Cittadina
umbra, a 2 ore d'auto da Loreto, che diede i natali e custodisce il
corpo della prima Santa proclamata nel 2014: Angela da Foligno,
sposa, madre, terziaria francescana e mistica
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lunedì 31 marzo 2014
Pellegrinaggio a Osimo ...
Stupenda
cittadina scrigno di santità. Custodisce la memoria dei Santi
Martiri Osimani, di San Leopardo e di altri santi vescovi, e poi San
Giuseppe da Copertino e il venerabile Benvenuto Bambozzi, francescani
conventuali, fulgidi testimoni d'umiltà e mitezza.
domenica 30 marzo 2014
San Decio Martire, prega per noi!
In quel giorno, egli
verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto
mirabile da tutti quelli che avranno creduto, perché è stata
accolta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Per questo preghiamo
continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua
chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di
bene e l'opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del
Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del
nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. (2Ts 1,10-12).
Con questa esortazione di
gusto apocalittico, l’Apostolo Paolo richiama la comunità di
Tessalonica, l’odierna Salonicco, alla pienezza del bene e della
fede in virtù della testimonianza ricevuta.
La Chiesa che è in
Tessalonica ha data molti testimoni della fede alla comunità
cristiana dei primi secoli, ed anche successivamente.
Tra di essi vogliamo
ricordare Decio.
Spesso chi porta questo
nome, assai raro, mi chiede se esiste il suo onomastico. Chi porta
questo nome è spesso il decimo figlio di quelle numerose famiglie
che una volta abitavano le nostre campagne: avere tanti figli voleva
avere molte braccia da impiegare in campagna.
Avere tanti figli voleva
dire essere aperti alla vita, come dono di Dio, e se pur con poco, si
viveva tutti.
L’odierno Martirologio
Romano in data 30 marzo, commemora: A Salonicco in Macedonia, ora
in Grecia, san Donnino, martire.
Nel Martirologio Romano
antico (1956) invece leggiamo:
Die 30 Martii. Tertio
Kalendas Aprilis. Thessalonicae natalis sanctorum Martyrum Domnini,
Victoris et Sociorum.
“Et Sociorum”:
ma chi sono questi altri compagni di martirio?
Un elenco della
tradizione agiografica, definisce i compagni martirio di Donnino:
Acacio, Filòpolo, Palatino, Vittore, Decio, ed altri cinque, di cui
non si conoscono i nomi.
Come mai questa
differenza? La memoria storica su San Donnino martire a Salonicco è
ben attestata anche nei sinassari, mentre gli altri nomi sono
riportati solo nel Martirologio di Ursando e poi nel
Geronimiano e negli Acta Sanctorum dei Bollandisti.
Nulla di preciso sappiamo
di questo gruppo di martiri. Da una miniatura del Monologio di
Basilio II, conservato nella biblioteca vaticana (Cod. Vat. Gr. 1613
f. 162), del secolo XI, possiamo dedurre che testimoniarono la fede
con il dono della vita, in quanto sono raffigurati durante la
decapitazione.
Mentre nello specifico
del capo gruppo, San Donnino, sappiamo attraverso i sinassari che
ebbe i natali a Tessalonica o ad Antiochia, e fu cristiano fin
dell’infanzia. Durante la persecuzione (304 d. C.) fu chiamato
davanti al cospetto di Massimiano, davanti a cui testimoniò la sua
appartenenza a Cristo. Per questo motivo fu portato su una altura
fuori città e qui gli furono spezzate le ossa delle gambe e recisi i
piedi.
Il Martire stette in vita
, così mutilo, per sette giorni, poi spirò. San Donnino martire
ebbe grande culto nella Chiesa di San Michele Arcangelo, detta del
Litostrato, in Costantinopoli.
La memoria onomastica di
questo gruppo di santi Martiri è il 30 marzo. Auguri!
“Il Signore guidi i vostri cuori
all'amore di Dio e alla pazienza di Cristo”. (2Ts 3,5).
Pellegrinaggio a Loreto ...
Andare
a Loreto significa rinnovare il proprio sì al Padre in Gesù, Maria e
Giuseppe.
In
questo periodo poi la cittadina lauretana è un luogo calmo e
silenzioso, luogo di preghiera e di pace.
