Santi Giuliano e Giulio Parrocchia S. Giuliano Gozzano (NO) |
All’epoca dell’imperatore
Teodosio si aggiravano per l’Italia due religiosi: Giulio il sacerdote e
Giuliano il diacono. Erano due fratelli proveniente dalla Grecia, uomini
tutt’altro che ordinari, la fede li muoveva e presto li portò al cospetto
dell’imperatore.
Giunti alla presenza di Teodosio
i fratelli si inginocchiarono invocando il permesso di recarsi come missionari
in ogni angolo del suo vasto impero, il loro scopo era quello di diffondere il
cristianesimo, divulgare il vangelo e convertire il popolo pagano.
L’imperatore, che aveva udito le incredibili storie dei due fratelli, senza
alcune esitazione accordò il suo permesso e scrisse una lettera che li avrebbe
aiutati a risolvere qualsiasi difficoltà, appose il suo sigillo e gli augurò
buon viaggio.
La prima meta dei due fratelli
era a Nord ovest, laddove i templi pagani proliferavano e c’era grande bisogno
del loro intervento.
Arrivarono a Brebbia e subito si
diressero al tempio di Minerva. Iniziarono lì la loro opera di conversione invitando
il popolo ad abbandonare i falsi dei e ad abbracciare il Signore. Gli abitanti
li guardavano con circospezione, alcuni si fermavano ad ascoltare le loro
parole, altre camminavano svelti lontano dai due.
La lettera dell’imperatore, come
promesso, si rivelò molto utile. Leggendo gli ordini impartiti dal sommo
sovrano, molti si misero a distruggere il tempio di Minerva, (Atena per i
romani), dea della guerra e dell’intelletto, e ad ergere al suo posto una
chiesa dedicata alla Vergine Maria.
Lavoravano tutti di buona lena,
ma non si può nascondere che qualcuno, in cuor suo, nutriva ancora dei dubbi,
convinto che presto l’ira degli dei si sarebbe scagliata su di loro.
Difatti la sventura presto
sopraggiunse, i muratori continuavano ad infortunarsi, a lamentare malori, uno
di loro si tranciò di netto un dito. Il sangue sgorgava copioso dalla ferita,
la falange del pollice giaceva a terra e le grida si propagarono per tutto il
paese. Giulio il sacerdote, richiamato da tanto baccano, arrivò a placare gli animi.
Senza indugio raccolse il dito da terra, strinse la mano del muratore
infortunato e con un segno della croce ricompose la ferita. Il sangue smise di
scorrere e i lembi di carne si ricongiunsero, la mano del carpentiere presto
tornò alle normali funzionalità. Gli occhi sbalorditi dei presenti si muovevano
frenetici dalla mano al sacerdote, gridarono al miracolo e iniziarono tutti a
farsi battezzare.
I lavori della chiesa
continuarono ma un altro nemico giunse a Brebbia: il demonio.
Più pericoloso di qualsiasi dio
pagano, il demonio non era affatto contento dell’opera dei due giovani fedeli.
Assunse le sembianze di un prete e in una sola notte, accanto alla chiesa
commissionata da Giulio e Giuliano, costruì una chiesa magnifica. Era una
chiesa di ghiaccio dal fascino innegabile.
Il mattino seguente gli abitanti,
vedendo la nuova chiesa, persero la voglia di costruirne una nuova e smisero di
lavorare.
Giulio allora, sicuro della sua
fede, non si fece intimorire, ordinò che la messa fosse celebrata nella chiesa
di ghiaccio e più di una volta si recò al suo interno per pregare.
Il diavolo si infuriò, soffio
fuoco sulla chiesa di ghiaccio e questa si sciolse, diresse allora la sua ira
sulla chiesa in mattoni che con tanta fatica Giulio e Giuliano avevano cercato
di costruire ma questa, molto più resistente, non cedette alla sua furia. Il
diavolo non poté far altro che maledire tutti, e a colpi di corna andò via.
I due fratelli presto terminarono
la loro missione a Brebbia e continuarono il loro viaggio.
Durante il cammino verso la
sponda orientale del lago si imbatterono in una scena assai triste. Un carro
era fermo in mezzo alla strada, un solo bue vi era aggiogato e il contadino
sedeva piangente lì vicino. Quando i due fratelli si furono avvicinati
scoprirono che motivo di tanta disperazione era un lupo che aveva mangiato il
secondo bue del contadino, quest’ultimo era disperato poiché aveva perso una
grande fonte di guadagno e sostentamento per la sua povera famiglia.
Giulio non perse animo, si
addentrò nel bosco e trovò il lupo, lo catturò e lo lego al carro. Promise al
contadino che da quel momento in avanti il lupo avrebbe svolto il lavoro del
bue e così fu.
Giulio e Giuliano passarono per
Angera, poi per Omegna sul Lago d’Orta ma in questi luoghi non ebbero fortuna e
furono scacciati a colpi di pietra.
Due ultime chiese i due giovani
dovevano costruire prima di arrivare al loro obiettivo di cento chiese.
Giunsero a Gozzano per costruire
la novantanovesima chiesa. Anche qui incontrarono la reticenza degli abitanti.
Pur di non costruire la chiesa e
riposare ancora i muratori escogitarono un trucchetto: finsero che uno di loro
era morto, lo adagiarono sul carretto e chiesero a Giulio e Giuliano di recarsi
al cimitero.
Sulla strada fuori del paese
risero per essere riusciti ad imbrogliare i due fratelli e cercarono di
svegliare l’amico sul carretto. Questo però non ne voleva sapere di svegliarsi:
era morto davvero. Spaventati tornarono da Giulio, confessarono la malefatta e
supplicarono perdono. Giulio impose le sue mani sull’uomo e lo risvegliò.
Insieme costruirono la chiesa che dedicarono a San Lorenzo e tutti gli abitanti
di Gozzano si convertirono. Giuliano decise di rimanere lì a predicare la
parola del Signore.
Giulio giunse da solo sulle rive
del lago d’Orta deciso a continuare la sua missione e a costruire la centesima
chiesa. Osservando le acque del lago fu colto da un’improvvisa ispirazione:
avrebbe costruito la chiesa sull’isola in mezzo al lago. A quel punto chiese ai
barcaioli aiuto per raggiungere l’isola ma questi si rifiutarono terrorizzati
di mettere piede su quella terra deserta infestata da rettili mostruosi.
Giulio non perse le speranze,
pregò Dio di rendere solido e impermeabile il suo mantello, e così traghetto
verso l’isola.
Una volta lì trovo centinaia di
serpenti e draghi che scacciò con un colpo di bastone verso il monte Camosino.
Dalla riva di fronte i contadini
avevano osservato gli incredibili prodigi: il mantello trasformato in barca e
la cacciata dei mostri. Si affrettarono a raggiungere Giulio sull’isola, non
c’era più nulla da temere, lo pregarono di convertirli e insieme costruirono
l’ultima chiesa.
L’isola prese il nome del
sacerdote e proprio lì lui giace, sotto la vertebra di un drago appesa al
soffitto a ricordare a tutti il suo coraggio e la sua fede.
FONTE