«Fossimo morti per mano del Signore
nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne,
mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per
far morire di fame tutta questa moltitudine».
La fame fa mormorare oppure sono le
insicurezze che sconvolgono il quieto vivere?
Il
popolo di Israele era schiavo, ma sazio; non libero ma appagato nel quieto
vivere.
Gli
eventi di insicurezza di questo tempo ci fanno mormorare, ci fanno brontolare su
tutto, tanto che rimpiangiamo ciò che avevamo anche se era nel male.
Perché per il popolo di Israele
vale più il quieto vivere che la felicità conquistata con libertà obbedendo
alla verità.
Il
nostro quieto vivere ci rende ciechi di fronte alla realtà o forse facciamo i
sordi, i ciechi, solo perché accomodati e accomodanti nel nostro quieto vivere.
Eppure
la nostra vita ha sempre fame, e quando
non è sazia fa guerra!
Afferma
Susanna Tamaro in una intervista:
Dobbiamo decidere di
combattere l’oscurità. Essere consapevoli del male significa
opporvi resistenza; opporre resistenza significa conoscere se stessi. La
vita è un combattimento continuo. Molto più divertente una vita in cui si
combatte, no? Per diventare buoni bisogna riconoscere il male.
Solo
Mosè ebbe il coraggio di combattere
il male, lui che aveva, ahimè scoperto l’oscurità nella sua persona e la sua
capacità di fare il male (ricordate quanto uccide un egiziano!).
Afferma
ancora la Tamaro:
Il
mondo della fede affronta le tenebre, non è un mondo fatto di sorrisini e
applausi ai funerali.
Sorrisini e applausi: quasi che il vogliamoci bene, vino e taralli,
oppure spumante e panettone, seduti intorno al tavolo vincono il male,
affrontano il tenebre.
Oppure
che gli applausi ad un funerale siano il segno della fede di chi crede
in un mondo migliore, di chi crede all’eternità, o come dice qualcuno segno che
abbiamo voluto bene al defunto?
Sì,
non sapevo io che un dei segni culturali della nostra fede siano gli applausi
ai funerali!
Non
è invece segno di una assuefazione alla mondanità imperante gettato via lo
stile di Cristo?
Gesù alla morte della figlia di Giàiro, a quella di
Lazzaro, a quella del figlio della vedova di Nain, fa l’applauso?
Dice San Paolo: vi
dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro
vani pensieri. Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero
gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che
è in Gesù.
Stiamo diventando dei neopagani, pian piano, in modo subodoro, per sfamare la
fame che la vita ci propone.
«Signore, dacci sempre questo
pane».
Sfamaci
Signore, perché non abbiamo a cercare surrogati per la fame che annida nel
nostro cuore!
È
il confronto tra un risotto fatto con il brodo di carne e un risotto fatto con
la busta e un po’ d’acqua!
La
nostra vita non deve malamente sfamarsi, deve fare fatica nel nutrirsi, perché il
“buon mangiare” non crea rimpianto.
Ma
anche è vero che il “buon mangiare” costa fatica!
Capite!
Se io mangio tanto e a sazietà ma non sono libero, non sono felice, non sono
nel bene, non è un “buon mangiare”.
In
un mondo dove sfamarsi, almeno per noi, non costa fatica, e dove lo spreco del
cibo non tiene conto della fatica della fame altrui, ricordaci Signore: «Io sono il pane della
vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Sfamaci Signore,
perché a nostra volta possiamo essere dispensatori di Verità, di Vita e di Eternità.
Amen.