sabato 29 marzo 2014
La serie MG
* La numerazione inizia con il n° 6
01. Santa Margherita d'Antiochia (unico in piedi)
02. San Primitivo Martire – Chiesa S. Lucia al Monte in Napoli
03. San Vittore Martire - Santuario dell'Immacolata in Frattamaggiore (NA)
04. Santa Sabazia Vergine e Martire- Chiesa di Gesù e Maria delle monache in Napoli
05. San Silvano Martire - Santiago de Compostella (Spagna)
06. Santa Filomena Vergine e Martire – Campagnola (CE) – non è un corpo intero, solo reliquia su un simulacro
07. San Benedetto Martire – Chieri (TO)
08. Sant’Onorato Martire – Alife (CE)
09. Santa Colomba Vergine e Martire – Ceccano (FR)
10. San Clemente Martire - Parr. S. Giovanni Battista in S. Giovanni a Teduccio in Napoli
11. Santa Vittoria Vergine e Martire – Cimier (Francia)
12. San Felicisisimo Martire – Montella (AV)
13. San Tarcisio Martire – S. Maria dei Ruppi in Napoli (è un corpo santo?)
14. Santa Gennara Vergine e Martire – Capua (CE)
15. San Claudio Martire – Capua (CE)
16. Santa Clementina Vergine e Martire – Caturano (CE)
17. San Massimo Martire – Faicchio (BN)
18. Santa Cristina Vergine e Martire – S. Maria di Monteverginella in Napoli
19. San Modestino Martire – Monza (cattiva stampa)
20. Sant’Onorato Martire – Caltabelotta (AG)
21. San Liberatore Martire – Marigliano (NA)
22. Sant’Esuperanzio Martire – Ischia (NA)
23. Santa Maria Goretti V. M. - Chiesa SS. Annunziata in Sparanise (CE) (Statua in legno distesa)
24. Santa Vincenza Vergine e Martire – Salemi (TP)
25. San Benedetto Martire – S. Agostino in Roma
26. San Benigno Martire – Erice (TP)
27. Santa Leonzia Vergine e Martire – S. Francesco a Ripa in Roma
28. San Giusto Martire (La Coruna - Spagna )
29. San Felice Martire - Chiesa di S. Giov. Batt. in S. Giov. Gemini (AG)
30. Santa Celestina Vergine e Martire – Alcamo (TP)
31. Santa Filocia Vergine e Martire – Cinisi (PA)
32. Santa Vittoria Vergine e Martire – S. Maria sopra Minera in Roma
33. San Teofilo Martire – Castelbuono (PA) (cattiva stampa)
34. San Sabianiano Martire – Terriciola (PI)
35. Santa Nigella Vergine e martire – Caprarola (VT)
36. San Rustico Martire (errore di stampa) - San Giocondo Martire, Policastro Bussentino – SA)
37. San Benedetto Martire - Chiesa di S. Giov. Batt. (Corsica, Francia)
38. San Candido Martire - Parr. S. Giov. Batt. e S. Stefano in Choroszoz (Polonia)
39. Sant’Adiutore Martire - Chiesa Francescana di Wexford (Irlanda)
40. San Romano Martire – parrocchia di San Romano in Roma
martedì 25 marzo 2014
venerdì 14 marzo 2014
Esercizi Spirituali di Quaresima 2014 (TERZO GIORNO)
TERZO giorno
Il seme buono: San Francesco di Paola, eremita
Il campo è il mondo: l’ ecologia e la cura del creato
“Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e d'intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua bocca,
con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio.
La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.
Il lupo dimorerà insieme con l'agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.
La mucca e l'orsa pascoleranno insieme;
i loro piccoli si sdraieranno insieme.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;
il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la terra
come le acque ricoprono il mare”. (Is 11, 1 – 9).
Un brano profetico che la liturgia ci propone nel Tempo di Avvento. Gesù è Colui che compie le profezie. Egli è il “germoglio (che) spunterà dal tronco di Iesse … virgulto germoglierà dalle sue radici”.
Gesù è il nuovo inizio della stirpe umana, il germoglio immacolato che è germinato da un corpo immacolato: la Vergine Maria.
In Gesù c’è la pienezza dello Spirito. Egli “si compiacerà del timore del Signore”, perché in Gesù tutto compiace l’amore del Padre, da cui tutto ha principio perché Egli è l’Altissimo.
In Gesù tutto si rinnova e ritorna alla sua santa origine quando nel giardino del primo uomo tutto era in armonia, senza prede e predatori: “Il leone si ciberà di paglia, come il bue”.
Infatti si legge in Genesi:
“Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne”.
Gesù è venuto a ricreare questa giustizia e pace universale con tutto il creato.
Esiste il cattolico vegetariano? Secondo un distorta rilettura della Parola di Dio, sì!
Però chi ha conosce la Bibbia e la legge nel suo insieme sa che Gesù non è “venuto ad abolire la Legge o i Profeti; … ma a dare pieno compimento”. (Mt 5, 17).
Ricordiamo la visione di Pietro (At 10,9 - 23). Questo è il titolo che di solito si dà a questo racconto, ma se si osserva attentamente Pietro, lo si potrebbe intitolare: “la conversione di Pietro”. Il testo afferma che un giorno, «mentre quelli (i messaggeri di Cornelio) si stavano avvicinando alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare». Qui ci si aspetterebbe la preghiera e, invece, si dice qualcosa che sembra banale, ma non lo è, poiché introduce il tema “cibo”, molto importante nel testo. Perciò si dice «che gli venne fame e voleva prendere cibo, ma mentre glielo preparavano entrò in estasi». Era il cielo che gli offriva da mangiare. «Vide infatti una grande tovaglia che scendeva dal cielo piena di ogni sorta di animali e sentì una voce che gli diceva: “Su, uccidi e mangia”». Pietro inorridito esclamò: «Non sia mai, Signore. Io non ho mai mangiato qualcosa di profano e di impuro». Sono già passati parecchi anni, ma Pietro non ha ancora assimilato l’insegnamento di Gesù che diceva: «Non quello che entra nell’uomo lo rende impuro… dichiarando così puro ogni alimento» (Mc 7,15.19).
Detto questo si capisce che non esiste un pensiero cattolico vegetariano .. il nostro Dio non si perde su ciò che mangiamo, ma su come viviamo, anche nel rapporto con il cibo e con il creato.
Stando al nostro percorso chi è il “seme buono” tra i figli del Regno che ci può insegnare un buon rapporto con il creato e le creature? Certo Francesco d’Assisi, il patrono dell’ecologia, ma anche Francesco di Paola è un santo che rifulse per la sua attenzione al creato e alle creature ispirato dall’omonimo d’Assisi.
Lo chiamarono Francesco in onore del santo d'Assisi – appunto - al quale avevano chiesto di intercedere per un figlio che, nonostante quindici anni di matrimonio, non era ancora nato. Era il 27 marzo 1416. Nella casa di Giacomo d'Alessio e di sua moglie Vienna, una famiglia di origini modeste, ma non povera perché possedeva dei terreni, parenti e amici festeggiarono il neonato. Oggi quella casa di Paola, una cittadina calabrese sul Mar Tirreno, non esiste più perché è stata trasformata in una piccola chiesa.
