In
questa domenica l’esempio proposto per accogliere
il Regno di Dio, dopo il bambino, è il
povero.
«Quanto è difficile, per quelli che
possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!»
Gesù ci vuole tutti poveri? Ma in
che senso?
Se uno si è guadagnato con giustizia e onesta la sua
ricchezza non entrerà nel Regno di Dio?
Ma cos’è il Regno di Dio?
Cosa vuol dire essere povero?
L’evangelista
Matteo nell’elenco delle
Beatitudini ci ricorda:
«Beati i poveri in spirito, perché
di essi è il regno dei cieli.
(Mt 5,3)
Si
può dire che c'è una povertà materiale e una povertà spirituale, due volti della stessa virtù evangelica.
Diceva
Papa Francesco (22\3\2013):
Come sapete, ci sono vari motivi
per cui ho scelto il mio nome pensando a Francesco di Assisi, una personalità
che è ben nota al di là dei confini dell’Italia e dell’Europa e anche tra coloro
che non professano la fede cattolica. Uno dei primi è l’amore che Francesco
aveva per i poveri. Quanti poveri ci
sono ancora nel mondo! E quanta sofferenza incontrano queste persone! Sull’esempio
di Francesco d’Assisi, la Chiesa ha
sempre cercato di avere cura, di custodire, in ogni angolo della Terra, chi
soffre per l’indigenza e penso che in molti dei vostri Paesi possiate
constatare la generosa opera di quei cristiani che si adoperano per aiutare i
malati, gli orfani, i senzatetto e tutti coloro che sono emarginati, e che così
lavorano per edificare società più umane e più giuste.
Ma c’è anche un’altra povertà! È la povertà spirituale dei nostri giorni,
che riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi. È quanto il mio Predecessore, il caro e
venerato Benedetto XVI, chiama la “dittatura del relativismo”, che lascia
ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli
uomini. E così giungo ad una seconda ragione del mio nome. Francesco
d’Assisi ci dice: lavorate per edificare la pace! Ma non vi è vera pace senza
verità! Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso, se
ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo
stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che
accomuna ogni essere umano su questa terra.
Ma
ritorniamo al Vangelo odierno
che cosa devo fare per avere in
eredità la vita eterna?
Eredità e vita eterna.
Noi
sappiamo che gli eredi sono i famigliari.
Per
ereditare da Cristo, per essere dei
suoi, bisogna appartenere a lui e non alle cose.
La
povertà allora è una libertà dal possedere,
che frena la dimensione dell’ego umano,
che è egoismo, egocentrismo, ecc.. per dare la possibilità di essere svuotati, a mani vuote per sapere accogliere l’eredità:
la salvezza di Cristo.
Ma
questo ci fa pensare ad una prospettiva
solo escatologica, della pienezza dei tempi, o come diciamo noi
banalizzando e semplificando, alla fine del mondo.
Ma
la salvezza, il desiderio salvifico del
Padre in Cristo è già ora, nasce dal saper donare, dal saper amare, dal
saper vivere nella sapienza divina la vita che ci è donata.
Solo
così si capisce la frase:
venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un
po’ di sabbia e come fango sarà valutato
di fronte a lei l’argento. L’ho amata
più della salute e della bellezza, ho
preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta.
Oppure:
«Una cosa sola ti manca: va’, vendi
quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni!
Seguimi!».
La povertà allora è buon uso dei
beni, libertà dalla
cupidigia, essere a mani vuote per accogliere l’altro e per accoglie il dono di
Dio. Per accogliere tutto quello che Dio permette che si compia, perché in Lui tutto ha un significato di vita eterna.
La povertà è lasciarsi condurre, è credere che esiste una Provvidenza Divina, che
Dio è un Buon Pastore, e che la buona notizia del Vangelo è capace, se è
vissuta, di creare giustizia, equità, di dare ad ognuno il suo, perché
non c’è nessuno che abbia lasciato
casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per
causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto
in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e
la vita eterna nel tempo che verrà.
Ma io sono in cammino in questa
prospettiva di povertà che il Vangelo mi propone?
Mi adopero perché sia lo stile
della nuova umanità che è nata dalla Pasqua di Gesù?
Amen
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