"Ciò che mi attira a Te, Signore, sei Tu! Tu solo, inchiodato sulla Croce, con il corpo straziato tra agonie di morte. E il Tuo amore si è talmente impadronito del mio cuore che, quand’anche non ci fosse il Paradiso, io Ti amerei lo stesso. Nulla hai da darmi, per provocare il mio amore, perché, quand’anche non sperassi ciò che spero, pure Ti amerei come Ti amo".
Una deliziosa e profonda preghiera di San Carlo. Che ben si presta per iniziare questa riflessione nella nostra festa patronale, alla luce della Parola di Dio di questa 26° domenica del Tempo Ordinario.
- Una domenica in cui la Parola di Dio ci richiama ancora sulla ricchezza e sulla povertà, non solo in riferimento al primato di Dio, ma anche sull'oltre: in prospettiva eterna. Perché la povertà evangelica e la ricchezza segnano il già e il non ancora!
«Beato colui che sa leggere questo libro!», affermerà San Carlo guardando il Crocifisso.
Il Crocifisso è il punto focale della nostra sequela: chi vuole essere mio discepolo ... dirà Gesù!
Solo chi si focalizzerà su Gesù sarà capace di non dimenticarsi "della rovina di Giuseppe".
Infatti il ricco epulone, ritorto su se stesso, è un uomo dallo sguardo corto, non si accorge di ciò che accade alla porta della sua casa.
"Noi non siamo uomini e donne isolati gli uni dagli altri, ma viviamo, fin dall’istante del nostro concepimento, in relazione. Ebbene, Dio ha voluto entrare nella storia come uno di noi e cambiare la vita degli uomini attraverso una trama di relazioni nata dall’incontro con Lui". (Card. Scola)
La relazione con Gesù segna la relazione con gli uomini: in caso contrario rischiamo di essere cristiani, citando San Vincenzo de' Paoli, che vivono il doppio comandamento dell'Amore in modo affettivo e non effettivo.
- La prosperità del ricco epulone non è solo decadenza umana, ma è anche perdita dell'orizzonte, direbbe Paolo: "Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato".
Infatti dice il Vangelo: "Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto".
La ricchezza è allora dannazione?
Non credo proprio. Però potremmo dire citando Gesù: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso? Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi».
La condanna eterna del ricco epulone è il frutto suo cammino: ha speso tutta una vita a seguire la ricchezza con tutte le sue conseguenze e non il Signore.
- "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti".
Così si conclude il dialogo nell'eternità tra Abramo e il ricco epulone. Il senso è molto cristologico, è per gli ascoltatori di sempre: noi siamo persuasi dalla resurrezione di Gesù? Io sono stato vinto da Gesù?
- Un richiamo veloce, rileggendo questa parabola: viviamo quella carità che è la preghiera per i defunti? Vorrei suggerirlo in modo particolare ai più giovani, ma è per tutti noi.
- Dovrei parlare di me, visto l'occasione, parlare della mia vocazione, del mio cammino, ma avremo tempo al 25mo di sacerdozio. Solo alcuni pensieri: non amo i complimenti e le moine, la stima per una persona si intesse senza parole; amo una comunità di collaboratori e non di esecutori, ma senza però che questa prospettiva si ribalti, perché è segno di una immaturità ecclesiale; infine, per essere sincero, sono arrivato a San Paolo con un cuore aperto e libero circa i cammini di fede che il Signore ci fatto percorrere, mi sono però accorto che alcune volte la storia personale può essere una ostacolo per incontrarsi realmente, beh impegniamoci a non assolutizzare nulla, che la Chiesa è una comunità di uomini e donne non uguali, ma diversi, perché diverso ed infintamente bizzarro è stato il Signore nel farsi incontrare, ne è una prova la storia dei santi: la Chiesa è una popolo in comunione in Cristo, comunione non è uguaglianza, direbbe il nostro Cardinale Arcivescovo: è la pluriformità nell'unità! Quindi impegniamoci in un cammino di vera comunione e libertà in Cristo.
Concludo ritornando a San Carlo e al Santo Crocifisso:
"Non siamo degni di chiederti che le tue stimmate si imprimano visibilmente nel nostro corpo, come già sul corpo del tuo servo Francesco. Né osiamo desiderare di portarle segretamente, favore che accordasti alla tua sposa Caterina da Siena, come ella per umiltà te ne aveva pregato. Questi sono doni e favori specialissimi, conferiti soltanto a coloro che con l’esercizio delle più esimie virtù e con una carità intensissima si disposero a riceverli. Ma ti supplichiamo almeno di questo: che tu infiammi del tuo amore i nostri cuori, […] Cosicché, portando nel nostro corpo la tua morte, anche la tua vita si manifesti in noi (cfr 2Cor 4, 10) e, partecipando alla tua Passione, meritiamo di partecipare alla tua gloria (cfr Rom 8, 17)". Amen.
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