Ma la gioia dei genitori non durò a lungo: non era ancora trascorso un mese che la madre scoprì un piccolo ascesso nell'occhio sinistro del bimbo che rapidamente si estese sino a offendere la cornea. Quando ormai i medici disperavano di salvare l'occhio, la madre fece un voto a San Francesco d'Assisi: di tenere il figlio in un convento di Minori per un anno intero facendogli vestire l'abito dell'Ordine. Tornata a casa dalla chiesa, si accorse che l'ascesso era sensibilmente diminuito. Dopo qualche giorno l'occhio era perfettamente guarito.
Francesco imparò a leggere e a scrivere non prima dei tredici anni quando i genitori, per sciogliere il voto, lo condussero nel convento dei Francescani, a San Marco Argentano. Il ragazzo rivelò subito doti non comuni. Pare stupisse i frati dormendo per terra, digiunando spesso e pregando continuamente.
Quando ormai stava finendo l'anno votivo i frati chiesero a Francesco se volesse restare con loro; ma il ragazzo rispose, sorprendendoli, che diversa era la volontà del Signore alla quale doveva uniformarsi. Egli stesso non la conosceva ancora bene; sicché propose ai genitori di condurlo in pellegrinaggio fino ad Assisi: quel "viaggio" gli avrebbe permesso di scoprirla.
Dopo che i tre pellegrini ritornarono dal pellegrinaggio, Francesco non volle rientrare a casa e si ritirò con il consenso dei genitori in un campo che apparteneva al padre, a quasi un chilometro dall'abitato: era il 1429.
Ma presto si accorse che quel luogo non era il più adatto al raccoglimento e alla contemplazione perché si trovava presso un crocicchio e molti curiosi potevano giungervi facilmente. Dopo qualche mese si ritirò in una grotticella sul fianco di una valletta che apparteneva a una parente. Con una zappa ne allargò l'apertura e la scavò per renderla abitabile: era quello il romitorio che cercava. Nella grotta, che si conserva ancora adesso all'interno del santuario di Paola, visse per cinque anni in penitenza e contemplazione. Il giovane eremita temeva che quelle visite lo distogliessero dalla contemplazione. Poi comprese pregando che doveva dedicare parte del suo tempo ad aiutare gli altri.
Siccome la grotticella era poco adatta ad accogliere i visitatori si spostò più a valle, su un terreno del padre, costruendo una cella là dove ora vi sono i sotterranei del convento antico. Alcuni giovani, che erano venuti a trovarlo più volte, gli chiesero di vivere come lui nella preghiera e nella solitudine. Così nacque con una cappella e tre cellette il primo nucleo del futuro Ordine dei Minimi.
Una delle caratteristiche del nuovo Ordine è il voto perpetuo di Quaresima. Che inizialmente il papa dell’epoca non volle approvare pur permettendone l'osservanza. Il quarto voto di astinenza quaresimale era ed è da carni, uova, latticini e derivati.
Un voto particolare, unico nella Chiesa.
Due episodi e miracoli del Santo di Paola, ricordano il suo amore per il creato e le creature.
Nella fornace di Paola – costruita per fare i mattoni per il costruire il proto convento dell’Ordine - è avvenuto il miracolo di Martinello.
Martinello era un agnellino caro a Francesco. Un giorno i muratori che lavoravano al convento se lo mangiarono gettando le ossa nella fornace ardente. Quando il santo lo venne a sapere, non si scompose e, avvicinandosi alla fornace, spiegò che Martinello era così ubbidiente che avrebbe eseguito i suoi ordini ovunque si trovasse: l'agnellino rispose subito al suo richiamo uscendo dalla fornace, vivo.
Poco più in là delle fornace c’è "l'acqua della cucchiarella", così detta dall'arnese che si usa per attingerla. E una fonte che Francesco fece sgorgare battendo col bastone sopra un sasso tufaceo quando i muratori si lamentavano, durante un torrido pomeriggio estivo, che per dissetarsi erano costretti a scendere fino al rivo. Nell’"acqua della cucchiarella" il santo teneva una trota, Antonella, alla quale portava briciole di pane. Un giorno il pesce, che si avvicinava senza timore prendendo il pane dalle sue mani, si lasciò catturare da un prete che se lo portò a casa cucinandolo; ma non fece in tempo a mangiarlo perché un frate, mandato da Francesco, glielo venne a richiedere. Indispettito, il prete lo gettò per terra. Il frate ne raccolse i tanti pezzi portandoli al Santo che li mise nell'acqua della fonte dicendo: "Per carità, ritorna a vivere". E Antonella resuscitò.
Deliziosi episodi che ci danno l’input per una riflessione sull’ecologia e sulla custodia del creato.
Mi rifaccio alle parole di Papa Francesco, che ci ricorda:
“Quando parliamo di ambiente, del creato, il mio pensiero va alle prime pagine della Bibbia, al Libro della Genesi, dove si afferma che Dio pose l’uomo e la donna sulla terra perché la coltivassero e la custodissero (cfr 2,15). E mi sorgono le domande: Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Noi stiamo veramente coltivando e custodendo il creato? Oppure lo stiamo sfruttando e trascurando? Il verbo “coltivare” mi richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta attenzione, passione e dedizione! Coltivare e custodire il creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti. Benedetto XVI ha ricordato più volte che questo compito affidatoci da Dio Creatore richiede di cogliere il ritmo e la logica della creazione. Noi invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non la “custodiamo”, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura. Stiamo perdendo l’atteggiamento dello stupore, della contemplazione, dell’ascolto della creazione; e così non riusciamo più a leggervi quello che Benedetto XVI chiama “il ritmo della storia di amore di Dio con l’uomo”. Perché avviene questo? Perché pensiamo e viviamo in modo orizzontale, ci siamo allontanati da Dio, non leggiamo i suoi segni.
