“Concepì e partorì un figlio…”
Camilla de Compellis, che lo aveva partorito a quasi 60 anni di età e morì quando Camillo aveva 13 anni.
Il padre, Giovanni, era un ufficiale al servizio della Spagna.
Camillo, giovane pigro e rissoso, il padre decise di avviarlo alla carriera militare. Ma, nel 1570, un'ulcera al piede lo costrinse ad abbandonare la compagnia.
Per farsi curare fu costretto a recarsi a Roma, nell'Ospedale di san Giacomo degli Incurabili. Dopo la guarigione venne assunto come inserviente presso l'ospedale, ma l'esperienza fu breve: per la sua scarsa propensione al lavoro, venne allontanato.
Intanto il padre era morto. Tornò a dedicarsi alle armi, come soldato di ventura, mettendosi a servizio, prima di Venezia, poi della Spagna. Ma presto tornò a condurre una vita dissoluta.
Così
infatti prega il salmista:
“Affondo in un abisso di fango, non
ho nessun sostegno; sono caduto in acque profonde e la corrente mi travolge”.
“Ma non potendo tenerlo nascosto più
oltre, prese per lui un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi
adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo”.
Come
Mosè, anche Camillo, è nella Misericordia di Dio, affidato.
Iniziò a vagabondare per l'Italia, fino a quando non venne assunto dai Cappuccini del
convento di Manfredonia. È qui che iniziò il suo percorso verso la conversione.
“Gesù si mise a rimproverare le città
nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano
convertite”
Scrive il Cardinal Giacomo Biffi nella piccolo
opuscolo l’ABC della fede:
Nel pomeriggio del Venerdì Santo
sulla collina del Calvario ci sono tre crocifissi …. La raffigurazione più
eloquente dell’intera vicenda umana.C’è appeso alla croce il Figlio di Dio fatto uomo, che porta a compimento la sua missione e viene costituito così principio di rinnovamento del mondo.
C’è il malfattore pentito che con un breve ma intenso atto di fede, si assimila interiormente a Cristo e raggiunge una salvezza insperata.
Ma c’è anche il malfattore ribelle … siamo tutti rappresentati in questa scena… possiamo decidere di credere, vale a dire affidarci al disegno del Padre che ci vuole conformi all’immagine del Figlio suo; e così, nelle nostre immancabili sofferenze, diventiamo in Gesù comprincipio della redenzione.
Ma torniamo a Camillo.
A Manfredonia nel 1575
decise di abbracciare la vita religiosa e di diventare un frate cappuccino ….
Ma l'antica piaga al piede tornò a dargli problemi: fu così costretto a tornare
a Roma per curarsi.
“Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla
figlia del faraone. Egli fu per lei come un figlio e lo chiamò Mosè, dicendo:
«Io l’ho tratto dalle acque!»”.
Camillo,
malato dalla piaga, rimase nell'ospedale degli Incurabili per ben quattro anni.
Qui maturò definitivamente la sua
vocazione all'assistenza dei malati e, insieme con i primi cinque compagni
che, seguendo il suo esempio, si erano consacrati alla cura degli infermi,
decise di dare vita, nell'agosto del 1582 alla "Compagnia dei Ministri
degli Infermi", detti popolarmente “Camilliani”,
quella con l’abito nero ed una
grande croce di panno rosso cucita sul petto.
“per tre ragioni piacque al padre
nostro che portassimo la Croce né vestimenti, tenendola per nostra impresa e
insegna. La prima per far distinzione dall’abito della Compagnia di Gesù. La
seconda per far conoscere al mondo che tutti noi segnati di questo impronto di
Croce siamo come schiavi venduti e dedicati per servigio dè poveri infermi. E
la terza per dimostrare che questa è religione di croce, cioè di morte, di
patimenti e di fatica, acciò quelli che vorranno seguitar il nostro modo di
vita, si presuppongano di venir ad abbracciare la Croce, di abnegar se stessi e
di seguitar Giesù Cristo fino alla morte”.
(1620, Padre Sanzio Cicatelli)
La
croce era per distinguersi dagli
altri religiosi; la croce era per dire che il Camilliano è segnato dalla Croce e come Gesù venduto per la salvezza degli uomini, che
nei Camilliani si eprime nell’opera di Misericordia al servizio degli infermi;
la croce sul petto è memoria di morire a
se stessi per far vivere in se Cristo in Lui essere Samaritani delle umane
sofferenze.
Scrive
ancora il Cardinal Biffi:
“… purtroppo possiamo anche decidere
di non credere perché siamo liberi di fronte all’atto di fede. Non siamo invece di schiodarci dalla croce
di un’esistenza che non è mai senza pena”.
Abbiamo
pregato con il Salmo:
Io
sono povero e sofferente: la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro. Loderò il nome di
Dio con un canto, lo magnificherò con un ringraziamento.
Camillo
servi i poveri infermi fino alla morte. Il suo cuore– il cuore che è tanto ha
amato – è conversato intatto e incorrotto nel suo paese di Bucchianico.
Come
per Camillo di Lellis “Il Signore ci aiuti a scegliere bene.
Allora il nostro Venerdì Santo sfocerà nella Pasqua di gioia e di gloria.
Perché questa è la fede: ripercorrere sino in fondo, sino al lieto fine, la vicenda salvifica del Crocifisso Risorto”. (Card. Biffi). Amen.
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