Gesù salv atore degli uomini
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IHS
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Gesù salv atore degli uomini
“Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram”. (Gen 14).
Chi è Melchìsedek, re di Salem, … sacerdote del Dio altissimo?
Melchisedek non apparteneva al popolo ebraico.
È significativo che Melchisedek offra pane e vino al Signore, come fece Gesù nell’ultima cena istituendo l’eucaristia secondo i V angeli. Melchisedec assunse un posto primario nel pensiero cristiano: egli è l’archetipo (figura) che precede Gesù Cristo, nelle sue funzioni di sacerdote - Gesù Cristo viene definito nella lettera agli Ebrei: "Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchìsedek " - e anche per indicare la seconda venuta del Signore Cristo che ritorna come Re dei re, cioè Re in eterno secondo l'ordine di Melchisedek.
Il suo nome significa: il mio re è giustizia o re di giustizia. Ponendo questa lettura nella liturgia della solennità odierna possiamo cogliere il significato: in Gesù, re di giustizia, è posta ogni giustizia, e il Padre nell’offerta del Figlio – pane e vino, corpo sangue – pone la definitiva benedizione sul popolo nato dalla Pasqua di Gesù. Con Gesù la benedizione su Abramo si compie in modo definitivo, non solo sul popolo eletto, ma l’intera umanità.
Siamo il popolo benedetto dal Signore!
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi, ascoltiamo i gesti dell’Ultima Cena, che come afferma l’Apostolo Paolo ha imparato da chi glielo ha insegnato. Nello spezzare il pane, gesto presente fin dall’inizio nella comunità dei discepoli, la Chiesa, nuovo popolo, pone in atto la benedizione di Dio in Cristo Gesù. Ogni eucarestia perpetua in eterno la benedizione di Dio.
La Chiesa, dicevo. A questo punto è bene ascoltare le parole di Papa Francesco sulla Chiesa, di mercoledì 29 maggio 2013:
“Tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca l’uomo, gli offre il suo amore, lo accoglie. Ha chiamato Abramo ad essere padre di una moltitudine, ha scelto il popolo di Israele per stringere un’alleanza che abbracci tutte le genti, e ha inviato, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio perché il suo disegno di amore e di salvezza si realizzi in una nuova ed eterna alleanza con l’umanità intera. Quando leggiamo i V angeli, vediamo che Gesù raduna intorno a sé una piccola comunità che accoglie la sua parola, lo segue, condivide il suo cammino, diventa la sua famiglia, e con questa comunità Egli prepara e costruisce la sua Chiesa.
Da dove nasce allora la Chiesa? Nasce dal gesto supremo di amore della Croce, dal costato aperto di Gesù da cui escono sangue ed acqua, simbolo dei Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo. Nella famiglia di Dio, nella Chiesa, la linfa vitale è l’amore di Dio che si concretizza nell’amare Lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura. La Chiesa è famiglia in cui si ama e si è amati.
Quando si manifesta la Chiesa? L’abbiamo celebrato due domeniche fa; si manifesta quando il dono dello Spirito Santo riempie il cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire e iniziare il cammino per annunciare il V angelo, diffondere l’amore di Dio.
Ancora oggi qualcuno dice: “Cristo sì, la Chiesa no”. Come quelli che dicono “io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona. Non dimenticatelo: Dio sempre perdona e ci riceve nel suo amore di perdono e di misericordia. Alcuni dicono che il peccato è un’offesa a Dio, ma anche un’opportunità di umiliazione per accorgersi che c’è un’altra cosa più bella: la misericordia di Dio. Pensiamo a questo.
Domandiamoci oggi: quanto amo io la Chiesa? Prego per lei? Mi sento parte della famiglia della Chiesa? Che cosa faccio perché sia una comunità in cui ognuno si senta accolto e compreso, senta la misericordia e l’amore di Dio che rinnova la vita? La fede è un dono e un atto che ci riguarda personalmente, ma Dio ci chiama a vivere insieme la nostra fede, come famiglia, come Chiesa”.
Infine – tornando alle letture – il V angelo di Luca. Qui l’evangelista ci racconto un episodio molto conosciuto. Una frase mi ha sempre colpito, che San Luca riporta: «V oi stessi date loro da mangiare» (Lc 9)
L’esortazione di Gesù nasce da una strana preoccupazione dei discepoli: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». (Lc 9).
Afferma Papa Francesco: “Di fronte alla necessità della folla, ecco la soluzione dei discepoli: ognuno pensi a se stesso; congedare la folla! Ognuno pensi a se stesso; congedare la folla! Quante volte noi cristiani abbiamo questa tentazione!”.
Gesù propone di prendersi carico della folla, e di farne un popolo. Afferma ancora Papa Francesco:
Questa sera, anche noi siamo attorno alla mensa del Signore, alla mensa del Sacrificio eucaristico, in cui Egli ci dona ancora una volta il suo Corpo, rende presente l’unico sacrificio della Croce. È nell’ascoltare la sua Parola, nel nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue, che Egli ci fa passare dall’essere moltitudine all’essere comunità, dall’anonimato alla comunione. L’Eucaristia è il Sacramento della comunione, che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela, la fede in Lui. Allora dovremmo chiederci tutti davanti al Signore: come vivo io l’Eucaristia? La vivo in modo anonimo o come momento di vera comunione con il Signore, ma anche con tutti i fratelli e le sorelle che condividono questa stessa mensa? Come sono le nostre celebrazioni eucaristiche?
Ricorda ancora Papa Francesco: mi lascio trasformare da Lui? Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di più dal mio piccolo recinto, a uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?
Infine. «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». (Lc 9)
Il Signore chiede a ciascuno nella sua possibilità di ridonare ciò che ha ricevuto. In primis la fede, San Paolo diceva ai Corinzi: “ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso”. (1 Cor 11)
Non interrompiamo la corsa della fede – come la chiama sempre l’Apostolo! Ma come possiamo essere veri testimoni?
Solo uomini e donne profondamente abitati dal V angelo di Gesù sono capaci di testimoniarlo in modo attraente. Ha affermato il nostro Cardinale Arcivescovo:
«senza bastioni da difendere, ma solo strade da percorrere per andare incontro agli uomini. Anche i bastioni della vecchia città di Milano non ci sono più. Restano solo le porte … attraverso l’annuncio esplicito della bellezza, della bontà e della verità dell’evento di Gesù Cristo presente nella comunità ecclesiale».
Poi la speranza. Affermava Papa Benedetto XV I: “La fede ci invita a guardare al futuro con la virtù della speranza, nell’attesa fiduciosa che la vittoria dell'amore di Cristo giunga alla sua pienezza”.
I discepoli di Gesù sono uomini e donne che non si perdono nelle notizie spazzatura dei media, perché vivono la certezza della vittoria di Cristo sul male e sulle morte, di cui l’Eucarestia è segno e presenza. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6, 56).
Infine la carità. Questa virtù teologale è l’essenza del volto della Chiesa che mangia e beve del corpo e sangue di Cristo. La carità è il volto del popolo nuovo, è la linfa di un nuova umanità, è l’essenza vitale che da slancio all’umano perché “la carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio”. (1 Cor 13).
Concludo con Papa Benedetto XV I, dal Messaggio della Quaresima 2013:
La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare (cfr Mt 25,14-30).
Disse Gesù: «V oi stessi date loro da mangiare» (Lc 9). Amen.
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