venerdì 27 giugno 2014

Prima o poi Pio XII sarà Beato


 


Di Federico Cenci

ROMA, 26 Giugno 2014 (Zenit.org) - “Al povero Pio XII è stato detto di tutto”. L’osservazione è di papa Francesco, rilasciata al giornale spagnolo La Vanguardia due settimane fa. Anche l’attuale Pontefice riconosce così che il suo predecessore che si trovò a sedere sul soglio di Pietro negli anni turbolenti della Seconda Guerra Mondiale e dell’occupazione di Roma, è vittima di un giudizio storico sommario e persino fallace. Ma a quali manovre vanno attribuite queste mistificazioni intorno alla figura di Pio XII? Soprattutto, si tratta di manovre che hanno rallentato il processo di Beatificazione del Papa che “in mezzo a San Lorenzo spalancò le ali”? E ora, a che punto si trova il processo? A queste e ad altre domande risponde nell’intervista che segue padre Peter Gumpel, gesuita, nominato nel 1983 relatore della Causa di Beatificazione di Pio XII.

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Padre Gumpel, secondo la vulgata, Pio XII fu un pontefice freddo, ieratico, distaccato dai fedeli. Lei che lo ha conosciuto di persona, cosa può dirci in proposito?
Padre Gumpel: Io ho conosciuto e incontrato varie volte in udienza privata Pio XII, fin da quando ero un giovanissimo insegnante di filosofia al Pontificio Collegio Germanico. Il primo incontro avvenne poiché fui convocato da lui, il quale voleva ringraziarmi di persona per un piccolo lavoro d’archivio che avevo svolto su sua richiesta. Fui accolto con una semplicità assoluta - senza tutti i formalismi che oggi vengono attribuiti a quell’epoca della Chiesa -, fui messo a mio agio sin da subito. Inoltre l’impressione che Pio XII trasmetteva era quella di una persona profondamente spirituale. Questo è ciò che posso dire facendo appello alla mia esperienza personale. Ma poi ci sono una serie di abitudini nel modo di relazionarsi con i fedeli da parte di Pio XII che confermano questa mia impressione. Per esempio lui usava svolgere udienze pubbliche in mezzo alla gente, in alcune grandi sale del Palazzo Apostolico che contenevano circa mille persone. Non faceva lunghi discorsi, piuttosto preferiva mischiarsi tra la folla e parlare con loro, accoglieva le richieste e confessava chi ne avesse bisogno. Come si può dire di un Papa del genere che fosse freddo, ieratico, distaccato? Si tratta di considerazioni costruite artificialmente, su basi ideologiche e lontane dalla realtà dei fatti.

Coloro che hanno costruito queste considerazioni sono forse gli stessi che considerano Pio XII espressione di una Chiesa arcaica, ultimo Papa pre-conciliare e dunque divergente dai suoi successori…
Padre Gumpel: Pio XII fu piuttosto un precursore del Concilio Vaticano II. Le cito a tal proposito un documento scritto per l’università di Marsiglia da padre Paolo Molinari (postulatore della Causa di beatificazione di Pio XII, ndr): Le presence de Pie XII au Concile Vatican II. Padre Molinari era membro della Commissione teologica del Concilio, pertanto poteva parlare di questo tema con grande competenza. Ebbene, egli confuta tutte le tesi circa la discontinuità tra Pio XII e Giovanni XXIII. Il lavoro di padre Molinari evidenzia che nei documenti del Concilio esistono 219 note con riferimenti alla dottrina di Pio XII: nessun autore è stato più citato di lui, né Sant’Agostino, né San Tommaso d’Aquino, nessun altro Padre della Chiesa. E non è tutto. Negli atti del Concilio sono presenti 1663 citazioni di Pio XII. Ciò che mi chiedo è: le persone che ritengono vi sia stata frattura dottrinale tra Pio XII e i suoi successori, hanno mai studiato questi documenti? Non credo, forse non hanno la conoscenza del latino e la competenza teologica per poterlo fare…