Ma il “coltivare e custodire” non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo. La persona umana è in pericolo: questo è certo, la persona umana oggi è in pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo una questione di economia, ma di etica e di antropologia. La Chiesa lo ha sottolineato più volte; e molti dicono: sì, è giusto, è vero… ma il sistema continua come prima, perché ciò che domina sono le dinamiche di un’economia e di una finanza carenti di etica. Quello che comanda oggi non è l'uomo, è il denaro, il denaro, i soldi comandano. E Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la terra non i soldi, ma a noi: agli uomini e alle donne, noi abbiamo questo compito! Invece uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la “cultura dello scarto”. Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità. Se una notte di inverno, qui vicino in via Ottaviano, per esempio, muore una persona, quella non è notizia. Se in tante parti del mondo ci sono bambini che non hanno da mangiare, quella non è notizia, sembra normale. Non può essere così! Eppure queste cose entrano nella normalità: che alcune persone senza tetto muoiano di freddo per la strada non fa notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città, costituisce una tragedia. Uno che muore non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le borse è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti.
Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione. Una volta i nostri nonni erano molto attenti a non gettare nulla del cibo avanzato. Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene, però, che il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame! Invito tutti a riflettere sul problema della perdita e dello spreco del cibo per individuare vie e modi che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi.
Pochi giorni fa, nella Festa del Corpus Domini, abbiamo letto il racconto del miracolo dei pani: Gesù dà da mangiare alla folla con cinque pani e due pesci. E la conclusione del brano è importante: «Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi avanzati: dodici ceste» (Lc 9,17). Gesù chiede ai discepoli che nulla vada perduto: niente scarti! E c’è questo fatto delle dodici ceste: perché dodici? Che cosa significa? Dodici è il numero delle tribù d’Israele, rappresenta simbolicamente tutto il popolo. E questo ci dice che quando il cibo viene condiviso in modo equo, con solidarietà, nessuno è privo del necessario, ogni comunità può andare incontro ai bisogni dei più poveri. Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme.
Vorrei allora che prendessimo tutti il serio impegno di rispettare e custodire il creato, di essere attenti ad ogni persona, di contrastare la cultura dello spreco e dello scarto, per promuovere una cultura della solidarietà e dell’incontro”. (5 giugno 2013)
DOMANDE PER RIFLETTERE
* Mi sono mai domandato se e come alimento la cultura dello scarto?
* Mi impegno ad educare le nuove generazioni al rispetto del cibo e del creato?
* Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme. Il rispetto del creato e dell’uomo camminano insieme. Come coltivare questo insegnamento nel mio piccolo di ogni giorno?
giovedì 13 marzo 2014
Tra i santi del giorno ....
Beato Agnello da Pisa |
"A Oxford in Inghilterra, beato Agnello da Pisa, sacerdote, che, mandato da san Francesco prima in Francia e poi in Inghilterra, vi istituì l’Ordine dei Minori e promosse lo studio delle scienze sacre". (M.R.)
"A Camerino nelle Marche, sant’Ansovino, vescovo". (M.R.)
"A Córdova nell’Andalusia in Spagna, passione dei santi Ruderico (Rodrigo), sacerdote, e Salomone, martiri: il primo, rifiutatosi di credere che Maometto fosse vero profeta inviato dall’Onnipotente, fu gettato in carcere, dove incontrò Salomone, che in precedenza aveva per qualche tempo aderito alla religione maomettana, e insieme portarono gloriosamente a termine la loro prova con la decapitazione". (M.R.)
"Nel monastero di Cava de’ Tirreni in Campania, beato Pietro II, abate". (M.R.)
"Oggi abbiamo la gioia di incontrarci nella solennità di Tutti i Santi. Questa festa ci fa riflettere sul duplice orizzonte dell’umanità, che esprimiamo simbolicamente con le parole “terra” e “cielo”: la terra rappresenta il cammino storico, il cielo l’eternità, la pienezza della vita in Dio. E così questa festa ci fa pensare alla Chiesa nella sua duplice dimensione: la Chiesa in cammino nel tempo e quella che celebra la festa senza fine, la Gerusalemme celeste. Queste due dimensioni sono unite dalla realtà della «comunione dei santi»: una realtà che comincia quaggiù sulla terra e raggiunge il suo compimento in Cielo. Nel mondo terreno, la Chiesa è l’inizio di questo mistero di comunione che unisce l’umanità, un mistero totalmente incentrato su Gesù Cristo: è Lui che ha introdotto nel genere umano questa dinamica nuova, un movimento che la conduce verso Dio e al tempo stesso verso l’unità, verso la pace in senso profondo. Gesù Cristo - dice il Vangelo di Giovanni (11,52) - è morto «per riunire insieme i figli di Dio dispersi», e questa sua opera continua nella Chiesa che è inseparabilmente «una», «santa» e «cattolica». Essere cristiani, far parte della Chiesa significa aprirsi a questa comunione, come un seme che si schiude nella terra, morendo, e germoglia verso l’alto, verso il cielo.
