S. Maria di Betlem in Sassari
Tra il secondo
e il terzo decennio del XIII secolo, la comunità francescana si insediò a
Sassari, dopo aver ricevuto in dono il monastero di Santa Maria di Campulongu,
che nel 1106 era stato donato ai benedettini di S. Vittore di Marsiglia dal
giudice di Torres Costantino I di lacon-Gunale. Negli anni 70 – 80 del XIII
secolo fu ampiamente modificato l’impianto preesistente della chiesa e del
convento.
Il primo
intervento consistente è quello collocato tra il 1440 e il 1465 quando la
chiesa venne ampliata e praticamente rifondata, con la realizzazione tra
l’altro di alcune cappelle in stile tardogotico e una enorme volta a crociera
nel presbiterio. Alla fine del XVI secolo vi fu educato e vi divenne sacerdote
Francesco Zirano, frate francescano martire e poi beato. Nel XVII secolo fu
aggiunta l’abside semicircolare ad ingrandimento del coro. Le capriate lignee
della copertura della navata vennero sostituite nel XVIII secolo con volte a
crociera. Tra il 1829 e il 1834 la chiesa venne restaurata su progetto del
frate architetto Antonio Cano, che introdusse nella fabbrica elementi
architettonici e decorativi dello stile rococò e neoclassico; tra gli altri
interventi, venne realizzata la struttura cupolata, a pianta ellittica, che
andò a sostituire il transetto a volta gotica del precedente impianto. Lo
stesso Cano, nel 1813 aveva curato il restauro del convento attiguo. Nel 1846,
l’architetto Antonio Cherosu realizzò la torre campanaria a canna cilindrica
che sostituì il campanile gotico catalano a pianta ottaganale del XIV secolo,
crollato improvvisamente dopo i lavori del frate Cano. Nel 2014, a seguito
della beatificazione di padre Francesco Zirano, all’esterno della chiesa è
stata collocata una statua che ne rappresenta il martirio. Vandalizzata poco
tempo dopo, è ora conservata nel convento.
La facciata, nella parte bassa, conserva ancora la vecchia struttura
del monastero costruito nel 1106 su disposizione del Giudice
Costantino di Torres. Si possono ammirare l'arco strombato sopra il quale,
separato da una cornice modanata, giace un grande rosone anch'esso strombato e
risalente al '400. Ancora sopra, un'ulteriore luce costruita intorno al '700,
conferisce all'interno della chiesa un'ottima illuminazione. La chiesa, che
venne più volte ampliata e rimaneggiata nel corso dei secoli, presenta le
influenze dei vari periodi storici; è caratterizzata dallo stile romanico con
la presenza di elementi del periodo gotico e aragonese ed è sormonata da una
grande cupola, con altre luci e una statua della Madonna, sotto la quale è
inciso: fermati passegger e il capo inchina a salutar del ciel la gran
regina.
L'interno è caratterizzato da una navata unica.
E' impreziosito da elementi architettonici di pregio, da colonne con capitelli
a foglie a crochet, affreschi, statue e bassorilievi. Sono
presenti diverse cappelle in diversi stili, dal barocco al gotico, raffiguranti
i vari gremi cittadini (Muratori, Sarti, Falegnami, ecc.). La chiesa è sede di sette gremi cittadini: il gremio dei Muratori, quello
dei Sarti, degli Ortolani, dei Falegnami, dei Contadini, dei Piccapietre e
degli Autoferrotranvieri.
Gli altari sono in legno intagliato, risalgono
al '700 e furono costruiti per mano degli artigiani sassaresi. Nella chiesa
sono inoltre custoditi i Candelieri votivi, anch'essi
in legno intagliato, utilizzati durante la processione del 14 agosto,
conosciuta come la Discesa dei Candelieri.All'interno del Santuario, sono presenti altre bellissime opere, come ad esempio la statua lignea risalente al '400 raffigurante la Madonna della Rosa, i dipinti del pittore modenese Giacomo Cavedoni, ed infine un pulpito e un retablo, sempre in legno, opere di Giovanni Antonio Contena.
Davanti
alla chiesa si apre un grande chiostro con pavimentazione in pietra, ove giace
la fontana risalente al '500, chiamata fontana del Brigliadore, dal
catalano brillador che significa zampillo, impreziosita da decorazioni
di mostri bronzacei e tre stemmi.
La
chiesa venne menzionata nel tempo da diversi personaggi illustri, come il
generale Alberto Della Marmora e Vittorio Angius.
Come
arrivare: giunti a Sassari, procedere verso il centro e
la stazione. Superata la stazione procedere ancora dritti. La chiesa apparirà
dinnanzi a voi sulla sinistra, dopo il semaforo.
