Esercizi Spirituali di Quaresima 2014
“Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno” (Mt 13,38)
* * *
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti! (Mt 13, 36 – 43)
Noi siamo i figli del Regno, noi siamo il seme buono!
Questa è la forte affermazione dell’evangelista Matteo.
Io mi ritengo un seme buono nel campo del mondo?
Come si misura un seme buono?
Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all'ira. Infatti l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò liberatevi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.
Se qualcuno ritiene di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo. (Gc 1, 19 - 27)
Il seme buono è colui che ascolta e vive la Parola, e trova in questo la sua felicità!
La storia della Chiesa è ricca di uomini e donne felici di aver ascoltato e praticato la sapienza del Vangelo.
La loro felicità è ancora ricordata e commemorata.
In questi giorni ci faremo guidare da tre esempi e con essi cercheremo di guardare tre campi del mondo.
Primo giorno.
Il seme buono: Santi Cirillo monaco e Metodio vescovo
Il campo è il mondo: la nuova evangelizzazione
“Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore:
Io ti ho posto per essere luce delle genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra».
Nell'udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo”. (At 13, 44 – 52)
Paolo e Bàrnaba, due fratelli nella fede, come sono due fratelli di sangue e di fede Cirillo e Metodio.
Nati a Tessalonica, uno dei luoghi evangelizzati dai Santi Apostoli, città a cui è indirizzata la lettera paolina ai Tessalonicesi.
Qui nacquero nel IX secolo. Cirillo morì a Roma il 14 febbraio 869; mentre Metodio, dopo la consacrazione episcopale, morì in Moravia il 6 aprile 885.
Il legame tra Paolo e Bàrnaba, delineato dal libro degli Atti, e Cirillo e Metodio è molto profondo.
Come Paolo e Bàrnaba, essi furono detti Apostoli, apostoli dei popoli slavi.
«Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”».
Cirillo e Metodio sono inviati dal Signore ad essere luce dei popoli slavi.
La opera missionaria ed evangelizzatrice è di grande importanza, non solo da un punto di vista religioso, ma anche culturalmente e socialmente. Essi diedero un’identità linguistica e scritturistica agli slavi. Infatti la scrittura dei popoli slavi si chiama tutt’oggi cirillica, da San Cirillo.
Un’invenzione importantissima. Pensate che essi anticiparono il Concilio Vaticano II, in cui si diede spazio liturgico alle lingue nazionali: essi ebbero il riconoscimento papale perché la lingua slava fosse lingua liturgica. Siamo nel IX secolo!
Tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti.
Quest’opera mi fa pensare ai nostri missionari che ancora oggi compiono quest’opera traducendo nelle lingue locali la Bibbia ed altro. Pensate a padre Giuseppe!
Quanto detto fin ora ci deve far riflettere. Sappiamo riproporre in modo adeguato, nell’oggi, il messaggio evangelico? Riusciamo a utilizzare gli strumenti contemporanei per porli a servizio del Regno di Dio?
Afferma papa Francesco:
"Fate conoscere Gesù al mondo della politica, degli affari, dell'arte, della scienza, della tecnologia e dei social media … Per favore pregate per me ne ho bisogno. Io prometto di pregare per voi, specialmente per la Nostra Madre la benedetta Vergine Maria, Stella della nuova Evangelizzazione". (18 ottobre 2013)
Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium” ci ricorda anche:
“Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda”. (n. 167)
Una sottolineatura. Non basta annunciare. L’annuncio deve sgorgare dal cuore.
Ma chi è l’apostolo di questi nuovi tempi? Il catechista che si cimenta in questa foresta mediatica e di nuove comunicazione? Cosa dobbiamo inventare?
Mi piace prendere come riferimento quello che disse il Santo Padre Francesco ai catechisti:
“guardandovi, mi chiedo: chi è il catechista? È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri. È bello questo: fare memoria di Dio, come la Vergine Maria che, davanti all’azione meravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’onore, al prestigio, alle ricchezze, non si chiude in se stessa. Al contrario, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo e aver concepito il Figlio di Dio, che cosa fa? Parte, va dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa incinta, per aiutarla; e nell’incontro con lei il suo primo atto è la memoria dell’agire di Dio, della fedeltà di Dio nella sua vita, nella storia del suo popolo, nella nostra storia: «L’anima mia magnifica il Signore … perché ha guardato l’umiltà della sua serva … di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,46.48.50). Maria ha memoria di Dio. … Il catechista allora è un cristiano che porta in sé la memoria di Dio, si lascia guidare dalla memoria di Dio in tutta la sua vita, e la sa risvegliare nel cuore degli altri. È impegnativo questo! Impegna tutta la vita!”.
Importante allora non è solo inventare nuovi metodi, ma avere dei contenuti da comunicare.
Spesso noi siamo scarsi di contenuti. Non sappiamo come la pensa il Signore, come Egli custodisce la sua Chiesa. Forse abbiamo la fantasia ma non abbiamo i contenuti dell’annuncio!
Impariamo a fare memoria. Stiamo diventando un popolo senza memoria. Eppure i primi cristiani, le prime comunità .. i nostri avi, i nostri nonni, ci raccontavano della farina del loro sacco che a loro a volta avevano imparato a dottrina. Ma un’attenzione: in questo tempo non basta dire “è così”, bisogna avere la saggezza di dire il perché e il per come, avere la ragione della speranza che è in noi. Ricordiamoci le parole di Gesù: “fate questo in memoria di me”.
Dice ancora Papa Francesco:
“Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di “hypomoné”, di pazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia”.
Ecco l’uomo che annuncia e vive le sfide della nuova evangelizzazione.
Un credente così non teme il confronto con le nuove culture, con le altre religioni, con i cambiamenti culturali, con il pensiero forte del mondo ma è come “un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia”. (Mt 7, 24 -25)
DOMANDE PER RIFLETTERE
* Mi sento preparato ad affrontare la nuova evangelizzazione alla scuola di Gesù? Cosa faccio per arricchire i miei contenuti nella fede e nella speranza cristiana?
* Temo il confronto e la forza delle altre realtà culturali e religiose? Perché?
* Mi impegno a vivere la memoria di Dio, a custodirla e a raccontarla?
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