Il suo lavoro per la Causa di Beatificazione di Pio XII è finito da tempo. A suo avviso quanto c’è ancora da attendere prima che papa Pacelli sia iscritto nell’albo dei Beati?
Padre Gumpel: La Causa di Beatificazione per un “confessore” (colui che ha testimoniato la sua fede durante la vita terrena) segue una procedura molto meticolosa per documentare che il candidato abbia vissuto in modo esemplare e coerente al Vangelo. Procedura che si è svolta regolarmente nel caso di Pio XII. Abbiamo convocato e ascoltato 98 testimoni che l’hanno conosciuto in vari periodi della sua vita. Dopo di che io, che ero il relatore della Causa, ho raccolto e esaminato tutti i documenti presenti nell’Archivio vaticano. Successivamente, gli stessi documenti sono stati sottoposti a una commissione di storici che ha dovuto valutare, in mia presenza, se il materiale era esauriente, autentico, probativo. E ancora, la questione è passata poi a 9 teologi che hanno documentato che Pio XII ha esercitato tutte le virtù necessarie per la Beatificazione. A fine processo, come prassi, si è dovuta esprimere una commissione di 13 tra cardinali e vescovi di nazioni diverse, i quali hanno dato parere positivo su tutto l’iter di Beatificazione. Non solo, essi hanno pure espresso una raccomandazione al Papa, che era Benedetto XVI, affinché firmasse subito il decreto di approvazione. Firma che tuttavia non è avvenuta, non perché il Papa mettesse in dubbio le virtù di Pio XII, piuttosto - e ciò è comprensibile, in quanto tedesco - per non aver beghe con gli ebrei.

È giusto dunque attribuire all’intervento di alcuni settori del mondo ebraico il rallentamento della Causa?
Padre Gumpel: Anzitutto sottolineo che è molto opportuno parlare di alcuni settori e non della totalità degli ebrei. Come in tutti i grandi gruppi, si trovano persone eminenti, altre molto buone, altre mediocri e altre ancora che sono “mele marce”. Questo vale per gli ebrei e per qualunque altro gruppo. Fatta questa premessa, aggiungo che comprendo che gli ebrei avrebbero voluto una presa di posizione esplicita di Pio XII contro le deportazioni naziste. Ma a tal riguardo posso raccontare una mia personale esperienza. Io nel 1942 ero in Olanda, esiliato dalla Germania per motivi politici. Essendo un ragazzo cattolico, il 26 luglio 1942 andai alla Messa domenicale e con mia grande meraviglia ascoltai la lettera pastorale dell’unico Arcivescovo olandese, mons. De Jong, che attaccava duramente l’occupazione tedesca dell’Olanda. La mia reazione spontanea fu duplice: dapprima apprezzai il coraggio di questo presule, in un secondo momento tuttavia compresi che un simile gesto avrebbe provocato una risposta dei nazisti. Ebbene, pochi giorni dopo, il 2 agosto, la Germania attuò un’accelerazione della deportazione degli ebrei dall’Olanda, inserendo nella lista anche quegli ebrei battezzati, tra i quali si ricordano Edith Stein e sua sorella. Alla luce di questa esperienza possiamo affermare che una simile protesta non ha salvato la vita di un solo ebreo, anzi ha avuto un effetto controproducente. Pio XII ne era a conoscenza, perciò decise di agire prudentemente.

Prudenza che molti interpretano come una connivenza tra Pio XII e il Terzo Reich…
Padre Gumpel: Anni fa è stato pubblicato negli Stati Uniti un libro che raccoglie contributi di grandi professori, edito da Joseph Buttom, persona liberale, che non è sospettabile di simpatie filo-cattoliche. Il volume, che s’intitola The Pius War, afferma che i difensori di Pio XII hanno vinto ogni singola battaglia, sfatando ogni opposizione, però non hanno ancora vinto la guerra. E per vincere la guerra, aggiungo io, c’è bisogno dei mezzi d’informazione. Uno dei più grandi storici tedeschi, il prof. Konrad Repgen, mi scrisse in un’occasione che il lavoro meticoloso di noi storici è diffuso solo tra gli specialisti, mentre le masse “bevono” quanto gli viene propinato dai media, dove anche il primo idiota (come dice una citazione che mi è rimasta impressa) che racconta le più grosse stupidaggini, se le ripete più volte e attraverso canali a larga diffusione, diventa credibile alle orecchie della gente. A mio avviso l’opinione pubblica oggi è totalmente in mano a gruppi che sono ostili alla Chiesa, dunque anche a Pio XII.

