locandina del Film |
La masseria delle allodole è il 18° film diretto dai fratelli Taviani, tratto dall'omonimo romanzo di Antonia Arslan. Narra le vicende di una famiglia armena dell'Anatolia all'epoca del genocidio armeno (1915). Il film è uscito nelle sale italiane nel 2007.
scena del film |
<< La scena più commovente del film dei fratelli
Taviani. La scrittrice Antonia Arslan e Alice Tachdjian Polgrossi nel suo libro
"Pietre sul cuore" ci raccontano che la pratica di risparmiare ai
propri bambini le sofferenze del genocidio uccidendoli in questo modo era
piuttosto diffusa durante quei terribili anni.
Dal diario di Varvar, madre di Alice
Tachdjian, pag.93-94: "il nostro
piccolo di due mesi piangeva perché aveva fame, non c'era più latte nei seni di
Hripsimé, l'erba che si mangiava lungo le strade provocava delle coliche atroci
al bambino, povera creatura comunque destinato a morire di fame, di diarrea o
per la spada. Per non farci scoprire dai suoi pianti, nostra madre e nostra
sorella soffocarono il neonato in mezzo alle loro schiene, l'una contro
l'altra, senza guardarsi. Si spense come una..."
Vittorio Taviani: Nel libro non
c'era la scena delle due donne costrette a liberarsi del bambino. Abbiamo
trovato gli appunti di una donna armena che raccontava queste cose. La
uccidevano schiacciandolo schiena contro schiena per non guardarlo e quasi
confonderlo nel ventre della madre. (Dall’intervista di Nicola Falcinella
per l'Osservatorio sui Balcani 02-04-07).
TRAMA DEL FILM. È il 1915. In una cittadina della Turchia vive la
benestante famiglia armena degli Avakian. Alla morte dell'anziano capofamiglia,
vengono invitati alle esequie anche alcuni Turchi, tra cui il colonnello Arkan,
capo della guarnigione locale, nella speranza che i passati contrasti tra
Turchi e Armeni siano ormai superati, e che si possa instaurare un rapporto di
rispetto reciproco tra le due comunità. I funerali sono così l'occasione per la
bella armena Nunik di rivedere il suo amato, l'ufficiale turco Egon. Quest'ultimo,
pur appartenendo all'organizzazione dei Giovani
Turchi, non ne condivide le posizioni anti-armene, e progetta di fuggire
all'estero con Nunik.
Intanto
Assadur, il figlio maggiore del patriarca, che da molti anni vive a Padova e a
cui il padre aveva vietato di tornare in patria, apprende che quest'ultimo ha
comunque lasciato a lui la vecchia Masseria delle Allodole. Assadur decide che
è venuto il momento di tornare in Anatolia e riunire di nuovo tutta la
famiglia. La masseria viene così rimessa a nuovo, e inaugurata con una
splendida festa, mentre Assadur inizia i preparativi per il viaggio.
Questi
momenti di felicità sono però bruscamente interrotti. Le autorità turche
contattano il generale Arkan, dicendogli senza mezzi termini che è arrivato il
momento di sbarazzarsi degli Armeni, una volta per tutte: tutti i maschi devono
essere uccisi, le donne deportate. Arkan è inorridito, ma deve obbedire agli
ordini. Spera tuttavia di salvare la vita perlomeno degli Avakian, ma i suoi
ordini non vengono rispettati, e una squadra di soldati turchi si presenta alla
masseria, massacrando tutti gli uomini. Alla notizia della strage, Assadur
vorrebbe affrettare il ritorno per aiutare gli Armeni, ma la notizia
dell'ingresso in guerra dell'Italia lo fa desistere. Intanto il tentativo di
fuga di Egon e Nunik è scoperto, ed Egon viene spedito al fronte contro i
Russi.