Beato Francesco Zirano martire
Francesco
Zirano nacque a Sassari attorno all'anno 1564 in una famiglia contadina. Si
trovò presto orfano di padre. La famiglia era devota ai protomartiri Gavino,
Proto e Gianuario e da Sassari due volte all'anno era usanza partire in
pellegrinaggio al santuario di Porto Torres. Ricevette un'istruzione di base
dai frati di Santa Maria di Betlem e, devoto alla Madonna, già a quindici anni
seguiva le regole del convento e a ventidue nel 1586 fu ordinato sacerdote
dall'arcivescovo Alfonso de Lorca, alla presenza del cugino Francesco Serra,
figlio di una sorella della madre, che da poco aveva vestito l'abito.
Svolse
normali incarichi sacerdotali. Nel 1590 suo cugino Francesco Serra fu rapito da
corsari turchi e condotto ad Algeri. Per otto anni pregò per lui e decise
infine di andarlo a liberare pagando il riscatto, avvalendosi dei Mercedari. Fu
autorizzato il 19 marzo 1599 da papa Clemente VIII per la durata di un
triennio. Raccolse denaro in giro per la Sardegna, impegnandosi anche per altri
schiavi catturati; infine partì nella primavera del 1602. Fece tappa in Spagna
dove il re Filippo III gli affiancò fra Matteo de Aguirre, che in segreto e ad
insaputa di Francesco Zirano aveva una missione politica segreta a favore del
regno di Kuku (centro della Cabilia, scritto anche Koukou) contro Algeri.
Giunto
a Cuco, ne partì il 18 agosto travestito da mercante e con un interprete,
arrivando ad Algeri il 21.
La
situazione politica con la Spagna era tesa e un bando limitava la libertà dei
cristiani, inoltre vi fu l'arresto di un rinnegato proveniente da Cuco che
portava alcune lettere di fra Matteo a padre Zirano e ad altri cristiani, che
riportavano la rinuncia a occuparsi del riscatto degli schiavi; padre Zirano
restò prudentemente lontano dalla città. Tornò a Cuco portando con sé quattro
cristiani liberati nei dintorni di Algeri e, impossibilitato ad agire, divenne
aiutante di fra Matteo. Il cugino rimaneva in carcere, dove aveva tra l'altro
imparato l'arabo.
Quando
il re di Cuco conseguì una vittoria ritenne opportuno comunicarlo al re di
Spagna suo alleato e proprio padre Zirano fu incaricato di portare la lettera,
ma fu catturato, forse a seguito di una manovra premeditata di tradimento.
Francesco fu spogliato, percosso, incatenato e condotto ad Algeri il 6 gennaio
1603; in carcere trovò altri cristiani. Padre Zirano era stato scambiato per
fra Matteo de Aguirre; venne isolato e fu stabilito un enorme riscatto.
Finalmente rivide il cugino Francesco Serra che purtroppo dovette comunicargli
la condanna a morte. Padre Zirano chiese un confessore ma non fu accontentato.
Si tentò il suo invio a Istanbul, capitale dell'Impero turco da cui dipendeva
anche Algeri, cogliendo l'occasione della partenza di una nave inglese, per
rassicurare i turchi, attraverso la consegna del prigioniero, che la guerra
contro il re di Cuco non ne aveva intaccato il potere politico. Il tentativo
fallì a causa del consistente riscatto richiesto.
Il
24 gennaio venne radunato il Gran Consiglio della città per decidere senza
interrogatorio la condanna, nonostante si fosse reso conto dello scambio di
persona, e giunse senza successo a proporre a padre Zirano l'abiura. Un
banditore proclamò per le vie della città che il condannato aveva
"rubato" quattro schiavi ed era "una spia". L'esecuzione
venne eseguita il 25 gennaio 1603. Vestito con una tunica e con una catena al
collo, attraversò l'affollata strada centrale di Algeri tra urla e insulti, mentre
pregava ad alta voce recitando il canto biblico dei tre fanciulli. Fu
scorticato vivo e tuttavia come Gesù Cristo crocefisso invocò perdono per i
carnefici con le parole "Padre, perdonali!". Dopo la morte la pelle,
imbottita di paglia, fu esposta presso una porta della città, la porta di
Babason.
I
cristiani si appropriarono di alcuni lembi della pelle del martire,
custodendoli. Alcuni giunsero in Italia; in Sicilia venne portata una mano e la
pelle di un braccio, tuttavia di queste reliquie si persero successivamente le
tracce.
Il
cugino Francesco Serra, trovata la libertà, riscattò a sua volta alcuni schiavi
cristiani, e riuscì in seguito anche a dare al corpo straziato una sepoltura.
La fede di padre Zirano suscitò un'ammirazione commossa e la fama del suo
martirio è stata tramandata.
La
fama del martirio fu subito evidente al frate osservante Antonio Daça, il quale
nel 1606 a Valladolid raccolse la deposizione dei due testimoni oculari
cristiani, Giovanni Andrea di Cagliari e l'ex schiavo spagnolo Joan Ramirez;
successivamente la pubblicò.
Nel
1731 sia i frati minori conventuali sia i frati osservanti, controversamente
convinti dell'appartenenza di padre Zirano alla propria famiglia francescana,
richiesero alla Congregazione dei Riti di aprire un processo canonico di
beatificazione; i due ordini vennero invitati ad accordarsi e a risolvere la
controversia. La situazione rimase bloccata; storici di quel secolo e del
successivo conclusero a favore dei conventuali, che tuttavia furono ostacolati
nel riprendere l'iniziativa in quanto la loro sopravvivenza come ordine era
minacciata da diffuse politiche avverse al clero regolare.