È recentemente stato pubblicato un libro su un presunto progetto di Hitler per catturare Pio XII e deportarlo in Germania. Lei cosa sa di questa vicenda?
Padre Gumpel: Sono convinto che sia vero. Nell’ambiente tedesco a Roma, durante l’occupazione, circolava questa voce con una certa insistenza. Esiste la testimonianza di Nikolaus Kunkel, giovane tenente tedesco della sede del governatore militare di Roma, che rivela come si attendesse da un momento all’altro l’ordine di invadere il Vaticano. Non è la sola testimonianza da parte tedesca. C’è poi quella del generale Karl Wolff, Comandante supremo delle SS nel nord Italia, che ha rivelato direttamente a me e padre Molinari la questione. Sotto giuramento, affermò che ricevette personalmente da Hitler l’ordine di invadere il Vaticano e che riuscì però a sabotarlo. Molti pensano che lo disse per “lavarsi” la coscienza, ma a mio avviso invece fu una dichiarazione attendibile. In base a una mia esperienza personale, posso affermare che Wolff non era un criminale e nemmeno un bugiardo.

Nell’intervista rilasciata a La Vanguardia, papa Francesco si esprime espressamente a favore di Pio XII condannando le calunnie rivolte contro la sua figura. Come interpreta quest’atteggiamento?
Padre Gumpel: In un’altra intervista sullo stesso tema il Pontefice ha affermato che manca il miracolo per poter firmare il decreto per Pio XII. Affermazione che francamente mi lascia un po’ perplesso, in quanto l’attuale Papa ha sempre avuto grande devozione verso il primo sacerdote della Compagnia del Gesù, Pietro Favre, il cui processo di Beatificazione ha seguito una procedura anomala, ossia equipollente. Ciò vuol dire essenzialmente che esclude la necessità del miracolo. Di Beatificazioni avvenute senza miracolo ce ne sono del resto molte.

Crede che assisterà mai alla Beatificazione di Pio XII?
Padre Gumpel: Francamente non lo so, perché non sono un profeta… Personalmente sono però convinto che prima o poi si arriverà alla Beatificazione di Pio XII. Da storico posso constatare che spesso gli uomini di rilievo, subito dopo la loro morte, suscitano grandi reazioni negative. È solo nel corso del tempo, quando gli animi si raffreddano, che si compie una graduale rivalutazione.

lunedì 23 giugno 2014

Santa Giuliana V.M., prega per noi!


Santa Giuliana V. M.
patrona di Borgolavezzaro (NO)


Con il termine di “corpo santo” si identificano quelle reliquie ossee che, proveniente dalle catacombe romane e non solo, furono traslate nell’Urbe e nell’Orbe, in un periodo comprese tra la fine del XVI secolo e la seconda metà del XIX secolo.
 
 
 

 Perché “corpo santo” e non “santo corpo”? La differente posizione dell’attributo (santo) rispetto all’oggetto (corpo) determina una differenza sostanziale: possiamo definirla una certezza d’identità del soggetto. Il “corpo santo” è un oggetto in quanto tale, un corpo di un defunto nelle catacombe, che solo in un secondo tempo ha una valenza sacrale.
 
 
 

 Ma come riconoscere un “corpo santo” nelle catacombe? Tutte le sepolture erano di “martiri”? È un discorso molto grande che lasciamo ad altri studi, qui vogliamo solo rifarci a Marcantonio Boldetti (famoso custode pontificio e incaricato per l’estrazione dei corpi dalle catacombe), il quale dava per certe le spoglie scoperte attribuendole ad un martire dei primi tre secoli. La simbologia che definiva la sepoltura di un martire era: la palma, il XP, la scritta B.M. (“Beato Martire”), e poi nel suo interno un balsamario con “il sangue”. Spesso la lapide riportava il nome del “martire”, in caso contrario dopo l’estrazione veniva attributo un nome e i criteri di rinomina dei “corpi santi” è molto vario (ad esempio il nome del…. vescovo diocesano o pontefice in carica; titolare della Chiesa che accoglie il corpo; della catacomba da cui è estratto; eccetera).
 
