Quali pensieri suscitano queste letture questa domenica?
Ci sono delle domande che nascono alla luce di queste letture.
· Cultura cristiana e identità cristiana. A che livello siamo?
· Comunione, uguaglianza e omologazione: cosa pensiamo? Qual è la loro misura?
· La fede, siamo oramai alla fine dell’Anno della Fede, cosa produce in me?
· Il bene e il male: qual è il criterio di discernimento?
· Vita eterna e resurrezione della carne: credo?
Cultura cristiana e identità cristiana. A che livello siamo?
La pagina dei Maccabei ci sprona circa la misura della nostra identità.
La vicenda dei Maccabei è una pagina meravigliosa della Bibbia come quella di Giobbe e di Giona.
Qui però è posta in gioco l’identità religiosa e culturale di una famiglia.
Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri.
Possiamo noi affermare in realtà: siamo pronti a trasgredire piuttosto che morire?
In Italia non c’è un problema di identità cristiana che è messa a rischio la vita, perché spesso le nostre scelte a morte la fede.
Ricercare l’identità cristiana è un problema poco italiano. Perché noi ci reputiamo in una società cristiana. Ma in realtà non è vero, non è tutto oro quello che luccica!
C’è un appiattimento del livello di identità cristiana, con derive e con fraintendimento dell’insegnamento del Vangelo.
Cosa fare per rendere pensiero comune il pensiero evangelico sulla vita?
Bisogna conoscere con sapienza ed intelligenza il messaggio del Vangelo, per poi viverlo, senza compromessi, magari con un po’ fatica, ma viverlo!
I Maccabei ricordavano ai loro carnefici:
«Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo».
Comunione, uguaglianza e omologazione: cosa pensiamo? Qual è la loro misura?
La cultura odierna ci vuole omologati! Eppure il Vangelo ci insegna ad essere uomini e donne, se pur diversi, cioè non uguali, ma in comunione.
La Chiesa è un popolo non omologato – non si può incatenare lo Spirito Santo – ma per di più la comunità dei credenti è popolo in comunione, che vive la misura della sua diversità, come dono dello Spirito, nella potenza della Carità: l’amore per Dio e per il prossimo è ciò che ci unisce.
In questo momento storico, in nome dell’esasperazione della libertà individuale si vuole creare un popolo di non liberi, differenti, ma omologati!
Non facciamo omologare culturalmente, da scellerati correnti di pensiero che ci vengono propinante da omogeneizzati culturali proposti della Tv, radio ecc…
Ricordiamoci le parole dell’Apostolo Paolo: “Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge”.
La fede, siamo oramai alla fine dell’Anno della Fede, cosa produce in me?
Tutti ricevano il dono della fede, la fede è in tutti, la dice l’Apostolo: La fede infatti non è di tutti.
Cioè non tutti rispondo al dono ricevuto?
Da quanto detto fin ora: come vuol dire per me credere?
Vuol dire praticarla? Andare a Messa, pregare, confessarsi, ecc. essere un praticante. Certo. Ma non solo.
Credere in Gesù Cristo chiede una meta finale: il compimento del Regno di Dio. Noi siamo moralmente impiegati a vivere il Regno di Dio per il Regno di Dio sia visibile in mezzo a noi.
È la dimensione culturale della fede! Afferma il Concilio Vaticano II:
“Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane”. (GS 11)
Il bene e il male: qual è il criterio di discernimento?
Ci scrive l’Apostolo Paolo:
“Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno”.
Il criterio di discernimento è il Vangelo di Gesù Cristo.
In esso troviamo ogni misura: perché Gesù, per noi credenti, è lo specchio con cui guardarci e la lente con cui osservare il Creato.
Afferma il Concilio Vaticano II:
“Infatti l'uomo, se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono.
Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso tutta l'armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione.
Così l'uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l'uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato.
Ma il Signore stesso è venuto a liberare l'uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell'intimo e scacciando fuori « il principe di questo mondo » (Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato”. (GS 13).
Vita eterna e resurrezione della carne: credo?
Sia nella prima lettura che nel Vangelo abbiamo questa domenica un richiamo a questo tema. Un contenuto della nostra fede molto importante. Facente parte del primo annuncio apostolico. È uno degli elementi del nostro Credo. È forse scontato dire se credo!
Forse non è scontato se mi chiedo come questo tema entra nella mia vita di ogni giorno.
Un tema – vita eterna e resurrezione della carne – che ci fa riflettere sulla vita dopo la morte, ma anche sulla vita in senso lato.
Una vita che custodisce già ora il senso dell’Eternità è una vita capace di produrre atti d’amore.
Quando leggiamo nei Maccabei: “per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita”, in riferimento al tiranno che li martirizza, possiamo scorgere che senza atti di amore, ma con atti di morte, non è destino dopo la morte di una “risurrezione per la vita”.
Così anche nel Vangelo in quel “non possono più morire” sembra dirci che la vita è atto d’amore che perpetua la vita … in eterno.
Per cui vivere, vita eterna e risurrezione della carne sono dati che si richiamano a vicenda e che sussistono per mezzo di un ‘unico elemento: l’Amore.
“Puoi decidere le strade che farai
puoi scalare le montagne oltre i limiti che hai
potrai essere qualcuno se ti va
ma se non ami
se non ami
non hai un vero motivo
motivo per vivere
se non ami
non ti ami e non ci sei
se non ami
non ha senso tutto quello che fai
puoi creare un grande impero intorno a te
costruire grattaceli e contare un po' di più
puoi comprare tutto quello che vuoi tu
ma se non ami
se non ami
non hai un vero motivo per vivere
se non ami
non ti ami e non ci sei
…
senza amore noi non siamo niente mai...”
(Filippo Neviani alias Nek, Se non ami)
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