Giuseppe Milani, 1767, Ravenna Santi Romualdo, Pietro Crisologo e Pier Damiani |
Dai
«Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo
(Disc.
43; PL 52, 320 e 322)
La preghiera bussa,
il digiuno
ottiene,
la misericordia riceve
Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui
sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il
digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il
digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno,
misericordia, sono una cosa sola e ricevono vita l’una dall’altra.
Il digiuno è l’anima della preghiera e la
misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a
stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme,
non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi
nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda.
Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo
supplica.
Chi digiuna comprenda bene cosa significhi
per gli altri non aver da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio
gradisca il suo digiuno. Abbia compassione, chi spera compassione. Chi domanda
pietà, la eserciti. Chi vuole che gli sia concesso un dono, apra la sua mano
agli altri. È un cattivo richiedente colui che nega agli altri quello che
domanda per sé.
O uomo, sii tu stesso per te la regola della
misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo tu con
gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri.
Offri agli altri quella stessa pronta misericordia, che desideri per te.
Perciò preghiera, digiuno, misericordia
siano per noi un’unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un’unica
difesa, un’unica preghiera sotto tre aspetti.
Quanto col disprezzo abbiamo perduto,
conquistiamolo con il digiuno. Immoliamo le nostre anime col digiuno perché non
c’è nulla di più gradito che possiamo offrire a Dio, come dimostra il profeta
quando dice: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e
umiliato, tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 50, 19).
O uomo, offri a Dio la tua anima ed offri
l’oblazione del digiuno, perché sia pura l’ostia, santo il sacrificio, vivente
la vittima, che a te rimanga e a Dio sia data. Chi non dà questo a Dio non sarà
scusato, perché non può non avere se stesso da offrire. Ma perché tutto ciò sia
accetto, sia accompagnato dalla misericordia. Il digiuno non germoglia se non è
innaffiato dalla misericordia. Il digiuno inaridisce, se inaridisce la
misericordia. Ciò che è la pioggia per la terra, è la misericordia per il
digiuno. Quantunque ingentilisca il cuore, purifichi la carne, sradichi i vizi,
semini le virtù, il digiunatore non coglie frutti se non farà scorrere fiumi di
misericordia.
O tu che digiuni, sappi che il tuo campo
resterà digiuno se resterà digiuna la misericordia. Quello invece che tu avrai
donato nella misericordia, ritornerà abbondantemente nel tuo granaio. Pertanto,
o uomo, perché tu non abbia a perdere col voler tenere per te, elargisci agli
altri e allora raccoglierai. Dà a te stesso, dando al povero, perché ciò che
avrai lasciato in eredità ad un altro, tu non lo avrai.
Nessun commento:
Posta un commento