 
 

 Ciò che importa, oggi come oggi, è la valenza simbolica del “corpo santo”: un cristiano della Chiesa dei primi secoli (spesso dell’Urbe e quindi la comunione con la Santa Sede), un testimone verace del Vangelo, fino al dono della propria vita con il martirio.
Infine, il culto delle reliquie, derivante dalle onoranze per i defunti, è oggi raccomandato ma non imposto dalla Chiesa. Il Concilio di Trento nella sua venticinquesima sessione lo emendò dagli eccessi e il Concilio Vaticano II così si espresse: "La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i Santi, le loro reliquie autentiche e le loro immagini".



Il culto dei “corpi santi” è oggi vario: in oblio e le reliquie scomparse; molto vivo o addirittura vivace essendo il “martire” patrono di qualche località.




Per quanto riguarda il corpo santo di Giuliana, giunse dalle catacombe di Callisto o Sebastiano nel 1602/1603 ed è custodito nel simulacro in ceroplastica presso la Parrocchia dei Santi Bartolomeo e Giuliana. La Santa Martire è venerata quale patrona di Borgolavezzaro (NO) il 16 febbraio come l'omonima martire di Nicomedia.

domenica 22 giugno 2014

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (Anno A)





* Ricòrdati … l’uomo non vive soltanto … l’uomo vive di… (Dt 8)

L’Eucaristia è un memoriale: non è semplice ricordo!
Cosa vuol dire? Ogni volta che si celebra la S. Messa si rinnova il sacrificio di Gesù, il sacrifico che dona la vita eterna!

Celebrare l’Eucaristia vuol dire ricordarsi!
Noi spesso siamo smemorati dei doni di Dio.
Qui tante riflessioni. Ci ricordiamo solo ciò che vogliamo … scusandoci che abbiamo troppe cose da pensare! Forse non sappiamo, in fondo, per chi viviamo!
Noi siamo smemorati dei doni di Dio.
Ma il Signore sempre rinnova i suoi doni!
Allora educhiamoci ogni volta che facciamo eucaristica, che facciamo comunione, di rinnovare nel silenzio del ringraziamento il ricordo dei doni ricevuti.
 


 
Mi ricordo la domanda di un bambino che mi disse: “cosa si fa dopo aver fatto la S. Comunione”?
Cosa si fa?
Prima canti con l’assemblea, e poi nel silenzio dopo la comunione ricordi il dono di Dio: Gesù che ora è in te, e poi tutti gli altri doni che il Signore ti ha fatto! Lo sposo ricorda la sposa, e viceversa; i genitori i figli, ecc….

Ma mentre ringrazi nel silenzio, devi anche far memoria se tu stai vivendo per Dio o vivi per altro? Se vivi in Dio o vivi in altro? Ecco perché si deve essere pronti per ricevere la Comunione, con una buona regola di Confessione.
 


 
Afferma Papa Francesco:
«Il Signore, tuo Dio, … ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi» (Dt 8,2). L’invito è quello di ritornare all’essenziale, all’esperienza della totale dipendenza da Dio, quando la sopravvivenza era affidata alla sua mano, perché l’uomo comprendesse che «non vive soltanto di pane, ma … di quanto esce dalla bocca del Signore» (Dt 8,3).
Oltre alla fame fisica l’uomo porta in sé un’altra fame, una fame che non può essere saziata con il cibo ordinario. E’ fame di vita, fame di amore, fame di eternità. … Nell’Eucaristia si comunica l’amore del Signore per noi: un amore così grande che ci nutre con Sé stesso; un amore gratuito, sempre a disposizione di ogni persona affamata e bisognosa di rigenerare le proprie forze.


 
* noi siamo, benché molti, un solo corpo (1 Cor 10)

Fare Eucaristia vuol dire essere uomini e donne di comunione, di fraternità, di ecclesialità … però non la comunione che penso io, non la fraternità a mia misura e nemmeno secondo lo schema mentale di Chiesa che ho in mente io!