I Santi - quelli che la Chiesa proclama tali, ma anche tutti i santi e le sante che solo Dio conosce, e che oggi pure celebriamo - hanno vissuto intensamente questa dinamica. In ciascuno di loro, in modo molto personale, si è reso presente Cristo, grazie al suo Spirito che opera mediante la Parola e i Sacramenti. Infatti, l’essere uniti a Cristo, nella Chiesa, non annulla la personalità, ma la apre, la trasforma con la forza dell’amore, e le conferisce, già qui sulla terra, una dimensione eterna. In sostanza, significa diventare conformi all’immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29), realizzando il progetto di Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Ma questo inserimento in Cristo ci apre - come avevo detto - anche alla comunione con tutti gli altri membri del suo Corpo mistico che è la Chiesa, una comunione che è perfetta nel «Cielo», dove non c’è alcun isolamento, alcuna concorrenza o separazione. Nella festa di oggi, noi pregustiamo la bellezza di questa vita di totale apertura allo sguardo d’amore di Dio e dei fratelli, in cui siamo certi di raggiungere Dio nell’altro e l’altro in Dio. Con questa fede piena di speranza noi veneriamo tutti i santi, e ci prepariamo a commemorare domani i fedeli defunti. Nei santi vediamo la vittoria dell’amore sull’egoismo e sulla morte: vediamo che seguire Cristo porta alla vita, alla vita eterna, e dà senso al presente, ad ogni attimo che passa, perché lo riempie d’amore, di speranza. Solo la fede nella vita eterna ci fa amare veramente la storia e il presente, ma senza attaccamenti, nella libertà del pellegrino, che ama la terra perché ha il cuore in Cielo.
La Vergine Maria ci ottenga la grazia di credere fortemente nella vita eterna e di sentirci in vera comunione con i nostri cari defunti".
(Benedetto XVI, 1 novembre 2012)
mercoledì 12 marzo 2014
Esercizi Spirituali di Quaresima 2014 (SECONDO GIORNO)
SECONDO giorno.
Il seme buono: Santa Marina o Marino vergine
Il campo è il mondo: la sessualità e la corporeità
“Ascoltate, figli, come disciplinare la bocca,
chi ne tiene conto non sarà colto in flagrante.
Il peccatore è vittima delle proprie labbra,
il maldicente e il superbo vi trovano inciampo.
Non abituare la bocca al giuramento,
non abituarti a proferire il nome del Santo.
Infatti, come un servo interrogato accuratamente
non mancherà di prendere lividure,
così chi giura e pronuncia il Nome di continuo
di certo non sarà esente da peccato.
Un uomo dai molti giuramenti accumula iniquità;
il flagello non si allontana dalla sua casa.
Se sbaglia, il suo peccato è su di lui;
se non ne tiene conto, pecca due volte.
Se giura il falso, non sarà giustificato,
e la sua casa si riempirà di sventure.
C'è un modo di parlare paragonabile alla morte:
che non si trovi nella discendenza di Giacobbe!
Da tutto questo infatti staranno lontano i pii,
così non si rotoleranno nei peccati.
Non abituare la tua bocca a grossolane volgarità,
in esse infatti c'è motivo di peccato.
Ricorda tuo padre e tua madre
quando siedi tra i grandi,
perché non lo dimentichi davanti a loro
e per abitudine non dica sciocchezze,
e non giunga a desiderare di non essere nato
e maledica il giorno della tua nascita.
Un uomo abituato a discorsi ingiuriosi
non si correggerà in tutta la sua vita.
Due tipi di persone moltiplicano i peccati,
e un terzo provoca l'ira:
una passione ardente come fuoco acceso
non si spegnerà finché non sia consumata;
un uomo impudico nel suo corpo
non desisterà finché il fuoco non lo divori;
per l'uomo impudico ogni pane è appetitoso,
non si stancherà finché non muoia.
L'uomo infedele al proprio letto
dice fra sé: «Chi mi vede?
C'è buio intorno a me e le mura mi nascondono;
nessuno mi vede, perché temere?
Dei miei peccati non si ricorderà l'Altissimo»” (Sir 23, 7 – 18)
Maldicenza e sessualità sono all’origine del dramma e della santità di Santa Marina, o Marino vergine.
Marina nacque in Bitinia, antica regione dell'Asia Minore, da genitori cristiani nel 725 circa. Dopo la morte della madre, il padre, di nome Eugenio, ancora addolorato per la perdita dell'amata moglie, decise di ritirarsi a vita monastica in Siria. Marina in cuor suo era molto triste per la lontananza dell'amato padre. Anche Eugenio soffriva molto. Allora un giorno, recatosi dall'abate, mediante un innocuo stratagemma, disse che a casa aveva un figlio, il quale aveva espresso ripetutamente il desiderio di poter entrare nel convento. L'abate, commosso, consentì ad Eugenio di poter portare il figlio. Eugenio allora partì e prese con sé la figlia. Marina entrò in convento con il nome di fra Marino, vestendosi da uomo, in quanto non era ammesso alle donne entrarvi. Non era difficile per Marina dissimulare il proprio sesso, il padre gli aveva tagliato i lunghi capelli, inoltre i frati vivevano in celle molto buie indossando un grande cappuccio che copriva il loro volto. Restò in monastero anche dopo la morte del padre, conducendo vita monastica e seguendo gli insegnamenti dell'amato padre.
Durante un lungo viaggio, per raccogliere provviste per il monastero – la questua - con alcuni confratelli passò la notte in una locanda. La figlia del locandiere, rimasta incinta di un soldato la notte stessa, accusò successivamente il "monaco Marino" del misfatto. I genitori della ragazza, infuriati, corsero al monastero e raccontarono tutto all'abate, che rimase allibito, non credendo per nulla alle accuse che venivano rivolte verso uno dei suoi frati. Marina - fra Marino - accusata ingiustamente, andò col pensiero a Dio e, invece di discolparsi, si autoaccusò di una colpa non sua. L'abate, addolorato, la cacciò immediatamente dal monastero e le fu affidato, subito dopo lo svezzamento, il bambino, che secondo la tradizione si chiamava Fortunato, e che allevò con mezzi di fortuna. Restò sempre nei dintorni del monastero facendo penitenza per una colpa che non aveva mai commesso ed elemosinando il poco cibo che serviva per il piccolo Fortunato.
