Questa solennità fu introdotta da papa
Pio XI (Achille Ratti, il papa di Desio), con l’enciclica “Quas primas” dell’11 dicembre 1925, a coronamento del Giubileo che si
celebrava in quell’anno.
È poco noto e, forse, un po’ dimenticato, che non appena elevato al soglio
pontificio, nel 1922, papa Pio XI condannò in primo luogo esplicitamente il
liberalismo “cattolico” nella sua enciclica “Ubi
arcano Dei”. Egli comprese, però, che una disapprovazione in
un’enciclica non sarebbe valsa a molto, visto che il popolo cristiano non
leggeva i messaggi papali – visto che erano anche in latino!. Qual saggio
pontefice pensò allora che il miglior modo di istruirlo fosse quello di
utilizzare la liturgia. Di qui l’origine della “Quas primas”, nella quale egli dimostrava che la regalità di
Cristo implicava (ed implica) necessariamente il dovere per i cattolici di fare
quanto in loro potere per tendere verso l’ideale dello Stato cattolico: “Accelerare e affrettare questo ritorno
[alla regalità sociale di Cristo] coll’azione e coll’opera loro, sarebbe dovere
dei cattolici”. Dichiarava, quindi, di istituire la
festa di Cristo Re, spiegando la sua intenzione di opporre così “un rimedio efficacissimo a quella
peste, che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto
laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”.
Lo stesso Giovanni
Paolo II il 22 ottobre 1978 affermava:
Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi
economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di
sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo
animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa
terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi –
vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare
all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.
Infine. Il Regno di Dio, in Cristo Gesù, non è un regno secondo
lo schema di questo mondo.
Se lo fosse, dice Gesù, “i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato …; ma il
mio regno non è di quaggiù”.
Pensiamo a tutte le volte che Gesù fugge perché vogliono farlo re secondo
lo schema di questo mondo!
Come accoglierla?
Come viverla?
Come permettere a
Cristo di regnare?
Lo dice lo stesso Vangelo: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.
Tale festività coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico, con ciò vuole farci capire che
Cristo Redentore è Signore della storia e del tempo, a cui tutti gli uomini e
le altre creature sono soggetti. Egli è l’Alfa
e l’Omega, come canta l’Apocalisse. Gesù stesso, dinanzi a Pilato, ha
affermato categoricamente la sua regalità. Alla domanda di Pilato: “Allora tu sei re?”, il Redentore
rispose: “Tu lo dici, io sono re”.
Pio XI insegnava che Cristo è veramente Re. Egli solo, infatti, Dio e uomo –
scriveva il successore Pio XII, nell’enciclica “Ad caeli Reginam” dell’11 ottobre 1954 – “in senso pieno, proprio e assoluto, … è re”.
Tutti i discepoli di Gesù sono chiamati a condividere la sua regalità, se “ascoltano la sua voce” (Gv 18,37). È
veramente re colui che la verità ha reso libero (Gv 8,32).
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