Dice infatti Gesù:
* colui che mangia me vivrà per me. (Gv 6)

Ecco la misura da conquistare!



 
Se facciamo un vero cammino come discepoli, di Eucaristia in Eucaristia, noi rimaniamo in lui, e vivremo di Lui e in Lui, ora e nell’eternità!

Ecco perché fare la S. Comunione è gesto molto importante!
 


 
* Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». … Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. … Chi mangia questo pane vivrà in eterno. (Gv 6)
amen

domenica 15 giugno 2014

Decreti del 12 giugno 2013




Due beati e 6 venerabili:

- il miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Ludovico-Eduardo Cestac, Sacerdote diocesano, Fondatore dell'Istituto delle Figlie di Maria; nato a Bayonne (Francia) il 6 gennaio 1801 e morto ad Anglet (Francia) il 27 marzo 1868;

- il miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Irene Stefani (al secolo: Aurelia Giacomina Mercedes), Suora professa dell'Istituto delle Suore Missionarie della Consolata; nata ad Anfo (Italia) il 22 agosto 1891 e morta a Gekondi (Kenya) il 31 ottobre 1930;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Luigi Savaré, Sacerdote diocesano; nato a Cremona (Italia) il 15 agosto 1878 e morto a Lodi (Italia) il 22 marzo 1949;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Eugenio Reffo, Cofondatore e Sacerdote professo della Congregazione di San Giuseppe; nato a Torino (Italia) il 2 gennaio 1843 ed ivi morto il 9 maggio 1925;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maddalena del Sacro Cuore (al secolo: Francesca Margherita Taylor), Fondatrice delle Povere Ancelle della Madre di Dio; nata a Stoke Rochford (Inghilterra) il 20 gennaio 1832 e morta a Londra (Inghilterra) il 9 giugno 1900;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Giuseppa Scandola, Suora professa delle Suore
Missionarie delle Pie Madri della Nigrizia; nata a Bosco Chiesanuova (Italia) il 26 gennaio 1849 e morta a Lul (Sud Sudan) il 1° settembre 1903;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Itala Mela, Oblata Benedettina del Monastero di San Paolo fuori le mura; nata a La Spezia (Italia) il 28 agosto 1904 ed ivi morta il 29 aprile 1957;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Uberto Mori, Laico e Padre di famiglia; nato a Modena (Italia) il 28 gennaio 1926 e morto a Pavia (Italia) il 6 settembre 1989.

sabato 7 giugno 2014

Sant’Onorato martire romano, venerato a Molise (CB)





Con il termine di “corpo santo” si identificano quelle reliquie ossee che, proveniente dalle catacombe romane e non solo, furono traslate nell’Urbe e nell’Orbe, in un periodo comprese tra la fine del XVI secolo e la seconda metà del XIX secolo.
Perché “corpo santo” e non “santo corpo”? La differente posizione dell’attributo (santo) rispetto all’oggetto (corpo) determina una differenza sostanziale: possiamo definirla una certezza d’identità del soggetto. Il “corpo santo” è un oggetto in quanto tale, un corpo di un defunto nelle catacombe, che solo in un secondo tempo ha una valenza sacrale.
Ma come riconoscere un “corpo santo” nelle catacombe? Tutte le sepolture erano di “martiri”?È un discorso molto grande che lasciamo ad altri studi, qui vogliamo solo rifarci a Marcantonio Boldetti (famoso custode pontificio e incaricato per l’estrazione dei corpi dalle catacombe), il quale dava per certe le spoglie scoperte attribuendole ad un martire dei primi tre secoli. La simbologia che definiva la sepoltura di un martire era: la palma, il XP, la scritta B.M. (“Beato Martire”), e poi nel suo interno un balsamario con “il sangue”. Spesso la lapide riportava il nome del “martire”, in caso contrario dopo l’estrazione veniva attributo un nome e i criteri di rinomina dei “corpi santi” è molto vario (ad esempio il nome del…. vescovo diocesano o pontefice in carica; titolare della Chiesa che accoglie il corpo; della catacomba da cui è estratto; eccetera).
Ciò che importa, oggi come oggi, è la valenza simbolica del “corpo santo”: un cristiano della Chiesa dei primi secoli (spesso dell’Urbe e quindi la comunione con la Santa Sede), un testimone verace del Vangelo, fino al dono della propria vita con il martirio.
Infine, il culto delle reliquie, derivante dalle onoranze per i defunti, è oggi raccomandato ma non imposto dalla Chiesa. Il Concilio di Trento nella sua venticinquesima sessione lo emendò dagli eccessi e il Concilio Vaticano II così si espresse: "La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i Santi, le loro reliquie autentiche e le loro immagini".
Il culto dei “corpi santi” è oggi vario: in oblio e le reliquie scomparse; molto vivo o addirittura vivace essendo il “martire” patrono di qualche località.