Finalmente, dopo tre lunghi anni, dietro intercessione dei monaci, che mai avevano creduto all'accusa verso il confratello, l'abate riammise in monastero fra Marino, a condizione che si mettesse al completo servizio della comunità monastica. Ma troppo duri erano stati i sacrifici, tanto che avevano colpito il fisico di Marina. Poco tempo dopo, nel 740 circa, infatti morì. I monaci, mentre lo lavavano e vestivano, prima della sepoltura, fecero la sorprendente scoperta e capirono allora di quale grossa diffamazione fosse stata vittima e l'ammirarono per la sua grande rassegnazione. Grande fu la commozione dell'abate e dei confratelli davanti al corpo di Marina. La stessa figlia del locandiere, rimasta posseduta dal demonio dopo l'accaduto, corse al convento e santa Marina compì il suo primo grande miracolo, liberandola dal male.
Fu sepolta nel monastero, da dove il sacro corpo incorrotto fu trasferito dopo qualche tempo in Romania ed infine a Venezia, dove ancora oggi si venera nella Chiesa di Santa Maria Formosa.
Questa vicenda, molto curiosa, ci può portare a fare alcune riflessioni sul campo del mondo che è la sessualità e la corporeità. Un vasto campo. Ci soffermiamo su due tematiche molto gettonate sotto il pontificato di Papa Francesco: uso delle parole (maldicenza) e l’omosessualità.
Spesso il Santo Padre Francesco ha affrontato il tema della maldicenza nella Chiesa.
In quasi un anno di pontificato nei suoi discorsi “ufficiali” papa Francesco ha pronunciato molte parole. Parole che stanno cambiando e vogliono cambiare l’alfabeto della Chiesa.
Ad esempio: il nome “Gesù”, nome proprio e familiare, è molto più usato del più teologico “Cristo”.
Quel che nettamente Francesco non vuole nella “sua” Chiesa sono le “chiacchiere”, parola che ritorna spesso e sempre con connotazione fortemente negativa. «Su “chiacchiere” e “lamentela” invece il Papa ritorna molto spesso, nella sua offensiva contro il “cattivo parlare”. Un’offensiva senza sconti, tra le più emblematiche del suo parlare, che tocca tutti i campi del vivere, dai vertici della Chiesa all’ambito domestico.
Sintomo di cattiveria: «La chiacchiera è uno “spellare” l’altro»; addirittura di sadismo: «non so perché c’è una gioia oscura nella chiacchiera»; sintomo anche di tradimento: «facendo di una persona un oggetto di chiacchiericcio, la si tratta come una mercanzia, viene venduto al mercato del pettegolezzo. Era accaduto anche a Gesù» (Santa Marta, 3 aprile).
La “chiacchiera” è nemica della virtù più bella della comunità la “mitezza” (altra preziosa notazione linguistica di Francesco), perché agisce sottobanco. Mina le relazioni, parlando non al diretto interessato, ma «a tutto il quartiere». È il vizio di immischiarsi nelle vite degli altri».
Ecco alcuni discorsi del Papa, su questo tema:
"Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell'altro, bastonare un po' l'altro, sono cose quotidiane, che capitano a tutti, anche a me, sono tentazioni del maligno"… "Sempre ci sono queste lotte". "E questa non è la vita nuova”… "che ci fa nascere in una vita nuova, ci fa miti, caritatevoli"… "la vita nuova che noi abbiamo ricevuto nel Battesimo".
"Se, con la grazia dello Spirito, riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo avanti" e "ci farà bene a tutti". "Lo Spirito porti la pace nelle comunità cristiane e insegni ai suoi membri ad essere miti, rinunciando a sparlare degli altri". (7 aprile 2013)
"Quanto si chiacchiera nella Chiesa. Quanto chiacchieriamo noi cristiano. La chiacchiera è proprio spellarsi? Farsi male l'uno all'altro. È come se volesse diminuire l'altro: invece di crescere io, faccio che l'altro sia più basso e mi sento grande. Quello non va. Sembra bello chiacchierare... non so perché, ma sembra bello. Come le caramelle di miele, no? Tu ne prendi una e poi un'altra, e alla fine ti viene il mal di pancia. E perché? La chiacchiera è così. È dolce all'inizio e poi ti rovina, ti rovina l'anima"… "Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa. È un po’ lo spirito di Caino: ammazzare il fratello, con la lingua; ammazzare il fratello"… "Su questa strada diventiamo cristiani di buone maniere e cattive abitudini". (19 maggio 2013)
«Noi siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi. Ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di uccidere il fratello e la sorella con la lingua!». «In questi giorni stiamo parlando tanto della pace, vediamo le vittime delle armi, ma bisogna pensare anche alle nostre armi quotidiane: la lingua, le chiacchiere, lo spettegolare». (2 settembre 2013).
Essere “buon seme”, vuol dire anche bandire dal mio quotidiano la chiacchiera che viene dal maligno, perché semina guerra nella Chiesa, nella famiglia e negli amici, corrode le vere relazioni, causando sospetto e distruzione. Ripensate alla drammatica vicenda di S. Marina!.
Una parentesi. “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”.
Dire il falso vuol dire costruire un mondo falso!
Quando eravamo piccoli ci insegnavano che non bisognava giurare! Perché?
Anzitutto il giuramento evidenzia una certa sfiducia tra le persone; si dubita dell’onestà e della sincerità altrui.
Per Gesù bisogna essere fraterni anche in questo e soprattutto essere sinceri nella carità.
Attenti! La menzogna si costruisce con molte parole, invece la sincerità chiede poche parole: “il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno”.
Altra tematica è l’omosessualità. Famosa è frase attribuita a Papa Francesco: “chi sono io per giudicare”
Ma in realtà il discorso del Santo Papa era molto più profondo; ascoltiamolo.
"Si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato nessuno che mi dia la carta d’identità, in Vaticano. Dicono che ce ne sono. Ma si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Le lobby, tutte, non sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore è una buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte". (Papa Francesco, 29 luglio 2013)
Cosa afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, citato dal Papa?
