatore di una provincia, e, cosa piuttosto rara seppe farsi amare dalla popolazione da lui governata con giustizia e generosità. Frugale, schivo, virtuoso, non si sposò mai, per dedicarsi con piena libertà al suo lavoro e anche per non separarsi, creandosi una famiglia propria, dal affetto della sorella e del fratello. Padrone di molti beni, visse come un povero, in ammirevole semplicità. Anima naturalmente cristiana, visse a lungo come catecumeno, in attesa cioè del Battesimo. Del resto anche il fratello minore non era ancora battezzato quando, a voce di popolo fu eletto Vescovo di Milano, verso il 374. Da allora, il fratello Vescovo affidò al maggiore la cura dei beni temporali della diocesi: né avrebbe potuto trovare amministratore più saggio, fedele e disinteressato. Proprio per recuperare certi beni, indebitamente sottratti da un certo Prospero alla Chiesa milanese, Satiro intraprese un faticoso viaggio in Africa, che per poco non gli fu fatale. La nave sulla quale viaggiava fece infatti naufragio, e Satiro si salvò a nuoto, portando, appese al suo collo di catecumeno, le specie eucaristiche che alcuni cristiani avevano a bordo. Pare che in quell'occasione facesse voto a San Lorenzo di prendere il Battesimo se si fosse salvato. Infatti, giunto in Africa, Satiro ricevette il sacramento che lo faceva compiutamente cristiano. Poi, portata a termine la sua missione, rientrò altrettanto avventurosamente a Roma salutò Simmaco, e procedette per Milano, nonostante che la città fosse minacciata dai barbari. Dolcissimo fu l'incontro con il fratello Ambrogio e con la sorella Marcellina. Dolcissimo, ma breve. Poco dopo, infatti, forse nel 379, egli morì nelle loro braccia, lasciando tutti i suoi beni al fratello Vescovo, il quale li passò ai poveri.