Per quanto riguarda il corpo santo di Onorato, giunse dalle catacombe di Calepodio un osso del braccio nel 1716 portato dal barone locale. La reliquia è custodita nella Parrocchia di San Nicola. Sant’Onorato è patrono di Molise (CB), e la sua festa ricorre 2 volte l’anno: 5 luglio e 22 dicembre (data che nel Martirologio Romano ricorda S. Onorato di Tolosa).

PREGHIERA

Dio onnipotente e misericordioso,
cha hai dato a S. Onorato
un’invitta costanza
fra i tormenti del martirio,
rendici sereni nelle prove della vita e salvaci
dalle insidie del maligno.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

venerdì 6 giugno 2014

San Gerardo Tintori, prega per noi!





6 giugno
SAN GERARDO di MONZA, laico

Gerardo dei Tintori, nato a Monza nel 1135 e morto nella sua città il 6 giugno 1207. All’epoca sua, gli ospedali che sorgono in Europa sono in gran parte opera di religiosi. Ma quello di Monza, nel 1174, lo fa nascere lui, Gerardo dei Tintori: “investe” nei malati tutta la fortuna che ha ereditato dal padre. Pone l’opera sotto il controllo del Comune e dei canonici della basilica di San Giovanni Battista, e riserva a sé i compiti di fatica: portare a spalle i malati raccolti in giro, lavarli, nutrirli, servirli. Si uniscono a lui dei volontari e Gerardo li organizza come gruppo di laici, legato però da una precisa disciplina di vita in comune, con l’impegno del celibato. Uomo di carità e di preghiera, ma anche di miracoli. Si racconta che un giorno Gerardo chiede ai sacrestani di lasciarlo pregare nella basilica per tutta la notte, promettendo a ciascuno un cestino di ciliegie. E l’indomani, infatti, ecco ciliegie per tutti, appena maturate: e il fatto accade a dicembre. Alla sua morte incominciano i pellegrinaggi verso la tomba nella chiesa di Sant’Ambrogio (poi incorporata nella parrocchiale intitolata a lui). Corrono altre voci di miracoli e il suo culto si estende spontaneamente in Lombardia. L’iniziativa ufficiale, ecclesiastica, arriverà dopo. Sarà un altro futuro santo, Carlo Borromeo arcivescovo di Milano, ad avviare il processo canonico, ottenendo nel 1583 da Gregorio XIII la conferma del culto. San Gerardo è uno dei patroni di Monza, e i suoi concittadini lo anche eletto patrono della provincia “Monza e Brianza” dal 2009 con il Beato Luigi Talamoni.

(dal PROPRIO DEI SANTI della Chiesa di Milano secondo il rito romano)

