Beata Cristina: Lucoli sta a L'Aquila come Calvisano sta a Spoleto.
Questa equazione agiografica significa che esistono non quattro beate Cristina, ma due: Cristina (Mattia Ciccarelli) da Lucoli o L'Aquila e Cristina Semenzi da Calvisano o Spoleto.
Beata CRISTINA DA L'AQUILA o DA LUCOLI
(Lucoli, L'Aquila 1480 - L'Aquila 1543)
di Bruno Silvestrini O.S.A.
Al secolo Mattia Ciccarelli, nacque da Domenico e Maria di Pericolo a Colle di Lucoli (L'Aquila), il 24 febbraio 1480, ultima di sei figli. Sin dalla più tenera età fu adorna delle virtù dell'obbedienza, dell'umiltà e della modestia, congiunte con l'amore per la preghiera che praticava per buona parte del giorno ritirata nell'angolo più riposto della sua casa e devotamente raccolta davanti a un'immagine della Madonna della Pietà. Alle preghiere univa costantemente mortificazioni e rigorosi digiuni, macerando così il suo corpo per cancellarne la bellezza, al fine di impedire di essere ammirata.
A undici anni conobbe il beato Vincenzo da L'Aquila, che divenne il suo direttore spirituale e a cui ben presto confidò il suo intimo desiderio di consacrarsi interamente al Signore, abbracciando la vita religiosa. Nel giugno 1505 entrò, infatti, nel monastero di S. Lucia delle Agostiniane osservanti in L'Aquila, dove prese il velo assumendo il nome di Cristina. La grande pietà, la sottomissione più completa e l'assoluta umiltà di cui dava quotidianamente luminose prove, le meritarono in breve la venerazione di tutte le consorelle le quali, dopo non molti anni, la scelsero come loro badessa, carica cui fu eletta più volte, suo malgrado. Divenuta celebre per la sua santità, per le visioni avute e per i miracoli operati, Cristina era visitata continuamente da una gran folla di persone, dalle più modeste alle più cospicue.
Tra le varie estasi di cui il Signore volle degnarla, due restano veramente mirabili: quella avuta in una ricorrenza della festa del Corpus Domini, allorché fu trovata sollevata da terra per più di cinque palmi, mentre sul petto le risplendeva l'Ostia santa rinchiusa in una pisside d'oro (per questo la beata viene comunemente così raffigurata); e quella avuta in un venerdì santo e prolungatasi fino al giorno successivo, durante la quale provò, a suo dire, gran parte dei dolori della passione di nostro Signore. Cagionevole di salute e afflitta da più mali, Cristina morì il 18 gennaio 1543. Soppresso il monastero agostiniano di S. Lucia il 12 ottobre 1908, le spoglie mortali della beata furono trasferite nel monastero agostiniano di S. Amico a L'Aquila. Il culto, che già subito dopo la sua morte cominciò ad esserle prestato, fu solennemente confermato da Gregorio XVI nel 1841.
ANTINORI, A., Vita della Beata Cristina da L’Aquila, Roma 1740; Sacra Rituum Congregatione. Aquilana super approbatione cultus praestiti B. Christinae a Lucolis, Romae 1839; CREMONA, C., La b. C. de L’Aquila, agostiniana, Roma 1943; DURANTE, M., La stella di Lucoli. Breve vita della b. C. da Lucoli, L'Aquila 1943; FALCIONI, D., OSA. Beata Cristina da L’Aquila, beata, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1950, 915; CURTIS, C., OSA., Vita della Beata Cristina da L’Aquila. L'Operetta fu stampata a Colonia nel 1636, L'Aquila 1991; ID., Beatae Christianae vita. Testo latino - traduzione a fronte. A cura di Antonio Cordeschi, L'Aquila 1993.
Spoleto - la Beata Cristina Semenzi é tornata nella sua Calvisano in provincia di Brescia. Quest'oggi l'Arcivescovo di Spoleto-Norcia Mons. Renato Boccardo ha consegnato la rinnovata teca che custodisce il corpo della Beata Cristina al Vescovo di Brescia Mons. Luciano Monari. Nota anche come Beata Cristina da Spoleto, dal momento della sua morte avvenuta il 13 Febbraio del 1458 la Suora Agostiniana fu sepolta all'interno della Chiesa di San Nicolò, chiusa al culto la Chiesa degli agostiniani nel 1803 fu trasferita nella Chiesa della Madonna di Loreto sempre a Spoleto e nel 1921 invece fu spostata nella Basilica di San Gregorio Maggiore dove è stata custodita fino alla traslazione definitiva avvenuta quest'oggi. Le spoglie della Beata Cristina sono dunque tornate nel Comune lombardo di Calvisano di cui è Patrona.
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