Sotto
la stretta sorveglianza dei soldati turchi, inizia così per le donne armene una
lunga ed estenuante marcia verso il deserto. Qui le donne armene vengono
maltrattate sotto le porte di Aleppo finché non verranno uccise tutte. Durante
la sosta sotto le mura Nunik, la nipote del patriarca morto all'inizio del
film, tenta di prostituirsi ad un soldato (Yasuf) per avere del cibo per i
bambini. Quest'ultimo la riveste e le dà del cibo per nulla in cambio, quindi
si crea un rapporto tra i due nel quale ci sarà la promessa del soldato che in
casi estremi avrebbe dovuto uccidere Nunik per evitarle la sofferenza della
tortura di cui lei aveva paura. Terrà questa promessa quando lei tenterà di
scappare e verrà fermata e per non finire al rogo, verrà quindi decapitata da
Yasuf. Quattro anni dopo, la guerra finisce e lui stesso denuncia se stesso per
quest'atto cruento durante un processo.
* Giovani Turchi. Giovani Turchi (turco Genç Türkler o Yeni Türkler o
Jön Türkler) è la denominazione con cui la storiografia fa riferimento agli
appartenenti a un movimento politico della fine del XIX secolo (prima noti col
nome di Giovani Ottomani) affermatosi nell'Impero ottomano, ispirato dalla
mazziniana Giovine Italia, costituito allo scopo di trasformare l'Impero,
allora autocratico e inefficiente, in una monarchia costituzionale, con un
esercito modernamente addestrato ed equipaggiato. Ma i Giovani turchi attuarono
un ordinamento amministrativo più centralistico di quello, autoritario ma
inefficiente, del vecchio regime ottomano, e ottennero l'effetto di accentuare
le spinte indipendentiste e di accelerare la dissoluzione della maggior parte
di quanto restava della presenza turca (impero ottomano) in Europa. Inoltre i
suoi dirigenti, in particolare Talat Paşa, si macchiarono delle colpe del
genocidio armeno, condotto durante la prima guerra mondiale.
Icona (particolare) dei Santi Martiri Armeni |
SANTI MARTIRI ARMENI. (1915 – 2015). Cent’anni orsono si consumava uno dei
più sanguinosi eccidi dei tempi moderni che costò la vita ad un milione e mezzo
di cristiani armeni. Domenica 12 aprile 2015, Papa Francesco, durante la Messa
presieduta in Vaticano non ha esitato a riconoscere questo tragico evento quale
un vero e proprio genocidio, che ne dicano coloro che ancora oggi si ostinano a
non riconoscerlo come tale. Il 23 aprile
2015 la Chiesa Apostolica Armena ha canonizzato in massa questo milione e
mezzo di uomini, donne e bambini morti a causa della loro appartenenza etnica e
religiosa. Il giorno successivo, 24 aprile, a partire da quest’anno diviene
così la “giornata della memoria” di queste vittime, come ha annunciato il
patriarca armeno Karekin II nell’enciclica con cui ha aperto ufficialmente le
celebrazioni del centenario del genocidio. Celebrazioni che si estenderanno per
tutto l'anno, ha sottolineato, specificando che “ogni giorno del 2015 sarà un giorno di ricordo e di devozione al
nostro popolo, un viaggio spirituale al memoriale dei nostri martiri. Nel 1915
e negli anni successivi un milione e mezzo di nostri figli e figlie ha subito
la morte, la fame, la malattia; è stato deportato e costretto a camminare fino
alla morte. Secoli di creatività e di obiettivi raggiunti sono stati distrutti
in un istante. Migliaia di chiese e monasteri sono stati profanati e distrutti,
le istituzioni nazionali e le scuole rase al suolo e demolite. I nostri tesori
spirituali e culturali sono stati sradicati e cancellati”. In seguito, con
il coraggio della fede e il genio che lo caratterizza, questo popolo ha potuto
“risuscitare dalla morte” e tornare a brillare, come spiega il patriarca. “Riponendo la nostra speranza in Te, o
Signore, il nostro popolo è stato illuminato e rafforzato. La tua luce ha
acceso l'ingegno del nostro spirito. La tua forza ci ha orientati alle nostre
vittorie. Abbiamo creato quando altri avevano distrutto le nostre creazioni.
Abbiamo continuato a vivere quando altri ci volevano morti”. Il centenario
permette di celebrare anche questa risurrezione. Anche la Chiesa Cattolica
Armena ha già avviato le pratiche per la beatificazione di 43 suoi figli
vittime del genocidio.
* * *
Fonti:
*
wikipedia.it
*
zatik.com
*
armenianchurch-ed.net
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