2357 - L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (Cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10), la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». (Persona humana, 8). Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358 - Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 - Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
Interessante questa conclusione! “avvicinarsi alla perfezione cristiana”: è cos’è? Il Concilio Vaticano II chiama perfezione cristiana la santità. Ricordo una bella affermazione di Papa Benedetto XVI: “La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua”. (Udienza generale, 13 aprile 2011). Anche un omosessuale è chiamato alla santità. Ci pensate!!
DOMANDE PER RIFLETTERE
* Maldicenza, lingua, chiacchiere, spettegolare: in che stato di perfezione cristiana sono?
* Mi sento parte di quelle persone che provano “una gioia oscura” nel fare maldicenza? Perché?
* Ho un senso di rispetto del mio prossimo, senza sospetti, fraterno e sincero nella carità?
* Omosessualità. Appartengo a quelli che su questo argomento sono ignoranti o “bevono” ciò che dice il pensiero forte comune della Tv o del sentito dire? Come mi comporterei se avessi un mio congiunto omosessuale? Il Catechismo dice: devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. Ricordiamocelo sempre!
* Mi informo per affrontare con intelligenza, carità e sapienza cristiana le sfide di questo mondo, non tanto per lottare contro il mondo ma per cambiarlo come un seme buono?
* * *
APPRONDIMENTO
A volte si sente dire: “La Chiesa accetta l’omosessualità come naturale e normale”, o “La Chiesa condanna gli omosessuali.” Per chiarire questa confusione e bene citare e commentare gli undici affermazioni di una lettera del 1986 intitolata “Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” (CDF).
1. L’unione amorosa e donatrice di vita
“La Chiesa … celebra nel sacramento del matrimonio il disegno divino dell’unione amorosa e donatrice di vita dell’uomo e della donna.” CDF Lettera, n. 7
Dio ha creato il sesso per due scopi congiunti: la felicità di un uomo e una donna uniti nell’amore coniugale e la felicità di una nuova vita che nasce da questa unione. Togliete uno dei due – ad esempio con l’adulterio, la prostituzione, masturbazione, sesso prematrimoniale o attività omosessuale – e l’attività sessuale diventa negativa e limitante, perché questi due obiettivi sono iscritti in noi. Siamo fatti fisicamente per amare e per generare nuova vita. Atti sessuali non conformi a questo disegno ci separano da una parte di noi stessi e da ciò che Dio vuole per noi; escludono e sopprimono una parte di ciò che il sesso è e parte di ciò che noi siamo.
2. Un disegno sessuale complementare
“Scegliere un’attività sessuale con una persona dello stesso sesso equivale ad annullare il ricco simbolismo e il significato, per non parlare dei fini, del disegno del Creatore a riguardo della realtà sessuale. L’attività omosessuale non esprime un’unione complementare, capace di trasmettere la vita…” CDF Lettera, n. 7
Il piano di Dio per noi è quello di partecipare al mistero del maschile e del femminile, percorrere la distanza tra i sessi e unirsi. L’omosessualità usa il sesso per qualcosa di diverso da ciò che il Creatore ha inteso. La natura dei nostri corpi non richiede complicati dati scientifici per dimostrare l’ovvio fatto che i nostri corpi non sono fatti per l’unione di persone dello stesso sesso. La Chiesa sta dicendo che neanche i nostri cuori lo sono e quindi non è buono per noi o per la nostra felicità e crescita a lungo termine. Dio ci ha creati fisicamente ed emotivamente per “l’unione complementare” e la procreazione.
3. L’inclinazione omosessuale è oggettivamente disordinata
“… la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata.” CDF Lettera, n. 3
Le attrazioni erotiche per persone dello stesso sesso possono sorgere per una serie di motivi che possono essere compresi, sia psicologicamente che emotivamente. A volte sono temporanee – soprattutto per gli adolescenti – ma per alcune persone, i sentimenti omosessuali sono profondamente radicati e difficili da superare. La Chiesa dice che non è un peccato avere tali attrazioni (soprattutto se l’elemento erotico non è alimentato volutamente), ma è un disordine oggettivo, un problema.
Può essere difficile capire che cosa sia un “disordine oggettivo”. Ciò significa che l’inclinazione verso un atto omosessuale indica che il desiderio stesso si sta muovendo nella direzione sbagliata, normalmente la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne ha un’attrazione naturale, data da Dio, verso l’unione fisica con una persona del sesso opposto. Questo è naturale e buono perché conduce la maggior parte delle persone al matrimonio, mentre l’attrazione per lo stesso sesso, sebbene non peccaminosa in se, finisce in un atto disordinato, se vi si acconsente.
Si potrebbe obiettare che un uomo che compie adulterio con una donna incorra in un atto disordinato, ma l’inclinazione a tale atto è considerata naturale sebbene mal indirizzata in circostanze ordinarie. Sotto la circostanza del matrimonio però questa inclinazione è buona perché porta ad un rafforzamento dell’unione tra uomo e donna ed alla procreazione di un figlio.
Le attrazioni erotiche per persone dello stesso sesso non portano ad un rafforzamento dell’unione tra uomo e donna, né alla procreazione di un figlio, perciò sono considerate oggettivamente disordinate, ma non peccato in sé e per sé.