Nel
1926 il postulatore generale padre Giuseppe Vicari richiese al ministro
provinciale della Sardegna una documentazione il più possibile completa su
tutta la questione e il frate Costantino Devilla fu incaricato della ricerca
storica.
Dopo
la seconda guerra mondiale il frate Antonio Ricciardi, nuovo postulatore, tentò
di introdurre la causa presso la Congregazione dei Riti, ma il relatore della
sezione storica gli consigliò la ricerca di ulteriore documentazione.
Nel
1977 padre Umberto Zucca, storico dei conventuali sardi, avviò un lavoro di
ricerca tra archivi vaticani, italiani e spagnoli (soprattutto a Simancas,
Madrid, Palma di Maiorca e Barcellona) che in otto anni gli consentì la
raccolta di una documentazione esauriente e inoppugnabile: nel corso di tale
lavoro furono scoperte altre sette relazioni sul martirio oltre alle due già
note, il numero di segnalazioni di storici e agiografi sulla fama del martirio
lungo i secoli giunse a centotrenta e alla più antica raffigurazione già nota
del martirio risalente solo al 1924, olio su tela di Vincenzo Carotti presso
Santa Maria di Betlem a Sassari, se ne aggiunsero altre a partire da quella più
antica del 1646 a Taurano in Campania (le altre sono a Falerone nelle Marche, a
Venezia, a Cagliari, a Vienna e a Monaco di Baviera).
Già
il 18 maggio 1984 c'era una documentazione sufficiente che diede luogo da parte
della Congregazione dei Riti all'approvazione dell'istruzione della causa di
beatificazione, mantenendo tuttavia un certo riserbo. Il 25 novembre dello
stesso anno l'arcivescovo di Sassari Salvatore Isgrò istituì la commissione
diocesana per l'esame della documentazione raccolta e il 15 agosto 1990
autorizzò con decreto l'inchiesta diocesana sull'asserito martirio, aprendo
così il processo diocesano, e il successivo 22 settembre nella chiesa di Santa
Maria di Betlem presiedette la prima sessione pubblica. La fase sassarese della
causa durò dal 1985 alla chiusura del processo diocesano l'8 settembre 1991.
Postulatore è stato padre Ambrogio Sanna e vicepostulatore è stato padre
Umberto Zucca; essi tra il 1993 e il 1996 misero assieme ufficialmente la vasta
documentazione, e in seguito la ampliarono ulteriormente, e infine il 2 ottobre
2001 venne presentata la Positio super martyrio, risultato della ricerca
complessiva su vita e martirio di padre Zirano.
La
fase romana della causa durò dal 2002 al 2014. La documentazione presentata fu
approvata il 4 marzo 2003 dal congresso dei consultori storici e il 16 maggio
2013 dai consultori teologici. Nella sessione ordinaria del 4 febbraio 2014,
presieduta dal cardinale Angelo Amato, cardinali e vescovi considerarono vero
martirio la morte di padre Zirano e il 7 febbraio papa Francesco fu informato
sulle conclusioni della Congregazione per le Cause dei Santi. Il papa riconobbe
lo stesso giorno il martirio e autorizzò la beatificazione; firmò la relativa
lettera apostolica il 4 ottobre.
La
beatificazione è avvenuta a Sassari il 12 ottobre 2014, celebrata dal cardinale
Angelo Amato delegato pontificio, prefetto della Congregazione per le Cause dei
Santi. Hanno partecipato l'arcivescovo di Sassari padre Paolo Atzei e
l'arcivescovo di Algeri monsignor Ghaleb Moussa Abdalla Bader. La memoria
liturgica stata inizialmente stabilita per il 25 gennaio nell'arcidiocesi di
Sassari e nelle chiese sarde; il 10 dicembre 2014, su istanza del procuratore
generale dell'Ordine dei Frati Minori conventuali, appoggiata dall'arcivescovo
di Sassari Paolo Atzei, la Congregazione per il culto divino e la disciplina
dei sacramenti ha emanato un Decreto per celebrare la memoria del beato il 29
gennaio, tenuto conto che il 25 gennaio si celebra la Conversione di Paolo e la
conclusione dell'Ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani; il beato
sarà comunque ricordato a Santa Maria di Betlem anche in tale data. Padre
Zirano sarà proposto come patrono e protettore delle p ersone rapite,
schiavizzate e degli immigrati che attraversano deserti e mari in cerca di
libertà. È il sesto beato nella storia della Chiesa sarda (quarto tra i
conventuali) e la sua è stata la seconda beatificazione effettuata in Sardegna
dopo quella di suor Giuseppina Nicoli nel
2008 a Cagliari. L’ultima beatificazione in Sardegna è quella del 15 giugno
2019 a Pozzomaggiore (SS) di Edvige
Carboni, laica e mistica.
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