Primo pensiero.
“Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare”. (Gv 21)
È un senso di pudore oppure cosa nasconde questo gesto?
Come Gesù quando all’ultima cena si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita e cominciò a lavare i piedi dei discepoli: anche Pietro che era senza vesti, si stringe ai fianchi la veste come un grembiule, perché egli vuole imitare il suo Maestro che gli aveva detto “V i ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. Per Pietro è l’inizio del cammino nell’esempio. Egli si mette al servizio del Maestro, e l’ardore di Pietro è così forte che si butta in mare per iniziare prima di tutti questa nuova vita. Difatti la scena si conclude con una nuova chiamata: “Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi»”
Questo versetto però si presta bene per suggerci un pensiero su vestirsi davanti a Gesù. Cosa voglio dire? C’è un vestito da teatro, un vestito da salotto, uno per le riunioni familiari ed anche uno per il lutto. Il mondo non permette che si vada a riunioni importanti senza un vestito adatto. Questo ogni persona lo trova logico; tanto è vero che se una persona va a teatro e le si fa notare che non può entrare vestita in un certo modo, non si ribella, né pretende di aver ragione. Solo in chiesa ognuno pretende di entrare come crede e non tollera osservazioni di alcun tipo. Non mi dilungo quindi con degli esempi, fa ancora freschino, ma concludo con le parole di Gesù: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Secondo pensiero.
«Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». (Gv 21)
Simone di Giovanni. Un nome seguito dall'indicazione della paternità che definisce l'apostolo nella sua dimensione umana, quindi fragile e debole. Gesù è consapevole che Pietro è tale, ma in questa dimensione sta per affidargli la Chiesa.
Simone di Giovanni è ogni battezzato che, una volta divenuto membro del Corpo Mistico di Cristo, la Chiesa, ha ricevuto in consegna il mandato di prendersi cura dei fratelli. Ovviamente secondo il suo ruolo, le sue possibilità. E per far questo Gesù non chiede particolari doni. Una cosa sola si attende: un amore continuamente proteso verso un "più di".
Non si tratta di stabilire inutili e sterili confronti, ma di vivere in una tensione: Lo amo veramente? Lo amo più dei miei interessi, degli affetti, della mia stessa vita?
Insegnami, Signore Gesù, la via dell'amore. Pungolami continuamente perché non mi senta mai un arrivato, ma in te trovi la forza e il coraggio di puntare sempre oltre, verso quella pienezza che tu stesso mi hai posto come meta: “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
Terzo pensiero.
«Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21)
Pietro è consapevole che Gesù lo conosce bene. Anzi è cosciente che Gesù conosce Petro più di quando l’apostolo conosca se stesso. La domanda è ripetuta tre volte. Gesù sembra voler lavare i tre no (della Passione - prima del canto del gallo) con tre sì: così che tutto possa iniziare daccapo … Gesù gli da una nuova possibilità. V uole risvegliare nell’apostolo Pietro l’amore del loro primo incontro. V uole che Simon Pietro, figlio di Giovanni, si innamori “più di” … affinché sia ancora capace di lasciare tutto e seguirlo. “Detto questo, aggiunse: «Seguimi»”. È la seconda e definiva chiamata di Pietro.
“Innamorarsi di Gesù Cristo vuol dire conoscenza profonda di Lui, dimestichezza con Lui, frequenza diuturna della Sua casa, assimilazione del Suo pensiero, accoglimento senza sconti delle esigenze radicali del V angelo”. (Mons. Antonio Bello).
Amen.
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