giovedì 5 giugno 2014

La Chiesa e gli Zingari: annunciare il Vangelo nelle periferie



i testimoni della fede cattolica sinti-rom
Emilia, Zefirino e Giovanni Raimondo


Cari fratelli e sorelle,
in occasione dell’Incontro mondiale dei promotori episcopali e dei direttori nazionali della pastorale degli zingari, vi do il mio benvenuto e vi saluto tutti cordialmente. Ringrazio il Cardinale Antonio Maria Vegliò per le sue parole di introduzione. Il vostro convegno ha come tema «La Chiesa e gli zingari: annunciare il Vangelo nelle periferie». In questo tema c’è anzitutto la memoria di un rapporto, quello tra la comunità ecclesiale e il popolo zingaro, la storia di un cammino per conoscersi, per incontrarsi; e poi c’è la sfida per l’oggi, una sfida che riguarda sia la pastorale ordinaria, sia la nuova evangelizzazione.
Spesso gli zingari si trovano ai margini della società, e a volte sono visti con ostilità e sospetto - io ricordo tante volte, qui a Roma, quando salivano sul bus alcuni zingari, l'autista diceva: "Attenti ai portafogli"! Questo è disprezzo. Forse sarà vero, ma è disprezzo... - ; sono scarsamente coinvolti nelle dinamiche politiche, economiche e sociali del territorio. Sappiamo che è una realtà complessa, ma certo anche il popolo zingaro è chiamato a contribuire al bene comune, e questo è possibile con adeguati itinerari di corresponsabilità, nell’osservanza dei doveri e nella promozione dei diritti di ciascuno.
Tra le cause che nell’odierna società provocano situazioni di miseria in una parte della popolazione, possiamo individuare la mancanza di strutture educative per la formazione culturale e professionale, il difficile accesso all’assistenza sanitaria, la discriminazione nel mercato del lavoro e la carenza di alloggi dignitosi. Se queste piaghe del tessuto sociale colpiscono tutti indistintamente, i gruppi più deboli sono quelli che più facilmente diventano vittime delle nuove forme di schiavitù. Sono infatti le persone meno tutelate che cadono nella trappola dello sfruttamento, dell’accattonaggio forzato e di diverse forme di abuso. Gli zingari sono tra i più vulnerabili, soprattutto quando mancano gli aiuti per l’integrazione e la promozione della persona nelle varie dimensioni del vivere civile.
Qui si innesta la sollecitudine della Chiesa e il vostro specifico contributo. Il Vangelo, infatti, è annuncio di gioia per tutti e in modo speciale per i più deboli e gli emarginati. Ad essi siamo chiamati ad assicurare la nostra vicinanza e la nostra solidarietà, sull’esempio di Gesù Cristo che ha testimoniato loro la predilezione del Padre.
È necessario che, accanto a questa azione solidale in favore del popolo zingaro, vi sia l’impegno delle istituzioni locali e nazionali e il supporto della comunità internazionale, per individuare progetti e interventi volti al miglioramento della qualità della vita. Di fronte alle difficoltà e ai disagi dei fratelli, tutti devono sentirsi interpellati a porre al centro delle loro attenzioni la dignità di ogni persona umana. Per quanto riguarda la situazione degli zingari in tutto il mondo, oggi è quanto mai necessario elaborare nuovi approcci in ambito civile, culturale e sociale, come pure nella strategia pastorale della Chiesa, per far fronte alle sfide che emergono da forme moderne di persecuzione, di oppressione e, talvolta, anche di schiavitù.
Vi incoraggio a proseguire con generosità la vostra importante opera, a non scoraggiarvi, ma a continuare a impegnarvi in favore di chi maggiormente versa in condizioni di bisogno e di emarginazione, nelle periferie umane. Gli zingari possano trovare in voi dei fratelli e delle sorelle che li amano con lo stesso amore con cui Cristo ha amato i più emarginati. Siate per essi il volto accogliente e gioioso della Chiesa.
Su ciascuno di voi e sul vostro lavoro invoco la materna protezione della Vergine Maria. Grazie tante e pregate per me.

lunedì 2 giugno 2014

SANT'ERASMO VESCOVO MARTIRE





Erasmo vescovo di Antiochia? La Passio è leggendaria, ma la tradizione più accreditata è che Erasmo sia stato effettivamente vescovo di Formia, ove avrebbe subito il martirio sotto l'imperatore Diocleziano.




Il culto è attestato dal Martirologio Geronimiano con memoria il 2 giugno. È San Gregorio Magno che in una sua lettera attesta il culto del sacro corpo del vescovo Erasmo a Formia. Nell'842, le reliquie furono traslate a Gaeta e nella chiesa di Santa Maria, ritrovate nel 917 dal vescovo Bono. Sant'Erasmo fu quindi proclamato copatrono (con S. Marciano) della città e a lui fu consacrata la nuova cattedrale.