4. Non è moralmente accettabile
“Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile. […] È solo nella relazione coniugale che l’uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto.” CDF Lettera, nn. 3 e 7
5. La Chiesa non chiama nessuno “omosessuale”
“La Chiesa … rifiuta di considerare la persona puramente come un «eterosessuale» o un «omosessuale» e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna.” CDF Lettera, n. 16
La Chiesa non mette un’etichetta su nessuno. Dire che qualcuno è “gay” o “lesbica” o un “omosessuale” è definire una persona nella sua interezza mediante un solo aspetto. Questo può paralizzare l’identità di una persona e bloccarne l’ulteriore crescita emotiva. Questo è proprio il tipo di etichettatura che genera il pregiudizio e la discriminazione. La Chiesa si oppone a ogni comportamento che definisce immorale, ma insegna sempre il sostegno ed il rispetto per la persona. Etichettare qualcuno significa limitarlo e mancargli di rispetto.
6. La Chiesa condanna la malizia violenta
“Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino.” CDF Lettera, n. 10
Alcune persone disprezzano coloro che lottano contro le attrazioni omosessuali. La Chiesa condanna ogni espressione di questo atteggiamento, per esempio: barzellette contro gay o lesbiche, attacco verbale e fisico, l’esclusione sociale, il rifiuto di amici o familiari, l’evitare il tema dell’omosessualità e così via. Questo comportamento è decisamente sbagliato. E’ ciò che la Chiesa chiama “peccato contro la carità.” Le persone che lottano con pulsioni omosessuali devono affrontare numerose sfide. Hanno bisogno di amore e d’incoraggiamento, non maltrattamenti.
7. Rispetto per ogni persona
“La dignità propria di ogni persona deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.” CDF Lettera, n. 10
Quando senti commenti offensivi su persone che lottano con l’omosessualità, la Chiesa dice: non tollerarlo. Prendi posizione. Quando un amico o un familiare ti confida che sperimenta attrazioni omosessuali, questo è il momento in cui la tua amicizia e risposta cristiana contano davvero. I buoni amici si correggono vicendevolmente, quindi puoi e devi dire quello che credi. Puoi continuare a mostrare sia l’amore cristiano che la fedeltà alla Verità, non importa quale decisione prendano.
8. Pressioni sulla Chiesa
“… oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all’interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali.” CDF Lettera, n. 8
Uno dei più difficili compiti della Chiesa è quello di dire la verità con amore e fronteggiare le idee ed i comportamenti auto-distruttivi di ogni società e spesso quelle società fanno opposizione. Il nostro “vero amore” cristiano insiste sul fatto che Dio ha in mente per noi più di quanto l’attività omosessuale potrà mai offrire. La nostra antica tradizione giudaico-cristiana sta subendo un forte attacco soprattutto in America. Ogni giovane cattolico si può aspettare di sentire queste pressioni -alcune anche da dissidenti all’interno della Chiesa, alcune da parte di insegnanti o consulenti, altrimenti rispettati. Se affermi apertamente la dottrina della Chiesa e chiedi ad un tuo amico di mettere in discussione il percorso “gay-positivo”, è molto probabile che tu venga etichettato come “omofobo”. Ci vuole coraggio per dire una verità impopolare, ma è un atto di vero amore. Riafferma il tuo amore al tuo amico e non cedere.
9. Persone generose e che fanno dono di se stesse
“L’attività omosessuale … contraddice la vocazione a un’esistenza vissuta in quella forma di auto-donazione che, secondo il Vangelo, è l’essenza stessa della vita cristiana. Ciò non significa che le persone omosessuali non siano spesso generose e non facciano dono di se stesse, ma quando si impegnano in un’attività omosessuale esse rafforzano al loro interno una inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall’autocompiacimento.” CDF Lettera, n. 7
Che cosa succede se i tuoi amici attivamente omosessuali sono comunque brave persone? La loro attività sessuale tuttavia contraddice la bontà e, per amicizia e amore di onestà, devi dire loro con chiarezza, almeno una volta, ciò in cui credi e perché. Detto questo puoi ancora riconoscere le altre buone qualità che vedi nei tuoi amici, come fa la Chiesa. Puoi tranquillamente essere presente per il tuo amico e dire come stanno le cose. Questa lealtà a volte è stata l’ancora di salvezza per persone che in fondo non volevano la vita e l’identità omosessuale, ma erano state convinte di non avere scelta in materia, perché non avevo mai sentito nessuno dire qualcosa di diverso.
10. Sempre e totalmente soggetto a coazione?
“Deve essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa.” CDF Lettera, n. 11
“Non riesco a smettere” è il grido del dipendente e significa che una persona sente che qualcosa d’estraneo ha preso possesso della sua libertà. Ma non tutte le forme di omosessualità sono compulsive, soprattutto all’inizio. Alcuni sperimentano il sesso omosessuale solo per vedere se gli piace. Tuttavia il sesso per puro piacere, spesso, porta alla dipendenza sessuale: tanto quello eterosessuale che omosessuale. La dottrina cattolica ci ricorda che il nostro libero arbitrio è un dono di Dio e tutto ciò che ci controlla è contrario agli scopi di Dio. Alcune persone che una volta erano attivamente omosessuali testimoniano che non gli ci volle poi molto per diventare profondamente dipendenti dal sesso gay o lesbico. Superare la dipendenza è stata una lotta molto difficile ma non impossibile.
11. Evitare l’attività omosessuale
“… lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l’attività omosessuale.” CDF Lettera, n. 11
Molte persone incontrano difficoltà nel tentativo di abbandonare una vita omosessuale terribilmente rischiosa. Quattro fattori sono necessari per il successo: la profonda convinzione che solo una vita casta è bene, un forte supporto da parte di altri, impegno personale totale e la fiducia in Dio. Molte persone riescono a ristabilire l’autocontrollo sessuale, ma sono felici? L’opinione popolare dice: “No!” immaginando un tormento senza fine per la repressione del desiderio. Chi ha superato il problema dice che non è così. Riferisce invece di una grande felicità e gratitudine verso Dio per essere stato finalmente liberato dal potere umiliante della lussuria. Il risultato è una maggiore fiducia in se stessi e la pace interiore.
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