Le commemorazioni dei martiri, comuni a diverse Chiese, cominciarono ad esser celebrate nel IV secolo. In seguito Papa Gregorio III (731-741) scelse il 1 novembre come data dell'anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie "dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo". Il 1 novembre venne decretato festa di precetto da parte del re franco Luigi il Pio nell'835. Il decreto fu emesso "su richiesta di papa Gregorio IV e con il consenso di tutti i vescovi". Alcune domande.
Cosa dice la Parola di Dio sulla santità?
Cosa dice il Concilio Vaticano II sulla santità?
Perché far memoria dei Santi?
Quanti sono i Santi?
Cosa dice la Parola di Dio sulla santità?
*“il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio”
Il signaculum o consignatio, ossia sigillo, è per indicare la proprietà di Dio su una persona - allo stesso modo in cui i soldati si imprimevano sulla fronte il segno del loro capo, e agli schiavi veniva impresso il sigillo del loro padrone: la santità è quella caratteristica divina che ci rende proprietà di Dio. Quando l’uomo e la donna vive la santità vuol dire che tutto in lui è di Dio, è il segno della nuova vita che è fiorita attraverso un sì al Vangelo.
*“centoquarantaquattromila segnati, … una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”: la santità è per tutti, per ogni uomo di ogni luogo, perché la santità non è altro che la salvezza di Dio che incontra il sì di ogni uomo e di ogni donna.
*“Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore”: la santità è una nuova umanità che cerca di ogni giorno e ogni dove il volto di Dio, perché Egli sia presente in tutto.
*“noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”: la santità è essere veri figli di Dio; è ritornare all’immagine e somiglianza in cui siamo stati creati; è contemplare Dio nella sua essenza, nella sua divinità.
*“insegnava loro dicendo: «Beati …”: la santità è la vera felicità che l’uomo cerca perché in essa si vive l’armonia tra il desiderio di bene del Creatore e il desiderio di bene della creatura.
Come direbbe San Massimiliano Maria Kolbe: V=v, cioè la volontà di Dio corrisponde alla mia volontà, come fu per Gesù, come fu per Maria….
Cosa dice il Concilio Vaticano II sulla santità?
Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste»
I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto.
È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano. (LG 40)
Tutti quelli che credono in Cristo saranno quindi ogni giorno più santificati nelle condizioni, nei doveri o circostanze che sono quelle della loro vita, e per mezzo di tutte queste cose, se le ricevono con fede dalla mano del Padre celeste e cooperano con la volontà divina, manifestando a tutti, nello stesso servizio temporale, la carità con la quale Dio ha amato il mondo. (LG 41)
« Dio è amore e chi rimane nell'amore, rimane in Dio e Dio in lui » (1 Gv 4,16). Dio ha diffuso il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr. Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di lui. Ma perché la carità, come buon seme, cresca e nidifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e con l'aiuto della sua grazia compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all'eucaristia, e alle azioni liturgiche; applicarsi costantemente alla preghiera, all'abnegazione di se stesso, all'attivo servizio dei fratelli e all'esercizio di tutte le virtù. La carità infatti, quale vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr. Col 3,14; Rm 13,10), regola tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine. Perciò il vero discepolo di Cristo è contrassegnato dalla carità verso Dio e verso il prossimo. (LG 42)
La santità secondo il documento conciliare è: 1) risposta alla chiamata di Gesù; 2) manifestazione della nostra essenza divina, “compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi”; 3) costruire un mondo con un tenore di vita più umano; 4) vivere la carità con la quale Dio ha amato il mondo, infatti il vero discepolo di Cristo è contrassegnato dalla carità verso Dio e verso il prossimo.
Concludo, questo secondo punto, con un pensiero del Beato Antonio Rosmini, un interessantissimo pensiero, in cui il Rosmini già puntualizzava l’idea conciliare quasi 100 anni prima:
“Tutti i cristiani, cioè i discepoli di Gesù Cristo, in qualunque stato e condizione di trovino, sono chiamati alla perfezione, perché sono chiamati al Vangelo, che è legge di perfezione.
Tutti ugualmente il Divino Maestro disse: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5, 48). La perfezione del Vangelo consiste nel pieno adempimento dei due comandamenti della carità: di Dio e del prossimo. Qui nasce il desiderio e lo sforzo che il cristiano compie per essere portato in Dio totalmente: con tutti i suoi affetti e con tutte le opere della sua vita, per quanto è possibile in questo mondo. La carità perfetta, autentica perfezione di ogni cristiano, poiché porta tutto l'uomo nel suo creatore, può definirsi una consacrazione totale o sacrificio che l'uomo fa di se stesso a Dio, imitando quanto fece il suo Figlio unigenito, il nostro Redentore Gesù Cristo. Per questa consacrazione egli propone di avere come scopo ultimo di tutte le sue azioni solo il culto di Dio, e di non professare né cercare altro bene o gusto sulla terra se non in ordine al bene di piacere a Dio e di servirlo”. (beato Antonio Rosmini, Massime di Pefezione cristiana, Lezione I)
Perché far memoria dei Santi?
Rispondo con una bellissima meditazione di San Bernardo di Chiaravalle che già prima di noi, quest’anno sono 860 della sua morte, proclamò:
“A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. È chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro.
Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri.
Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all'assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipiamo con i voti dell'anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l'aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non è certo disdicevole, perché una tale fame di gloria è tutt'altro che pericolosa.
Vi è un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed è quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come è ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati.
Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere”. (San Bernardo di Chiaravalle).
Quanti sono i Santi?
Una domanda che già si pone in modo errato. Dovrebbe dire quanti sono i testimoni della fede di cui la Chiesa riconosce la santità? Secondo l’odierno Martirologio Romano – cioè il libro ufficiale che elenca i Martiri e per antonomasia tutti i testimoni del Vangelo – sono circa 10.000. Ma in realtà sono molti più - ad esempio San Gerardo di Monza, se pur santo, non è nell’elenco suddetto - ed allora possiamo proprio ben dire con l’Apocalisse: “ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare”.
Benedetto Dio nei suoi Angeli e nei suoi Santi. Amen.