La diffusione del suo culto è legata in modo particolare al fatta che il Santo è annoverato tra i Santi Quattordici Ausiliatori: patrono dei marinai e protettore dei malati di stomaco, per via della tradizione che nel martirio fosse stato eviscerato da un argano, anche non risulta dalla Passio ma solo dall’iconografia.


Sant'Erasmo è venerato nei seguenti comuni italiani:

* Bassiano (LT)
* Borgo Canale di Bergamo
* Capaci (PA) patrono
* Castel Goffredo (MN) copatrono
* Civitella Messer Raimondo (CH)
* Corbara (SA)
* Corbara (SA) copatrono
* Formia (LT) copatrono
* Gaeta (LT) copatrono
* Jerzu (OG)
* Lerici (SP)
* Mareta (BZ)
* Monte Argentario (GR) copatrono
* Napoli (S. Erasmo ai Granili)
* Piedemonte Massicano (CE) patrono
* Porto Ercole (GR) patrono
* Pucara di Tramonti (SA)
* Reitano (ME) patrono
* Roccagorga (LT)
* S. Maria Capua Vetere (CE)
* Santeramo in Colle (BA)
* Santeramo in Colle (BA) patrono
* Torrecuso (BN) copatrono



BIBLIOGRAFIA E SITI

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II-III appendice – Ed. Città Nuova
* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2014
* sito web di wikipedia.org




domenica 1 giugno 2014

ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO A)





“Nel primo racconto”
L’autore del libro degli Atti è lo stesso autore del vangelo di Luca. È quindi l’evangelista Luca.

Prima il corpo di Gesù e poi il corpo di Maria sono in Cielo. Cioè sono non tanto in un luogo ma presso Dio.

L’Ascensione di Gesù ci ricorda che Egli è andato a prepararci un posto.

Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». (Gv 14)

Qual è la via?
Gesù la via. Seguire i suoi insegnamenti vuol dire ogni giorno vivere con la consapevolezza del Cielo: essere in Dio ogni giorno.

Contate infatti quante volte viene citata la parola Cielo! Ben 5!

«Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». (At 1)

Non preoccupati quando si compirà il bene – il Regno - , ma preoccupati di compiere bene i suoi insegnamenti: di cercare ogni giorno il suo Regno.

“Padre nostro … venga il tuo regno”

Infine.
Nel Vangelo i discepoli tornano in Galilea - così aveva ordinato alle Mirofore – le donne che vanno al sepolcro per ungere il suo corpo e lo trovano risorto - di dire Gesù ai discepoli.

Ritornare in Galilea. Dice papa Francesco:

«il luogo della prima chiamata, dove tutto era iniziato»
«Anche per ognuno di noi c'è una "Galilea" all'origine del cammino con Gesù”. "Andare in Galilea" significa qualcosa di bello, significa per noi riscoprire il nostro Battesimo come sorgente viva, attingere energia nuova alla radice della nostra fede e della nostra esperienza cristiana. Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all'inizio del cammino».
«Oggi, …, ognuno di noi può domandarsi: qual è la mia Galilea? Dov'è la mia Galilea? La ricordo? L'ho dimenticata? Sono andato per strade e sentieri che me l'hanno fatta dimenticare. Signore, aiutami: dimmi qual è la mia Galilea; sai, io voglio ritornare là per incontrarti e lasciarmi abbracciare dalla tua misericordia».

La testimonianza che Gesù chiede ai discepoli è fatta da due tappe: stare con lui, imparare da lui, accogliere il suo invito, per poi essere inviati a fare altri discepoli … “insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”.

Non si può insegnarne se non si ha imparato da lui!

L’Ascensione di Gesù ci richiama anche in questo.
Posso raccontare Gesù solo se prima sono stato con lui ad ascoltare ciò che egli diceva.

I Dodici in Galilea rinnovano la prima chiamata per poi accogliere la nuova chiamata – “fate discepoli” - sapendo che Gesù è con loro “tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

“Credi tu questo?”
Amen.