Alessandro Manzoni volle immortalare la figura di Carlo Borromeo come santo della carità, soprattutto in riferimento alla peste che devastò Milano nel 1576 e che vide l’arcivescovo disfarsi per il suo popolo stremato dall’epidemia. In tale circostanza la carità del vescovo si dispiegò in maniera così generosa, che a quel periodo di sciagura si sovrappose la sua figura paterna: da allora «fu chiamata, ed è tuttora, la peste di san Carlo. Tanto è forte la carità!». Per soccorrere gli appestati fece predisporre un ricovero e diede disposizione di asportare dal suo palazzo tutto quanto occorresse: tappezzerie, tende, coperte, tovaglie, addobbi, qualunque tessuto, fino ad arrivare alle sue vesti personali, così che si potessero confezionare vestiti da distribuire ai bisognosi. Si potrebbe dire che, non avendo potuto ospitare quella massa di gente per ovvi motivi di disponibilità di spazio e di cautela in tempi di contagio, non avendo potuto portare loro a casa sua, volle portare la sua casa a loro: e infatti il tetto che li riparava, le mura che li accoglievano, i vestiti che li ricoprivano, gli utensili che usavano, era tutto del vescovo, il vero padre dei poveri.
(di mons. Marco Navoni)