S. Atenogene V. M. |
Atenogene è di Sebaste in Armenia, come mai il suo culto è giunto in Italia e soprattutto in Calabria, a Tritanti di Maropati?
Possiamo supporre che fu introdotto dalla diaspora armena che portò lo stesso culto e le reliquie di San Biagio a Maratea oppure dal monachesimo orientale che ha dimorato e dimora in Calabria.
Il
monachesimo orientale ha evangelizzato e organizzato il cristianesimo calabrese
lasciando tracce di culto, che hanno poi fatto nascere culti e santità locale,
un esempio sono i santi italo-greci (Nicodemo di Mammala, Elia di Melicuccà,
ecc…)
Ma
chi era S. Atenogene?
Il Martyrologium Romanum lo ricorda il 16 luglio:
Lo
definisce corepiscopo, cioè un
vescovo rurale. La più antica attestazione del termine risale ad Eusebio di
Cesarea (II secolo). Inizialmente, sembra che il corepiscopo esercitasse le
funzioni episcopali nei distretti rurali, dal tardo III secolo fu soggetto alla
città, ovvero al vescovo metropolita.
Lo
definisce un martire. Cioè un testimone
di Cristo e del suo Vangelo fino al dono della vita. Secondo la tradizione
Atenogene morì a Sebaste, Armenia, tra il 303 e il 305 dopo Cristo.
La
feroce persecuzione di Diocleziano iniziò nel 303 e due anni dopo morì
l’imperatore: in quest’arco di tempo è collocabile il martirio di
Sant’Atenogene.
Il
culto e la memoria del corepiscopo e martire Atenogene è attestata da Basilio
Magno, che ne loda la fede, per l’inno allo Spirito Santo, e menziona il
martirio con il fuoco.
San
Gregorio l’Illuminatore († 330 ca.), istituì una festa per la Chiesa Apostolica
Armena in onore dei Santi Atenogene e Giovanni Battista, dedicando a loro una
chiesa ad Achtichat e una Bagauan.
La
comunità cristiano di Maropati ha dedicato al santo corepiscopo la
parrocchiale, e qui lo venera con questa preghiera:
O
inclito Santo Vescovo e martire Atenogene, nostro celeste patrono, noi
rivolgiamo a Te la nostra umile e fervorosa preghiera.
Tu
che dedicasti tutta la vita al servizio, pronto e generoso nella cure delle
anime a te affidate.
Rendici
sensibili alle tante voci di soccorso che si levano dai nostri fratelli
bisognosi e sofferenti.
Tu,
intrepido assertore del Vangelo, rafforza la nostra fede e non permettere mai
che alcuno ne affievolisca la vivida fiamma.
Se,
lungo la strada, dovesse assalirci la stanchezza, risveglia in noi l’ardore
della carità e l’odorosa fragranza della speranza.
O
dolce nostro Protettore, Tu che, con la luce delle opere e del martirio, fosti
il primo splendido testimone di Cristo, infondi nelle nostre anime un po’ del
Tuo spirito di sacrifico e di ablativo amore, a riprova che «Non è tanto
gioioso il ricevere quanto il dare».
Infine,
Ti preghiamo, o nostro grande Patrono, di benedire tutti noi affinché, insieme
con Te, possiamo, un giorno, contemplare nei cieli la gloria di Cristo Gesù,
Figlio di Dio. Così sia.
Il simulacro venerato a Tritanti di Maropati si presenta come un vescovo benedicente, con le insegne episcopali classiche, unica curiosità è un animale ai suoi piedi, che pare un cervide.
Perché?
La Bibliotheca sanctorum non ci da nessuna notizia, tanto meno cita
questo particolare.
Forse è un simulacro adattato?
Era in precedenza nato come Egidio
abate?
La somiglianza con il simulacro di Borrello (CH) è evidente.
Certo c’è
il cervide, ma manca la palma del martirio!
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